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Profili di preti: don Romeo Mori

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON ROMEO MORI
11 settembre 1924 -  23 marzo 2016

DonRomeoMori

Prete di Parma e monaco camaldolese
Il nostro caro don Romeo Mori si è addormentato piamente nel Signore il 23 marzo 2016. Le esequie sono state celebrate il 29 marzo alle ore 11 a Fonte Avellana. È sepolto nel piccolo cimitero attiguo dei monaci. Ero presente e ho letto un messaggio del nostro vescovo che non ha potuto essere presente. Nel presentare il messaggio ho fatto semplicemente notare che don Romeo è uscito dal grembo materno della nostra Chiesa di Parma.
C’erano molti monaci e sacerdoti della Diocesi e tanti fedeli che hanno riempito la Chiesa-Basilica del Monastero.

- nato a Traversetolo il 11 03 1924
- ordinato sacerdote da mons. Colli nel 1948
- parroco di santa Maria Maddalena nel 1950
- parroco di santa Cristina nel 1954
- nel 1971 entra nell'ordine camaldolese
- si fa monaco e il 5 settembre del 1982, nelle carica di Priore, può accogliere Giovanni Paolo II in visita a Fonte Arellana
- muore nel monastero di Fonte Avellana (Pesaro) il 23 03 2016

Il messaggio del nostro Vescovo letto al termine delle esequie
"Voglio esprimere la mia vicinanza alla comunità di fonte avellana per la morte di p Romeo. L’ho conosciuto oltre venti anni fa, ho avuto il dono di confessarmi da lui, in particolare al compimento dei miei 40 anni e di ascoltare la sua parola. L'ultima volta lo avevo visto alcuni anni fa, già Vescovo di Parma, arricchito da testimonianze e ricordi della sua Diocesi che era diventata mia. Mi colpì la sua serena speranza e la acuta comprensione della fase che la nostra Chiesa sta vivendo. Mi scrisse che pregava per il nuovo assetto della diocesi, i giovani e il seminario: aveva colto nel segno i bisogni della Chiesa e i desideri del suo povero vescovo. Non posso esser con voi per un piccolo intervento programmato da tempo, ma celebrerò per lui in comunione con voi tutti domani, giorno delle sue esequie.
In Domino + enrico solmi

Il mio ricordo personale di don Romeo
Don Romeo è stato un monaco esemplare, dopo essere stato un presbitero esemplare della Chiesa di Parma, che lui ha sempre portato nel cuore anche da monaco.
Era nato a Traversetolo nel 1924. È stato ordinato sacerdote dal Vescovo Colli nel 1948. Dopo un paio di anni come cappellano a Ozzano Taro, è stato nominato parroco di S. Maria Maddalena in città nel 1950 e nel 1954 parroco di S. Cristina fino a quando, nel 1971, ha deciso di entrare nei Camaldolesi.
Tanti motivi pertanto lo hanno tenuto legato alla Diocesi di origine. Basta ricordare che ha sempre mantenuto l’abbonamento al Settinanale diocesano Vita Nuova e alla Gazzetta di Parma. A Parma ha ancora tanti amici che si sono mantenuti in contatto con lui e lo ricordano come brillante giovane parroco della Parrocchia cittadina di Santa Cristina. La sua decisione di farsi monaco aveva provocato una reazione di meraviglia e un po’ anche di rammarico. Ma don Romeo aveva certamente ponderato bene questa decisione ed ha iniziato un cammino nuovo che ha arricchito lui e la comunità camaldolese.

Il 5 settembre 1982 Giovanni Paolo II ha fatto visita a Fonte Avellana, accolto dal giovane Priore del monastero don Romeo Mori. È stata la grande giornata di don Romeo!
Fra i monaci camaldolesi don Romeo è stato una armoniosa sintesi fra la spiritualità di presbitero diocesano e la spiritualità monacale. Questa sintesi, che ha saputo incarnare nella sua nuova vita, gli ha permesso di far sprigionare dalla sua persona, oltretutto così accogliente e gradevole, una grande ricchezza spirituale non solo fra i monaci, ma anche al di fuori della cella monacale, nei contatti con le comunità parrocchiali della Diocesi dove era molto richiesto.
Al suo arrivo da Parma aveva compiuto al Sacro Eremo di Camaldoli il suo iter formativo e dopo una decina di anni in quel luogo benedetto, carico di suggestione mistica, nel 1981 è stato mandato come priore nel millenario monastero di Fonte Avellana già cantato da Dante nella Divina Commedia ( Canto XXI del Paradiso):
« Tra ' due liti d'Italia surgon sassi,
e non molto distanti a la tua patria,
tanto che ' troni assai suonan più bassi,
e fanno un gibbo che si chiama Catria,
di sotto al quale è consecrato un ermo,
che suole esser disposto a sola latria. »

