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Mappa con orari Messe

Profili di preti: don Giuseppe Celeste

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON GIUSEPPE CELESTE
11 settembre 1913 - 14 febbraio 2017

DonGiuseppeCeleste

Un prete da record. Dopo un lungo cammino di fede e di amore durato 103 anni, il nostro caro don Giuseppe Celeste ha varcato le soglie della celeste Gerusalemme.

- nato a Parma: 11.9.1913
- ordinazione sacerdotale: 23 marzo 1940
- vicario cooperatore a Traversetolo: 1940-1941
- parroco a S.Andrea Bagni: 1941-1967
- parroco a Cazzola: 1967-1986 e a Sivizzano e Torre: 1979- 1986.
- è stato prima ospite della Casa di riposo Pigorini di Traversetolo e poi dal 20 marzo 2013 ospite di Villa S.Ilario
- deceduto a Villa S.Ilario il 14 febbraio 2017

Don Aldino Arcari: ricordo di don Giuseppe Celeste.
Ho avuto la fortuna nei 21 anni che sono stato a Traversetolo di frequentare e conoscere abbastanza bene don Giuseppe Celeste e questo lo considero un dono del Signore.
Un altro presbitero bercetese che se ne va (… Berceto … fucina di tante vocazioni !); era il “decano” del presbiterio di Parma (un record il suo difficilmente superabile): 103 anni compiuti da tempo e il prossimo 23 marzo avrebbe festeggiato 77 anni di sacerdozio. Era stato infatti ordinato presbitero nella mattinata del Sabato santo del 1940 da Mons. Evasio Colli, perché c’erano venti di guerra.

Il cognome dice che non era di origini parmigiane. Infatti il papà proveniva dall’abruzzo; venuto a Parma a lavorare nelle miniere dì Corchia; qui aveva formato una famiglia da cui erano usciti due sacerdoti: don Pietro, morto in giovane età e appunto don Giuseppe.
È stato l’ultimo seminarista che ha frequentato il seminario di Berceto (“che freddo c’era” mi diceva) e aveva tanti ricordi del Vescovo Santo Mons. Conforti. Uno lo ricordava spesso: salutando la popolazione a Bergotto dopo una cresima disse: “Arrivederci tutti in Paradiso”!

Il suo primo ministero lo ha svolto a Traversetolo come cappellano di Mons. Varesi, poi è stato nominato parroco di S. Andrea Bagni negli anni difficili della guerra (Chiesa e canonica bombardata) e poi della ricostruzione; nel 1967 diventa parroco a Cazzola e in seguito a Sivizzano e a Torre; ministero che ha svolto quasi fino alla fine, (almeno fino ai 100 anni) senza mai fermarsi, sempre disponibile per le confessioni o qualche altro piccolo servizio.
Aveva un carattere forte e deciso, con la battuta pronta e tanti aneddoti e frasi in latino che ripeteva spesso. Una fede granitica; uomo di preghiera e di grande carità.

Per concludere 2 immagini di don Giuseppe.
La prima. Un attaccamento unico e fortissimo alle sue parrocchie. Fino a 100 anni celebrava 3 messe alla domenica per le sue tre parrocchie. Era solito ricordare il valore insostituibile e la centralità della Messa nella vita di un prete e di un cristiano.
La seconda. Dal lunedì cominciava a preparare l’omelia della domenica e quante volte veniva a pranzo con un articolo di giornale sottolineato di blu e di rosso per chiedere chiarimenti e spiegazioni.
Nel terminare posso dire che io “allora” giovane prete ho ricevuto tanto bene da questo “presbitero”: come esempio e come testimonianza.
GRAZIE don Giuseppe.
Dal Signore ottieni per la nostra Diocesi tante e sante vocazioni.
don Aldino Arcari - 16 febbraio 2017


Il mio ricordo di don Giuseppe Celeste
È spirato serenamente a Villa S. Ilario al tramonto di martedì 14 febbraio: si è addormentato piamente nel Signore (pie obdormivit in Domino) come si diceva un tempo. 103 anni di vita e 77 anni di sacerdozio! Che cosa si può pretendere di più per un prete? Ha dispensato a larghe mani e con tanto cuore la grazia del Signore nelle parrocchie e nei luoghi dove ha offerto il suo dono di sacerdote saggio e buono: Traversetolo, S. Andrea Bagni, Cazzola, Sivizzano, Torre, Villa Pigorini, Villa S.Ilario.
Gli ultimi anni li ha trascorsi a Villa S.Ilario come “padre nobile” per i suoi confratelli, anziani pure loro, ma non come don Giuseppe. E pronto a dispensare il suo sorriso di vegliardo, più eloquente dei discorsi.

