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Profili di preti: don Ermenegildo Pesci

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON ERMENEGILDO PESCI
17 dicembre 1923 – 22 gennaio 2017

DonErmenegildoPesci

Il suo nome era Ermenegildo, ma non tutti lo sapevano.
Voleva essere chiamato per cognome: don Pesci. Già questo riesce a dare subito l’idea del tipo che era questo sacerdote: non era facilmente catalogabile. Ma di una cosa possiamo essere certi: aveva una forte personalità, era intelligente, determinato nella sua fedeltà al sacerdozio e alle comunità parrocchiali che gli sono state affidate, in particolare a Sorbolo dove è stato il “dominus” incontrastato fino a pochi anni fa (2013), quando ha deciso autonomamente di rinunciare alla Parrocchia: e così è venuto ad arricchire con la sua presenza e il suo esempio la comunità presbiterale di Villa S.Ilario. Qui a Villa S.Ilario era seguito con attenzione premurosa dalle Suore e da tutti gli Operatori. Ed era seguito con un amore, che si può definire filiale, dai nipoti che gli portavano i saluti della sorella Maria che lui era preoccupato di ricambiare: era l’ultima raccomandazione che faceva ai nipoti al momento dei saluti.

- nato a Manzano il 17 dicembre 1923
- ordinato sacerdote il il 29 giugno 1946
- cappellano a Traversetolo dal 1946 al 1948
- parroco a Orzale dal 1949 al 1954
- parroco a Fontanelle dal 1954 al 1972
- parroco a Sorbolo dal 1972 al 2013
- deceduto il 22 gennaio 2013 a Villa sant'Ilario

Ecco la “grinta” di don Pesci!
Nel rifugio caldo e protettivo di Villa S.Ilario ha ritrovato il nostro ospite prezioso don Giuseppe Montali, che per una decina d’anni era stato suo fedele e prezioso collaboratore a Sorbolo. Era bello e commovente vedere i saluti e i sorrisi che si scambiavano durante la giornata.

Era nato il 17 dicembre 1923 a Manzano, frazione di Langhirano, da una famiglia contadina che coltivava il podere Cascinella di proprietà della famiglia langhiranese del compianto don Antonio Bianchi. E’ stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1946: tra gli altri confratelli in quella ordinazione c’era anche don Franco Grisenti: si tramanda tra l’altro che a scuola in Seminario risultavano i due più brillanti come intelligenza. E la sua intelligenza, coniugata con la sua fede e il suo temperamento forte, è stata messa a frutto nella sua lunga missione sacerdotale, prima come cappellano a Traversetolo (1946-1948), poi come parroco a Orzale (1949-1954), a Fontanelle (1954-1972) e infine a Sorbolo (1972-2013).

Sorbolo! In Parrocchia e in paese tutto parla ancora di lui. Da quando è arrivato qui a Villa S.Ilario un folto gruppo di Sorbolesi, guidato dal successore don Aldino Arcari, che non mancava di visitarlo spesso, veniva a fargli festa nel giorno del suo compleanno con la celebrazione della Messa e un rinfresco d’occasione: tutta la mattinata dedicata al vecchio e glorioso parroco! La festa è riuscita a meraviglia anche l’ultima volta, lo scorso 17 dicembre: è stata la festa dell’addio e della riconoscenza.

Come passava la giornata don Pesci? Ovviamente in primis con la Messa concelebrata e il Rosario comunitario con i confratelli: qui noi preti siamo e viviamo come una famiglia, a cominciare dalla preghiera e dai pasti in comune. Don Pesci inoltre sulla tavoletta della sua carrozzina aveva il Breviario e un bel volume sulla vita dei santi: erano il suo “pane quotidiano” durante le ore libere dagli impegni comuni. Sì, è vero, era un temperamento forte e lo ha fatto valere sempre nella sua vita. Ma con la sua dirittura d’animo, con la sua fede e con la sua ansia pastorale si è fatto capire, apprezzare e anche amare da tutti: che cosa vogliamo di più da un prete? Don Pesci ci lascia una eredità preziosa che non va dispersa. Dipende anche dalla nostra capacità di custodirne la memoria, come la memoria di tanti sacerdoti che sono passati prima di noi e che forse dimentichiamo troppo alla svelta.