A Fonte Avellana don Romeo ha avuto la grande occasione di preparare la festa del millenario di fondazione, segnata trionfalmente, nel 1982, dalla visita di San Giovanni Paolo II. È facile immaginare per don Romeo l’ansia della attesa e la gioia del compimento di questo grande evento.
Terminata la sua missione di priore e con l’avanzare dell’età era diventato come “il padre nobile” del monastero e il punto di riferimento di tutti i monaci che lo hanno sorretto, curato e accudito con amore fino all’ultimo.
Sento il bisogno di aggiungere la testimonianza della mia amicizia personale con don Romeo, cominciata quando eravamo colleghi come parroci cittadini a Parma, io a Ognissanti e lui a S. Cristina. L’amicizia è poi continuata senza interruzione con frequenti scambi di corrispondenza e con una settimana di Ritiro ogni anno nella sua comunità, prima all’Eremo di Camaldoli e poi a Fonte Avellana: il mio arrivo era sempre una festa per ambedue! L’ultima volta sono arrivato proprio nello scorso mese di febbraio, quando ho dovuto constatare che era ormai al tramonto della sua lunga e ricca esistenza terrena di servo fedele del Signore.
Ed è proprio così che voglio concludere la mia testimonianza: “Caro don Romeo, sei stato un presbitero e un monaco fedele: entra nel gaudio del tuo Signore”.

(di  don Domenico Magri  24 marzo 2016.)


Profili di preti: don Dante Copelli

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON DANTE COPELLI
14 marzo 1927 - 16 marzo 1990

DonDanteCopelli

Quanti anni sono ormai passati dalla sua morte! Eppure noi “vecchi” non possiamo dimenticare questo prete inquieto e irrequieto che diceva spesso di avere energie scoperte da valorizzare. Sacerdote colto, contento di essere prete, con l’ansia di impegnarsi che per lui non era mai abbastanza soddisfatta. Un bel tipo di prete, da ricordare e da far conoscere ai giovani: anche loro hanno qualcosa da imparare da questo prete che non hanno conosciuto

- nato a Soragna il 14 marzo 1927
- ordinato sacerdote il 29 giugno 1951
- licenza in teologia nel 1972 presso la Pontificia Università S. Tommaso di Roma
- cappellano a Fornovo nel 1951
- parroco a Orzale nel 1954
- parroco ad Alberi dal 1962 al 1970
- parroco a Varano dal 1972 al 1983
- incaricato assistenza spirituale presso casa di Cura "Città di Parma" nel 1983
- deceduto il 16 marzo 1990

Non era un tipo facile con cui trattare e dialogare. Forse lui per primo faceva fatica a trattare e dialogare con se stesso. Dovunque è stato a fare il prete, ha creato e avuto dei problemi, e non sempre, questo è ovvio, per colpa sua. Era certamente un tipo sanguigno, con dei riflessi istintivi che lo facevano scattare in tempo reale.
Ma era un prete davvero! Un prete dalla fede tetragona, motivato, colto, generoso, zelante fino ad essere talvolta intempestivo. Forse manifestava una sottile tentazione ad emergere, cosciente come era, e ben a ragione, delle sue potenzialità. Questa sua convinzione traspariva all'esterno e si prestava ad essere messa amabilmente in rilievo dai confratelli.
Pare, così si raccontava, che i compagni dell'ultimo anno di teologia, gli abbiamo trovato già in dicembre nel suo tavolo di studio, la minuta del discorso della prima Messa per il giugno dell'anno successivo.

Appena ordinato sacerdote, nel 1951, era stato mandato cappellano a Fornovo (1951-1954) in aiuto all'arciprete don Gaetano Zilioli, ormai molto anziano. Don Dante ha poi gestito il passaggio fra don Zilioli e don Giuseppe Malpeli, con il quale è rimasto solo pochi mesi: da gennaio a luglio 1954. Sono arrivato io al suo posto, fresco di ordinazione. Mi ricordo che aveva abituato i ragazzi a salutare il sacerdote con le parole "Cristo regni", cui si doveva rispondere "Sempre". Andando per il paese, con tanti ragazzi che giravano per le strade, era tutto un "Cristo Regni": non mi potevo distrarre, perchè dovevo essere pronto a dire "Sempre"!
Dopo Fornovo, con tutta la voglia che aveva di fare, era stato mandato parroco nella piccola parrocchia di Orzale (1954-1962), nel comune di Neviano. Diceva apertamente di avere delle "energie scoperte" da valorizzare. Questa frase aveva fatto il giro dei preti.