È stato sempre fedele agli appuntamenti della preghiera comune, a cominciare dall’Eucaristia. Ha avuto la gioia di poter concelebrare fino a tre giorni prima della morte, perchè a Villa S.Ilario c’è questa opportunità. Infatti i sacerdoti hanno ricevuto l’ordinazione per “dire Messa”, possibilmente tutti i giorni, anche fino a 103 anni. Don Giuseppe c’è riuscito! 

E poi... è morto povero, “nullatenente”, parola da prendere alla lettera: proprio così!
Ora nella Casa comune del Padre si ricongiunge con il fratello don Pietro, morto anni fa e mai dimenticato parroco di Corchia: chi non ricorda il suo gesto toccante di pietà sacerdotale e fraterna nel recitare il Rosario in coda al corteo del funerale civile di quel povero sacerdote ucciso?
Il papà Giovanni era di origini abruzzesi ed era venuto al nord per fare il lavoro duro di minatore nella miniera di rame “Pietra del Fuoco” di Corchia. E con la moglie Janelli Maria ha così regalato due preti speciali alla Chiesa di Parma.
Tutto è grazia!

(dai ricordi di  don Domenico Magri  2017)


Profili di preti: don Ernesto Ollari

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON ERNESTO OLLARI
18 giugno 1882 – 6 febbraio 1963

DonErnestoOllariHa ancora qualcosa di dirci questo vecchio parroco di Canesano, frazione piccolissima di Calestano, morto ormai tanti anni fa?
Certo! Infatti ha qualcosa di molto importante da dirci perchè ha fatto una cosa incredibile!Basta leggere quello di cui è stato capace don Ernesto, coinvolgendo anche il suo paesino di Canesano. Parroco e parrocchiani: poveri, umili, ma grandi e coraggiosi. Con loro ha salvato una trentina di ebrei, a rischio della vita. Vangelo puro, sine glossa! Domanda:in mezzo a tante (e retoriche?) commemorazioni della Resistenza, non ci potrebbe essere maggiore spazio per don Ernesto Ollari che ha fatto la “resistenza” a base di Vangelo?

- nato a Fragno di Calestano il 18 giugno 1882
- ordinato sacerdote il 10 marzo 1906
- coadiutore di Fontanelle dal 1906 al 190
- economo Spirituale di Roccabianca dal 1907 al 190
- parroco di Canesano dal 1908 al 1963
- deceduto a Canesano il 6 febbraio 1963

Assieme a don Innocenzo Boschi, parroco di Fragno, don Ernesto Ollari è stato uno dei sacerdoti che ha impressionato in modo estremamente positivo la mia immaginazione di fanciullo e di seminarista. Questi due preti avevano alcune caratteristiche simili e godevano di una grande simpatia presso la gente.
Don Ernesto era parroco di Canesano, frazione di Calestano. Canesano è un villaggio montano, posto a m. 790 di altitudine, alle falde nord orientali del Montagnana. La tenacia dei suoi abitanti è riuscita, attraverso i secoli, a strappare al monte e al bosco un po' di terra da cui ricavare da vivere. (cfr "La Diocesi di Parma" di Dall'Aglio don Italo)

Don Ernesto veniva spesso a Calestano a portare lo splendore del suo temperamento piacevole, buono, semplice e ricco di fede.
A prima vista sembrava un prete fragile e timido, anche perchè aveva vissuto una vita semplice e presumibilmente senza problemi in una frazione di gente buona e docile alle indicazione del parroco. Poi è arrivato il momento della prova e don Ernesto ha dimostrato di essere grande e coraggioso, con il coraggio del pastore dal cuore aperto verso tutti e ben al di là del suo piccolo nido di parrocchiani.

