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Profili di preti: San Guido Maria Conforti

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

SAN GUIDO MARIA CONFORTI
30 maggio 1865 –  5 novembre 1931

SanGuidoMariaConforti

Il prossimo 5 novembre è il giorno anniversario della morte (1931) e il giorno della commemorazione liturgica di san Guido Maria Conforti.
Ma che vescovo Guido Conforti! E difatti è stato dichiarato santo, ed è frutto della nostra terra e della nostra Chiesa diocesana. Non solo: ha varcato i confini della Diocesi con i suoi figli Saveriani, arrivando fino alla estremità del mondo, secondo il comando del Signore. Che cosa poteva “sognare” di più un ragazzino nato a Casalora di Ravadese, a pochi chilometri da Parma? Eppure il sogno si è avverato in tutta la sua ampiezza e profondità: un prete uscito dal nostro Seminario e ordinato presbitero in Cattedrale, un vescovo che a Parma ha fatto il vescovo davvero per tanti anni ed è riuscito ad attuare un progetto missionario audace e quasi temerario per quei tempi, con la fondazione dell’Istituto Missioni Estere. E adesso che abbiamo un Santo in Paradiso e un Santo da sentire più nostro che mai, come Chiesa di Parma dobbiamo coltivare la coscienza di questa grazia.

- nato a Casalora di Ravadese (PR) il 30 maggio 1865
- alunno prima della scuola dei Fratelli cristiani e poi del seminario di Parma
- ordinato sacerdote il 22 settembre 1888 nel Santuario di Fontanellato
- fondatore nel 1895 dell'Istituto missioni estere intitolato a san Francesco Saverio, approvato dal Vescovo di Parma nel 1898 e definitivamente dalla Santa Sede nel 1921
- vicario generale della Diocesi di Parma nel 1895.
- arcivescovo di Ravenna nel 1902
- coadiutore nel 1904 del vescovo di Parma mons. Francesco Magani
- vescovo di Parma nel 1907
- morto a Parma il 5 novembre 1931
- beatificato il 17 marzo 1996
- canonizzato il 23 ottobre 2011
- le sue sante spoglie sono collocate nel santuario a lui dedicato all'Istituto missioni estere.

Le mie riflessioni su San Guido Conforti

Sono nato pochi mesi prima della morte di mons. Conforti e sono entrato in Seminario dieci anni dopo per respirare il fresco profumo della ammirazione per questo vescovo santo. C'ero anch'io alla solenne traslazione dalla sua salma dalla Cattedrale all'Istituto Missioni Estere e nel mio cuore di piccolo seminarista in quella occasione sono echeggiate le parole forti e appassionate di P. Luigi Grazzi alla folla di fedeli raccolti davanti all'Istituto delle Missioni Estere. Ogni anno il 5 novembre, in Cattedrale c'era il solenne Ufficio funebre nell'anniversario di mons. Conforti. Anch'io ho gioito per la sua beatificazione e gioisco ancora di più oggi per la canonizzazione.

Come Capitolo della Cattedrale, d'accordo con la Fabbriceria, stiamo studiando un progetto per un segno adeguato di mons. Conforti in Cattedrale: è stata per tanti anni la sua Cattedrale! Collocheremo la sua Reliquia insigne, già a nostra disposizione, in modo che i fedeli possano riconoscerla e sostare in preghiera.
Ho sempre gustato le tante testimonianze di quelli che lo avevano conosciuto di persona, a cominciare dai tanti che si "vantavano" di essere stati cresimati dal santo Vescovo. Dico di più: ho avuto la fortuna di ascoltare più di una volta un mio parente, Angelo Calzolari, che era stato al servizio personale di mons. Conforti a Ravenna e poi a Parma nel primo periodo del suo episcopato. Me ne parlava con "devozione", quasi anticipando il giudizio della Chiesa.

