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Profili di preti: don Domenico Leporati

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON DOMENICO LEPORATI
6 giugno 1927 - 27 ottobre 2012

DonDomenicoLeporati

Don Domenico ha vissuto una vita sacerdotale ricca di svariate esperienze e ha sempre risposto alle attese, dovunque è stato chiamato a dare la sua testimonianza: parroco in montagna, parroco in pianura, insegnante di religione, collaboratore in curia, cappellano dell’ospedale psichiatrico di Colorno dove ha saputo imitare al meglio il mitico don Lambertini, amore e conoscenza della musica, una passione smisurata per la Parola di Dio, un conversatore sapido e sempre interessante... Al suo funerale piangevano anche i bambini, seduti sul pavimento intorno alla sua bara: che fiori più belli si potevano trovare per lui?

- nasce a Casola di Terenzo il 6 giugno 1927
- ordinazione sacerdotale il 29 giugno 1952
- parroco a Grammatica dal 1952 al 1954
- parroco a Ballone dal 1954 al 1961
- parroco di S. Andrea a Mane dal 1961
- economo spirituale di S.Siro dal 1980
- cappellano Ospedale Psichiatrico di Colorno dal 1970 al 1999
- collaboratore Ufficio Curia dal 1987 al 1999
- amministratore parr. di Torrile dal 1998 al 2001
- deceduto il 27 ottobre 2012

Ricordo letto da don Sincero Mantelli alla Messa esequiale.
Chiesa di S.Andrea a Mane, 29 ottobre 2012

“Un grazie sostituisce fiori e discorsi”. Con queste parole lapidarie del suo breve testamento don Domenico ha voluto evitare, da uomo intelligente ed elegante qual era, la pompa inutile e piuttosto artificiale che viene talvolta a turbare la verità e la solennità della morte.
Da uomo vero e amante della verità ha desiderato solo una cosa, che mi ha ribadito con un filo di voce venerdì pomeriggio, mentre aspettavamo insieme che il Signore venisse a chiamarlo: “Se puoi – mi diceva – ringrazia tutti”.

Ringraziare è l’unica cosa che veramente è nella possibilità di noi uomini, che non abbiamo lo sguardo chiaro di Dio sulle cose e sulle persone, ma possiamo renderci conto dei doni che il Creatore e Signore di tutte le cose ci ha elargito.
Don Domenico era grato alla sua famiglia, ai suoi genitori, che ricordava spesso, mettendone in luce le virtù e gli insegnamenti, che gli avevano trasmesso. Era grato a sua nipote Maria Pia, che gli stava vicino con affetto particolare e agli altri parenti.

Avrebbe voluto sicuramente che io ringraziassi il Vescovo, che venerava con sguardo di fede e del quale conservava la candida riverenza del giorno in cui gli aveva promesso filiale obbedienza. Era grato dei confratelli sacerdoti, di cui parlava con stima e affetto e che considerava i suoi veri familiari nel legame dell’ordine sacro.
Ringraziava soprattutto il Signore per i suoi parrocchiani, i santandreotti e i sansirotti – come scherzosamente talora li chiamava -, per i quali aveva attenzioni di una tenerezza indicibile: li conosceva nel profondo e li sapeva condurre con il suo ascolto umile e la sua parola enigmatica, che portava a scrutare con più profondità la vita. Sapeva, infatti, stare fermo e guardarti negli occhi mentre parlavi, perché non era un prete a tempo determinato, ma disposto a sentire quanto già intuiva con i suoi occhi chiari e sorridenti.

Era grato non solo del presente ma anche del passato: ricordava aneddoti, volti, espressioni dei suoi compaesani di Casola, dei suoi primi parrocchiani di Grammatica e Ballone, degli ammalati dell’ospedale psichiatrico, che si portava dietro per Colorno come amici. Così lo ritrarrà per lunghi anni la pietra tombale sulla quale egli stesso ha voluto che si scrivesse: amico e sacerdote. Non perché considerasse la sua vocazione secondaria rispetto all’amicizia, ma perché sapeva che il Vangelo cresce e si trasmette attraverso relazioni autentiche e trasparenti: il suo lavoro assiduo, l’estrema povertà personale, l’ascolto prudente e la parola amica e sagace gli hanno permesso di farci amare il Signore e il suo Vangelo.

A Villa Sant’Ilario, struttura alla quale era grato per l’accoglienza che gli aveva offerto, molti si stupivano vedendo tante persone che andavano a trovare un vecchio parroco di due paesini scivolati fuori dal letto della Parma: il segreto di don Domenico consisteva nel fatto che la sua gratitudine a Dio per tutto ciò che gli aveva dato era diventata in lui gratuità e dono di se stesso fino alla fine.
Vielen Dank, don Domenico, und auf Wiedersehen im Himmel.(trad.: Tante grazie, don Domenico, e arrivederci in cielo)

Il mio ricordo di don Domenico Leporati
Don Domenico era nato nel 1927 a Casola di Terenzo, un paese di montagna sotto la strada nazionale della Cisa. Pur essendo un paese piccolo, è diviso in alcuni gruppi di case e incombe a ovest sul letto del torrente Baganza. Cisono nei dintorni i noti Salti del Diavolo, che danno una caratteristica inconfondibile al territorio.