Ecco che cosa è successo. A Calestano era stato confinato un gruppo (mi pare una trentina) di ebrei slavi. Erano sotto controllo costante dei carabinieri, ma erano trattati con simpatia dai Calestanesi. C'è una circolare del Questore di Parma, che lamenta questo clima troppo caldo di accoglienza da parte degli abitanti.
Ma una volta arrivato il giorno dell'armistizio 8 settembre 1943 e avendo accertato che i tedeschi stavano occupando l'Italia, gli ebrei capiscono che non possono più rimanere in paese e salgono a Canesano chiedendo aiuto al parroco di Canesano.
Don Ernesto non ci pensa due volte: li sistema come può in Canonica, nella stalla e nel fienile del beneficio parrochiale. Anche alcune famiglie di Canesano fanno altrettanto. Una donna ebrea, certamente presa dalla disperazione, si è impiccata nella stalla.

Dopo un po' di tempo gli ebrei vanno via anche da Canesano e si disperdono. Dopo la guerra si saprà che si sono salvati tutti.
Qualche anno fa il governo israeliano si è ricordato di questo prete umile e coraggioso e ha consegnato ai nipoti una medaglia come attestato di riconoscenza per lo zio prete. Questa medaglia ora fa bella mostra di sè nella Chiesa di Canesano "ad perpetuam rei memoriam" (come si diceva una volta).
Don Ernesto Ollari è uno dei tanti sacerdoti che in tempo di guerra hanno rischiato la vita per gli altri e hanno dato prova di quanto sa operare la forza della fede.

Purtroppo don Ernesto durante la guerra è stato ferito nei suoi affetti familiari più cari. Un suo fratello, che faceva il cantoniere lungo la strada tra Calestanto e Fragno, è stato ucciso barbaramente con dei grossi sassi nel periodo, saturo di violente e feroci rivalità, della Resistenza. Inoltre, in uno dei quattro bombardamenti subiti da Calestano, è stata colpita a morte una famiglia di nipoti.
Io ero un ammiratore totale di don Ernesto: mi aveva sempre affascinato per la sua saggezza, la sua fede e la sua bontà. E mi aveva sempre dimostrato stima e affetto. Mi ricordo la bella festa a Canesano il 15 luglio 1954, subito dopo la mia ordinazione sacerdotale per celebrare la festa del patrono S. Bonaventura.

Funerali di don Ernesto Ollari
Una volta i preti, soprattutto in montagna, non erano onorati alle esequie dalla presenza del vescovo. Ma tra le povere e vecchie case contadine erano i fedeli a rendere il meritato onore accompagnando tutti insieme al cimitero il loro parroco.
E' morto in pieno inverno il 6 febbraio 1963: era parroco a Canesano dal 1908! Io ero parroco ad Ognissanti, dove vivono ancora i suoi nipoti, che sono brava gente. Io non ero al funerale: non ho proprio potuto. Quando ci penso, sento ancora il rammarico. Ma lo porto sempre nel cuore.

(da: "I miei preti... i nostri preti"  don Domenico Magri  Grafica Langhiranese 2008)


Profili di preti: mons. Franco Grisenti

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

MONS. FRANCO GRISENTI
26 gennaio 1923 - 2 marzo 2010

MonsFrancoGrisenti

Grande prete e grande protagonista della nostra Chiesa di Parma!
Don Franco era tanto più alto di noi come personalità e nello stesso tempo era così vicino a noi, così nostro, così attento a tutti, al punto da prevenire spesso le nostre richieste e attese.Insomma: un personaggio unico e irripetibile!
Vorrei aggiungere una nota doverosa sul prete don Franco: attraverso le sue mani sono passati tanti soldi, ma non si sono fermati: sempre e solo per gli altri.Posso garantire, come Esecutore Testamentario, che è morto povero: poche migliaia di euro, l'appartamento in affitto con arredamento semplice e modesto, nessun immobile di sua proprietà. L'unica "ricchezza": un numero incalcolabile di dischi, spesso ricevuti in dono, per ascoltare la sua amata musica. Un gruppo di amici negli ultimi anni si era autotassato per fornirgli ogni mese la somma necessaria per le sue spese di casa. È stato ammirato e anche discusso e criticato, ma la migliore risposta è stata la sua morte in totale povertà personale.