Ho letto i volumi di P. Teodori con la ricca documentazione su quello che mons. Conforti ha fatto: una documentazione che vale più dei discorsi elogiativi.
Tutta Parma e in particolare la Chiesa di Parma ha il merito di avere "generato" questo campione di santità, ma ne ha avuto e ne ha un ritorno straordinario, perché mons. Conforti ha fatto conoscere in benedizione il nome della nostra terra e della nostra Chiesa parmense in tutto il mondo con i suoi Missionari che partono da Parma. Con tutto il rispetto per tutti gli altri motivi di orgoglio che ha Parma, è proprio un personaggio come san Guido Conforti che ne è il grande valore aggiunto.

Non bisogna poi dimenticare che i missionari saveriani, se sono andati e vanno in tutto il mondo a predicare il Vangelo, hanno pure reso e rendono un servizio prezioso e insostituibile alla nostra Diocesi con la loro disponibilità totale a sostenere le celebrazioni e la pastorale nelle nostre Parrocchie. Come faremmo senza i saveriani?
Ormai nella coscienza e nel cuore del clero e dei cristiani di Parma si è sedimentata una grande ammirazione e riconoscenza per il dono di san Guido ricevuto dal Signore e per i Missionari saveriani, figli di questo santo e nostri fratelli di adozione.
Il santo vescovo Guido sarà sempre un segno di speranza e di grazia innalzato per tutti noi. E avremo un protettore in più: ne abbiamo bisogno!

(articolo pubblicato nel settimanale diocesano Vita Nuova del 15 ottobre 2011)


Profili di preti: mons. Sergio Chezzi

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

MONS. SERGIO CHEZZI
21 marzo 1930 - 4 novembre 2012

MonsSergioChezzi

Un grande dono di Dio per la Chiesa di Parma con la sua fede e la sapienza dello Spirito. Era il “don Sergio” cui tanti, e non solo seminaristi e sacerdoti, ricorrevano per farsi guidare spiritualmente, chiedere consigli e pareri. Era la saggezza “istituzionalizzata” dello Spirito nella Diocesi di Parma!

- nato a Copermio di Colorno il 21 marzo 1930
- ordinazione sacerdotale 20 giugno 1954
- coadiutore a Colorno dal 1954 al 1957
- laureato in filosofia all’Università cattolica di Milano
- vice rettore del Seminario minore dal 1957 al 1962
. direttore spir. del Seminario maggiore dal 1962 al 2001
- canonico della Cattedrale dal 1965 al 1978
- direttore Ufficio Liturgico diocesano dal 1976 al 1978
- parroco di S. Quintino dal 1978 al 2012
- incaricato formazione ministeri dal 1985 al 1988.
- deceduto nella casa di cura Piccole Figlie il 4 novembre 2012.

 

Il mio ricordo di don Sergio scritto il mattino del 4 novembre 2012, poche ore dopo la sua morte

Eravamo in dodici, quando il 20 giugno 1954 siamo stati ordinati sacerdoti in Cattedrale da mons. Colli. Ora, con il pio transito di mons. Sergio Chezzi, siamo rimasti in cinque.
Ma lui, don Sergio (posso dirlo?), era il fiore all'occhiello della nostra classe e noi ci sentivamo onorati e orgogliosi di avere un confratello così speciale cresciuto con noi.
E' stato un sacerdote che si è donato alla Diocesi nel senso vero e completo del termine, come cappellano di Colorno, parroco esemplare di S. Quintino e quasi 40 anni di servizio prezioso e delicato come Direttore Spirituale nella preparazione dei seminaristi al sacerdozio.

Tanti preti più giovani di me potrebbero parlare benissimo di lui, del suo stile discreto ma efficace nel proporre in modo persuasivo il cammino formativo al sacerdozio.
Don Sergio non amava imporre, ma cercava di fare brillare davanti ai giovani la futura vita sacerdotale come "fatale" e ineludibile attrazione.
Per questo ha saputo prima di tutto conquistarsi la stima e la confidenza totale dei seminaristi che poi hanno continuato anche da sacerdoti a seguire la sua direzione spirituale.
Quanti segreti delicati, ansie, gioie e amarezze conservava gelosamente nel suo cuore!

