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Profili di preti: don Brenno Tagliavini

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON BRENNO TAGLIAVINI
18 gennaio 1925 – 30 dicembre 2016

DonBrennoTagliavini

Che dire di don Brenno, che ha vissuto una vita così lunga e così operosa? Si possono e si devono dire tante cose di un prete come lui che ha messo a disposizione le sue capacità e il suo tempo per la Diocesi. Ma si deve dire soprattutto che era un prete vero e ha vissuto la sua esistenza da prete vero. Il gaudio del suo Signore è garantito per lui!

- nato a S.Ilario Baganza il 18 gennaio 1925
- ordinato presbitero il 26 giugno 1948
- cappellano a Fornovo nel 1948
- parroco a Roncopascolo dal 1950 fino alla morte
- vicario zonale nel 1978
- presidente diocesano dell’Istituto per il sostentamento dal clero dal 1985 al 2000
- mministratore parr.le di Fraore ed Eia nel 1991
- insegnante di religione nelle scuole
- deceduto in 30 dicembre 1916 a Trecasali

Nato nel 1925 a S.Ilario Baganza, ”ha terminato la sua corsa”, come direbbe S. Paolo, dopo quasi 92 anni di esistenza votata al Signore e alla Chiesa di Parma.
È stato ordinato nel 29 giugno del 1948 dal vescovo Colli. Era un’annata di 14 preti: numero da non credere oggi! Cito solo alcuni compagni di ordinazione che mi vengono in mente: don Guiduzzi, don Azzali, don Baga, don Gabelli, don Moroni, don Cugini.... e don Romeo Mori, diventato monaco camaldolese e morto all’inizio di quest’anno. Don Romeo Mori e don Brenno: gli ultimi due della “nidiata” del ’48.

Il primo impatto con l’esperienza di novello sacerdote lo ha avuto come cappellano di Fornovo accanto al parroco don Gaetano Zilioli. Non è stato un “battesimo” pastorale facile. Dopo due anni, nel 1950, è diventato parroco di Roncopascolo e in seguito anche di Eia e Fraore. È stato parroco di Roncopascolo per 66 anni, fino alla morte, anche se da qualche anno per motivi di salute e di età non era più in parrocchia, ma era ricoverato nella Casa di Riposo Gaj Corradi di Trecasali, dove è stato accolto con sua sorella, curato ed assistito con amore.
Naturalmente come parroco ha sempre fatto in modo esemplare la sua parte di pastore: è stato amato e apprezzato dai suoi parrocchiani. E ora certamente molto rimpianto. Ha visto nascere e ha accompagnato la crescita di tanti parrocchiani. E a tanti parrocchiani ha “chiuso gli occhi” con amore e fede.

Le sue doti di intelligenza e sensibilità gli hanno permesso inoltre di fare lodevolmente il vicario pastorale zonale e la sua vicinanza alla città di svolgere incarichi e servizi importanti e delicati per la curia e per la Diocesi. Con la morte di don Brenno Tagliavini si può dire, secondo una espressione biblica, che è crollato un “cedro del Libano”. Viene a mancare uno dei “senatori” più rappresentativi del Presbiterio parmense.
L’incarico più importante è stato quello di presidente dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero. È stato pure cassiere della curia e insegnante di religione nella scuola delle Orsoline e nel liceo scientifico.

Don Brenno è arrivato alla tarda età nonostante tante difficoltà di salute: anche la sua sofferenza fisica lo ha aiutato certamente a mettere in pratica le opere di misericordia anzitutto con i suoi parrocchiani. Devo ricordare in proposito che quando la curia rimaneva chiusa il giovedì e aveva un giorno di libertà, impegnava la giornata, assieme a un altro curiale “storico” e indimenticabile come don Enore Azzali, a girare per la Diocesi a visitare i preti anziani e ammalati. Non sarebbe una cattiva idea per noi preti, se siamo in grado di “girare”!
Una caratteristica della sua attività pastorale è stata la cura del canto. Ha messo insieme un bel coro, la corale farnesiana, e quando non celebrava, ne faceva parte cantando con entusiasmo e accompagnando il coro regolarmente nelle trasferte canore.

