Pellegrinaggio a Brescia, la città dei Santi Faustino e Giovita
21 Giugno 2014
Sabato 21 Giugno 2014 un pullman stracolmo di pellegrini sorbolesi, capitanati da don Aldino, si è diretto verso Brescia, la città dei nostri Santi Patroni, Faustino e Giovita. Nei dintorni di Brescia i due fratelli sono nati, e a Brescia hanno vissuto e proclamato incessantemente la loro fede.
Innumerevoli sono le testimonianze della loro presenza a Brescia, e proprio queste testimonianze abbiamo scoperto e da esse ci siamo lasciati colpire e affascinare.
Già durante il viaggio di andata il nostro impareggiabile Roberto ci ha riassunto la loro storia che, dopo una carriera militare, li ha visti convertirsi al cristianesimo, diventare presbitero l'uno e diacono l'altro, ed essere perseguitati a causa della loro fede. Le lunghe persecuzioni che patirono (accompagnate da numerosi miracoli che hanno portato ad eclatanti conversioni) li condussero da Brescia a Milano, Roma, Napoli, ed infine di nuovo a Brescia, dove furono decapitati. E forse, durante questo periplo, passarono anche da Sorbolo (?).
La nostra prima tappa è stata la Chiesa di Sant'Angela Merici, già chiesa di San Faustino ad Sanguinem, originariamente cimitero di San Latino, sorto proprio nel luogo del martirio. Lì i due martiri furono sepolti originariamente e lì, infatti, ancora si conservano numerose reliquie dei due santi, nonché diverse tele ed affreschi a loro dedicati. Quella chiesa è stata una scoperta, per la sua ricchezza, l'abbondanza di testimonianze e la cura con cui esse vengono conservate e messe in valore.
È stata poi la volta della chiesa di San Faustino in riposo, dalla caratteristica forma esterna a cono, costruita nel XII secolo come santuario votivo sul luogo dove, per tradizione, avevano sostato, "riposato", le salme dei due santi durante la loro traslazione dal cimitero della chiesa di San Faustino ad Sanguinem alla chiesa di San Faustino Maggiore, dove sono tuttora conservate.
La città di Brescia conserva ancora imponenti resti di epoca romana, nell'area archeologica del "Capitolium". Quelle vestigia sono testimonianza dei luoghi e dell'epoca che i nostri patroni videro e vissero. L'ergersi di quei resti imponenti tra le costruzioni della città "moderna" lascia senza fiato e parla di tempi lontani, in cui proclamare la propria fede portava al patibolo, come successe ai nostri patroni, e quindi richiedeva un coraggio e una convinzione che forse facciamo fatica a concepire.
Dopo una breve visita a piazza Della Loggia e un buon pranzo, ci siamo recati nel fulcro del culto dei patroni bresciani: la Chiesa dei Santi Faustino e Giovita (o San Faustino Maggiore). Lì abbiamo celebrato la Messa e abbiamo assaporato quanto, ancora oggi, il culto dei due santi sia sentito a Brescia. Imponenti e bellissimi gli affreschi del Tiepolo che ritraggono alcune scene della vita dei due fratelli e il loro martirio.
Dopo una passeggiata al Castello sul colle Cidneo con bella veduta sulla città sottostante (durante la quale don Aldino ha dato prova della sua abilità di scalatore...), ci siamo diretti al Duomo Vecchio, uno dei più importanti esempi di “rotonde” romaniche in Italia. L'interno risulta suddiviso in varie zone poste a più livelli ed è veramente inatteso e sorprendente. All'ingresso colpisce subito il sarcofago di Berardo Maggi, in marmo rosso, sul quale, tra l'altro, sono raffigurati i Santi Faustino e Giovita. Impressionante e di inestimabile valore l'organo storico di Giangiacomo Antegnati, del 1536. Di grande importanza è anche la cripta, risalente al VI secolo, il luogo più antico a noi giunto riguardante la cristianità bresciana.
È arrivata quindi la volta della nostra ultima visita, la chiesa di Sant'Afra. Interessante conoscere in che modo questa tappa è collegata al resto del nostro pellegrinaggio. Afra era infatti la moglie di Italico, il governatore che fu uno dei principali persecutori dei due fratelli bresciani. Afra si convertì al cristianesimo proprio durante il miracolo che avvenne quando Faustino e Giovita ammansirono le belve del circo che, su ordine di Italico, avrebbero dovuto sbranarli. La sua conversione non fu temporanea, tanto che anche lei morì martire, come testimoniato nella chiesa a lei dedicata.
La giornata è stata lunga e intensa, ma ci ha riempito gli occhi e il cuore di una testimonianza di fede che ci spinge ad essere cristiani meno paurosi e meno insipidi. Non sappiamo se davvero Faustino e Giovita passarono per Sorbolo oppure se il loro culto arrivò fino a noi a causa di influssi bresciani nella bassa reggiana e parmigiana, ma questo, tutto sommato, ci importa poco. Il loro esempio ha ispirato chi ci ha preceduto nella fede, e speriamo e preghiamo perché a nostra volta possiamo essere ispirati da loro ad essere testimoni credibili e coraggiosi di Cristo.
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