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Profili di preti: don Giuseppe Dall'Asta

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON GIUSEPPE DALL'ASTA
30 aprile 1938 – 26 febbraio 2018

DonGiuseppeDallAsta

Non si può certo dire che la famiglia Dall’Asta sia stata una famiglia qualunque!
Originari di Viarolo, gli sposi Dante e Maria si erano stabiliti a Roccabianca dove hanno impiantato una grossa coltivazione di frutta.
E sono nati Giovanni, Primo, Giuseppe e Delfina. Il papà è mancato in età non ancora abbastanza avanzata, ma la mamma ha tirato avanti la sua esistenza fino a 104 anni, vivendo gli ultimi anni nella Villa S.Ilario in compagnia del figlio don Primo e assistita con amore dalla presenza quotidiana di Delfina. Era un quadretto simpatico vedere insieme la mamma, don Primo e Delfina quasi attaccati fra di loro.

- nasce a Roccabianca il 30 aprile 1938
- ordinato presbitero nel 1961
- cappellano a Santa Maria della Pace dal 1961 al 1970
- nel 1970 parte per il Brasile a Goiana
- morto in Brasile il 26 febbraio 

PadreGiovanniDallAstaA proposito dei tre figli maschi, sappiamo tutti che cosa è successo: l’uno ha tirato l’altro e ci sono saltati fuori tre preti. E non si tratta di preti basta che sia! Si vede che la famiglia è stata un vero terreno di cultura cristiana che ne ha favorito la vocazione.
Don Giovanni, nato nel 1930 e ordinato presbitero nel 1953, ha cominciato con una buona milizia pastorale prima come cappellano a Sala Baganza e S.Maria della Pace, poi come parroco a Casalbarbato e Valera. Ha lasciato il segno in particolare come fondatore della Parrocchia del Buon Pastore (1970-1984): chi non ricorda la sede provvisoria in un locale di via Mordacci? Da lì ha preso la decisione di entrare nei Camaldolesi, quelli di stretta osservanza, ed è partito per la Colombia dove è morto nel 2014 e là è sepolto.

Adesso anche il più giovane don Giuseppe viene sepolto in terra lontana, in Brasile. Siamo qui a ricordarlo con tanto rimpianto e nostalgia. Don Giuseppe, nato nel 1938 a Roccabianca, è stato ordinato presbitero nel 1961 e dopo un periodo di 9 anni come cappellano in S. Maria della Pace, nel 1970 ha preso la coraggiosa decisione di partire per il Brasile, a Goiana. Sono inimmaginabili le fatiche, le tribolazioni e le ansie di un prete lontano da casa, anche se sappiamo che è riuscito ben presto a farsi conoscere, apprezzare ed amare. Ogni tanto arrivavano le sue lettere agli amici, dove raccontava le sue fatiche apostoliche. Se si fossero conservate, queste lettere sarebbero oggi come una specie di autobiografia con lo specchio della situazione sociale ed ecclesiale della terra dove lui è vissuto per 47 anni e ha operato per il Vangelo. Là in Brasile si è addormentato nel bacio del Signore questo 26 febbraio 2018.

Una volta all’anno tornava in Italia per una breve vacanza, per rivedere la mamma, don Primo, la Delfina e tanti amici che sostenevano il suo impegno missionario. E quando arrivava era una festa. Il Presbiterio di Parma può andare fiero dei confratelli (basta pensare anche a don Onesto Costa) che hanno lasciato gli affetti più cari e la loro terra d’origine per testimoniare il Vangelo in una terra lontana.

Addio, caro don Giuseppe: la tua tomba è lontana da noi, ma noi sappiamo dalla nostra fede che nel Cristo Risorto vincitore della morte tutte le distanze vengono annullate.

(dai ricordi di  don Domenico Magri, 27 febbraio 2018)


Profili di preti: don Bruno Riva

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON BRUNO RIVA
31 agosto 1914 -  3 marzo 2013

DonBrunoRiva

Don Bruno Riva era nato il 31 agosto 1914 a S. Secondo, un paese che non cessa di stupire per aver dato tanti bravi sacerdoti alla Chiesa di Parma. Era il figlio più giovane di una famiglia numerosa che lavorava la terra a mezzadria. È facile immaginare, a quei tempi, la vita dura e non certo agiata di una famiglia così, ricca però di fede e tenuta unita dall'armonia tra i fratelli e poi fra i nipoti, che hanno sempre voluto molto bene allo Zio prete, il loro grande "patriarca".
Non fanno impressione i suoi 98 anni di vita, quanto i suoi 75 anni di sacerdozio. Era il prete più anziano come ordinazione sacerdotale: 1937!

