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Profili di preti: padre Vincenzo Barbieri

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

PADRE VINCENZO BARBIERI
1931 – 9 dicembre 2010

PadreVincenzoBarbieri

Nato a Baganzolino ed "emigrato" a Milano Padre Vincenzo Barbieri era nato da una famiglia di agricoltori. Non aveva un temperamento facile e lo ha dimostrato nella sua vita, nel rapporto con se stesso e con gli altri. Ha sentito la chiamata a fare cose grandi e le ha fatte, ma con un percorso diverso dal solito.
Eppure ci aveva provato con i percorsi "ufficiali". Prima è entrato nel Cenacolo diocesano dei giovani, fondato e seguito da mons. Argo Cavazzini. Ma lui non andava bene per il Cenacolo e il Cenacolo non andava bene per lui. Allora è entrato nei Gesuiti e lì è diventato sacerdote. Ma lui non andava bene per i Gesuiti e i Gesuiti non andavano bene per lui. A questo punto ha chiesto di essere accettato come prete della diocesi di Parma, ma pare non sia stato gradito perchè passava per un prete "disobbediente" o comunque difficilmente integrabile. Per esprimere al meglio se stesso doveva intraprendere un cammino per conto suo: è stato un cammino straordinario di carità. La sua azione "vulcanica" ha avuto come centro propulsore Milano ed è arrivata lontano lontano, suscitando gioioso stupore per i tanti frutti di amore. padre Barbieri è stato pur sempre un figlio della chiesa di Parma. Merita di essere ricordato.

Ricordo di P. Barbieri apparso su Famiglia Cristiana nei giorni subito dopo la sua morte
Addio padre Barbieri, "megafono della carità",Il 9 dicembre 2010 a Milano, è morto padre Vincenzo Barbieri, fondatore di Coopi, tra le principali organizzazioni non governative italiane. Aveva 79 anni.
Un ricordo. 
L’uomo in bianco col megafono ci ha lasciato. Padre Vincenzo Barbieri si è spento, a 79 anni. A Milano era conosciutissimo – tanto che nel 2005 gli è stata conferita la Civica Benemerenza – per un suo modo tutto singolare di raccogliere fondi: vestito di una talare bianca, croce appesa al petto, stava ogni sera davanti all’ingresso di teatri, fiere, eventi milanesi di ogni tipo: «Un euro per aiutare un bambino», ripeteva instancabile al megafono, per tutta la sera, tutte le sere. Questa sua attività, portata avanti senza soste negli ultimi 20 anni, fruttava circa 300 mila euro l’anno, che si traducevano nel sostegno a distanza di 1.000 bambini, in Africa e in Sud America, e in una miriade di piccole attività di aiuto e beneficenza di missioni, gruppi, migranti stranieri in Italia, singole famiglie in difficoltà sparse nei tanti Paesi del Sud del mondo che visitava periodicamente.

«Perché vado davanti ai teatri e ai concerti? Perché chi ha speso 40 o 50 euro per un biglietto, mica potrà rifiutarsi di darne uno a me per i miei bambini», era solito ripetere.
Tutti a Milano lo conoscevano per quella ostinata presenza, per la tunica bianca, il barbone brizzolato e incolto, il vocione che attraverso il megafono chiamava implacabile a un piccolo gesto di generosità.

Pochi invece lo conoscevano anche per l’altra quotidiana, altrettanto instancabile attività: fondatore, poi direttore, infine presidente di Coopi, una delle più grandi organizzazioni non governative italiane. Proprio così. Quello strano prete, che sembrava una riedizione modernizzata delle dame della carità di una volta, in realtà è stato l’animatore di uno dei gioielli della nostra cooperazione con i Paesi poveri.

Una Ong che oggi ha un bilancio annuale che supera i 35 milioni di euro, attiva con 63 collaboratori in Italia, 160 cooperanti espatriati, 1.340 operatori locali nei Paesi del Sud del mondo. Coopi è presente in una trentina di Paesi poveri e raggiunge circa 9 milioni di beneficiari. Di certo Padre Barbieri non pensava di arrivare a tanto.
Allora, all’inizio degli anni ’60, non c’era nemmeno il concetto della “cooperazione allo sviluppo”, né le agenzie umanitarie internazionali, tanto meno le istituzioni che il nostro Paese si è dato per l’aiuto pubblico allo sviluppo. C’erano, allora, solo i missionari. I non-religiosi che partivano non avevano nemmeno un nome con cui definirsi.

È stato uno dei “visionari”, uno dei “padri” della cooperazione italiana che già allora avevano capito che anche i laici, credenti oppure no, potevano partire, operare, lavorare, far crescere le realtà più remote e povere del pianeta. Padre Vincenzo Barbieri doveva partire missionario. Invece fondò Coopi, nel 1965, e per tutta la vita si è chiesto se come prete aveva fatto la cosa giusta. Per tutta la vita si è risposto così: «Ho fatto il missionario da Milano. Le mie gambe, le mie braccia, i miei occhi nei Paesi del Sud del mondo sono state le centinaia di volontari e cooperanti di Coopi. Da allora, l’Ong milanese ha raggiunto 50 paesi, realizzato 700 progetti di sviluppo ed emergenza, coinvolto 50.000 operatori locali, assicurato un beneficio diretto a 60 milioni di persone. In occasione del suo 79° compleanno, l’ultimo che ha festeggiato, ha mandato una lettera a tutti i “suoi uomini” di Coopi. Ha scritto, fra l’altro: «Dovrò aspettare per conoscere la “sentenza” di San Pietro su di me sino a quando giungerà il momento di lasciare questo mio corpo su questa terra e – alleggerito – volarmene in alto e scomparire fra le nubi con l'anima pronta a farsi giudicare per quanto di bene e di male ho combinato nel corso di un bel mucchietto di anni». Anche l’ultimo pensiero è stato per i suoi piccoli sparsi per il mondo. Al momento di “volarsene fra le nubi”, le ultime parole sono state per loro: «Mi raccomando», ha detto, «quegli 800 euro per i bambini…».

(ricordo di P. Barbieri apparso su Famiglia Cristiana nei giorni subito dopo la sua morte)