E difatti, a riprova di quanto detto, ho un ricordo personale che conferma il suo desiderio sempre acceso di valorizzare le "energie scoperte".
All'inizio del 1958, quando ero cappellano di don Malpeli a Fornovo, il vescovo Colli mi aveva chiamato per mandarmi parroco a Ognissanti e, secondo le norme canoniche del tempo, mi aveva fatto fare la domanda per l'esame di concorso in curia per la parrocchia (con la risposta scontata!). Don Dante aveva letto il bando di concorso su Vita Nuova, ma non conosceva ovviamente il "retroscena". È venuto a Fornovo da don Malpeli, proprio da lui che sapeva tutto e non poteva dire niente, per chiedere il suo consiglio ed eventuale incoraggiamento a fare domanda per il concorso. È facilmente immaginabile l'imbarazzo di don Malpeli!

Il suo curriculum di prete comprende, oltre ad Orzale, l'esperienza parrocchiale ad Alberi (1962-1970) e a Varano Melegari (1972-1983).
Una volta terminata la sua missione di parroco a Varano, ha preso alloggio a Parma vicino alla chiesa dello Spirito Santo, prestando il suo servizio alla parrocchia. Nel frattempo sono iniziate per lui due esperienze molto significative e adatte alla sua sensibilità di prete colto, ma anche attento e delicato verso la sofferenza: una lunga stagione di insegnante di religione nel prestigioso liceo classico Romagnosi e di cappellano nella casa di cura "Città di Parma".
Lì, nella casa di cura a contatto con i malati, si è certamente preparato ad affrontare la sua sofferenza personale. Sì, perchè la sofferenza ha bussato anche alla sua porta con un tumore che lo ha portato alla tomba.

Ha sofferto molto: penso di poterlo dire, perchè con l'amicizia che si era creata fra noi due, gli sono stato vicino fino alla morte. Stava a me quella volta fare la notte al suo capezzale, quando alla sera, mentre stavo per partire, ho ricevuto una telefonata a Langhirano da don Guido Brizzi, che mi diceva di non scendere a Parma, perchè era appena spirato: era il 16 marzo 1990
È arrivato pronto e attrezzato spiritualmente davanti al suo Signore, che lui aveva servito con tanta fedeltà e abnegazione. La prova l'ha saputa dare anche ai nostri occhi e al nostro cuore pochi giorni prima di morire.
Nella sua camera c'è stata una celebrazione eucaristica solenne e commovente: c'era il vescovo Cocchi a presiedere, con il vicario mons. Grisenti e alcuni concelebranti, compreso il sottoscritto. Ovviamente, con tanto di stola, ha concelebrato anche lui, seduto di fianco al letto: l'ultima Messa! Mi viene in mente che in seminario ci preparavano a dire Messa con questa espressione: ricordatevi di celebrare ogni Messa come se fosse la prima e come se fosse l'ultima della vostra vita.
Mons. Cocchi ha parlato come solo lui sapeva parlare, ha unto don Dante con l'olio degli Infermi e, con sorpresa indicible da parte nostra, don Dante è riuscito a pronunciare alcune parole di fede e di amore. I malati del reparto, che si erano affacciati all'ingresso della camera per partecipare alla Messa, piangevano.
Il pianto dei malati, affacciati all'ingresso della camera, è l'ultimo ricordo struggente che conservo del prete morente.

(da “Preti e non solo”  don Domenico Magri  Grafica Langhiranese Editrice - 2010)


Profili di preti: don Rino Monesi

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON RINO MONESI
28 gennaio1924 - 14 marzo 2013

DonRinoMonesi

Come si faceva a non volergli bene?
Sì, perché lui puntava sulla fiducia nelle persone e sulla cordialità del suo temperamento che saranno poi le sue armi vincenti come parroco.