Ha dovuto accettare negli anni '60 e '70 il fenomeno doloroso degli abbandoni, non solo dei seminaristi ma anche dei preti giovani: Dio solo sa quanto ha sofferto!Ma va precisato che questo fenomeno va ben oltre le motivazioni locali e va iscritto in un travaglio dell'epoca per tutta la Chiesa.Aveva una cultura profonda, consolidata alla Cattolica di Milano con la laurea in filosofia. Non amava però esibirla, ma si intuiva il suo livello culturale nelle meditazioni, nei vari interventi davanti al Clero e nel suo ruolo di insegnante in Seminario e nella Scuola di Formazione Teologica.

Come parroco di S. Quintino don Sergio ha espresso in uguale misura le sue doti: alla parrocchia non ha fatto certo pesare il suo impegno di Direttore spirituale in Seminario.
Di più: questo doppio impegno, per un provvidenziale principio di complementarietà, gli ha permesso di essere ancora più ricco nel dispensare i valori spirituali e pastorali in ambedue gli ambiti.
A don Sergio è toccata una prova terribile nella malattia che lo ha portato alla morte: una malattia lunga e inabilitante.
L'Ospedale, la Casa di Cura, Villa S. Ilario e infine l'Hospice Piccole Figlie sono state le tappe del suo Calvario, che lui ha scalato fino alla cima, bevendo il calice amaro della sofferenza fino all'ultima goccia, ma con molta dignità e fede. Ha dimostrato a tutti noi di credere per primo a tutto quello che nella vita ha insegnato agli altri. La malattia, che gli ha causato tante sofferenze nel corpo e nello spirito, mi fa venire alla mente la frase del cap. 53 del profeta Isaia: "Si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori." Così pure mi viene da pensare all'inizio del libro delle Lamentazioni: "O voi tutti che passate per la via, fermatevi per vedere se c'è un dolore simile al mio dolore."

Don Sergio ha avuto tanta sofferenza, ma anche tanto conforto dalla vicinanza affettuosa e premurosa dei nipoti che lo hanno seguito e curato come un Papà.
Anche il Vescovo e noi preti abbiamo fatto la nostra parte con le visite frequenti: don Sergio meritava tutto questo, perchè troppo ha fatto per noi e per la Diocesi.
Adesso dovrà essere nostra cura non disperdere la preziosa eredità che ci ha lasciato.
Addio, caro don Sergio, prete mite ed umile di cuore! Sei arrivato al termine della tua vita terrena affaticato e stanco.
Ora troverai finalmente ristoro, pace e gioia infinita presso quel Dio che tu hai amato fin dalla tua giovinezza e hai fatto amare da tutti quelli che hai incontrato sulla tua strada.
Grazie per tutto quello che sei stato e hai fatto per noi e... ancora addio! 

Prefazione all’opuscolo su Mons. Sergio Chezzi uscito nel mese di ottobre 2013. La formazione sacerdotale di don Sergio

Ho accettato volentieri (e non poteva essere diversamente!) l’invito di Roberta e Claudio, nipoti di mons. Sergio Chezzi, che lo hanno seguito con amore come dei figli, a scrivere alcuni ricordi con particolare riferimento alla prima parte della nostra vita come compagni di classe in Seminario e come giovani confratelli sacerdoti. I nostri percorsi sacerdotali, dopo che per decenni si erano incamminati su strade diverse, ma sempre al servizio della nostra Chiesa di Parma, si sono ricongiunti ancora in Villa S. Ilario negli ultimi mesi veramente dolorosi della malattia di don Sergio. Con la mia frequentazione quotidiana al suo capezzale si è trattato di un commovente rimbalzo di rinnovate sensazioni di fede e di affetto fra noi due.