- nato a San Secondo il 31 agosto 1914
- ordinazione sacerdotale 19 marzo 1937
- parroco a san Sepolcro dal 1937 al 1940
- parroco a Alberi dal 1940 al 1944
- parroco a Monticelli dal 1944 al 1979
- parroco a Lemignano dal 1979 al 2001
- arrivo a Villa S. Ilario
- deceduto nel giorno del Signore 3 marzo 2013
- funerale nella Chiesa di Torrechiara

Don Bruno ha portato con sè il passato della Diocesi dalla prima metà del '900 al nostro anno 2013. Nel suo lungo ministero di presbitero c'era la nostra storia: quello che siamo diventati lo dobbiamo anche a lui.
Quando si pensa che don Bruno è stato ordinato il 19 marzo 1937, si deduce che di Messe ne ha celebrate diverse decine di migliaia e noi che abbiamo fede possiamo e dobbiamo ringraziarlo perchè con l'Eucaristia ha riversato tanta grazia di Dio sulla Chiesa e sulle comunità cristiane, che lui ha animato con il suo cuore sensibile di pastore saggio e fedele.
Nella classe dei preti ordinati nel 1937 c'erano in 13, ma don Bruno è stato ordinato prima degli altri, il 19 marzo, per essere messo accanto a quel grande e santo parroco di S. Sepolcro, mons. Ettore Savazzini, che era ormai avanti negli anni.

A S. Sepolcro don Bruno è rimasto per poco tempo, dal 1937 al 1940, ma deve essere stato segnato per tutta la vita dalla sua esperienza sacerdotale al fianco di mons. Savazzini.
Gli anni della guerra li ha vissuti in parte come parroco di Alberi, dal 1940 al 1944, e in parte come parroco di Monticelli. Anche a lui, ancora così giovane, questi anni hanno lasciato il ricordo di tante ansie per sè e per i suoi parrochiani. Appena qualche giorno fa, dopo molti anni dalla guerra, in un incubo tra il sonno e la veglia, gli sono sfuggite alcune parole drammatiche di paura dei tedeschi.
Nella lunga permanenza a Monticelli come parroco, dal 1944 al 1979, ha saputo governare con successo dal punto di vista pastorale lo sviluppo di questo centro termale, meritandosi tanta stima e riconoscenza, così come a Lemignano, l'ultima parrocchia del suo ministero sacerdotale.

Nel febbraio 2001 si è staccato fisicamente da Lemignano, dove era arrivato nel 1979, per venire a Villa S. Ilario, avendo capito da solo che era il momento di lasciare. Ma ha continuato a seguire la Parrocchia per alcuni anni, soprattutto con la presenza domenicale, per concelebrare con don Sergio Bellini, che aveva preso in consegna la Parrocchia e lo accoglieva ogni volta, assieme ai fedeli, con tutta la simpatia che meritava.
Se mi è lecita una nota personale, devo dire che a Villa S. Ilario don Bruno ha rallegrato la mia vita come memoria storica della Diocesi, come saggio consigliere, come amico fraterno, come brillante e arguto commensale allo stesso tavolo.

E ha rallegrato tutta la comunità di S. Ilario: i suoi confratelli, le Suore e gli Operatori che lo hanno assistito con delicata premura e rispetto, gli altri ospiti. È bello vedere come i sacerdoti di Villa S. Ilario sono oggetto di simpatia e di affetto da parte di tutti. Anche questa è testimonianza!
La sua stessa imponenza fisica poteva dare la misura della sua forte personalità, arricchita da diversi interessi culturali, a cominciare dalla musica. Era stato per breve tempo insegnante di musica in Seminario prima di mons. Dellapina. C'era a S. Ilario un prete un po’ più giovane di lui, il compianto don Renato Medici, che era stato suo alunno: quando gli passava davanti lo chiamava ancora professore con un leggero inchino!
È deceduto nel mattino del Giorno del Signore: non poteva scegliere un giorno più adatto per presentarsi davanti al suo Signore, dopo le infinite domeniche della sua lunghissima esperienza sacerdotale, segnate dalla gloria del Risorto che lui ha cantato con la liturgia, con la voce e con la vita.
Grazie di tutto, caro don Bruno: addio!