Spero mi sia permesso di concludere con un episodio che ricordo sempre con molto piacere e che mi ha aiutato ad entrare con entusiasmo in Seminario quando ero ragazzo. Allora per i seminaristi la vestizione della talare si faceva in Parrocchia prima di passare al Seminario maggiore: io sono andato in bicicletta da Calestano a S.Ilario Baganza, accompagnato da mia sorella, per assistere al rito della vestizione del giovane Brenno Tagliavini. Anche questo episodio ha contribuito a tener sempre vivo fra noi due un bel rapporto di amicizia.
Dobbiamo dire tutti un grande grazie a don Brenno: è stato servo fedele del Signore e merita di entrare nel suo gaudio!

(di  don Domenico Magri  30 dicembre 2001)


Profili di preti: Giuseppe Faroldi

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

GIUSEPPE FAROLDI
deceduto il 5 gennaio 2007

DonGiuseppeFaroldi

Giuseppe Faroldi era stato ordinato sacerdote nel 1962. Poi ha chiesto e ottenuto dalla Chiesa la dispensa dagli obblighi sacerdotali e dal celibato. Ha formato una famiglia, ricca di sei figli, sempre animata e sostenuta dalla sua fede, che è rimasta esemplare anche nella nuova situazione di vita. È spirato all'ospedale di Vaio il 5 gennaio 2007. È stato molto significativo che al suo funerale siano stati presenti una quindicina di preti, nonostante che l'annuncio della sua morte non sia apparso sul giornale. Una presenza che ha fatto onore ai sacerdoti e all’amico Giuseppe Faroldi.

Testo della mia omelia alla Messa esequiale
Del nostro caro fratello Giuseppe sono stato molto amico: amico nei suoi giorni lieti e amico nei suoi giorni meno lieti.
Ci sono stati certamente molti giorni lieti nella vita di Giuseppe. Basta pensare alla nascita dei suoi sei figli: Domenico (questo nome è stato scelto da lui per amicizia verso di me), Cecilia, Dorina, Paola, Primo, Francesco. Un bimbo (anzi 6!) atteso, che nasce, cresce e viene seguito con amore in famiglia, è sempre un motivo di festa!
Ma ci sono stati anche giorni meno lieti e molto difficili: conoscendo la sua vita, li possiamo immaginare senza bisogno di rievocarli.

Sono stato non solo suo amico, ma, come sacerdote, sono stato anche il suo punto di riferimento con l'accompagnamento spirituale: Giuseppe veniva regolamente da me per il sacramento della Riconciliazione, prima a Parma in Ognissanti e S. Maria del Rosario, poi a Langhirano, ultimamente ancora a Parma e mi seguiva ogni anno alla settimana di ritiro spirituale nel monastero di Fonte Avellana in provincia di Pesaro.
Tutti abbiamo bisogno della misericordia del Signore e tutti quindi abbiamo bisogno di farci perdonare le nostre fragilità. Anche il nostro fratello Giuseppe ha bisogno di misericordia e noi siamo qui a pregare per questo.

