Fondamento e storia del significato del Giubileo
“Credo la Vita eterna” è la radice e la fonte della Speranza. Solo così ha significato e prendono corpo il Giubileo e i segmenti della Speranza. Si innestano l’uno nell’altro componendo quel continuum infinito che si origina alla nascita, con il Battesimo, e non finisce. Il cristiano lo riceve come Grazia e ogni persona umana lo sente, perché generata da Dio che è Amore eterno e sente che l’amore – fragile e incerto – ha in sé la pretesa dell’immortalità, immagine del Padre nel cuore di ogni suo figlio. Noi battezzati siamo “pellegrini di speranza”, spesso incerti e dubbiosi, testimoni missionari della speranza che non viene meno.
Le origini del Giubileo risalgono all’Antico Testamento. Il nome deriva dall’ebraico yobél, il cui significato in origine rimanda al «corno» di ariete, utilizzato come strumento musicale per segnalare momenti importanti della vita religiosa o militare. Il termine yobél viene tradotto da Girolamo in latino Jubileum (parola che richiama anche la gioia e il giubileo) e questo divenne il termine tecnico per indicare l’evento di cui parla in particolare il capitolo 25 del libro del Levitico. In questo passo il popolo ebraico viene incoraggiato a far risuonare il corno ogni quarantanove anni per proclamare la restituzione dei terreni e delle casa al primo proprietario e il riscatto degli schiavi e delle schiave.
In Isaia 6,2 il Giubileo è chiamato “anno di grazia” del Signore ed esso è pensato a favore dei miseri, di chi ha il cuore spezzato, degli schiavi, dei prigionieri e degli afflitti. Per loro è la consolazione, la liberazione, la cura affettuosa paterna-materna di Dio. Gesù in Luca 4,21 annuncia che «oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato», cioè è nella sua persona e attraverso la missione nel mondo che si realizza quell'annuncio di redenzione e di gioia. Con la sua vita e la sua morte, infatti, egli ci ha liberato da ogni forma di alienazione e di schiavitù, secondo una logica di amore gratuito di Dio e non di meriti dell’individuo.
Vivere l’anno giubilare, significa disporsi con rinnovata fiducia e cuore aperto ad accogliere quest’opera che il Signore vuole realizzare in noi, per mezzo dello Spirito Santo che, nel giorno del battesimo, è stato effuso nei nostri cuori.
- Segni giubilari
La vita teologale ha alla base le tre virtù teologali: la fede c’introduce nel mistero di Dio e del suo amore; la carità ci fa partecipi di questo mistero; la speranza ci apre al tutto e al sempre dell’Amore. La fede, la carità e la speranza sono portatrici di quella carica di verità e di grazia che è alla base della morale evangelica e che il cristiano vive come una fonte incessante di libertà e di azione. Per esse la vita teologale s’estende all’agire: è principio di un’etica teologale che informa, anima e dirige il volere e l’operare. La coscienza cristiana può vivere in questo anno di grazia con un soprassalto di speranza. Dovremmo far scoprire il tratto escatologico dell’annuncio del Vangelo. Noi siamo “stranieri e pellegrini” – ci ricorda la Prima Lettera di Pietro – che «dobbiamo rendere conto della speranza che è in noi» (1Pt 3,15) in un tempo di difficile speranza.
Il pellegrinaggio che ci porta a varcare la Porta Santa e ci muove a conversione, sia personale che comunitaria, perché l’incontro con il Signore - nella Parola, nel Perdono e nell’Eucarestia - continui nell’incontro col povero, “sua carne visibile”. Come ci invitano sia il Papa, nella Bolla di indizione del Giubileo, che il Vescovo nella Lettera pastorale, siamo quindi chiamati a dare forma e volto concreto alla geografia della speranza nelle nostre Comunità. Come? Mettendoci in ascolto dei poveri che abitano il nostro territorio, per intercettarne i bisogni e le urgenze, e mappando i luoghi di speranza già esistenti (case di riposo, centri per persone con disabilità, Caritas parrocchiali, ecc.) che forse necessitano di presenza e sostegno.