Se mi è permesso un ricordo personale, devo dire che il mio impatto con lui, assieme ai miei compagni di classe in Seminario, è avvenuto durante l’anno scolastico 1943-1944 nella classe di II ginnasio (ora II media). Era il nostro “decano” cioè il seminarista di teologia del Seminario Maggiore, mandato anche lui come responsabile di una classe del Minore. Era il periodo dei bombardamenti, fino al punto che nell’aprile del 1944 siamo stati mandati tutti a casa. Quando nel cuore della notte suonava la sirena dell’allarme, il nostro decano Pesci, senza tanti complimenti (che non sono mai stati il suo forte, ma in questi casi bisognava proprio fare così!) tirava giù dal letto noi poveri ragazzi storditi da questo brusco risveglio. Assieme a tutti gli altri seminaristi scendevamo nei sotterranei ad attendere anche per ore la fine dell’allarme.

Ora il nostro caro don Pesci è finalmente arrivato nella Casa del Padre. Mi faccio una domanda semiseria: chiederà subito un volume del Breviario per pregare? In fin dei conti il Paradiso è il posto ideale per pregare sempre e senza interruzione davanti a Dio, da contemplare così come Egli è! E poi potrà trovare e riconoscere i Santi che lui leggeva con ammirazione nel libro che teneva sempre nella sua carrozzina. Insomma: una bella compagnia!

(di  don Domenico Magri  23 gennaio 2017)

Funerale di don Ermenegildo Pesci, 25 Gennaio 2017 – Saluto da parte della comunità
Non è facile parlare di don Pesci: 93 anni compiuti da poco, sacerdote da più di 70 anni, nostro pastore per 42 anni. Questi numeri, già da soli, fanno impressione e raccontano di una lunga ed intensa vita dedicata a Dio e al gregge di Dio.

Naturalmente si dovrebbe iniziare dal giorno in cui, nel 1972, fu chiamato a Sorbolo per ricostruire una parrocchia distrutta dal terremoto; un’operazione che non prevedeva solo il recupero del passato, ma soprattutto un progetto per il futuro.
Il paese stava vivendo un periodo di transizione, dove la rinnovata comunità dimostrava poco interesse per la Chiesa. Tuttavia, per suo desiderio e grande impegno, oltre alla ricostruzione della canonica e della chiesa, nascono il Consiglio Pastorale, il gruppo catechisti, animatori, giovani, il gruppo sposi e famiglia, la Caritas parrocchiale, il gruppo Scout, le gite culturali e ricreative, il soggiorno di Berceto per i ragazzi, le feste dell’accoglienza, Estatinsieme, le castagnate, il circolo ANSPI, Voce Amica, la mostra missionaria, la sistemazione del Virtus come sala della comunità, e tanto, tanto altro.

Non potendo soffermarmi sugli infiniti aspetti che lo hanno reso il “prete della nostra vita”, ho messo insieme alcuni “fermo immagine” che lo ritraggono e ne descrivono la personalità, la fede, la lungimiranza. Queste immagini sono state raccolte attraverso la voce di tanti che hanno conosciuto don Pesci e hanno collaborato con lui, e credo che ben descrivano il sentimento di tutti.

La prima immagine è quella di Don Pesci nel silenzio della chiesa, in varie ore della giornata, con il breviario tra le mani. Spesso lo si trovava qui, in preghiera, sostando dinanzi alla verità di Dio. Questo ci ha trasmesso: l’importanza della preghiera, non solo quella comunitaria ma anche quella personale: incrociare il nostro sguardo con quello di Dio, lasciandoci amorevolmente guardare dalla Verità.