Ma non possiamo dimenticare le tante cose buone che ha lasciato a noi come ricordo e che certamente sono per lui una importante e valida "carta di credito" davanti al Signore.
Confesso che sono sempre rimasto stupito e ammirato:
1. per la sua grande fede, che ha sempre cercato di trasmettere ai suoi figli come preziosa eredità, lasciando loro precise raccomandazioni in proposito.
2. per lo spirito di preghiera, l'assiduità ai sacramenti (che ha praticato sempre, fino agli ultimi sacramenti sul letto di morte) e per la sua sensibilità liturgica: sempre fedele alla Lituirgia delle Ore. Andava ogni anno, quando gli era possibile, alla settimana liturgica nazionale.
3. per l'amore alla nostra Diocesi, di cui viveva intensamente le vicende, e alla Chiesa tutta. Nei suoi scritti che ha lasciato, ricorda con affetto la Chiesa cilena e le Piccole Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria, che a Santiago stanno vivendo la loro generosa testimonianza e che lui visitava ogni volta che si recava in Cile. Non possiamo dimenticare che ha svolto per diversi anni in parrocchia la missione di catechista e di animatore liturgico e musicale.
4. per l'amore alla famiglia, di cui posso affermare di essere buon testimone: la famiglia, con la preoccupazione affettuosa per la moglie Oriana e per i figli, era l'argomento ricorrente e appassionato delle sue conversazioni con me.

Giuseppe era un bravo musicista: si serviva della musica per lodare il Signore e per il servizio alla comunità.
La religione cristiana è una religione musicale, forse l'unica veramente musicale. Tutto è partito dalla notte di Natale sulla grotta di Betlemme: il Verbo di Dio, fattosi bambino povero, ha rinunciato a tutto, ma non ha voluto rinunciare al privilegio di far scendere dal cielo una moltitudine angelica per cantare e festeggiare la sua nascita.
Basta pensare all'Apocalisse per renderci conto con gioia che il paradiso è una festa permanente all'insegna della musica: se il paradiso non fosse sostanziato di musica, che paradiso sarebbe? Sulla scia del canto di Betlemme, il cristianesimo può vantare un tesoro ricchissimo di musica liturgica e di ispirazione religiosa, con dei capolavori stupendi.
Giuseppe mi confidava che spesso in casa non si limitava a recitare le Ore dell'Ufficio divino, ma le cantava accompagnando il canto con il suono del suo piccolo organo personale.

Gli auguriamo di continuare a suonare in paradiso con il ripieno del grand'organo e di cantare le lodi del Signore a voce spiegata.
Giuseppe, nel suo scritto che ha lasciato, fa questo augurio a se stesso e a noi con queste parole: "che tutti ci possiamo trovare un giorno a cantare le meraviglie dell'amore del Signore".
Infine è bello constatare oggi la presenza di numerosi sacerdoti. È la prova significativa che noi sacerdoti non l'abbiamo mai dimenticato: e come avremmo potuto dimenticare?

(tratto da ““I miei preti....I nostri preti”  di  don Domenico Magri  Editrice Tipo Lito Grafica Langhiranese - 2008)


Profili di preti: don Giuseppe Montali

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON GIUSEPPE MONTALI
17 ottobre 1937 - 28 dicembre 2017

DonGiuseppeMontali

Lettera a don Giuseppe Montali (di don Domenico Magri)

Caro don Giuseppe, prete mite e buono, dal sorriso che parlava più della voce e anche senza voce, adesso che ti sei piamente addormentato nel bacio del tuo Signore, sto pensando alla meraviglia che sei stato per tutta la Chiesa di Parma e per noi che ti abbiamo conosciuto e frequentato.
Ma sei stato una meraviglia anche per il Signore, che ti ha fatto nascere in una famiglia ricca di fede e di figli: i 13 figli della tua mamma Maria e del tuo papà Pietro. Una famiglia di Castrignano che tentava di spremere dai campi il necessario per sfamare questa nidiata numerosa.
Alla sera c’era il rosario in famiglia, guidato e segnato dal tuo papà, che cercava di tenere a bada voi bambini irrequieti. Poi il seminario: con tanti figli era inevitabile che ci saltasse fuori un prete, mentre una figlia entrava nelle suore! E sei stato tu il destinato dal Signore.

