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Profili di preti: don Umberto Miani

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON UMBERTO MIANI
1 luglio 1897 –  23 marzo 1971

DonUmbertoMianiQuanti sentimenti commossi dovrei essere capace di esprimere per questo sacerdote, che è stato il mio arciprete di Calestano! Mi ha “allevato” e mi ha portato fino alla ordinazione sacerdotale. Era orgoglioso di me, come di don Nadotti e don Bellini, anch’essi suoi discepoli calestanesi, ma noi eravamo orgogliosi di lui: e a buon diritto! A Calestano ha avuto gioie, ma anche sofferenze a motivo della guerra: salvo per miracolo nella Chiesa e canonica bombardate e poi portato via brutalmente fino a Bibbiano nel rastrellamento dei tedeschi.
Infine un tramonto melanconico, non più a Calestano. Meritava di più. Grazie, mio caro e per me indimenticabile arciprete!

- nato il 1 luglio 1897 a Corniglio
- deceduto a Parma il 23 marzo 1971
- ordinato sacerdote il 29 giugno 1924
- onorificenza di Cavaliere di Vittorio Veneto per aver partecipato alla prima Guerra mondiale
- Economo spirituale e poi parroco di Casaselvatica dal 1924 al 1929
- Economo spirituale di Casarola, Riana e Grammatica nel 1929
- parroco di Vigheffio dal 1930 al 1935
- parroco di Calestano dal 1935 al 1963
- parroco di Stadirano dal 1963 al 1965. Dopo tale data ne ha mantenuto solo il titolo
- domiciliato nella Casa del Clero in Via Duca Alessandro dal 1965 fino alla morte, avvenuta nel 1971

Non posso certo dimenticare il "mio arciprete di Calestano", il sacerdote della mia fanciullezza e della mia prima giovinezza. È stato il "terreno di cultura" (si può dire così?) della mia scelta vocazionale alla vita sacerdotale.
Non posso non inserire qui il suo ricordo, anche perchè si sta correndo forse il rischio di fare accomodare pure lui nel "dimenticatoio", come sta capitando a tanti preti. E non sarebbe giusto.
Don Miani, nato nel 1897 a Corniglio, è diventato parroco di Calestano nel 1935, quando io avevo 4 anni. Veniva da Vigheffio, mentre prima era stato parroco a Casaselvatica, dove aveva sofferto per contrasti con i parrocchiani, a motivo di restauri in Chiesa.

È arrivato in un momento delicato per il paese di Calestano. La Parrocchia era vacante perchè il parroco precedente, don Cesare Bizzarri, era appena stato mandato al confino dal regime fascista. Il motivo? Aveva osato, proprio in un periodo in cui Mussolini aveva fatto il pieno del consenso degli italiani, di criticare nella predica domenicale la guerra e l'invasione dell'Etiopia. Un atto eroico per quei tempi!
Don Miani aveva un buona cultura, una grande dignità di comportamento, una fede fuori discussione e una ottima capacità oratoria. Io ricordo con piacere le sue omelie domenicali, i suoi interventi al Cimitero al termine dei funerali e altri discorsi di circostanza. In particolare si è impresso per sempre nella mia memoria di ragazzo il commosso discorso di saluto per le salme in partenza da Calestano di due giovani sfortunati autisti bergamaschi, precipitati con il loro camion carico di legnami nel burrone sul Baganza delle "Rive dei Preti"
Don Miani aveva un temperamento ben diverso da don Bizzarri. Non era certo un tipo sanguigno e temerario, ma piuttosto timido e riservato. Il suo temperamento è stato comunque messo duramente alla prova sia nella prima guerra mondiale come soldato addetto ai reparti della sanità (era stato leggermente ferito a un piede, ma senza conseguenze), sia nella seconda guerra mondiale.