Un’altra immagine, scolpita indelebilmente nelle nostre menti, è quel suo salire i gradini che portano all’altare e al Tabernacolo, durante ogni celebrazione, e poi ridiscenderli con la pisside in mano per portare Gesù a noi. E poi quel suo sistemare, quasi “accarezzando”, i paramenti che ornano il Tabernacolo al centro dell’Abside, con tanta tenerezza. Tutti gesti fatti con calma, perché non c’è fretta per le cose importanti. Ci ha fatto sentire Gesù vivo e presente sull’altare, ogni volta, per più di 40 anni.

A questa immagine si associa quella dell’amore per la sua chiesa, questa chiesa, che aveva ricostruito e che custodiva gelosamente. Non certo come un bene personale, ma come una casa che doveva essere accogliente per tutti, quindi anche bella e ordinata. Chi non ricorda il suo sistemare le panche prima e dopo ogni celebrazione? Tutto doveva essere in ordine, ben in fila, come quando si invita un ospite importante. Ognuno di noi era un ospite di primo piano nella chiesa, per il suo incontro con Dio.

Non posso non citare poi una sua caratteristica molto peculiare: quel suo interrompere la celebrazione, a volte sbattendo la mano sul leggio, quando qualcuno entrava in ritardo in chiesa. Don Pesci non ha mai accettato che l’incontro con Gesù venisse al secondo posto, che la parola di Dio fosse soffocata dalle nostre, che la fede vera e profonda fosse mascherata da gesti superflui.

A riprova del fatto che quel suo gesto così plateale non dimostrava una scarsa accoglienza, voglio ricordare le tante persone e famiglie in difficoltà che don Pesci ha sempre accolto, nel corso degli anni, nei locali parrocchiali, anche e soprattutto quando straniere e di religione diversa dalla nostra. Accogliendo tutte queste persone, ogni volta ha portato Cristo, vivente, nella comunità.

E mi viene in mente l’affetto speciale che ha sempre avuto per i bambini, ai quali tutto concedeva, addirittura chiacchierare durante la Messa… Mi ha sempre impressionato il fatto che li conoscesse uno ad uno, anche se erano diverse centinaia. Sapeva i loro nomi, i nomi dei loro genitori, le loro storie, dove abitavano… proprio come un genitore sa tutto dei suoi figli. Mi sono chiesta tante volte come facesse e ho concluso che non è solo questione di memoria, ma soprattutto di amore: se ami una persona non ti dimentichi il suo nome. E lui ha amato ognuna delle pecore del suo gregge.

Infine una frase, che ha pronunciato nel corso di una delle sue ultime riunioni del Consiglio Pastorale: “Non mi sono mai pentito, in tanti anni di sacerdozio, di fare il prete”. È stato bello sentirglielo dire, anche se in realtà non lo avevamo mai messo in dubbio: si era sempre visto chiaro come il sole quanto fosse forte e rinnovato il suo “sì” a Cristo, anche dopo 70 anni. E vale la pena quindi di ricordare la sua immensa gioia quando un giovane di Sorbolo, Umberto Cocconi, entrò in seminario e fu poi ordinato sacerdote. E il suo orgoglio, che ha sempre cercato di celare ma è sempre stato ben evidente, nel vedere don Umberto crescere, germogliare e diventare il sacerdote che tutti conosciamo. E, analogamente, la gioia nel vedere un’altra vocazione, più di recente, sbocciare nella comunità: quella di Manfredo a diventare diacono.
Don Pesci non ha mai smesso di pregare per le vocazioni. Anche durante la sua ultima omelia in mezzo a noi ha invitato i giovani ad avere il coraggio di dire il proprio “sì” quando Dio li chiami a mettere la propria vita al suo servizio.

Tante altre immagini e ricordi si affollano nella mente, dai momenti più divertenti e spensierati come le gite e le scampagnate, a quelli più meditativi come gli incontri o le celebrazioni. Le tante discussioni, quasi litigi a volte, perché quando si tiene a qualcosa o qualcuno, immancabilmente ci si scontra su come fare le cose al meglio. I confronti, sempre arricchenti, in cui don Pesci riusciva sempre a suggerire uno sguardo fuori dal comune, proprio perché il suo unico riferimento erano la Parola e l’Eucaristia.
Ognuno conserva nella sua mente e nel suo cuore il legame personale e comunitario col nostro don Pesci, e ci impegniamo a continuare a camminare lungo la via che ci ha indicato, puntando verso Cristo, sotto la guida del nostro pastore don Aldino.
Concludo prendendo in prestito, e rivolgendo a lui, due delle parole che lui stesso ci ha consegnato, non tanto tempo fa, a mo’ di testamento spirituale: ad-Dio, e grazie.