- mons. Franco Grisenti (al civ. Giorgio)
- nato a Golese il 26 gennaio 1923
- ordinato sacerdote il 29 giugno 1946
- cappellano a Ognissanti dal 1946 al 1949
- parroco a Berceto dal 1949 al 1968
- dal 1968 Canonico della Basilica Cattedrale
- dal 1972 al 1996 Vicario Generale della Diocesi al fianco di mons. Pasini e di mons. Cocchi
- dal 1997 al 2000 Delegato Episcopale
- membro della Commissione CEI per l'edilizia di culto
- direttore dell'Ufficio amministrativo diocesano
- prelato d'onore di Sua Santità
- deceduto il 2 marzo 2010

Veramente era stato registrato all'anagrafe con il nome di Giorgio, ma poi, chissà perchè, di fatto è sempre stato chiamato Franco. Ma con il suo nome c'è sempre stata un po' di variazione sul tema. In Seminario lo chiamavano "il Griso", che era il capo dei "bravi" manzoniani: era certamente solo un riferimento alle sue già evidenti doti di leader. E quando è diventato monsignore, tanti, soprattutto quelli di Ognissanti e di Berceto, non hanno cessato di chiamarlo don Franco. Quando poi è diventato un personaggio anche a livello extra ecclesiastico, il cognome veniva in un certo senso secolarizzato e spesso lo chiamavano semplicemente Grisenti, senza mons. e senza don.

Era nato per ultimo, decimo figlio, dimostrando abbondantemente che non aveva dovuto accontentarsi delle energie fisiche e mentali lasciate a lui dai precedenti nove fratelli e sorelle.
L'inizio dell'uso di ragione (lo dice lui stesso nel testamento spirituale) è coinciso con il desiderio di farsi prete. E prete lo è diventato nel giugno 1946. Subito a Ognissanti come cappellano per tre anni. È lì che ha imparato a fare il prete: ha imparato dalla gente sanguigna e sincera dell'Oltretorrente e da quel maestro di vita sacerdotale che era il parroco don Giacomo Antolini. Io sono succeduto nel 1958 a don Antolini e lui era già andato a Berceto nel 1949. Ho fatto subito i conti con la sua incredibile inventiva e capacità di organizzatore. Ad es. non ho fatto che continuare l'iniziativa del Servizio Buona Stampa, con il quale tutte le settimane "invadeva" tante parrocchie della Diocesi con il Vittorioso (ah, Jacovitti!) e con la rivista femminile Alba. Le parrocchie della città venivano a prendere la stampa da noi, mentre noi pensavamo a portare la stampa alle corriere che partivano per la bassa, la collina e la montagna. Idea geniale di don Franco: mica male come inizio!
A Berceto, succeduto come parroco al "mitico" don Achille Monti, è esploso con la sua intelligenza e sensibità pastorale: quante fatiche, ma anche quante soddisfazioni con quella gente buona che si è incollata a lui, mentre lui a sua volta ha continuato a rimanere incollato a Berceto, una volta diventato Vicario generale: per Berceto aveva una autentica passione, favorita anche dalla particolare devozione che nutriva per la Madonna delle Grazie.