- nato a S. Secondo il 28 gennaio 1924
- ordinazione sacerdotale il 22 giugno 1947
- cappellano a Noceto dal 1947 al 1953
- parroco a Costamezzana dal 1952
- parroco di Pieve Cusignano dal 1995 al 2003
- deceduto a Villa S. Ilario il 14 marzo 2013

Aveva accolto come decano noi di IV ginnasio nell’ottobre 1945, per il primo anno scolastico dopo la guerra. I decani erano seminaristi di teologia del Maggiore, che venivano mandati al Minore per sovrintendere ai ragazzi del ginnasio.
È stato un rientro duro per me: in famiglia avevamo ricevuto solo qualche giorno prima la notizia certa della morte di mio fratello Ugo, ucciso nel Lager Egelsberg di Gottingen in Germania. Ho lasciato la mia famiglia con l’angoscia nel cuore.

Don Rino ha aiutato me, come certamente i miei compagni di classe, a vivere un anno sereno, al di là delle vecchie e rigide regole del Seminario.
Sì, perché lui puntava sulla fiducia nelle persone e sulla cordialità del suo temperamento che saranno poi le sue armi vincenti come parroco.
Non ho mai perso contatto con lui da prete, anche se eravamo dislocati in aree geografiche diverse nella Diocesi. Mi ha chiamato qualche volta a celebrare la Cresima a Costamezzana: con un minimo di occhio clinico ho potuto constatare la sua popolarità di parroco, meritata con l’esempio e la sollecitudine pastorale. Sono state celebrazioni magnifiche con un popolo che lui faceva cantare.

Ma come si faceva a non volergli bene?
Di questo amore, di cui era circondato, ne ho avuto una prova straordinaria nelle ultime settimane della sua vita qui a Villa S. Ilario.
Non solo c’era un pellegrinaggio ininterrotto di parrocchiani e di amici, ma c’era il “presidio” continuo, notte e giorno, delle nipoti e di parrocchiani particolarmente sensibili alla bontà di don Rino. E così gli abbiamo chiuso gli occhi con una tenerezza infinita

Non avrei mai immaginato nel lontano ottobre 1945, di vivere così accanto a lui, la finale della sua storia terrena. 
Tra le tante cose belle che ha compiuto nella sua lunga esperienza di Parroco a Costamezzana c’è la stupenda e maestosa gradinata che sale verso la chiesa: ha un grande valore simbolico ed è un augurio per don Rino. Ci fa pensare alla magnifica “gradinata” della sua esistenza sacerdotale che don Rino ha salito e lo ha portato a entrare ed essere accolto nella Casa del Signore tra voci di festa e canti solenni, che a lui piacevano tanto. Proprio così come dice una canzone giovanile: 
“E quando un dì con lui sarem 
nella sua Casa abiterem 
nella sua Casa tutta d’or 
con tanta gioia dentro al cuor.”

Saluto iniziale di don Corrado Mazza alle esequie di don Rino
Don Rino ha iniziato il suo ministero sacerdotale a Noceto. Lui, prete giovanissimo, rimane cinque anni in mezzo ai ragazzi dell’Oratorio di Noceto, agli scout. Non lo dimenticheranno mai. Ritornava spessissimo a Noceto, anche diventato parroco di Costamezzana. Come tutti sanno, era di una disponibilità assoluta. Per qualunque necessità lui c’era. E accoglieva sempre tutti. Tanti gli sono diventati amici. Anche solo attraverso la sua semplice cordialità, la sua accoglienza, la sua bontà, ha dato una grande testimonianza dell’amore di Dio.

Ecco, da parte della famiglia, che lo ha tanto amato e lo ha tanto seguito, soprattutto la sorella Luisa (che per motivi di saluti non può essere qui in questo momento), la nipote Maria Luisa, e tutti gli altri parenti che sono qui presenti, a nome di tutti, un grande grazie al Vescovo Enrico, al presbiterio di Parma, al personale di Villa S. Ilario che lo ha sostenuto in questi ultimi tempi più difficili; al Vescovo di Fidenza, rappresentato da un suo sacerdote amico, e agli altri presbiteri di Fidenza e della Fraternità Francescana di Cella, che ha sostituito don Rino, la domenica, in parrocchia, soprattutto in questi ultimi tempi, in cui con grande dispiacere non era in grado di celebrare la messa per la sua gente.
Ringraziamo il Signore per questo immenso dono che è stato don Rino per tutti noi.