(da  “VESCOVIPRETISUOREAMICI” di  don Domenico Magri  II edizione)


Profili di preti: don Mario Poli

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON MARIO POLI
31 gennaio 1925 - 23 febbraio 1996

DonMarioPoli

Don Mario era tante cose per tutti: amico, artigiano di qualità per ogni situazione che richiedeva il suo intervento, volontario e animatore della Pubblica Assistenza di Langhirano.... Ma era soprattutto un prete innamorato delle sue parrocchie. Era una forte personalità e molto popolare, amato e stimato dai tanti che lo hanno accostato e hanno avuto bisogno di lui. È stato chiamato in curia per dare l’avvio, a livello diocesano, dell’istituto per il sostentamento del clero, nato dal dal concordato con il governo Craxi. Ha sofferto molto nella malattia, durata alcuni anni, che lo ha portato alla morte. Eravamo tanto amici e come amico e e sacerdote l’ho seguito nella sua malattia fino all’ultimo giorno. Il suo è stato un funerale commosso e molto partecipato.

- nato a Soragna il 31 gennaio 1925
- ordinazione sacerdotale 29 giugno 1948
- cappellano a S.Leonardo1948-1949
- parroco a Torricella 1949 – 1953
- parroco a Torrechiara dal 1953 fino alla morte
- ammnistratore parr. ad Arola e Casatico fino alla morte
- insegnante di religione
- impegnato in Curia per dare l’avvio a livello diocesano all’Istituto per il sostentamento del Clero
- deceduto il 23 febbraio 1996 all’Ospedale Maggiore
- funerale nella Chiesa di Torrechiara

Alla Messa nel primo anniversario dalla morte 23 febbraio 1997
Don Mario era un pellegrino dell'assoluto e nella sua vita ha sempre faticato a scalare l'altissima montagna dell'assoluto. Quanti sogni e quante ansie durante la sua vita, e quanti interrogativi inquietanti si poneva durante la sua malattia lunga e dolorosa!
Facendo riferimento alla prima lettura della Messa, possiamo dire che si sentiva proprio vittima designata come Isacco: ed in lui era subito terrore ed angoscia. Poi, improvvisamente, la sua fede gli offriva squarci meravigliosi di luce (Vangelo), perchè sentiva di avere Dio dalla sua parte (II lettura).

La sua malattia è stata un'altalenante susseguirsi di questi atteggiamenti, ma con l'accento sempre più insistito sugli interrogativi che gli erano posti dalla realtà della sofferenza sua e di quelli che soffrivano accanto a lui: anche la sofferenza degli altri accresceva, nel suo animo sensibile, il peso della sua angoscia e rendeva più acuti gli interrogativi.
“Signore, sia fatta la tua vo E questo non è stato segno di debolezza di fede, ma segno di una fede matura, appunto perchè fede difficile. Basta risentire le sue frasi trovate in fogli sparsi e stampate nella sua immagine-ricordo dopo la sua morte:
lontà, ma la sofferenza, troppa e lunga, fa paura! Signore, pietà!”.
“Signore, il mistero della vita è tuo, come tuo è tutto”.
“Ho visto tanti altri ammalati, Signore, pietà!”.
Non sempre la fede facile e sicura di sé è la fede migliore, perchè corre il rischio di essere una fede facilona e la faciloneria non piace a nessuno, nemmeno a Dio.

Ho detto prima che don Mario era un pellegrino dell'assoluto: mi sento di poter aggiungere che era un pellegrino solitario dell'assoluto: proprio lui, che ha consacrato la sua vita per gli altri ed era diventato una specie di pronto soccorso per tutti, è stato sostanzialmente un solitario.
Ho l'impressione che non ci siamo accorti di questa sua solitudine, fino a quando è stato bene di salute: abbiamo appena fatto in tempo a fare breccia nella sua solitudine durante la sua malattia.
La visita dei suoi amici e dei suoi parrocchiani durante la sua malattia lo riempiva di una grande gioia e gli permetteva di dimenticare per un attimo la sua sofferenza.
C'era in lui perfino una reazione infantile di stupore gioioso, per tanta attenzione nei suoi confronti. Lui dava sempre se stesso a tutti ed era il primo a meravigliarsi che altri si interessassero con affetto di lui: e ne era tanto felice.