La sua nomina a vicario generale, pur conoscendo in tanti la sua intelligenza e quadratura mentale e temperamentale, è stata accolta con stupore. Non fosse altro per questa scelta, bisogna dare atto che il vescovo mons. Pasini aveva visto giusto: ha fatto venire giù un prete dalla montagna, mentre tanti pensavano a qualche personaggio di rilievo della Curia e dintorni.
Io non comincio neppure a descrivere in dettaglio tutto quello che ha fatto come Vicario generale con la sua irruzione benefica su tutta l'area diocesana, attraverso la sua opera pastorale e le sue intuizioni di ogni tipo. Basta citare le Chiese di periferia; la riparazione dei danni del terremoto del 1983; la impresa titanica, durata decenni, per riportare alla loro bellezza nativa il Battistero e la Cattedrale, senza dimenticare il Duomo di Berceto a lui tanto caro; l'impegno determinante per fare sorgere dal nulla il grande complesso di Emmaus con Villa S. Bernardo e Villa S Ilario, rifugio provvidenziale per i preti anziani; l'aiuto sempre pronto ai parroci, con l'indicazione delle strade da percorrere per avere i locali e l'ambiente adatto per aggregare i giovani e gli adulti nelle parrocchie. Sono certo che non ci sia un parroco che non abbia motivo di pensare a lui con riconoscenza. Sapeva arrivare perfino, secondo il suo stile, in maniera imprevedibile e quasi furtiva, con particolare riguardo alle parrocchie piccole e disagiate.
Nirone, ad es., parrocchia piccolissima di montagna in quel di Palanzano, composta prevalentemente da anziani e priva ormai da tempo di parroco residente, nelle partecipazioni funebri sul giornale si è fatta voce, senza volerlo, della riconoscenza delle altre parrocchie per tutto il bene ricevuto. È stato un gesto bellissimo e significativo sfuggito magari a tanti, che hanno forse cercato invece le partecipazioni ritenute più importanti. Tra l'altro ho saputo che alla sera si sono passati la voce e si sono trovati insieme a pregare con il Rosario per il loro Benefattore: una prova magnifica di sensibilità.

In poco tempo mons. Grisenti è diventato un punto obbligato di riferimento anche per la società civile di Parma. Ma non solo. È stato chiamato a Roma a partecipare attivamente a una Commissione nazionale della CEI: anche a Roma era diventato di casa. Ne abbiamo avuto una prova quando il presidente Napolitano è venuto in Cattedrale a visitare la Cupola del Correggio: al Custode ha chiesto notizie di mons. Grisenti!
Mons. Grisenti ha percorso tante volte le strade della Diocesi per incontri pastorali, ha predicato i Ritiri ai sacerdoti e ai laici, gli Esercizi spirituali alle suore, ha fatto omelie e interventi ricchi di dottrina e di suggerimenti preziosi per cogliere i segni dei tempi.
Ma c'è anche qualcosa d'altro da rimarcare e non è meno importante: ha saputo costruire una "ragnatela" infinita di rapporti interpersonali che gli hanno permesso di aprire tante porte, prima di tutto le porte dei cuori.
E quante altre cose ancora ha fatto!

E poi...e poi ... il calvario della sua sofferenza fisica, cominciata nel 1994 e terminata con la morte. Ma proprio in questo lungo periodo di sofferenza, ha convinto anche chi ne aveva voluto dubitare, dello spessore della sua fede di cristiano e di prete. A questo proposito basterebbe leggere i due bellissimi Testamenti spirituali che ha lasciato: uno scritto nel 2006 e l'altro nel 2008.
Bisogna proprio dire che con la morte di mons. Grisenti si è chiusa un'epoca irripetibile nella nostra Diocesi. Sta ora alle nuove generazioni di sacerdoti e di laici tentare un rinnovato approccio pastorale con i tempi che cambiano, facendo tesoro delle traiettorie di cammino indicate da questo grande prete.
Era un prete grande anche per motivi che non solo non sono estranei, ma possono essere benissimo funzionali alla missione sacerdotale.
Mons. Grisenti aveva molti interessi culturali ed artistici, ma aveva soprattutto l'interesse per la musica. Era un ottimo suonatore d'organo e ha favorito il restauro e la costruzione di organi nelle Chiese della Diocesi, a cominciare dall'organo della Cattedrale e della Cripta, del Duomo e del Santuario di Berceto, dedicato alla cara sorella Lina. In casa aveva una raccolta completa di dischi di musica classica. Soprattutto negli ultimi anni, assieme alla preghiera, era l'ascolto della musica a dargli conforto.
Mi ricordo che quando ero cappellano a Fornovo, era venuto giù da Berceto per consegnarmi alcuni dischi di musica classica e così ha avviato anche me all'amore per la musica.