La testimonianza anche di questa assemblea così numerosa, riunita con il suo Vescovo, come quella di ieri sera e l’altra sera, dice quanto sia stato ed è amato questo pastore, tutto donato a Dio e alla gente. La chiesa non riesce a contenere tutte le persone che sono volute venire a dare l’ultimo saluto a don Rino e a ringraziare il Signore per questo impagabile dono.
I famigliari e i parrocchiani hanno desiderato anche esprimere la volontà di devolvere le offerte che potranno essere raccolte oggi all’Avis (di Noceto), di cui don Rino era un dona¬tore. Ci teneva tanto a sostenere anche questa bella associazione di umanità, di attenzione agli altri, con il proprio sangue. Lo vedeva attento e generoso anche il Centro tumori. Faremo poi una spartizione delle offerte, secondo i criteri che poi ci daremo. Grazie.

(da "VESCOVIPRETISUOREAMICI"di  don Domenico Magri  2014 - II ed.)


Profili di preti: mons. Giuseppe Corchia

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

MONS. GIUSEPPE CORCHIA
2 aprile 1882 - 15 marzo 1965

MonsGiuseppeCorchiaĖ stato un grande parroco, unanimemente riconosciuto come il salvatore di Langhirano da una minacciata strage dei tedeschi durante la guerra. La Chiesa di Parma in quelle ore drammatiche aveva bisogno di preti forti, audaci e coraggiosi: e il Signore non ce li ha fatti mancare!

- nato a Casaselvatica di Berceto il 2 aprile 1882
- ordinato sacerdote il 26 giugno 1906
- cappellano legatario di Langhirano dal 1906 al 1915
- parroco di "Mattaleto con Langhirano" dal 1915 al 1944
- canonico onorario della Basilica Cattedrale nel 1941
- parroco di S. Sepolcro dal 1944 al 1960
- cappellano nel santuario di Montallegro dal 1960 al 1965
- deceduto a Rapallo il 15 marzo 1965

Mons. Giuseppe Corchia, nativo di Berceto, è ricordato come l'ultimo parroco di "Mattaleto con Langhirano", una realtà pastorale consolidata da secoli, che però appariva sempre più anacronistica: Langhirano era capoluogo di Comune da secoli, era molto più popoloso di Mattaleto e dopo la seconda guerra mondiale era destinato a diventare un polo socio-economico di grande rilevanza nazionale, e non solo.
Don Corchia era contrario alla separazione di Langhirano da Mattaleto. Come i suoi antecessori viveva nella vetusta e suggestiva secentesca Canonica di Mattaleto, sede parrocchiale, scendendo ogni giorno a Langhirano, che lui non ha mai trascurato. Forse aveva intuito, al di là delle motivazioni affettive (anche i preti hanno un cuore!) che ormai la separazione era una operazione tardiva e gli eventi l'avrebbero presto dimostrata inutile. Oggi la sede parrocchiale è Langhirano, ma Mattaleto è diventato una realtà urbanistica senza soluzione di continuità abitativa con Langhirano e così si è formata un'unica e inevitabile realtà pastorale.

Nella mia vita di parroco a Langhirano posso dire che quasi non passava giorno senza che saltasse fuori il nome di don Corchia: per Langhirano è ancora un mito, a motivo della sua personalità e per quello che ha saputo fare.
Appena ordinato sacerdote nel 1906 è arrivato a "Mattaleto con Langhirano" e si stabilisce nella vecchia Canonica di Langhirano con l'incarico specifico di interessarsi soprattutto del capoluogo. Nel 1915 è succeduto come parroco a don Carlo Cavalli, morto in circostanze misteriose e si è stabilito a Mattaleto.
Ma già da cappellano don Corchia aveva riempito Langhirano con le sue iniziative, che erano frutto del suo zelo pastorale e della sua intelligenza. In meno che non si dica, nel 1911, in pochi mesi, aveva costruito dietro la Chiesa di Langhirano un salone come ritrovo e laboratorio di varie iniziative pastorali, culturali e musicali. Una avventura per quei tempi veramente avveniristica! Si chiamava "Ricreatorio festivo". Oggi quella modesta ma audace costruzione è diventata tutta un'altra cosa: al suo posto c'è il Cinema Teatro Aurora, che può fregiarsi delle radici gloriose del Ricreatorio, costruito dal giovanissimo prete don Corchia.
Il Ricreatorio festivo, fatto sorgere dal nulla da don Corchia, in un certo senso merita di passare alla storia, perchè lì c'è stato il debutto di una ragazzina che poi sarebbe diventata famosa nel mondo: la langhiranese Renata Tebaldi, grande soprano e "voce d'angelo". In questo debutto la Renata (così confidenzialmente è sempre stata chiamata a Langhirano) ha fatto la sua parte nell'operetta "Il talismano di Pin", del maestro parmigiano Torricelli.