È qui che don Miani ha sofferto molto per gli eventi bellici drammatici che lui ha condiviso con i calestanesi: il rastrellamento, il bombardamento della Chiesa e della Canonica e infine la vita con gli sfollati a Iano.
Il 30 giugno 1944 anche don Miani è stato trascinato brutalmente fuori casa dai soldati tedeschi assieme a tanti suoi parrocchiani e il giorno dopo portato al campo di raccolta di Bibbiano nel reggiano, da dove il Vescovo mons. Colli è riuscito a farlo liberare (la stessa avventura, per restare nel Calestanese è, capitata al parroco di Fragno don Innocenzo Boschi)
Il 21 luglio 1944 Calestano ha subito il primo dei quattro bombardamenti anglo-americani: è stata colpita la facciata della Chiesa con un grande squarcio del tetto e della volta, ed è stata colpita la Canonica: don Miani e la mamma Tersilla si sono salvati per miracolo. Il giorno dopo ha avuto il conforto e la sorpresa della visita del vescovo mons. Colli che gli ha portato la somma di 500 mila lire (somma rilevante per quei tempi).
A seguito del bombardamento don Miani ha trovato alloggio, assieme a tanti calestanesi, nel vicino paesino di Iano dove c'è una Chiesa del '600 (molto interessante e che dovrebbe essere salvata dal degrado in corso).

Don Miani, vista la inagibilità della Chiesa parrocchiale, fino alla fine della guerra nell'aprile 1945, celebrava la Messa a Iano per andare incontro ai calestanesi sfollati con lui e nell'Oratorio del Cimitero di Calestano, abbastanza capiente, per quelli rimasti in paese.
Finita la guerra e riparata nel frattempo la chiesa parrocchiale e la canonica, don Miani è rientrato in paese, ma segnato negativamente da queste vicende.* Era pure di gracile costituzione fisica e anche questo spiega forse le sue difficoltà di fronte alle nuove esigenze pastorali.
Intanto l'età avanzava e a un certo punto il vescovo mons. Colli nel 1963 gli ha chiesto di lasciare Calestano: don Miani ha accettato, seppure con grande sofferenza, questo strappo. Al suo posto a Calestano è venuto il compianto don Ugo Corradi.
La partenza da Calestano forse sarebbe stata meno dolorosa se non fosse stato mandato parroco a Stadirano, frazione di Lesignano Bagni, scomoda per lui che era senza mezzi di trasporto e con una Canonica non adatta per la sua età. Per colmo di sfortuna a Stadirano ha avuto un'altra vicenda drammatica con un fulmine che è penetrato in casa, mettendo ancora una volta a rischio la sua vita, come ai tempi dei bombardamenti e rovinando ulteriormente l'abitazione.

Nel 1965 ha rinunciato alla parrocchia di Stadirano e si è sistemato nella casa del collegio dei parroci urbani in via Duca Alessandro sotto i bastioni della Cittadella, dove ha vissuto nel silenzio e serenamente gli ultimi anni della sua vita terrena, che si è spenta il 23 marzo 1971.
Andavo a visitarlo, così come andavano gli altri due sacerdoti calestanesi don Sergio Nadotti e don Sergio Bellini che lui aveva seguito come me. E certamente andavano a trovarlo i calestanesi che non potevano dimenticare questo prete discreto e schivo ma saggio, che non ha mai "suonato la tromba" per farsi notare, ma ha lasciato comunque un'impronta molto positiva nella storia di Calestano.

Io gli devo molto. Mi ha insegnato a fare il chierichetto, facendomi imparare a memoria con pazienza le antiche risposte latine della Messa senza avere ancora studiato il latino ("Introibo ad altare Dei - Ad Deum qui laetificat iuventutem meam") e facendomi gustare il fascino delle celebrazioni liturgiche. Mi ha preparato e messo alla prima Comunione, mi ha preparato e messo alla Cresima celebrata da mons. Colli (quando allora c'era la moda di vestire i fanciulli della Cresima "alla marinara"!), mi ha messo in Seminario seguendomi e incoraggiandomi sempre.
Mi ha riservato una grande festa per la mia prima Messa solenne a Calestano il 27 giugno 1954. Era orgoglioso di questo traguardo raggiunto da un ragazzo che lui aveva "allevato" e lo ha voluto esprimere con il discorso tenuto con grande enfasi oratoria dal pulpito, che era già in disuso da tempo anche a Calestano e non serviva più per le prediche dei preti. Ma quella volta don Miani doveva salire in alto per fare scendere da quella posizione sopra elevata e carica di secolare tradizione, le sue parole di fede e di gioia su di me e sui parrocchiani che riempivano la Chiesa.
È l'ultimo ricordo veramente felice che ho del "mio arciprete di Calestano" don Umberto Miani.