Ma adesso cerco di descrivere con l’aiuto della memoria, come mi è stato richiesto, gli anni della nostra preparazione al sacerdozio e dei nostri primi passi come preti.
Ci siamo incontrati e conosciuti in Seminario Minore nei primi giorni dell’ottobre 1942 in I Ginnasio: allora si chiamava così quella che oggi si chiama 1° Media. Eravamo in 46! Avevamo come decano il seminarista del Maggiore Fermino Mora. Il rettore era don Pietro Triani, il vice rettore don Angelo Andrei. I nostri insegnanti, per quello che ricordo, erano don Alberto Baroni, don Giacomo Zarotti, don Angelo Andrei. Don Sergio è stato Direttore Spirituale del Seminario per 39 anni

Al sacerdozio siamo arrivati in dodici: Agnetti Bruno, Baioli Luigi, Bocchi Giacomo, Calza Renato, Chezzi Sergio, Ferrari Roberto, Ferrari Silvio, Magri Domenico, Mattioli Gianni, Pasquali Giulio, Petazzini Severino, Pietro Viola. Chi ha dimestichezza con la nomenclatura presbiterale, può vedere chi è rimasto di noi dodici, ordinati in Cattedrale da mons. Colli il 20 giugno 1954.
Non è stata una vita facile nei primi anni del Seminario Minore: eravamo già in piena guerra e vigeva una disciplina eccessivamente rigorosa per dei ragazzi appena usciti dalla fanciullezza e privati del calore della famiglia. Ma questo forse ha contribuito a darci un solida ossatura e una adeguata formazione già negli anni del Ginnasio, aiutati nella direzione spirituale prima da don Amilcare Pasini (che avremmo poi ritrovato al Seminario Maggiore) e poi da don Andrea Maggiali.

Mi pare di poter dire che don Sergio in fatto di spiritualità è stato trainante per tutti noi: un tipo mite e riservato che non amava farsi notare, ma era inevitabile notare ed ammirare per lo spirito di preghiera e per il comportamento sempre corretto. E anche a scuola era fra i più brillanti: lo dimostrerà quando nel 1950 sarà subito promosso a luglio all’esame di maturità classica come privatista al Romagnosi e, una volta sacerdote, nella laurea conseguita all’Università Cattolica del Sacro Cuore.
In corrispondenza della II e III ginnasio è piombato anche sul Seminario il turbine della guerra in atto. Ricordo gli allarmi notturni che ci facevano sobbalzare e scendere in fretta per trascorrere il tempo ne¬cessario nei sotterranei del Seminario che servivano per l’occasione come rifugio antiaereo. E ricordo il fragore lugubre delle bombe nel mezzogiorno del 25 aprile 1944, che non avevano colpito il Seminario Minore, ma il Seminario Maggiore, pur non facendo vittime fra i seminaristi. Tutto questo aveva in-dotto il vescovo Colli a mandare subito tutti a casa. Da quel momento ci siamo trovati “sbandati” come seminaristi. Con la nostra classe anche noi ci siamo ritrovati in Seminario solo nel maggio 1945 per sostenere in luglio l’esame di III ginnasio presso l’Istituto La Salle.

Pensando al mio senso di smarrimento in questo ultimo anno di guerra e al “salvataggio” in famiglia fra tanti pericoli, paure e sofferenze, posso immaginare la stessa cosa per don Sergio.
Una volta passato al Seminario Maggiore per il Liceo e la Teologia, don Sergio ha dimostrato quanto valeva con la sua personalità e il suo impegno di formazione personale e con il suo esempio nell’ambiente del Seminario. Insomma: era un predestinato ad essere poi quello che in realtà è stato per il Presbiterio e per la Diocesi: un sacerdote eccezionale, che ha riempito decenni interi con la sua personalità ricca di fede e di saggezza dello Spirito. Don Sergio è stato uno straordinario “traduttore” della Parola di Dio ad uso fortunato dei seminaristi e di quanti lo hanno seguito e ascoltato.