Non nascondiamoci dietro un dito: forse invece nel lungo periodo che è stato in mezzo a noi ed era pieno di vitalità e correva sempre e correva per tutti, non sempre lo abbiamo capito, non sempre lo abbiamo confortato con le nostre premure affettuose, non sempre lo abbiamo apprezzato come meritava, anche perchè lui per primo si chiudeva in se stesso, felice di essere utile a tutti nei modi più impensati, ma quasi pauroso di pretendere riconoscenza e affetto, appunto perchè ne sentiva tanto bisogno.
Mi sovviene il bellissimo passo dell'omelia del vescovo mons. Cocchi al suo funerale. Ha detto pressapoco così: “Don Mario è stato un grande aggiustatore. Sapeva fare di tutto, riparava da solo le sue chiese, aggiustava motori e impianti di ogni tipo, ma soprattutto sapeva riparare le famiglie e le coppie quando si creavano dei guasti al loro interno”.
Don Mario è stato dunque aggiustatore di chiese, di oggetti, di impianti, di motori: mi chiedevo sempre com'era riuscito a imparare tante cose.
Ma don Mario, come ha detto il vescovo, è stato soprattutto un grande aggiustatore di anime, di coscienze, di famiglie, e in particolare dei ragazzi e dei giovani. Ha sempre dimostrato una cura premurosa verso le ragazze bisognose di speciale attenzione e protezione, che erano accolte con amore dalle Suore Orsoline di Verona nella loro casa qui a Torrechiara. Avevano difficoltà di famiglia o addirittura erano senza famiglia: le chiamava figlie con una tenerezza infinita!

Quanto dobbiamo essere riconoscenti a don Mario! Quanto dobbiamo temere di dimenticarlo! Sarebbe un oblio non solo colpevole, perchè segno di mancanza di civiltà umana e cristiana, ma anche disastroso per noi perchè provocherebbe l'inevitabile sperpero della sua preziosa eredità.
Ho ancora nel cuore e negli occhi le immagini del suo funerale: è stato un vero trionfo! Quando, dopo la Messa esequiale alla testa del corteo funebre, sono arrivato in fondo alla strada che viene giù dal castello e mi sono girato, ho visto una fiumana di gente che scendeva dietro alla sua bara e piangeva!
In quel momento, finalmente tutti avevamo capito tutto di don Mario: non era troppo tardi e non è ora troppo tardi, a condizione che ci impegniamo a percorrere le traiettorie di cammino che lui ha tracciato per noi con il suo insegnamento e il suo esempio di uomo, di cristiano e soprattutto di prete, di grande prete.

Io personalmente, che ho avuto la fortuna di stargli vicino nella salute e nella malattia fino all'ultimo giorno e di averlo avuto come amico carissimo e saggio consigliere, devo ringraziarlo perchè mi ha insegnato e trasmesso tante cose importanti che conservo gelosamente nel mio cuore.
Ma tutti dobbiamo ringraziarlo e sentirlo sempre con noi: questa è una delle meraviglie della nostra fede. Lui è presso Dio e in Dio noi lo possiamo raggiungere sempre con la preghiera e il pensiero affettuoso e sappiamo che lui può fare altrettanto per noi. Grazie, don Mario!

(da  “I miei preti....I nostri preti” di  don Domenico Magri  Tipo Lito Grafica Langhiranese - 2008)


Profili di preti: don Ennio Bonati

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON ENNIO BONATI
1 febbraio 1915 - 26 febbraio 1950

DonEnnioBonati

Nei pochi anni di vita sacerdotale che gli sono stati concessi, don Ennio aveva acceso molte speranze per il bene della Diocesi. Erano tante e belle le sue doti! Non è riuscito a vedere neppure l’alba del Concilio. Ne sarebbe stato certamente protagonista in Diocesi. Don Ennio viene ancora e giustamente ricordato come protagonista nella promozione e assistenza spirituale dello scoutismo a Parma e per tante altre cose ancora. Un grande prete!