La singolare e fortunosa avventura post bellica in Chiesa di due ragazzi seminaristi quattordicenni di Calestano: Nadotti e Magri.
La Chiesa parrocchiale di Calestano, nel bombardamento del 21 luglio 1944, è stata colpita sulla destra della facciata, con relativo squarcio di una parte del tetto e della volta. Solamente all'inizio dell'estate del 1945, a guerra finita, fu possibile utilizzare di nuovo la Chiesa, nel frattempo riparata. Qui si inserisce un fatto singolare e per fortuna senza conseguenze, scoperto per caso da me e dall'amico seminarista Sergio Nadotti. Nell'estate ormai avanzata del 1945, mentre eravamo ancora in vacanza, un pomeriggio, presi dalla curiosità, siamo saliti sulla cantoria del vecchio organo e con stupore e molta paura abbiamo scoperto che tra le canne tutte devastate vi era una grossa bomba inclinata in avanti, che ovviamente era lì dal giorno del bombardamento. Era entrata in Chiesa facendo un foro nel tetto e nella volta senza scoppiare, si era adagiata "dolcemente" (si fa per dire!) fra le canne, rimanendovi buona buona, con il pericolo di esplodere. E nessuno era riuscito a sospettare qualcosa, anche se tutti avevano notato il foro nel centro del tetto e della volta della Chiesa. Per fare esplodere la bomba forse sarebbe bastato un piccolo movimento o vibrazione, mentre da qualche mese la Chiesa si riempiva regolarmente di fedeli per le celebrazioni.
Noi due seminaristi a questo punto abbiamo fatto marcia indietro con molta circospezione e trepidazione senza girarci e abbiamo dato l'allarme. Sono venuti gli artificieri, è stato evacuato il centro del paese e la domenica dopo, la bomba scoperta per caso e resa ormai inoffensiva, ha fatto bella mostra di sè davanti alla balaustra della Chiesa. Fine dell'avventura!

 (da “I miei preti....i nostri preti”  don Domenico Magri Grafica Langhiranese - 2008)


Profili di preti: don Romeo Mori

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON ROMEO MORI
11 settembre 1924 -  23 marzo 2016

DonRomeoMori

Prete di Parma e monaco camaldolese
Il nostro caro don Romeo Mori si è addormentato piamente nel Signore il 23 marzo 2016. Le esequie sono state celebrate il 29 marzo alle ore 11 a Fonte Avellana. È sepolto nel piccolo cimitero attiguo dei monaci. Ero presente e ho letto un messaggio del nostro vescovo che non ha potuto essere presente. Nel presentare il messaggio ho fatto semplicemente notare che don Romeo è uscito dal grembo materno della nostra Chiesa di Parma.
C’erano molti monaci e sacerdoti della Diocesi e tanti fedeli che hanno riempito la Chiesa-Basilica del Monastero.

- nato a Traversetolo il 11 03 1924
- ordinato sacerdote da mons. Colli nel 1948
- parroco di santa Maria Maddalena nel 1950
- parroco di santa Cristina nel 1954
- nel 1971 entra nell'ordine camaldolese
- si fa monaco e il 5 settembre del 1982, nelle carica di Priore, può accogliere Giovanni Paolo II in visita a Fonte Arellana
- muore nel monastero di Fonte Avellana (Pesaro) il 23 03 2016

Il messaggio del nostro Vescovo letto al termine delle esequie
"Voglio esprimere la mia vicinanza alla comunità di fonte avellana per la morte di p Romeo. L’ho conosciuto oltre venti anni fa, ho avuto il dono di confessarmi da lui, in particolare al compimento dei miei 40 anni e di ascoltare la sua parola. L'ultima volta lo avevo visto alcuni anni fa, già Vescovo di Parma, arricchito da testimonianze e ricordi della sua Diocesi che era diventata mia. Mi colpì la sua serena speranza e la acuta comprensione della fase che la nostra Chiesa sta vivendo. Mi scrisse che pregava per il nuovo assetto della diocesi, i giovani e il seminario: aveva colto nel segno i bisogni della Chiesa e i desideri del suo povero vescovo. Non posso esser con voi per un piccolo intervento programmato da tempo, ma celebrerò per lui in comunione con voi tutti domani, giorno delle sue esequie.
In Domino + enrico solmi