Nonostante fosse un tipo non molto espansivo, aveva le sue delicatezze e finezze di comportamento, anche nei piccoli gesti: ad es. ogni tanto mi arrivavano stecche di cioccolata per i preti di Villa S.Ilario.

Io stesso sono ancora stupito del gesto di fiducia che mi ha dimostrato quattro anni fa scegliendomi come Esecutore Testamentario. Mi chiedo ancora: come mai ha scelto me?
Una cosa è certa: gli ho sempre voluto bene. L'ho visto per l'ultima volta all'ospedale tre giorni prima della sua morte. Con i tubi e gli strumenti che aveva addosso, non riusciva a farmi sentire la sua flebile voce, ma ha potuto sentire le mie parole di affetto, di fede e di riconoscenza: ascoltava commosso.

Il funerale è stato degno della sua personalità, con il Vescovo che nell'omelia ha parlato in modo perfetto, come se lo avesse sempre conosciuto: ci voleva proprio questa omelia!
Un solo rammarico, se mi è permesso essere sincero fino in fondo. Alla fine, al momento del commiato liturgico, sarebbe stato bello fare uscire dal "recinto" dei transetti un centinaio di preti venuti al funerale, per affollare il prebisterio attorno alla bara, assieme con il Vescovo. Sarebbe stata una scena piena di calore fraterno (noi preti ne abbiamo tanto bisogno!) e di significato ecclesiale davanti ai fedeli in Cattedrale.
E poi ho un desiderio. Il Vescovo alla morte di mons. Grisenti ha fatto un bellissimo annuncio sul giornale a nome della Diocesi: lo meritava! Vorrei che il vescovo, che vive la paternità per i preti senza distinzioni, facesse altrettanto per tutti, anche per i preti considerati i meno importanti. Così ci sto dentro anch'io!
don Domenico Magri – 5 marzo 2010

(da ““Preti e non solo” di don Domenico Magri, Grafica Langhiranese Editrice – 2010)


Profili di preti: don Sergio Nadotti

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON SERGIO NADOTTI
13 giugno 1932 - 26 gennaio 2015

DonSergioNadotti

Siamo nati a Calestano, cresciuti insieme a Calestano e in Seminario. Non ci siamo mai persi di vista nella vita sacerdotale. E sempre amici! Poteva sembrare a prima vista un tipo difficile con cui dialogare, ma la franchezza del rapporto era la chiave sicura per aprire le porte del suo cuore.
Pensando a don Nadotti, mi viene la tentazione di definirlo con quel motto che recita così:”Mi spezzo, ma non mi piego!” Questa frase (come la foto!) fa intravedere la sua personalità e forza d’animo, ma anche le conseguenti difficoltà che hanno segnato la sua esistenza.

- nato a Calestano il 13 giugno 1932
- ordinato presbitero il 19 giugno 1955
- parroco ad Antesica nel 1955
- rettore della Chiesa di S. Lucia nel 1962
- parroco di S. Tommaso dal 1965 fino alla morte.
- nel frattempo è stato assistente diocesano Uomini di A. C.; cappellano del Lavoro; presidente del Collegio dei Parroci Urbani; consulente Giuristi Cattolici; consulente C.T.G.; assistente          A.S.C.I.; assistente regionale U.U.A.C.
- deceduto il 25 gennaio 2015

Don Sergio è nato a Calestano il 13 giugno 1932. La stirpe di don Sergio era calestanese doc. Il papà Gianni e lo zio Riccardo gestivano ciascuno la trebbiatrice ed è facile immaginare la fatica di questa professione, adesso scomparsa con la invenzione della mietitrebbia. Bisognava trasportare e sistemare a regola d’arte la trebbiatrice con il motore e la imballatrice nelle aie sconnesse dei paesi della val Baganza.

Ma il piccolo Sergio aveva dell’altro nella testa e nel cuore. Come si addiceva ad ogni bambino di famiglia religiosa, ha incominciato a fare il chierichetto e a servire Messa imparando a memoria in latino le risposte da dare al parroco don Umberto Miani (Introibo ad altare Dei – Ad Deum qui laetificat iuventutem meam). E così, all’età di 11 anni, è entrato in Seminario.
C’era la guerra. Anche lui ne ha attraversato le insidie e le sofferenze. Il papà è stato deportato in Germania con il rastrellamento del 30 giugno 1944 e si è trovato con la mamma Argia e la sorella Anna Maria ad affrontare questa dolorosa emergenza.