Io vengo dalla sponda opposta del Baganza: eravamo quasi dirimpettai. Quante volte ci siamo attardati a tavola in Villa S. Ilario a parlare della vita nei nostri paesi ai tempi della nostra prima giovinezza, delle nostre montagne, dei personaggi di nostra comune conoscenza!
Mi raccontava pure la sua prima scelta vocazionale presso la Congregazione dei Padri Dehoniani assieme al compianto don Amedeo Cavatorta suo compaesano, poi il passaggio al nostro Seminario di Parma e i pericoli drammatici degli ultimi mesi di guerra quando aveva 17 anni, un'età ormai rischiosa a causa delle scorribande in montagna dei tedeschi.

Dalla famiglia modesta e laboriosa del nostro appennino don Domenico aveva ereditato come dote una straordinaria ricchezza umana e cristiana.
E aveva naturalmente una grande ricchezza sacerdotale: se l'era conquistata, con la risposta alla grazia di Dio, nella formazione del Seminario e nella esperienza di parroco. Infatti ogni parroco non solo dona, ma riceve dai suoi cristiani: si crea una specie di osmosi. Per questa osmosi a S. Andrea e a S. Siro c'è stato tempo: era lì dal 1961.
Era stato ordinato prete nel 1952: fino al 1961 era stato per alcuni mesi a Grammatica e poi a Ballone, dove tra le montagne del Cornigliese, montanaro lui stesso, aveva subito dato un saggio della sua tempra di giovane prete.

Ma non si è esaurita all'interno della cerchia parrocchiale la sua inarrestabile vitalità sacerdotale: per lungo tempo ha fatto servizio con un compito delicato in Curia dove arrivava puntuale ogni mattina; è stato per diversi anni cappellano dell'ospedale psichiatrico di Colorno come successore del "mitico" don Lambertini; è stato insegnante apprezzatissimo di Religione nel Conservatorio, conquistandosi tanta stima e tante amicizie nell'ambiente della scuola.
È arrivato a Villa S. Ilario alla fine dello scorso maggio. Faceva impressione la fila di parrocchiani che ogni giorno venivano a visitarlo: avevano bisogno quasi di "contemplarlo" e, naturalmente, ascoltarlo nel suo eloquio sapido ed illuminato.
Aveva tanti interessi: aveva una buona cultura generale perchè leggeva molto; sapeva musica; curava il canto con il suo coro parrocchiale; qui a Villa S. IIario accompagnava le nostre Messe con l'organo; aveva una conoscenza discreta di alcune lingue; parlava con un certo orgoglio e tanta nostalgia del suo orto-giardino, che lui curava con diligente competenza accanto alla sua Chiesa di S. Andrea.

Aveva soprattutto una passione smisurata per la Parola di Dio: in camera aveva sempre la Bibbia aperta sulla scrivania. E la sua "passione" biblica emergeva nelle sue brevi e succose omelie, quando presiedeva la liturgia in cappella. Al lunedì incominciava già a parlarmi del vangelo della domenica successiva!
Non solo ha saputo farsi amare dai suoi parrocchiani, ma anche dalle nostre suore, dagli operatori e operatrici di Villa S. llario, che hanno accolto con il pianto la notizia della sua morte. Nella nostra struttura per anziani gustava la compagnia di tutti (e non solo dei confratelli sacerdoti) e sapeva fare gustare la sua compagnia a tutti: voleva fare la sua parte anche spingendo qualche carrozzina quando occorreva. Troppo breve è stata la sua presenza fra noi: poco più che lo spazio di un sorriso!
Era un conversatore amabile e interessante, perchè lui era una persona amabile e interessante con la cultura e l'esperienza che aveva accumulato nella sua vita.
Aveva una capacità straordinaria di parlare ai ragazzi e di coinvolgerli nella Messa e nel catechismo.


Don Domenico era un “incantatore” di bambini
Questa è da raccontare, perchè è stata l'ultima "invenzione" della sua fantasia pastorale a S. Andrea, la domenica prima di essere ricoverato in ospedale, pochi giorni prima di morire. E' riuscito a spiegare in modo incisivo il brano evangelico sui ricchi che non possono entrare nel Regno di Dio, così come il cammello non può passare attraverso la cruna di un ago. A questo scopo ha portato in Chiesa un ago con un filo di refe e ha chiamato una ragazza che non è riuscita a infilare il refe, rendendo quindi ancora più efficace il paragone evangelico. È tornato raccontandomi l'episodio, evidentemente molto soddisfatto.

Si vedeva bene lontano un miglio che era contento di essere prete, si "divertiva" a indovinare tutti gli espedienti possibili per annunciare efficacemente la Parola di Dio, sapeva amare tutti e si sentiva felice di essere amato: amato da Dio e dai tanti fratelli che ha incontrato sulle strade della sua esistenza.
Che cosa poteva aspettarsi di più il Signore da un sacerdote così? E noi, che cosa potevamo aspettarci di più?
Noi auguriamo a don Domenico con la nostra preghiera che il passaggio dalla terra al cielo gli sia lieve e gioioso e... grazie!

(tratto da “VESCOVIPRETISUOREAMICI”, di don Domenico Magri - Editrice LIKECUBE – 2014)