Hai fatto i tuoi dodici anni di Seminario e una volta ordinato prete nel 1961, guarda caso, sei stato mandato proprio da me come cappellano nella parrocchia di Ognissanti-Santa Maria del Rosario. C’eri anche tu in quello storico pomeriggio del 30 settembre 1962 a fare la tua parte nel solenne rito della consacrazione della nuova chiesa, celebrato dal vescovo Colli.

Ma nel 1963, dopo appena due anni, sei stato spostato, quando ormai eri entrato nel cuore di tanta gente e tanti ragazzi: come si faceva a non rimanere incantati dal tuo volto fine, sorridente e accattivante?

I vescovi di turno, uno dopo l’altro, si sono accorti che eri sempre pronto a dire di sì. E allora tu non ti sei mai annoiato nella tua vita, segnata da una vera girandola di incarichi. Accettavi regolarmente e tenevi sempre la valigia in mano pronto per partire, con la costante della tua carità che alle volte ti veniva quasi rimproverata come esagerata. Prima sei stato vice rettore del Seminario maggiore accanto a mons. Triani, poi nel 1970 sei stato mandato a dissodare il terreno pastorale nel quartiere dove poi sarebbe sorta la parrocchia di San Paolo. E lì non avevi trovato di meglio, per iniziare, che riunire accanto a un fienile la comunità nascente. Come è sfrenata la fantasia di chi sente l’odore delle pecore!

Nel 1980 sei stato nominato co-parroco a Santa Maria della Pace con altri due confratelli e nel 1989 vice direttore diocesano della Caritas, dove non hai fatto fatica a mettere in pratica tutta la tua sensibilità evangelica verso i poveri. E nel 1991, da buon montanaro venuto da Castrignano, per una decina d’anni sei andato a fare il pastore buono e premuroso a Ranzano e dintorni. Alla fine, nel 2001, sei stato ritenuto il più adatto a sostenere il “mitico” don Pesci, ormai avanti negli anni, in una parrocchia grande e importante come Sorbolo.

A un certo punto è arrivato il sì più difficile, a motivo dell’ictus che il 26 dicembre 2012 ti ha paralizzato e tolto la parola. Allora sei tornato con me: il 17 maggio 2013 ci siamo ritrovati a Villa S. Ilario con gli altri presbiteri anziani. Sono stati alcuni anni sereni, con la celebrazione eucaristica quotidiana e con il pasto in comune che ci ha garantito lo spirito di convivialità. I tuoi e miei confratelli anziani di Villa S. Ilario hanno avvertito il colpo doloroso della tua partenza, ti abbracciano e ti sono anch’essi presenti in spirito accanto a te.
Ma ormai non potevi più parlare! Non potremo mai sapere quello che è passato per la tua mente in questi anni. E adesso ti sei portato i tuoi pensieri in paradiso! Per un singolare fenomeno riuscivi solo a cantare con noi durante la Messa: solo così potevo risentire il timbro della tua voce, della tua bella voce. Per il resto silenzio totale: solo cenni del capo e della mano sinistra. Ma bastava guardare il tuo sguardo per capire e imparare tante cose. E ci facevi tanta tenerezza!

Caro don Giuseppe, amico nei giorni lieti e meno lieti, quanta riconoscenza ti dobbiamo per quello che sei stato per noi! Quante volte dovremmo ripetere la parola “grazie”!
Ora finalmente hai ripreso la parola e puoi parlare ancora davanti al tuo Signore con la lingua sciolta, come e meglio di prima. E allora ti prego: parla, parla, non stancarti di parlare! Parla dei tuoi cari, quelli venuti come te dalla terra benedetta di Castrignano: ti hanno voluto bene e ti hanno seguito con amore fino all’ultimo respiro assieme al personale sanitario, alle suore, a persone amiche speciali; parla dei tuoi confratelli con i quali hai vissuto la reciprocità dell’amicizia e della collaborazione pastorale; parla dei tanti cristiani e amici che hai amato e ti hanno ricambiato; parla dei poveri che hai aiutato passando per esagerato. E parla anche di me: ci conto!
E noi ti ricorderemo, nostro caro don Giuseppe! Non faremo fatica a ricordarti, perché non riusciremo a dimenticarti.
Addio = AD-DEUM!