Don Corchia a Langhirano ha vissuto momenti drammatici e ha dovuto superare difficoltà pastorali non piccole.
C'era infatti un clima difficile sul piano sociale: nel 1911, alla stazione del tram c'è stata la uccisione, da parte dei Carabinieri, di quattro persone del paese che protestavano per la guerra di Libia.
Verso la parrocchia c'era freddezza e distacco, condito da miscredenza, alimentata forse dal fenomeno dei langhiranesi al seguito di Garibaldi (Faustino Tanara e i fratelli Toschi), dal mazzinianesimo e infine anche dal socialismo di primo conio. Non era diventata una moda, ma un certo numero di ragazzi cresceva senza battesimo e don Corchia è riuscito a sanare le situazioni di questo tipo e ad attirare tanti ragazzi e giovani con le più svariate iniziative: cura appassionata della istruzione religiosa e delle feste, gite, filodrammatica, giochi attrezzati in cortile, musica e canto (era un bravo musicista autodidatta). Era veramente infaticabile e creativo.

Durante la prima guerra mondiale è stato chiamato a fare servizio militare nel reparto sanità e ha dovuto abbandonare "Mattaleto con Langhirano", sostituito per quel breve periodo dal giovane prete don Giuseppe Orsi, che poi sarebbe diventato il notissimo parroco di S. Vitale in città.
Tornato dalla guerra, ha ricominciato a lavorare sodo: oltre alle tante attività già ricordate, bisogna aggiungere la diffusione della devozione a S. Giovanni Bosco per i giovani e la sua devozione a Maria Ausiliatrice, alla quale era dedicata ogni anno una grande processione.
E venne, purtroppo, anche il momento della seconda guerra mondiale, che lo ha visto protagonista, con grave rischio personale, della salvezza di Langhirano: grazie a una strategia concordata con don Giorgio Battilocchi, è riuscito a convincere il comandante tedesco a non fare rappresaglie in paese (tutto poteva succedere!) a causa della uccisione di un soldato tedesco.

Bisogna dire con franchezza che mons. Corchia non ha mai accettato dentro di sè la separazione pastorale fra Mattaleto e Langhirano e di conseguanza ha sofferto immensamente per il suo distacco da un ambiente, dove aveva vissuto il suo sacerdozio fin dal lontano 1906, quando era appena diventato prete. Ha obbedito al Vescovo Mons. Colli ed è diventato parroco di S. Sepocro in Città. Forse ormai era stanco di portare avanti gli impegni pastorali come quando era a Langhirano: a S. Sepolcro non ha vissuto un periodo felice.
C'è però un particolare di cronaca che proprio a S. Sepolcro gli ha permesso di rivivere un po' il clima di Langhirano: bastava attraversare la strada di Via della Repubblica e si trovava davanti al grande palazzo antico, sede allora del Partito Comunista. Domanda: ma questo che c'entra con un prete? Certo che c'entra, perchè questa contiguità gli permetteva di incontrarsi spesso con Giacomo Ferrari, che tutti ricordiamo come grande personaggio del Partito Comunista, ma che era suo sincero amico perchè era un langhiranese del sasso. Nel 1922 solo don Corchia aveva avuto il coraggio di nascondere Ferrari in un podere del beneficio parrocchiale, quando era ricercato dalla polizia, perchè aveva partecipato alla lotta delle barricate a Parma. In questo modo Giacomo Ferrari non gli poteva neppure impedire di impartire la benedizione pasquale alla sede del Partito Comunista. Incredibile per quei tempi!

A un certo punto, nel 1960, forse per una scelta che può configurarsi quasi come esilio volontario, ottiene dal Vescovo di trasferirsi come cappellano e confessore al Santuario della Madonna di Montallegro, con le sue due fedelissime sorelle Luisa e Maria.
A Montallegro mons. Corchia ha lasciato un ottimo ricordo di fede, di saggezza pastorale e di discernimento delle coscienze, soprattutto nelle lunghe ore di confessionale. Nel 1965 è deceduto nell'Ospedale di Rapallo e sepolto il quel cimitero.
Ma non poteva finire così! Quasi a "furore di popolo" dopo qualche anno c'è stata la traslazione della sua salma da Rapallo a Langhirano, con un funerale solenne, pieno di commozione e di riconoscenza verso questo grande parroco. E immaginate un po' chi era puntualmente presente al funerale? Il senatore ing. Giacomo Ferrari!

(da ”I miei preti....I nostri preti....” di  don Domenico Magri  2008)