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Profili di preti: mons. Sergio Chezzi

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

MONS. SERGIO CHEZZI
21 marzo 1930 - 4 novembre 2012

MonsSergioChezzi

Un grande dono di Dio per la Chiesa di Parma con la sua fede e la sapienza dello Spirito. Era il “don Sergio” cui tanti, e non solo seminaristi e sacerdoti, ricorrevano per farsi guidare spiritualmente, chiedere consigli e pareri. Era la saggezza “istituzionalizzata” dello Spirito nella Diocesi di Parma!

- nato a Copermio di Colorno il 21 marzo 1930
- ordinazione sacerdotale 20 giugno 1954
- coadiutore a Colorno dal 1954 al 1957
- laureato in filosofia all’Università cattolica di Milano
- vice rettore del Seminario minore dal 1957 al 1962
. direttore spir. del Seminario maggiore dal 1962 al 2001
- canonico della Cattedrale dal 1965 al 1978
- direttore Ufficio Liturgico diocesano dal 1976 al 1978
- parroco di S. Quintino dal 1978 al 2012
- incaricato formazione ministeri dal 1985 al 1988.
- deceduto nella casa di cura Piccole Figlie il 4 novembre 2012.

 

Il mio ricordo di don Sergio scritto il mattino del 4 novembre 2012, poche ore dopo la sua morte

Eravamo in dodici, quando il 20 giugno 1954 siamo stati ordinati sacerdoti in Cattedrale da mons. Colli. Ora, con il pio transito di mons. Sergio Chezzi, siamo rimasti in cinque.
Ma lui, don Sergio (posso dirlo?), era il fiore all'occhiello della nostra classe e noi ci sentivamo onorati e orgogliosi di avere un confratello così speciale cresciuto con noi.
E' stato un sacerdote che si è donato alla Diocesi nel senso vero e completo del termine, come cappellano di Colorno, parroco esemplare di S. Quintino e quasi 40 anni di servizio prezioso e delicato come Direttore Spirituale nella preparazione dei seminaristi al sacerdozio.

Tanti preti più giovani di me potrebbero parlare benissimo di lui, del suo stile discreto ma efficace nel proporre in modo persuasivo il cammino formativo al sacerdozio.
Don Sergio non amava imporre, ma cercava di fare brillare davanti ai giovani la futura vita sacerdotale come "fatale" e ineludibile attrazione.
Per questo ha saputo prima di tutto conquistarsi la stima e la confidenza totale dei seminaristi che poi hanno continuato anche da sacerdoti a seguire la sua direzione spirituale.
Quanti segreti delicati, ansie, gioie e amarezze conservava gelosamente nel suo cuore!

Ha dovuto accettare negli anni '60 e '70 il fenomeno doloroso degli abbandoni, non solo dei seminaristi ma anche dei preti giovani: Dio solo sa quanto ha sofferto!Ma va precisato che questo fenomeno va ben oltre le motivazioni locali e va iscritto in un travaglio dell'epoca per tutta la Chiesa.Aveva una cultura profonda, consolidata alla Cattolica di Milano con la laurea in filosofia. Non amava però esibirla, ma si intuiva il suo livello culturale nelle meditazioni, nei vari interventi davanti al Clero e nel suo ruolo di insegnante in Seminario e nella Scuola di Formazione Teologica.

Come parroco di S. Quintino don Sergio ha espresso in uguale misura le sue doti: alla parrocchia non ha fatto certo pesare il suo impegno di Direttore spirituale in Seminario.
Di più: questo doppio impegno, per un provvidenziale principio di complementarietà, gli ha permesso di essere ancora più ricco nel dispensare i valori spirituali e pastorali in ambedue gli ambiti.
A don Sergio è toccata una prova terribile nella malattia che lo ha portato alla morte: una malattia lunga e inabilitante.
L'Ospedale, la Casa di Cura, Villa S. Ilario e infine l'Hospice Piccole Figlie sono state le tappe del suo Calvario, che lui ha scalato fino alla cima, bevendo il calice amaro della sofferenza fino all'ultima goccia, ma con molta dignità e fede. Ha dimostrato a tutti noi di credere per primo a tutto quello che nella vita ha insegnato agli altri. La malattia, che gli ha causato tante sofferenze nel corpo e nello spirito, mi fa venire alla mente la frase del cap. 53 del profeta Isaia: "Si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori." Così pure mi viene da pensare all'inizio del libro delle Lamentazioni: "O voi tutti che passate per la via, fermatevi per vedere se c'è un dolore simile al mio dolore."