(Francesca Terenziani, a nome della comunità parrocchiale di Sorbolo)


Profili di preti: mons. Pietro Colli

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

MONS. PIETRO COLLI
15 giugno 1920 – 10 gennaio 2014

MonsPietroColli

Cresciuto all’ombra del grande zio, il vescovo Colli, per assimilarne e viverne l’insegnamento

- nato a Lu Monferrato (Alessandria): 15 giugno 1920
- ordinazione sacerdotale a Mezzano Rondani: 3 giugno 1944
- laureato in teologia e diritto canonico
- vicario cooperatore a Costamezzana dal 1944 al 1945
- dal 1950 al 1969 insegnante in Seminario Maggiore
- dal 1944 al 1953: Consorziale della Basilica Cattedrale
- dal 1953 al 1985: Cappellano della Steccata
- insegnante alla Scuola Assistenti Sociali dal 1956 al 1969
- insegnante alle Magistrali dal 1965 al 1970
- promotore di Giustizia e difensore del Vincolo dal 1951 al 1965
- giudice Tribunale Eccl. Regionale dal 1956 al 1987
- consulente Eccl. C.S.I. dal 1958 al 1963
- cappellano Forze Armate dal 1961 al 1984
- canonico onorario della Cattedrale nel 1972
- prelato d’Onore di Sua Santità nel 1987
- deceduto nella Casa di Cura Piccole Figlie il 10 gennaio 2014

Bisogna riconoscere che mons. Pietro Colli ha dedicato tutta la sua vita alla Diocesi con grande impegno. Non si è mai sottratto alle sue responsabilità di ministro di Dio e di insegnante molto professionale.

Con il suo temperamento aperto e il suo stile brillante era riuscito a farsi voler bene da tutti. Infatti sapeva familiarizzare anche in Seminario con i suoi alunni con i quali, tra l’altro, quando era ancora giovane giocava insieme a calcio. E con lui a giocare a calcio con noi c’era anche l’indimenticabile don Marchi!

Possiamo dire quindi che il Vescovo Colli ha fatto un dono prezioso alla Diocesi con il suo nipote don Pierino. Dobbiamo ricordarlo con molta gratitudine, rispetto e stima per quello che è stato e ha fatto per il Regno di Dio nella nostra Diocesi.

(di  don Domenico Magri  30 dicembre 2001)


Profili di preti: don Roberto Ferrari

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON ROBERTO FERRARI
21 ottobre 1929 - 13 gennaio 2000

DonRobertoFerrari

Prete convinto e fedele, oratore e conversatore brillante, molto colto e senza peli sulla lingua, poeta finissimo dal linguaggio moderno, capace di battute fulminanti, amico straordinario almeno per coloro ai quali è riuscito a svelare le profondità del suo animo e che hanno saputo accettare, anzi addirittura divertirsi, se colpiti dalle sue “stoccate”. Un personaggio non comune!

- nato a Soragna il 21 0ttobre 1929
- ordinazione presbiterale 20 giugno 1954
- parroco a Trefiumi 1954 – 1989
- parroco a Miano dal 1989
- deceduto il 13 gennaio 2000 a Villa S.Ilario.

