Pellegrini in Turchia, sulle orme di Paolo e dell’Ecumenismo
15-23 giugno 2008
Siamo partiti non solo da turisti, ma soprattutto da pellegrini. Siamo partiti verso mete sconosciute, ma delle quali conoscevamo la storia di un paio di millenni fa. Eravamo un gruppo eterogeneo, ma uniti da una forza che ci superava. Così siamo partiti per un viaggio in Turchia e Siria, verso i luoghi in cui ha mosso i primi passi la Chiesa. Siamo partiti motivati dall’esperienza forte di lettura comunitaria del Libro degli Atti degli Apostoli, che durante tutto l’anno precedente ci aveva accompagnato due volte al mese, portandoci fino alla metà del Libro. Si apriva proprio in quei giorni l’anno paolino, per celebrare il bimillenario della nascita dell’Apostolo Paolo.
La nostra prima meta è stata Istanbul, dove abbiamo potuto vedere i segni delle varie dominazioni di quella città, cristiana prima, ottomana poi. Le moschee, con i loro minareti che svettano sui tetti, illuminati ad arte durante la notte, formano una preziosa corona ad una città meravigliosa non solo per i suoi monumenti, ma anche per la sua straordinaria posizione geografica, a cavallo del Bosforo, divisa fra due continenti. Le antiche chiese sono state distrutte o convertite in moschee, come la magnifica Santa Sofia, prima chiesa dedicata appunto alla Divina Sapienza, poi divenuta moschea, ora museo in cui si possono apprezzare splendidi mosaici bizantini.
Il gruppo di pellegrini di fronte alla Moschea Blu di Istanbul.
La la nostra tappa principale era la città di Antiochia, dove è nata la prima Chiesa, grazie agli Apostoli Paolo e Barnaba, e dove per la prima volta è stato utilizzato il nome di “cristiani”. La comunità cattolica di Antiochia ora conta solo un centinaio di fedeli, guidati da Padre Domenico Bertogli, cappuccino modenese che da ormai 20 anni è pastore di quella comunità (e che era venuto a farci visita a Sorbolo nell’estate del 2007). Grazie a Padre Domenico, la Chiesa Cattolica ad Antiochia è una presenza viva e pienamente inserita nella vita della città. Con una semplicità che ci ha fatto sembrare ridicole tante nostre inutili complicazioni e distorsioni, quella piccola comunità vive ed incarna pienamente i valori della convivenza armoniosa tra diverse realtà religiose (tra cui musulmani, ebrei, ortodossi), riuscendo non solo ad essere ispiratrice di dialogo interreligioso, ma anche di vere e proprie iniziative di incontro e confronto tra persone provenienti da diverse comunità. Il coro Arcobaleno è forse l’emblema di tale atteggiamento: un coro composto da rappresentanti di 5 diverse comunità religiose, che si esibiscono quando vengano celebrati grandi eventi religiosi o civili.
Significativo è anche il luogo in cui sorge la chiesa cattolica: un’antica casa ebraica, ora completamente ristrutturata. Come ai tempi di Paolo e Barnaba, il luogo di incontro dei cristiani è una casa-chiesa, a segnare che la comunità è come una famiglia, in cui si mette tutto in comune. La celebrazione della Messa insieme alla comunità di Antiochia è stato un momento particolarmente significativo del nostro viaggio, al quale hanno partecipato virtualmente anche i bambini del GREST di Sorbolo, che ci avevano consegnato delle piccole croci in legno fatte da loro, che là sono state benedette prima di riportarle con noi nel nostro paese.
Il gruppo di pellegrini insieme a Padre Domenico (primo da sinistra) nel cortile della chiesa di Antiochia.
Le orme di Paolo ci hanno portato anche a Selèucia di Pieria, l’antico porto di Antiochia, da dove ha avuto inizio la sua prima missione, che lo ha condotto a Cipro. Impressionante è il tunnel di Tito e Vespasiano, intagliato nella roccia per favorire il deflusso dell’acqua ed impedire quindi che il porto fosse eroso dal mare. Ma commovente per noi pellegrini è stato ammirare il tramonto da questo porto, osservando il sole che si nasconde dietro l’isola di Cipro, in lontananza. Da quella spiaggia abbiamo gettato in mare, simbolicamente, una piccola barchetta di carta, a simboleggiare il cammino missionario della nostra Chiesa e nostro personale.
Ovviamente non potevamo non recarci a Tarso, città natale di San Paolo. Ora la presenza cristiana a Tarso è ridotta a tre suore italiane, che con forza e coraggio, tra mille difficoltà, lavorano per l’armonia e la convivenza. Le abbiamo trovate indaffaratissime nella preparazione della celebrazione di apertura dell’anno paolino, che si sarebbe svolta lì proprio il giorno dopo. La Chiesa di San Paolo a Tarso è ora un museo, iniziativa che le ha consentito di non essere distrutta o essere trasformata in moschea. I magnifici resti della via colonnata romana che attraversano Tarso sono forse gli ultimi “testimoni” diretti della presenza di Paolo a Tarso.
La strada romana di Tarso dell'epoca di Paolo.
I nostri passi ci hanno condotto anche fino in Siria, ad Aleppo, attraversando la famosa via della seta, di cui si conservano ancora intatti alcuni lunghi tratti. Oltre all’impressionante cittadella che svetta nel centro della città, e al coloratissimo suk (mercato coperto), della lunghezza di ben 14 km, anche lì abbiamo potuto apprezzare la varietà religiosa che convive liberamente (almeno in apparenza). Le donne sono il ritratto di questa situazione: si possono incontrare ragazze in minigonna, così come donne velate, così come anche donne coperte da capo a piedi, viso compreso. L’impressione è forte, e tante le domande che frullano in testa.
Credo che tutti noi siamo tornati cambiati da questo viaggio, più consapevoli. È stato bello riscoprire le nostre origini cristiane. È stato istruttivo riprendere consapevolezza di tutti i cambiamenti storici che hanno avuto sede in quei luoghi, vedere con i propri occhi la diversità e riuscire ad apprezzarla, immergersi nella varietà ed avere l’opportunità di ammirarla, scorgere il coraggio e avere il desiderio di possederne almeno una piccola parte.
La Turchia è stata per noi luogo accogliente e il calore di Padre Domenico e della sua comunità ci hanno scaldato il cuore. Abbiamo ripercorso un piccolo tratto del cammino di Paolo, che da persecutore si è fatto annunciatore, apostolo delle genti. Siamo tornati con la speranza e il desiderio di continuare a seguire le orme di Paolo nella nostra vita di ogni giorno.
Proprio per questo, la lettura comunitaria del Libro degli Atti degli Apostoli è continuata anche durante tutto l'anno successivo. Abbiamo continuato a seguire Paolo, Pietro e gli altri Apostoli nei loro viaggi, nella convinzione che questo nostro “viaggio” ci aiuti a rendere più viva e solida la nostra fede e la nostra comunità.
Scarica l'articolo della Gazzetta di Parma del 23 Luglio 2008