Il mio ricordo personale di don Romeo
Don Romeo è stato un monaco esemplare, dopo essere stato un presbitero esemplare della Chiesa di Parma, che lui ha sempre portato nel cuore anche da monaco.
Era nato a Traversetolo nel 1924. È stato ordinato sacerdote dal Vescovo Colli nel 1948. Dopo un paio di anni come cappellano a Ozzano Taro, è stato nominato parroco di S. Maria Maddalena in città nel 1950 e nel 1954 parroco di S. Cristina fino a quando, nel 1971, ha deciso di entrare nei Camaldolesi.
Tanti motivi pertanto lo hanno tenuto legato alla Diocesi di origine. Basta ricordare che ha sempre mantenuto l’abbonamento al Settinanale diocesano Vita Nuova e alla Gazzetta di Parma. A Parma ha ancora tanti amici che si sono mantenuti in contatto con lui e lo ricordano come brillante giovane parroco della Parrocchia cittadina di Santa Cristina. La sua decisione di farsi monaco aveva provocato una reazione di meraviglia e un po’ anche di rammarico. Ma don Romeo aveva certamente ponderato bene questa decisione ed ha iniziato un cammino nuovo che ha arricchito lui e la comunità camaldolese.

Il 5 settembre 1982 Giovanni Paolo II ha fatto visita a Fonte Avellana, accolto dal giovane Priore del monastero don Romeo Mori. È stata la grande giornata di don Romeo!
Fra i monaci camaldolesi don Romeo è stato una armoniosa sintesi fra la spiritualità di presbitero diocesano e la spiritualità monacale. Questa sintesi, che ha saputo incarnare nella sua nuova vita, gli ha permesso di far sprigionare dalla sua persona, oltretutto così accogliente e gradevole, una grande ricchezza spirituale non solo fra i monaci, ma anche al di fuori della cella monacale, nei contatti con le comunità parrocchiali della Diocesi dove era molto richiesto.
Al suo arrivo da Parma aveva compiuto al Sacro Eremo di Camaldoli il suo iter formativo e dopo una decina di anni in quel luogo benedetto, carico di suggestione mistica, nel 1981 è stato mandato come priore nel millenario monastero di Fonte Avellana già cantato da Dante nella Divina Commedia ( Canto XXI del Paradiso):
« Tra ' due liti d'Italia surgon sassi,
e non molto distanti a la tua patria,
tanto che ' troni assai suonan più bassi,
e fanno un gibbo che si chiama Catria,
di sotto al quale è consecrato un ermo,
che suole esser disposto a sola latria. »

A Fonte Avellana don Romeo ha avuto la grande occasione di preparare la festa del millenario di fondazione, segnata trionfalmente, nel 1982, dalla visita di San Giovanni Paolo II. È facile immaginare per don Romeo l’ansia della attesa e la gioia del compimento di questo grande evento.
Terminata la sua missione di priore e con l’avanzare dell’età era diventato come “il padre nobile” del monastero e il punto di riferimento di tutti i monaci che lo hanno sorretto, curato e accudito con amore fino all’ultimo.
Sento il bisogno di aggiungere la testimonianza della mia amicizia personale con don Romeo, cominciata quando eravamo colleghi come parroci cittadini a Parma, io a Ognissanti e lui a S. Cristina. L’amicizia è poi continuata senza interruzione con frequenti scambi di corrispondenza e con una settimana di Ritiro ogni anno nella sua comunità, prima all’Eremo di Camaldoli e poi a Fonte Avellana: il mio arrivo era sempre una festa per ambedue! L’ultima volta sono arrivato proprio nello scorso mese di febbraio, quando ho dovuto constatare che era ormai al tramonto della sua lunga e ricca esistenza terrena di servo fedele del Signore.
Ed è proprio così che voglio concludere la mia testimonianza: “Caro don Romeo, sei stato un presbitero e un monaco fedele: entra nel gaudio del tuo Signore”.