- nasce a Fraore di S. Pancrazio, 1 febbraio 1915
- ordinato prete il 10 aprile 1939 nella chiesa di S.Pietro
- muore a Parma il 26 febbraio 1950 all'età di 35 anni

A suo tempo, quando era giovane e in buona salute, don Ennio Bonati era una punta di diamante del clero parmense. Poi si è ammalato ed è iniziato il suo calvario: la sua morte ha privato la Diocesi di un protagonista nella pastorale e nella cultura.
Io ho solo due ricordi di don Ennio.
Nel periodo della Resistenza gli ho servito la Messa. Era venuto a Calestano per prendere contatto con i partigiani: così mi avevano detto in gran segreto. Quando ero in Seminario, a una celebrazione diocesana, l'ho visto ammalato in carrozzina: mi ha fatto tanta melanconia!
Il ricordo di don Ennio si è risvegliato in me con l'amicizia, quando ero parroco di Ognissanti-S.Maria del Rosario, con la famiglia Mora e in particolare con Ennio e Lucia, nipoti di don Ennio (la Mamma ne era la Sorella), che sono i gelosi custodi della memoria dello zio prete.
Io ho pochissimi ricordi personali, ma posso rimediare con questo scritto di don Andrea Maggiali, prelevato nell'archivio della Curia. Subito dopo il funerale di don Ennio, don Maggiali fa la storia della sua vita e racconta gli onori che si è meritato alle esequie in Cattedrale, con il grande concorso di popolo e tanta commozione.
È una preziosa pagina che presenta la figura di un prete, che è stato la gloria del nostro Presbiterio e della Chiesa di Parma.

Don Ennio Bonati rievocato da don Andrea Maggiali subito dopo la morte
Dopo tre anni di straziante malattia, il 26 febbraio 1950 moriva il prof. don Ennio Bonati, all'età di 35 anni.
Mons. Giovanni Barili che nel 1927 l'aveva accolto in Seminario lo ha definito "buono, lieto, cordiale, di una grande lealtà ed apertura d'animo".
Mons. Vescovo, conoscendo le sue singolari doti di intelligenza e di volontà, lo mandò a Roma per conseguire il dottorato in teologia presso l'Università Gregoriana. Riscosse stima ed affetto presso tutti i docenti e i compagni del Seminario Lombardo. Durante le parentesi domenicali, si dedicava al ministero catechistico fra i monelli della periferia di Roma. Qui maturò il suo sogno di diventare il sacerdote dei ragazzi. Fu ordinato prete il 10 aprile 1939 nella chiesa di S.Pietro. Terminati gli studi a Roma ritornò al servizio della diocesi.

Per qualche tempo fu il coadiutore nella parrocchia del santo Sepolcro, ove era parroco il "santo" mons. Ettore Savazzini. Lo nominarono quindi Vice Cancelliere, Vice Assistente della Giac e della Fuci nonchè Consorziale della Cattedrale.
Durante il periodo bellico si dedicò con generosità ed audacia in favore dei perseguitati politici.
Nominato Assistente degli Esploratori cattolici, dedicherà la parte migliore delle sue energie a questi, finché il sopraggiungere e poi l'accentuarsi della malattia non lo costrinse ad abbandonare ogni attività. Tre anni di sofferenza con la progressiva incapacità di muovere le braccia, le gambe, il tronco. E mai una parola di lamento. Sempre sereno, contento, pronto a consolare piuttosto che ad essere consolato. Raggiante di gioia quando qualche amico prete andava a celebrare vicino al suo letto di dolore.
Don Ennio si era dedicato all'apostolato più difficile con generosità incantevole. Si seppe poi che egli si era immolato per la santificazione dei sacerdoti.
La sua morte fu un lutto di tutta la Chiesa di Parma, la quale gli riservò solenni onoranze funebri. Al prete "santo”, al prete della bontà e della sofferenza portarono il loro saluto molti sacerdoti, tutti i seminaristi, le Associazioni, molti partigiani, sopratutto i "suoi" Scouts e una folla straordinaria.

Quando il corteo, al seguito della bara, entrò nella Cattedrale, questa apparve così gremita da presentare allo sguardo uno di quegli spettacoli che solo si hanno nelle grandi occasioni. La "Schola Cantorum" del Seminario eseguì, sotto l'abile direzione del M° Dellapina, la "Messa da Requiem" del M° Lorenzo Perosi. Mons. Colli disse con parole profondamente commosse l'elogio del caro Estinto che nella sua breve carriera aveva dato mirabile esempio di zelo, di generosità, di multiforme apostolato, di abnegazione indomita, di fervidissimo spirito di sacrificio. "Vorrei, disse mons. Vescovo terminando, che tutti i preti fossero spiritualmente così".

(da "Preti e non solo" di  don Domenico Magri  Grafica Langhiranese Editrice – 2010)