Con l’Ordinazione sacerdotale tutti noi sacerdoti novelli ci siamo ovviamente avviati ciascuno per la propria destinazione. Io sono stato mandato cappellano a Fornovo e don Sergio a Colorno. Ma dopo qualche tempo è successo qualcosa che vale la pena raccontare. Si tratta di un episodio che poteva cambiare radicalmente la mia vita di prete e invece ha cambiato la vita di don Sergio. Si doveva scegliere fra noi due, lui cappellano a Colorno e io cappellano a Fornovo. E’ stato scelto don Sergio, che ha cominciato come vice-rettore del Seminario Minore, poi ha continuato come sapiente direttore spirituale di “lungo corso” al Maggiore e come esemplare parroco di S. Quintino.
È proprio vero che tutto è grazia, per la Diocesi e anche per me personalmente. Non ringrazierò mai abbastanza il Signore per il percorso della mia vita sacerdotale e per avere avuto don Sergio come amico, modello di vita sacerdotale e spesso anche come saggio consigliere. Mi ricordo sempre un consiglio prezioso che mi ha dato un giorno: l’omelia deve essere quasi una rilettura e spiegazione della Liturgia della Parola, invece che un semplice spunto o pretesto per le nostre applicazioni pratiche.
Mi auguro che l’oblio non ricada mai su di lui: non lo meriterebbe e sarebbe una colpa e un impoverimento per la nostra vita personale e diocesana. 

(tratto da “VESCOVIPRETISUOREAMICI” di don Domenico Magri Editrice LIKECUBE - 2014)


Profili di preti: don Carlo Sorenti

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.


DON CARLO SORENTI
7 agosto 1923 - 24 ottobre 2005

Don Carlo Sorenti

Un prete mite, dolce, fine nei tratti, legato con tanta passione al suo ministero per gli emigrati italiani in Inghilterra. Nato emigrato a Londra e tanti anni dedicati agli emigrati.

- nato a Londra il 7 agosto 1923
- ordinato sacerdote a Parma il 29 giugno 1946
- cappellano a Fontanelle dal 1946 al 1948
- parroco a Grammatica dal 1948 al 1952
- parroco a Sacca dal 1964 al 1969
- nel 1952 è emigrato in Inghilterra, dove è stato addetto all’assistenza degli emigranti italiani
- è rientrato in Italia nel 1964
- è ritornato poi ancora in Inghilterra, da dove è rientrato definitivamente il 30-04-2001
- a Villa S. Ilario dal 2001 fino alla morte avvenuta il 24 ottobre 2005

Don Carlo ha vissuto quasi tutta la sua esistenza sacerdotale in Inghilterra come infaticabile missionario degli emigranti italiani. Ha trascorso gli ultimi anni, ormai molto ammalato, a Villa S. Ilario in Porporano.
In questa Casa di riposo, che ospita i sacerdoti anziani, tutti gli hanno voluto bene: i confratelli, le suore, i volontari, gli operatori.

Don Carlo si è fatto ammirare con il suo silenzio di prete che non riusciva più a parlare con la lingua, ma parlava (e come parlava!) con la mitezza e la dolcezza del suo volto. Un volto che regalava continuamente preziosi sorrisi a chi gli stava intorno.
Aveva sempre nel cuore l’Inghilterra e i suoi amici italiani colà emigrati, che lui aveva tanto amato e aiutato.
Per don Carlo il paradiso potrebbe essere anche questo: tornare finalmente là, sulle sponde del Tamigi!

PS. Ricordo ancora con emozione quel giorno quando un gruppo di emigrati in Inghilterra, tornati in vacanza in Italia, sono venuti a trovare don Carlo a Villa S. Ilario. È stata una scena commovente: piangevano tutti, don Carlo e loro!