(di  don Domenico Magri  24 marzo 2016.)


Profili di preti: don Dante Copelli

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON DANTE COPELLI
14 marzo 1927 - 16 marzo 1990

DonDanteCopelli

Quanti anni sono ormai passati dalla sua morte! Eppure noi “vecchi” non possiamo dimenticare questo prete inquieto e irrequieto che diceva spesso di avere energie scoperte da valorizzare. Sacerdote colto, contento di essere prete, con l’ansia di impegnarsi che per lui non era mai abbastanza soddisfatta. Un bel tipo di prete, da ricordare e da far conoscere ai giovani: anche loro hanno qualcosa da imparare da questo prete che non hanno conosciuto

- nato a Soragna il 14 marzo 1927
- ordinato sacerdote il 29 giugno 1951
- licenza in teologia nel 1972 presso la Pontificia Università S. Tommaso di Roma
- cappellano a Fornovo nel 1951
- parroco a Orzale nel 1954
- parroco ad Alberi dal 1962 al 1970
- parroco a Varano dal 1972 al 1983
- incaricato assistenza spirituale presso casa di Cura "Città di Parma" nel 1983
- deceduto il 16 marzo 1990

Non era un tipo facile con cui trattare e dialogare. Forse lui per primo faceva fatica a trattare e dialogare con se stesso. Dovunque è stato a fare il prete, ha creato e avuto dei problemi, e non sempre, questo è ovvio, per colpa sua. Era certamente un tipo sanguigno, con dei riflessi istintivi che lo facevano scattare in tempo reale.
Ma era un prete davvero! Un prete dalla fede tetragona, motivato, colto, generoso, zelante fino ad essere talvolta intempestivo. Forse manifestava una sottile tentazione ad emergere, cosciente come era, e ben a ragione, delle sue potenzialità. Questa sua convinzione traspariva all'esterno e si prestava ad essere messa amabilmente in rilievo dai confratelli.
Pare, così si raccontava, che i compagni dell'ultimo anno di teologia, gli abbiamo trovato già in dicembre nel suo tavolo di studio, la minuta del discorso della prima Messa per il giugno dell'anno successivo.

Appena ordinato sacerdote, nel 1951, era stato mandato cappellano a Fornovo (1951-1954) in aiuto all'arciprete don Gaetano Zilioli, ormai molto anziano. Don Dante ha poi gestito il passaggio fra don Zilioli e don Giuseppe Malpeli, con il quale è rimasto solo pochi mesi: da gennaio a luglio 1954. Sono arrivato io al suo posto, fresco di ordinazione. Mi ricordo che aveva abituato i ragazzi a salutare il sacerdote con le parole "Cristo regni", cui si doveva rispondere "Sempre". Andando per il paese, con tanti ragazzi che giravano per le strade, era tutto un "Cristo Regni": non mi potevo distrarre, perchè dovevo essere pronto a dire "Sempre"!
Dopo Fornovo, con tutta la voglia che aveva di fare, era stato mandato parroco nella piccola parrocchia di Orzale (1954-1962), nel comune di Neviano. Diceva apertamente di avere delle "energie scoperte" da valorizzare. Questa frase aveva fatto il giro dei preti.

E difatti, a riprova di quanto detto, ho un ricordo personale che conferma il suo desiderio sempre acceso di valorizzare le "energie scoperte".
All'inizio del 1958, quando ero cappellano di don Malpeli a Fornovo, il vescovo Colli mi aveva chiamato per mandarmi parroco a Ognissanti e, secondo le norme canoniche del tempo, mi aveva fatto fare la domanda per l'esame di concorso in curia per la parrocchia (con la risposta scontata!). Don Dante aveva letto il bando di concorso su Vita Nuova, ma non conosceva ovviamente il "retroscena". È venuto a Fornovo da don Malpeli, proprio da lui che sapeva tutto e non poteva dire niente, per chiedere il suo consiglio ed eventuale incoraggiamento a fare domanda per il concorso. È facilmente immaginabile l'imbarazzo di don Malpeli!