Don Sergio ha avuto tanta sofferenza, ma anche tanto conforto dalla vicinanza affettuosa e premurosa dei nipoti che lo hanno seguito e curato come un Papà.
Anche il Vescovo e noi preti abbiamo fatto la nostra parte con le visite frequenti: don Sergio meritava tutto questo, perchè troppo ha fatto per noi e per la Diocesi.
Adesso dovrà essere nostra cura non disperdere la preziosa eredità che ci ha lasciato.
Addio, caro don Sergio, prete mite ed umile di cuore! Sei arrivato al termine della tua vita terrena affaticato e stanco.
Ora troverai finalmente ristoro, pace e gioia infinita presso quel Dio che tu hai amato fin dalla tua giovinezza e hai fatto amare da tutti quelli che hai incontrato sulla tua strada.
Grazie per tutto quello che sei stato e hai fatto per noi e... ancora addio! 

Prefazione all’opuscolo su Mons. Sergio Chezzi uscito nel mese di ottobre 2013. La formazione sacerdotale di don Sergio

Ho accettato volentieri (e non poteva essere diversamente!) l’invito di Roberta e Claudio, nipoti di mons. Sergio Chezzi, che lo hanno seguito con amore come dei figli, a scrivere alcuni ricordi con particolare riferimento alla prima parte della nostra vita come compagni di classe in Seminario e come giovani confratelli sacerdoti. I nostri percorsi sacerdotali, dopo che per decenni si erano incamminati su strade diverse, ma sempre al servizio della nostra Chiesa di Parma, si sono ricongiunti ancora in Villa S. Ilario negli ultimi mesi veramente dolorosi della malattia di don Sergio. Con la mia frequentazione quotidiana al suo capezzale si è trattato di un commovente rimbalzo di rinnovate sensazioni di fede e di affetto fra noi due.

Ma adesso cerco di descrivere con l’aiuto della memoria, come mi è stato richiesto, gli anni della nostra preparazione al sacerdozio e dei nostri primi passi come preti.
Ci siamo incontrati e conosciuti in Seminario Minore nei primi giorni dell’ottobre 1942 in I Ginnasio: allora si chiamava così quella che oggi si chiama 1° Media. Eravamo in 46! Avevamo come decano il seminarista del Maggiore Fermino Mora. Il rettore era don Pietro Triani, il vice rettore don Angelo Andrei. I nostri insegnanti, per quello che ricordo, erano don Alberto Baroni, don Giacomo Zarotti, don Angelo Andrei. Don Sergio è stato Direttore Spirituale del Seminario per 39 anni

Al sacerdozio siamo arrivati in dodici: Agnetti Bruno, Baioli Luigi, Bocchi Giacomo, Calza Renato, Chezzi Sergio, Ferrari Roberto, Ferrari Silvio, Magri Domenico, Mattioli Gianni, Pasquali Giulio, Petazzini Severino, Pietro Viola. Chi ha dimestichezza con la nomenclatura presbiterale, può vedere chi è rimasto di noi dodici, ordinati in Cattedrale da mons. Colli il 20 giugno 1954.
Non è stata una vita facile nei primi anni del Seminario Minore: eravamo già in piena guerra e vigeva una disciplina eccessivamente rigorosa per dei ragazzi appena usciti dalla fanciullezza e privati del calore della famiglia. Ma questo forse ha contribuito a darci un solida ossatura e una adeguata formazione già negli anni del Ginnasio, aiutati nella direzione spirituale prima da don Amilcare Pasini (che avremmo poi ritrovato al Seminario Maggiore) e poi da don Andrea Maggiali.