Nell'ottobre del 1942 non si era presentato da solo in Seminario Minore per frequentare la I classe ginnasiale. Con Roberto Ferrari c'era il fratello gemello Silvio: due gocce d'acqua, come si è soliti dire in questi casi. In principio per noi compagni era un piccolo problema distinguerli. Ma soprattutto dal temperamento dei due gemelli noi abbiamo presto imparato a non confonderli. Silvio era piuttosto introverso e riservato: intelligentissimo pure lui, è stato un bravo sacerdote ed è venuto a mancare nel 1990.
Roberto invece ha fatto capire subito di che lana andava vestito, con il suo modo aperto e sbarazzino di presentarsi e di esprimersi. E non si è mai smentito in tutti i giorni della sua vita: fino all'ultimo. Questo suo stile di comportamento gli procurava ogni tanto qualche problema nel rapporto con i suoi parrocchiani e i suoi confratelli, quando non si era capaci di capire il suo linguaggio, fatto di un genere letterario personalissimo, che si avvaleva spesso di frasi a volte un pò caustiche. Ma l'istinto della battuta era troppo forte in lui: non sapeva resistere! In realtà, a scavargli dentro, forse avremmo scoperto in don Roberto una persona indifesa, bisognosa di affetto, problematica e, tutto sommato, piuttosto fragile di fronte alle difficoltà della esistenza.

Noi preti in particolare dobbiamo forse rimproverarci di avere tenuto le distanze nei suoi confronti: ai preti che gli si sono avvicinati, ha svelato in compenso tesori straordinari di fede (aveva tanta fede!), di affetto, di amicizia sincera, con tratti di sorprendente delicatezza.
E' sempre stato parroco di parrocchie piccole, ma sappiamo che si può dimostrare forte personalità, senza essere parroci di parrocchie grosse e importanti e senza occupare posti di rilievo nell'organigramma ecclesiastico. Nella sua esperienza di giovane parroco a Trefiumi, don Roberto ha saputo fare anche il costruttore, con indicibili sforzi per quei tempi, come è facile immaginare, e poi ha sempre curato con amore le Chiese che gli sono state affidate. Ma non si può dire che don Roberto sia stato un prete di azione, se intendiamo per azione l'agitarsi e il correre freneticamente a destra e a manca. L'azione più importante è quella dello spirito, che si interroga sui grandi problemi dell'esistenza e cerca di trovare risposte alla luce della fede.

Don Roberto non è mai stato in ozio: nella quiete delle sue piccole parrocchie ha studiato, si è sempre aggiornato sulla teologia, sulle Sacre Scritture, sulla pastorale, sulla vita della Chiesa, sulla cultura, sulla realtà sociale contemporanea. Non era un personaggio ripiegato su se stesso. Con lui è scomparsa una biblioteca vivente: sapeva di tutto e su tutto era in grado di dare un suo autorevole contributo sapienziale.

Era poeta: starei per dire un grande poeta. Aveva comunque quello che potremmo chiamare un istinto irrefrenabile per la poesia, che mi fa venire in mente il famoso verso di Ovidio: "et quod temptabam dicere versus erat". Quando gli mandavo nei miei viaggi una cartolina, mi rispondeva puntualmente con qualcuno dei suoi versi poetici. In una sua risposta ho trovato questo breve componimento poetico, datato settembre 1998, quando era già stato colpito dalla lunga malattia:
"Il cuore prima chiede gioia
poi assenza di dolore
poi quegli scialbi anodini
che attenuano il soffrire,
poi chiede il sonno, e infine,
se a tanto consentisse
il suo tremendo Giudice,
libertà di morire".
Sono parole che fanno impressione e dànno la misura di uno spirito pensoso, che aveva i suoi travagli interiori, aggravati certamente dalla sofferenza fisica di quel periodo, e non sapeva che cosa fosse la fede facile: era convinto che la fede facile corre il rischio di diventare fede facilona e la fede facilona non può certamente piacere a Dio.Ho detto che ha sempre curato il decoro delle Chiese che gli sono state affidate: ma bisogna dire che ha curato soprattutto le comunità parrocchiali, cioè le chiese vive di Trefiumi, Rimagna e, ultimamente, di Miano.