   tuo don Domenico Magri

 

Ricordo di don Giuseppe Montali (di Francesca Terenziani, a nome della comunità di Sorbolo)

Pensando a don Giuseppe, l’immagine che mi viene subito alla mente è quella del buon pastore.
Per 11 anni don Giuseppe è stato uno dei pastori della comunità di Sorbolo, e ognuna delle pecore a lui affidate ha sentito la sua voce e si è sentita chiamare per nome. Le pecore seguono la voce di chi le conosce, soprattutto se quella voce è dolce e gentile. E la voce di don Giuseppe era dolce e gentile con tutti. Non ricordo di averlo mai visto arrabbiato né di avergli mai sentito dire qualcosa di brusco.

Cosa dire poi di quel suo sorriso che aveva sempre sulle labbra? Non un sorriso di circostanza, ma un sorriso che gli nasceva dal profondo, che infatti non lo ha abbandonato nemmeno durante gli anni della sua malattia, nonostante la fatica e le sofferenze. Quel sorriso nasceva da una fede profonda, dalla certezza che la nostra vita è in mano a Dio, che ci ama sempre e comunque, dalla consapevolezza che anche chi è pastore è a sua volta una delle pecore del gregge di Dio, e Dio lo accompagnerà senza abbandonarlo mai.

La bontà di don Giuseppe si manifestava anche attraverso una grande generosità verso le persone bisognose, alle quali non riusciva a dire di no. Spesso si vuotava letteralmente le tasche per dare tutto quello che aveva. E non solo per le “pecore del recinto”, ma anche per quelle che venivano da più lontano, perché anche di quelle un buon pastore deve prendersi cura.

Mi vengono in mente poi quei momenti in cui sembrava ritornare ragazzino: ho ripercorso stamattina delle fotografie di alcuni anni fa che lo ritraggono a cavallo di un toro meccanico oppure travestito da indiano. Quando i ragazzi lo coinvolgevano in qualche scherzo o gioco, era sempre pronto a partecipare, mostrando un entusiasmo insospettabile.

L’ultima immagine che ho stampata nella mente è quella di don Giuseppe durante la messa a cui abbiamo partecipato, presso villa Sant’Ilario, in occasione del suo ultimo compleanno: nonostante la fatica, durante il momento della preghiera eucaristica, la sua mano si è alzata, come sostenuta da una forza invisibile, e il suo volto e tutto il suo corpo erano un concentrato di fede e di amore. Quell’immagine lì, tenera e potente, rimarrà indelebile.

Se il buon pastore è la porta per le pecore, perché trovino il pascolo, allora don Giuseppe è stato per noi quella porta. Tante persone della nostra comunità sono passate per quella porta attraverso di lui. E abbiamo la certezza che, ritornato presso la casa del Padre, continuerà ad intercedere per la nostra comunità e per tutte le altre comunità che ha incontrato durante il suo ministero.
Grati per avere avuto il privilegio di averlo come pastore, affidiamo don Giuseppe al Signore, perché lo accolga tra le sue braccia e lo consoli con la sua misericordia.

Chiesa di Langhirano, 30 dicembre 2017


Profili di preti: don Onesto Costa

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON ONESTO COSTA
13 luglio 1924 - 28 dicembre 2008