(tratto da “I miei preti...i nostri preti”, di don Domenico Magri - Grafica Langhiranese 2008)


Profili di preti: don Gabriele Pavarani

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON GABRIELE PAVARANI
11 ottobre 1938 - 18 ottobre 1993

Don Gabriele Pavarani

Un sacerdote intelligente, saggio, colto, discreto e signorile nel tratto. Si è messo in gioco per la Chiesa di Parma in tante iniziative, anzitutto come Segretario del Sinodo Diocesano. È morto improvvisamente lontano da Parma.
Stava progettando la partenza come missionario per il Brasile. Aveva il cuore grande e aperto a tutta la Chiesa e al mondo. Purtroppo non ha fatto in tempo. Il vescovo Cocchi al funerale ha ricordato con parole commosse questa decisione che don Gabriele aveva già praticamente preso.

- nato l'11 ottobre 1938 a S. Maria del Piano (Lesignano Bagni)
- ordinato sacerdote il 23 settembre 1962 dal Vescovo mons. Colli
- laurea in lettere moderne il 13 luglio 1972
- vice- rettore ed insegnante nel Seminario minore dal 1962 al 1972
- parroco a Vicopò dal 1972 al 1986
- consulente ecclesiastico della U.C.I.I.M. dal 1985
- parroco a Barbiano dal 1986
- amministratore parrocchiale a Tordenaso dal 1987
- segretario del Sinodo Diocesano dal 1986 al 1992
- deceduto improvvisamente in Marocco il 18 ottobre 1993

Sono stato molto amico di don Pavarani, anche se non sono in grado di dire molte cose su di lui: ha messo mano a tante attività nella sua vita di prete e non mi è possibile elencarle tutte e presentarle adeguatamente 

Basta almeno ricordare la sua cultura, la sua missione educativa come vice-rettore in Seminario minore, il suo periodo di insegnamento, il suo impegno per il turismo religioso con l'Opera emiliana Pellegrinaggi, la istituzione e la cura per qualche anno della radio diocesana, la sua esperienza di parroco prima a Vicopò e poi a Barbiano e Tordenaso.
Ma la grande opera monumentale che ha lasciato in eredità alla Diocesi, che gli deve per questo tanta riconoscenza e ammirazione, è stata la sua fatica come segretario del Sinodo Diocesano, che è cominciato nel 1986 e si è concluso nel 1992: molta parte del lavoro e della organizzazione è ricaduta su don Gabriele e lui ha risposto perfettamente alle attese.

Se mi è lecito, devo dire con una punta di rammarico che, per quello che ha saputo fare per il Sinodo Diocesano, è stato un pò dimenticato. Anche nella commemorazione del 10° anniversario del Sinodo è stato appena citato di sfuggita, almeno fino a quando io sono stato presente al convegno. Certamente don Gabriele era un tipo discreto, che non sapeva suonare la tromba per farsi notare. Ma non dimentichiamolo! L'oblio è sempre deprecabile, soprattutto nei confronti delle persone meritevoli.

Quando ero a Langhirano, io gli sono succeduto a Tordenaso, dove ha lasciato tanti ricordi buoni. È venuto a mancare in Marocco, lontano da Parma e dal suo ambiente umano ed ecclesiale, con una morte prematura e improvvisa e per questo ancora più dolorosa per la Diocesi e per i suoi tanti amici ed estimatori.

Nelle sue ultime disposizioni aveva chiesto che alle sue esequie si cantasse un canto a lui particolarmente caro:

1. Per te Gesù, per te vivrò: insieme a te camminerò.
2. Il tuo Amor io canterò, ti loderò con fedeltà.
3. A te Signor che renderò? Il nome tuo invocherò.

E così è stato fatto nelle esequie in Cattedrale. E quando canto o sento cantare queste parole di fede così dolci, il mio pensiero corre inevitabilmente con struggente nostalgia a questo sacerdote amico, dolce come le parole del canto, che è andato a morire tanto lontano da casa! 

Il volume sul XXI Sinodo diocesano, da lui stampato, è l’espressione del suo ruolo di protagonista.

(tratto da “I miei preti..... I nostri preti”, di don Domenico Magri - Grafica Langhiranese - 2008)