Mi pare di poter dire che don Sergio in fatto di spiritualità è stato trainante per tutti noi: un tipo mite e riservato che non amava farsi notare, ma era inevitabile notare ed ammirare per lo spirito di preghiera e per il comportamento sempre corretto. E anche a scuola era fra i più brillanti: lo dimostrerà quando nel 1950 sarà subito promosso a luglio all’esame di maturità classica come privatista al Romagnosi e, una volta sacerdote, nella laurea conseguita all’Università Cattolica del Sacro Cuore.
In corrispondenza della II e III ginnasio è piombato anche sul Seminario il turbine della guerra in atto. Ricordo gli allarmi notturni che ci facevano sobbalzare e scendere in fretta per trascorrere il tempo ne¬cessario nei sotterranei del Seminario che servivano per l’occasione come rifugio antiaereo. E ricordo il fragore lugubre delle bombe nel mezzogiorno del 25 aprile 1944, che non avevano colpito il Seminario Minore, ma il Seminario Maggiore, pur non facendo vittime fra i seminaristi. Tutto questo aveva in-dotto il vescovo Colli a mandare subito tutti a casa. Da quel momento ci siamo trovati “sbandati” come seminaristi. Con la nostra classe anche noi ci siamo ritrovati in Seminario solo nel maggio 1945 per sostenere in luglio l’esame di III ginnasio presso l’Istituto La Salle.

Pensando al mio senso di smarrimento in questo ultimo anno di guerra e al “salvataggio” in famiglia fra tanti pericoli, paure e sofferenze, posso immaginare la stessa cosa per don Sergio.
Una volta passato al Seminario Maggiore per il Liceo e la Teologia, don Sergio ha dimostrato quanto valeva con la sua personalità e il suo impegno di formazione personale e con il suo esempio nell’ambiente del Seminario. Insomma: era un predestinato ad essere poi quello che in realtà è stato per il Presbiterio e per la Diocesi: un sacerdote eccezionale, che ha riempito decenni interi con la sua personalità ricca di fede e di saggezza dello Spirito. Don Sergio è stato uno straordinario “traduttore” della Parola di Dio ad uso fortunato dei seminaristi e di quanti lo hanno seguito e ascoltato.

Con l’Ordinazione sacerdotale tutti noi sacerdoti novelli ci siamo ovviamente avviati ciascuno per la propria destinazione. Io sono stato mandato cappellano a Fornovo e don Sergio a Colorno. Ma dopo qualche tempo è successo qualcosa che vale la pena raccontare. Si tratta di un episodio che poteva cambiare radicalmente la mia vita di prete e invece ha cambiato la vita di don Sergio. Si doveva scegliere fra noi due, lui cappellano a Colorno e io cappellano a Fornovo. E’ stato scelto don Sergio, che ha cominciato come vice-rettore del Seminario Minore, poi ha continuato come sapiente direttore spirituale di “lungo corso” al Maggiore e come esemplare parroco di S. Quintino.
È proprio vero che tutto è grazia, per la Diocesi e anche per me personalmente. Non ringrazierò mai abbastanza il Signore per il percorso della mia vita sacerdotale e per avere avuto don Sergio come amico, modello di vita sacerdotale e spesso anche come saggio consigliere. Mi ricordo sempre un consiglio prezioso che mi ha dato un giorno: l’omelia deve essere quasi una rilettura e spiegazione della Liturgia della Parola, invece che un semplice spunto o pretesto per le nostre applicazioni pratiche.
Mi auguro che l’oblio non ricada mai su di lui: non lo meriterebbe e sarebbe una colpa e un impoverimento per la nostra vita personale e diocesana. 

(tratto da “VESCOVIPRETISUOREAMICI” di don Domenico Magri Editrice LIKECUBE - 2014)