Il suo curriculum di prete comprende, oltre ad Orzale, l'esperienza parrocchiale ad Alberi (1962-1970) e a Varano Melegari (1972-1983).
Una volta terminata la sua missione di parroco a Varano, ha preso alloggio a Parma vicino alla chiesa dello Spirito Santo, prestando il suo servizio alla parrocchia. Nel frattempo sono iniziate per lui due esperienze molto significative e adatte alla sua sensibilità di prete colto, ma anche attento e delicato verso la sofferenza: una lunga stagione di insegnante di religione nel prestigioso liceo classico Romagnosi e di cappellano nella casa di cura "Città di Parma".
Lì, nella casa di cura a contatto con i malati, si è certamente preparato ad affrontare la sua sofferenza personale. Sì, perchè la sofferenza ha bussato anche alla sua porta con un tumore che lo ha portato alla tomba.

Ha sofferto molto: penso di poterlo dire, perchè con l'amicizia che si era creata fra noi due, gli sono stato vicino fino alla morte. Stava a me quella volta fare la notte al suo capezzale, quando alla sera, mentre stavo per partire, ho ricevuto una telefonata a Langhirano da don Guido Brizzi, che mi diceva di non scendere a Parma, perchè era appena spirato: era il 16 marzo 1990
È arrivato pronto e attrezzato spiritualmente davanti al suo Signore, che lui aveva servito con tanta fedeltà e abnegazione. La prova l'ha saputa dare anche ai nostri occhi e al nostro cuore pochi giorni prima di morire.
Nella sua camera c'è stata una celebrazione eucaristica solenne e commovente: c'era il vescovo Cocchi a presiedere, con il vicario mons. Grisenti e alcuni concelebranti, compreso il sottoscritto. Ovviamente, con tanto di stola, ha concelebrato anche lui, seduto di fianco al letto: l'ultima Messa! Mi viene in mente che in seminario ci preparavano a dire Messa con questa espressione: ricordatevi di celebrare ogni Messa come se fosse la prima e come se fosse l'ultima della vostra vita.
Mons. Cocchi ha parlato come solo lui sapeva parlare, ha unto don Dante con l'olio degli Infermi e, con sorpresa indicible da parte nostra, don Dante è riuscito a pronunciare alcune parole di fede e di amore. I malati del reparto, che si erano affacciati all'ingresso della camera per partecipare alla Messa, piangevano.
Il pianto dei malati, affacciati all'ingresso della camera, è l'ultimo ricordo struggente che conservo del prete morente.

(da “Preti e non solo”  don Domenico Magri  Grafica Langhiranese Editrice - 2010)


Profili di preti: don Rino Monesi

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON RINO MONESI
28 gennaio1924 - 14 marzo 2013

DonRinoMonesi

Come si faceva a non volergli bene?
Sì, perché lui puntava sulla fiducia nelle persone e sulla cordialità del suo temperamento che saranno poi le sue armi vincenti come parroco.

- nato a S. Secondo il 28 gennaio 1924
- ordinazione sacerdotale il 22 giugno 1947
- cappellano a Noceto dal 1947 al 1953
- parroco a Costamezzana dal 1952
- parroco di Pieve Cusignano dal 1995 al 2003
- deceduto a Villa S. Ilario il 14 marzo 2013

Aveva accolto come decano noi di IV ginnasio nell’ottobre 1945, per il primo anno scolastico dopo la guerra. I decani erano seminaristi di teologia del Maggiore, che venivano mandati al Minore per sovrintendere ai ragazzi del ginnasio.
È stato un rientro duro per me: in famiglia avevamo ricevuto solo qualche giorno prima la notizia certa della morte di mio fratello Ugo, ucciso nel Lager Egelsberg di Gottingen in Germania. Ho lasciato la mia famiglia con l’angoscia nel cuore.

Don Rino ha aiutato me, come certamente i miei compagni di classe, a vivere un anno sereno, al di là delle vecchie e rigide regole del Seminario.
Sì, perché lui puntava sulla fiducia nelle persone e sulla cordialità del suo temperamento che saranno poi le sue armi vincenti come parroco.
Non ho mai perso contatto con lui da prete, anche se eravamo dislocati in aree geografiche diverse nella Diocesi. Mi ha chiamato qualche volta a celebrare la Cresima a Costamezzana: con un minimo di occhio clinico ho potuto constatare la sua popolarità di parroco, meritata con l’esempio e la sollecitudine pastorale. Sono state celebrazioni magnifiche con un popolo che lui faceva cantare.