Amava le comunità, non in maniera astratta e generica, ma amando i suoi cristiani a uno a uno. Sono stato invitato da lui a celebrare la Messa nella festa del Patrono San Nicola nel mese scorso e ho ammirato l'affetto caldo che regnava in quella giornata fra lui e i suoi parrocchiani: è stata l'ultima festa del Patrono ed è stato uno straordinario canto gioioso di amore sponsale della Comunità per don Roberto, che, a riprova di questo profondo legame affettivo con Miano, ha lasciato detto di esser sepolto qui. Don Roberto ha vissuto diversi mesi di sofferenza e di malattia, prima di spegnersi dolcemente passando dal sonno alla morte.
Tutti quelli che lo hanno accostato in questo ultimo periodo, hanno potuto notare la dignità con cui ha sofferto e la lucidità con cui ha affrontato la malattia, di cui conosceva bene la gravità. Con gli amici che lo andavano a trovare era, come sempre, spiritoso, evitava lamenti sui proprii disturbi e si preoccupava di fare festa ai suoi visitatori, perchè per lui ogni visita ricevuta era una festa.

Aveva un altro grande amore che ha coltivato fino a quando le forze glielo hanno consentito: l'amore alla montagna. Era nato in piena bassa padana, a Soragna, ma a Trefiumi si era subito innamorato delle cime di quelle terre alte. Per diversi anni, d'estate, siamo andati insieme sulle Alpi: lui mi trascinava su per sentieri e rocce impegnative. Lui andava molto più forte di me: saliva come uno scoiattolo, poi si fermava ogni tanto per aspettarmi e mi derideva amabilmente.
Quando era a contatto con la natura si esaltava: una volta arrivato sulla cima e lungo i sentieri della discesa riempiva spesso la valle con il suo robusto e allegro canto di buon tenore e declamava a voce alta versi poetici suoi e dei grandi poeti, di cui conosceva a memoria un vasto repertorio. Stavamo arrampicandoci su per la Ferrata Tridentina: era dura da salire, come ogni ferrata che si rispetta, e sotto di noi c'era un profondo burrone che mi faceva paura.

(di  don Domenico Magri  15 gennaio 2000)


Profili di preti: don Bruno Agnetti

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON BRUNO AGNETTI
19 settembre 1929 - 2 gennaio 1975

DonBrunoAgnetti- nato a Fugazzolo (Berceto) it 19 settembre 1929
- ordinato sacerdote in Cattedrale a Parma da mons. Colli it 20 giugno 1954
- parroco a Cozzanello dal 1954 al 1979
- parroco a Ceda dal 1961 al 1979
- parroco a Casatico e Tiorre dal 1979 fino alla morte
- deceduto a Casatico it 2 gennaio 1985.


Il mio ricordo di don Bruno

Sento il bisogno di stendere un breve ricordo affettuoso di don Bruno Agnetti (19 settembre 1928 - 2 gennaio 1985), mio compagno di seminario, di ordinazione sacerdotale e mio grande amico. La nostra amicizia, gia salda fin dal seminario, è cresciuta negli ultimi anni della sua breve esistenza, quando era diventato parroco di Casatico, che è una frazione di Langhirano dove io sono stato parroco. Prima di approdare a Casatico era stato parroco a Ceda e Cozzanello, frazioni di Monchio. Ho cercato di stargli vicino nelle alterne vicende della sua malattia, che poi lo ha portato alla morte.

Don Bruno era nativo di Fugazzolo (Berceto) e quindi siamo ambedue della stessa Val Baganza. Ho un ricordo molto bello di un giorno felice e di grande fede vissuto insieme: abbiamno celebrato la prima Messa del nostro sacerdozio il 21 giugno 1954 nel santuario della Madonna delle Grazie di Berceto.
E c'era con noi il carissimo don Renato Calza, ora parroco di Bogolese. Quando passo da Fugazzolo, dove è sepolto, faccio sempre una sosta di preghiera e rinnovo cosi la memoria affettuosa del mio amico.
Don Bruno è il caso classico del prete sul quale, in vita, non si sono mai accese le luci della ribalta: rischia di passare inosservato e senza un doveroso ricordo. Se fosse cosi, non sarebbe giusto!

(tratto da “I miei preti .... i nostri preti”  di  don Domenico Magri  Tipografia Langhiranese – 2008)