Per proporre alla Comunità e ai pellegrini alle varie chiese giubilari, disseminate in Diocesi, un’opera di carità, segno tangibile di speranza.
- Penitenza e sacramento della riconciliazione nel cammino giubilare
La Chiesa non è un’associazione di perfetti, ma una comunione di peccatori perdonati, cioè di persone che hanno conosciuto il fascino ingannevole del peccato, ma anche la gioiosa e liberante esperienza del perdono. La Chiesa è chiamata ad incarnare la misericordia di Dio, diventando «luogo della misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo» (Papa Francesco). E ciò a cominciare dalla celebrazione della Penitenza, dove il sacerdote è chiamato ad essere più un padre che non un giudice.
Il perdono dei peccati è la missione che il Risorto affida ai suoi discepoli la sera di Pasqua (Gv 21, 23). Missione misericordiosa della Chiesa che trova la sua espressione sacramentale nel rito della Penitenza con l’umile confessione dei peccati e la riconciliazione con Dio e con i fratelli. Il pentimento sincero e il rinnovato impegno a vivere secondo il Vangelo, sono essenziali per dare verità e piena efficacia al sacramento. La presenza del peccato nella nostra vita fa parte di un imperscrutabile e provvidenziale disegno di Dio. Infatti, solo chi ha fatto esperienza della propria miseria e, ciononostante, si è sentito amato e perdonato, è capace di compassione verso i fratelli. Per questo il cuore del Giubileo è il sacramento della Penitenza, dal quale, come da un rinnovato Battesimo, nasce un’umanità riconciliata, capace di compassione e di serio impegno per essere nel mondo concreti testimoni della misericordia di Dio.
- La Preghiera spunti di riflessione liturgica
Durante l’anno giubilare è possibile promuovere momenti di preghiera comunitari o a piccoli gruppi che possono aiutare i fedeli a coglier la grazia che questo tempo ci offre. In particolare saranno messi a disposizione materiali (documenti, musiche, testi scelti ecc.) per poter comporre veglie di preghiera per adulti e giovani e accompagnare pellegrinaggi. Tutto il materiale aiuterà a caratterizzare queste occasioni tendo conto del tema centrale del Giubileo: la Speranza. (dalla CEI sulla “Indulgenza plenaria”)
La Penitenzieria apostolica ha diffuso le norme per la concessione dell’indulgenza plenaria nel Giubileo 2025. Potranno ricevere l’indulgenza i fedeli «veramente pentiti», «mossi da spirito di carità», «che, nel corso del Giubileo, purificati attraverso il sacramento della penitenza e ristorati dalla Santa Comunione pregheranno secondo le intenzioni del Sommo Pontefice». L’indulgenza potrà essere applicata «in forma di suffragio alle anime del Purgatorio». I fedeli potranno ottenere l’indulgenza intraprendendo un pellegrinaggio verso qualsiasi luogo sacro giubilare, verso almeno una della quattro Basiliche Papali Maggiori di Roma, in Terra Santa o in altre circoscrizioni ecclesiastiche, e prendendo parte a un momento di preghiera, celebrazione o riconciliazione. Poi, ancora, «visitando devotamente qualsiasi luogo giubilare» e vivendo l’adorazione eucaristica, concludendo con il Padre nostro, la professione di fede e invocazioni a Maria. (testo integrale).
- Il senso del pellegrinaggio; misericordia e giustizia
«I pellegrinaggi sono una costante della storia delle religioni. Anche il cristianesimo ha fatto propria questa pratica rispondente al bisogno di trovare uno spazio religioso là dove il divino si è manifestato. Ogni pellegrinaggio è un memoriale del mistero dell’Incarnazione e della Redenzione» (S. Giovanni Paolo II).