Ma come si faceva a non volergli bene?
Di questo amore, di cui era circondato, ne ho avuto una prova straordinaria nelle ultime settimane della sua vita qui a Villa S. Ilario.
Non solo c’era un pellegrinaggio ininterrotto di parrocchiani e di amici, ma c’era il “presidio” continuo, notte e giorno, delle nipoti e di parrocchiani particolarmente sensibili alla bontà di don Rino. E così gli abbiamo chiuso gli occhi con una tenerezza infinita

Non avrei mai immaginato nel lontano ottobre 1945, di vivere così accanto a lui, la finale della sua storia terrena. 
Tra le tante cose belle che ha compiuto nella sua lunga esperienza di Parroco a Costamezzana c’è la stupenda e maestosa gradinata che sale verso la chiesa: ha un grande valore simbolico ed è un augurio per don Rino. Ci fa pensare alla magnifica “gradinata” della sua esistenza sacerdotale che don Rino ha salito e lo ha portato a entrare ed essere accolto nella Casa del Signore tra voci di festa e canti solenni, che a lui piacevano tanto. Proprio così come dice una canzone giovanile: 
“E quando un dì con lui sarem 
nella sua Casa abiterem 
nella sua Casa tutta d’or 
con tanta gioia dentro al cuor.”

Saluto iniziale di don Corrado Mazza alle esequie di don Rino
Don Rino ha iniziato il suo ministero sacerdotale a Noceto. Lui, prete giovanissimo, rimane cinque anni in mezzo ai ragazzi dell’Oratorio di Noceto, agli scout. Non lo dimenticheranno mai. Ritornava spessissimo a Noceto, anche diventato parroco di Costamezzana. Come tutti sanno, era di una disponibilità assoluta. Per qualunque necessità lui c’era. E accoglieva sempre tutti. Tanti gli sono diventati amici. Anche solo attraverso la sua semplice cordialità, la sua accoglienza, la sua bontà, ha dato una grande testimonianza dell’amore di Dio.

Ecco, da parte della famiglia, che lo ha tanto amato e lo ha tanto seguito, soprattutto la sorella Luisa (che per motivi di saluti non può essere qui in questo momento), la nipote Maria Luisa, e tutti gli altri parenti che sono qui presenti, a nome di tutti, un grande grazie al Vescovo Enrico, al presbiterio di Parma, al personale di Villa S. Ilario che lo ha sostenuto in questi ultimi tempi più difficili; al Vescovo di Fidenza, rappresentato da un suo sacerdote amico, e agli altri presbiteri di Fidenza e della Fraternità Francescana di Cella, che ha sostituito don Rino, la domenica, in parrocchia, soprattutto in questi ultimi tempi, in cui con grande dispiacere non era in grado di celebrare la messa per la sua gente.
Ringraziamo il Signore per questo immenso dono che è stato don Rino per tutti noi.

La testimonianza anche di questa assemblea così numerosa, riunita con il suo Vescovo, come quella di ieri sera e l’altra sera, dice quanto sia stato ed è amato questo pastore, tutto donato a Dio e alla gente. La chiesa non riesce a contenere tutte le persone che sono volute venire a dare l’ultimo saluto a don Rino e a ringraziare il Signore per questo impagabile dono.
I famigliari e i parrocchiani hanno desiderato anche esprimere la volontà di devolvere le offerte che potranno essere raccolte oggi all’Avis (di Noceto), di cui don Rino era un dona¬tore. Ci teneva tanto a sostenere anche questa bella associazione di umanità, di attenzione agli altri, con il proprio sangue. Lo vedeva attento e generoso anche il Centro tumori. Faremo poi una spartizione delle offerte, secondo i criteri che poi ci daremo. Grazie.

(da "VESCOVIPRETISUOREAMICI"di  don Domenico Magri  2014 - II ed.)