DonOnestoCosta 1

Ma che prete è mai stato questo prete di nome Onesto! Come ha fatto ad essere quello che è stato e a fare quello che ha fatto? Mah!? Mistero del cuore umano e della grazia del Signore! Ha cominciato come parroco qui al modo solito secondo la pastorale del tempo e poi improvvisamemte, a 55 anni (!), è partito per il Brasile. La sua vita si è capovolta e così ha capovolto la vita di una vasta area umana attorno a sè. Avanti negli anni e stanco è tornato a Parma, riuscendo comunque a fare il parroco per alcuni anni a Corniglio e dintorni, fino a quando si è ammalato di una malattia degenerativa. Poi l’ultima “zampata”: si è fatto riportare in Brasile per morire ed essere sepolto fra la sua gente.
Da quello che è stato riferito il funerale è stata un’apoteosi. E gli hanno fatto subito un monumento. Dove lo troveremo un altro prete così? E perchè a Parma non gli abbiamo tributato una celebrazione esequiale come meritava?
NB. Nel novembre 2009 il nostro vescovo di Parma mons. Enrico Solmi si è recato in Brasile a visitare i sacerdoti parmensi impegnati in Brasile ed è andato a pregare sulla tomba di don Onesto, onorando la memoria di questo sacerdote straordinario.

- nato a Neviano Rossi il 13 luglio 1924,
- ordinato il 29 giugno 1949 nella Cattedrale di Parma.
- dal 1.7.1949 al 1.6.1952 Parroco a Valbona;
- dal 1.6.1952 al 31.12.1958 Parroco a Ghiare di Berceto;
- dal 1.1.1959 al 15.10.1977 Parroco a S. Pancrazio;
- dal 1.3.1969 al 14.7.1979 Direttore dell'Ufficio Missionario diocesano;
- dal 1979 al 1998 Missionario in Brasile a Primavera do Leste, Mato Grosso;
- dal 1.11.1998 al 15.11.2001 Parroco di Corniglio, Agna, Ballone, Graiana, Grammatica, Roccaferrara, Vestana, Villula;
- dal 1.12.2005 al 2007 Vicario Parrocchiale al Buon Pastore in Parma;
- nel 2007 é ritornato come missionario in Brasile a Primavera do Leste, dove è morto nelle prime ore di domenica 28 dicembre 2008.


Quando ho sentito la notizia della morte di don Onesto Costa, si sono rimescolati in me tanti ricordi e tanti particolari della vita di questo prete che ha vissuto una esistenza sopra le righe. Non nel senso che è andato fuori strada: è stato anzi un prete addirittura solido e tradizionale nella sua spiritualità. Ma nel senso che è andato avanti a tutti noi e ha fatto cose al di là di una pur fervida immaginazione.
È morto a Primavera do Leste in Brasile perché ha voluto morire in Brasile. E là, alla sua morte, è stato pianto e onorato come si piange e si onora un padre, un fratello, un amico carissimo.
Ma era un prete di Parma. Era uscito dal nostro seminario per andare subito parroco in montagna, a Valbona e poi a Ghiare di Berceto, quando la vita di montagna, allora soprattutto, era un esercizio quotidiano di sacrifici e di fatiche. Tra l'altro a Ghiare, per il paese in espansione, ha ristrutturato e ampliato la chiesa.
Infine è stato parroco a S. Pancrazio, dove ha maturato la decisione clamorosa di partire missionario per il Brasile, a un'età (55 anni!) non più considerata adatta per gli entusiasmi e le avventure. Missione intrapresa solo dopo aver curato amorevolmente i suoi genitori fino alla fine.

Io non sono in grado di raccontare tutto quello che don Onesto ha fatto in Brasile: e poi ci vorrebbe un libro intero! Ha cominciato dal nulla totale, dormendo per alcuni mesi all'interno di un dormitorio pubblico in un distributore di benzina.
Inizialmente ha costruito un capannone, che serviva sia per celebrare Messa sia per accogliere gente. In seguito, mentre la comunità aumentava intorno a lui, ha costruito scuola, asilo e chiesa, e molte altre cappelle nel territorio circostante, dove per territorio si intendono anche giorni interi in auto lungo strade irte di pericoli.
Infine ha realizzato il sogno della sua vita: un centro comunitario con campi di calcio e di bocce, piscine, un oratorio (dove più di 1000 bambini ricevono pasti, educazione e controlli sanitari) e da ultimo un palazzetto dello sport per 2000 persone. Tutto questo l'ha chiamato Parma Vita, un complesso, che ricorda e ricorderà la sua Parma, i suoi Fratelli e i suoi amici, di cui andava fiero.