E’ arrivato alla Ordinazione sacerdotale il 19 giugno 1955. A Calestano tre preti, uno dopo l’altro, hanno detto Messa (così si diceva una volta): il sottoscritto nel 1954, don Nadotti nel 1955 e il compianto don Bellini nel 1956.
Il vescovo Colli lo ha mandato parroco ad Antesica, frazione montana di Langhirano: posso dire che viene ricordato ancora con simpatia e riconoscenza dagli anziani del paese.
La sua personalità non è passata inosservata e il Vescovo lo ha ben presto chiamato a Parma per l’assistenza pastorale nelle fabbriche come Cappellano del Lavoro.

Dopo alcuni anni come Rettore nella Chiesa di S. Lucia, è stato nominato parroco di S. Tommaso nel 1965: per quasi 50 anni è stato vigile sentinella della Chiesa di Via Farini. Ha fatto l’Assistente dell’Azione Cattolica e degli Scout, è stato il Consulente ecclesiastico dei Giuristi Cattolici e degli Artisti Cattolici, ha insegnato Religione nelle scuole. E’ stato un parroco all’antica, parola da intendere nel modo migliore, cioè con uno stile pastorale che dovrebbe essere sempre attuale.

Don Sergio aveva alcune doti che hanno arricchito le tante persone e ambienti che lui ha accostato.
Era dotato di grande intelligenza, era ovviamente un prete di fede e contento di essere prete, aveva il gusto dell’arte, artista lui stesso raffinato e promotore di arte sacra, era un ottimo evangelizzatore con la sua predicazione seguita con attenzione non solo in S.Tommaso, ma anche attraverso la TV locale.
Aveva l’approccio e l’amicizia facile con le persone e in particolare con i confratelli parroci del centro storico, a cominciare dal “confinante” don Sergio Aldigeri. Tutti lo ricordiamo davanti alla Chiesa, in piedi fin che ha potuto, a parlare con quelli che passavano: era un modo anche questo di fare pastorale.
Era dotato di un temperamento schietto che lo portava a esprimersi talvolta in modo altrettanto schietto. Un temperamento e un modo di parlare che alle volte metteva in imbarazzo le persone, ma altre volte lo rendeva ancora più interessante e ne facilitava l’amicizia.
Insomma: era una forte personalità che mancherà alla Chiesa di Parma. Don Sergio è un altro grande vecchio prete che se ne va. Se ne va dove il Signore lo ha chiamato per averlo sempre con sé.

Chiedo scusa se ricordo la nostra grande amicizia da compaesani cresciuti insieme. Una amicizia che si esprimeva e si alimentava in contatti frequenti, come nell’ultima e lunga telefonata di Natale.
Ma infine non posso non ricordare una avventura singolare che ci è capitata nell’estate del 1945, a guerra finita, quando siamo andati a “curiosare” nel vecchio organo della nostra Chiesa che era stata bombardata e gravemente danneggiata nel luglio del 1944. La Chiesa era stata resa agibile da poco tempo dopo la necessaria riparazione. Don Sergio e io siamo saliti nella cantoria dell’organo e ci siamo trovati improvvisamente impauriti: davanti a noi, tra le canne tutte piegate e rovinate, giaceva una grande bomba inesplosa adagiata, da oltre un anno, in mezzo all’organo, senza che nessuno se ne fosse ancora accorto. E’ stato un episodio che ricorreva ogni tanto nelle nostre conversazioni.

Addio, caro don Sergio, mio e nostro confratello, parroco fedele alla tua comunità fino all’ultimo respiro e amico nei giorni lieti e meno lieti della nostra esistenza.
In Paradiso ti accolgano gli angeli con solenni cori di festa e ti conducano nella santa Gerusalemme.

(di  don Domenico Magri  26 gennaio 2015)