Nel 1998, ormai stanco e vecchio, è stato sostituito e allora con molta melanconia e rimpianto è ritornato in Italia, a Parma. E qui, non ancora abbastanza stanco e vecchio, ha accettato di fare il parroco a Corniglio e nelle frazioni. E così si è ritrovato in montagna, come negli anni della sua giovinezza sacerdotale. Ma aveva sempre nel cuore il Brasile e quando faceva l'omelia cadeva inevitabilmente nel discorso del Brasile e non la finiva più, ricordando spesso i "suoi" più di mille bambini adottati a distanza grazie a lui.
Questa era la felicità di don Onesto in Brasile!

Colpito dal morbo di Parkinson, ha dovuto venire via anche da Corniglio e si è ritirato a vita privata, si fa per dire, perchè ha trovato il modo di aiutare il Parroco del Buon Pastore, don Nando Bonati, con le forze residue che gli erano rimaste.
Ma per lui il richiamo del Brasile era rimasto intatto e irresistibile. Sentiva che la morte non poteva tardare troppo e allora nel 2007 ha deciso di ritornare fra i suoi amici brasiliani, perché aveva bisogno di cure, pur rimanendo in contatto con i suoi amici di Parma.
Al suo arrivo la comunità di Primavera, guidata dal suo Vescovo, l'ha accolto con gioia e le Suore Orsoline del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante lo hanno curato come un padre, amorevolmente, giorno e notte.

In questo modo si è compiuto quello che lui aveva sempre desiderato: andare ancora in Brasile per arrivare puntuale proprio là, all'appuntamento con sorella morte e là essere sepolto. E così è avvenuto. E' spirato nelle prime ore del 28 dicembre 2008, Giorno del Signore.
Ha ricevuto onoranze funebri degne della fede e dell'amore che lui ha saputo dimostrare e degne della gratitudine infinita del suo popolo. Per lui hanno decretato tre giorni di lutto cittadino ed è stato sepolto nella chiesa di San Cristoforo da lui fondata.
E qui? Per iniziativa lodevole del suo successore don Carlo Silva, una Messa è stata celebrata domenica mattina 25 gennaio 2009 a S. Pancrazio, la Parrocchia che lo ha sempre sostenuto con fedeltà e generosità nelle sue iniziative apostoliche in Brasile. Purtroppo la celebrazione, fissata al mattino della domenica, ha impedito a tanti sacerdoti di partecipare. Don Onesto meritava di più, anche se è morto in Brasile e il funerale è stato celebrato in Brasile.

Don Onesto era un amabilissimo conversatore e aveva una forte capacità di approccio con le persone. Io ricordo con nostalgia le lunghe conversazioni che facevamo quando anni fa camminavamo spesso insieme sui monti del lago Santo.
Ricordo pure il racconto drammatico che sapeva fare della rischiosa avventura al seguito di don Alessandro Cavalli, il parroco intrepido di Neviano de' Rossi che, con la bandiera bianca spiegata, dietro richiesta del comandante delle truppe alleate, era andato a intimare la resa ai tedeschi, asserragliati a Fornovo negli ultimi giorni della guerra.
Don Onesto Costa ha portato con onore il nome della Chiesa di Parma lontano lontano, in Brasile. E là il nome di Parma rimane ben scolpito accanto al nome di questo prete, nel monumento che gli è già stato eretto.
Non lo dimenticheranno certamente mai i suoi amici brasiliani. E perché dovremmo dimenticarlo noi di Parma?

(tratto da “Preti e non solo” di  don Domenico Magri  Grafica Editrice Langhiranese 2010)