Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.
MONS. GIOVANNI BARILI
4 novembre 1881 - 7 settembre 1962
Protagonista per decenni della Chiesa di Parma. Silenzioso, saggio e umile, come Vicario generale e come Rettore del Seminario Maggiore.
- nato a Tizzano Val Parma il 4 novembre 1881
- ordinato sacerdote il 24 settembre 1904
- parroco di Rusino nel 1905
- parroco di Serravalle nel 1911
- Rettore del Seminario Maggiore dal 1928 (con una breve interruzione nel 1932) fino al 1956
- Arcidiacono della cattedfrale nel 1934.
- Vicario Generale dal 1933 al 1962
- Prelato Domestico di Sua Santità e Protonotario Apostolico
- deceduto il 7 settembre 1962
Mons. Giovanni Barili: un prete singolare, venuto giù da queste montagne, abitate allora da gente povera e umile, quando in tanti paesi non c'erano neppure le scuole elementari. I ragazzi erano destinati purtroppo a crescere rigorosamente analfabeti. Certamente di questo si ricorderà mons. Barili quando sarà parroco a Serravalle.
Una delle poche possibilità per coltivare gli studi era il Seminario, oppure era il benessere della famiglia in grado di mandare i figli in città a studiare.
A Giovanni è sbocciata la vocazione fin da bambino ed è andato prima in Seminario a Berceto per il ginnasio, poi a Parma per il liceo e la teologia.
La famiglia del ragazzo Giovanni Barili era una famiglia di contadini con cinque figli: forse la nipote Domenica (assente) e i pronipoti presenti potrebbero dirci qualcosa di più.
Intanto va subito detto che mons. Giovanni Barili con la sua vita ha saputo esprimere al meglio le doti meravigliose di tanti preti di una volta, usciti spesso da ambiente e cultura contadina, educati nel sacrificio e nella povertà da famiglie piene di fede.
Della sua vita di seminarista si racconta un episodio dell'ultimo anno di Teologia, che la dice lunga sul tipo che era il chierico Giovanni Barili e sulla disciplina molto dura del tempo, anche in Seminario.
È un episodio variamente riferito e tramandato, ma è successo allora qualcosa di severamente proibito. Deve essersi trattato, durante una passeggiata, di una sosta in osteria per mangiare un buon pezzo di pane, magari con relativo companatico, e bere un buon bicchiere di vino: si vede che aveva proprio fame!
Per effetto di questa trasgressione è stata rimandata di qualche mese (da giugno a settembre 1904) la sua ordinazione sacerdotale ed è stato poi "spedito" (1905) parroco a Rusino, uno dei paesi allora più scomodi della Diocesi, anche se c'era per lui il vantaggio di essere vicino a Tizzano.
Ma proprio a Rusino è incominciato un cammino che ha portato il prete don Barili a diventare Rettore del Seminario e Vicario generale, come stretto e fedele collaboratore del grande vescovo mons. Colli: il massimo per un sacerdote diocesano assumere questi due incarichi!
Il vescovo mons. Colli, proprio nel giorno delle esequie in Cattedrale, ha voluto onorare mons. Barili, oltre che come Vicario generale, anche come parroco di Rusino e Serravalle.
In quella solenne celebrazione il Vescovo ha affermato che aveva voluto condurre lui stesso i seminaristi più grandi a visitare Rusino, dove in sette anni di presenza come parroco il giovane don Barili era riuscito a trasformare il paese in una comunità coesa sui valori della fede e si era attivato con varie iniziative, compresa la costituzione di una piccola banda, di cui lui stesso era l'insegnante e il maestro. Aveva insegnato tanti canti liturgici (es. Laudate Dominum), che si sono tramandati e si cantano ancora.
Da Rusino, dove evidentemente si era subito fatto notare per quello che valeva, è stato mandato parroco (1911) a Serravalle di Varano Melegari, la parrocchia che custodisce un tesoro inestimabile: un edificio battesimale risalente a prima del Mille.
Anche a Serravalle don Barili non passa inosservato: si fa ammirare con molte attività non solo di carattere pastorale ma anche sociale, come la formazione di una cooperativa in un caseificio.
Ma l'iniziativa più significativa è stata la scuola parrocchiale, organizzata in modo serio ed efficiente per i ragazzi che gli si affidavano, venendo anche da fuori paese e facendo comunità con lui nei locali parrocchiali: ne è nata una generazione di bravi e valenti professionisti.
È giusto ricordare che tanti parroci di quel tempo, anche senza mettere insieme scuole parrocchiali ben organizzate come a Serravalle, hanno fatto la loro parte preparando culturamente i ragazzi.
Verso la fine degli anni '20 il Seminario di Parma navigava in acque poco tranquille, per la inefficiente organizzazione interna e quindi per le carenze disciplinari.
Il santo vescovo Conforti ne era preoccupato e aveva individuato in don Barili il Rettore adatto e così nel 1928 lo ha fatto scendere da Serravalle e gli ha affidato il Seminario. Dopo la morte di san Guido Conforti (5 novembre 1931) è arrivato nel 1932 il nuovo Vescovo Evasio Colli, il quale, in maniera senza dubbio improvvida e brusca, lo ha rimandato a Serravalle. È facile immaginare la sofferenza di don Barili per questa decisione per lui umiliante.
Ma non è finita qui: la storia delle persone ha le sue rivalse! Subito l'anno dopo (1933) mons. Colli si è "pentito" della sua decisione precedente e lo ha richiamato a fare il Rettore del Seminario, questa volta in modo definitivo (1933-1956) e non solo: lo ha nominato Vicario generale della Diocesi (1933-1962).
Come Rettore mons. Barili, nominato nel frattempo anche Arcidiacono della Basilica Cattedrale (1934), ha educato per quanto di sua competenza (c'era in parallelo il Direttore spirituale) intere generazioni di sacerdoti, ai quali ha insegnato con il buon esempio (faceva per quanto possibile vita comune con noi anche nelle pratiche di pietà) e con l'organizzazione disciplinare e scolastica della vita del Seminario, senza mai dimenticarsi di essere prete. Aveva sempre la preoccupazione di preparare noi seminaristi a fare i preti, come ad es. nelle sue ultime istruzioni che ancora ricordiamo con commozione: ci ha insegnato il modo pratico di celebrare la Messa, per la quale dovevamo essere pronti a figurare bene fin dalla prima Messa solenne!
Che Rettore era mons. Barili? Io ho fatto i sette anni del Seminario Maggiore con lui e ne ho un ricordo sostanzialmente positivo.
Era figlio del suo tempo come mentalità, concezione della disciplina e sensibilità sui problemi formativi, ma aveva una dote spiccata di buon senso ereditato sicuramente in famiglia. Che famiglia meravigliosa e ricca di fede deve essere stata la sua!
Questo buon senso gli permetteva di trovare spesso, anche se non sempre, le vie di uscita più sagge nella vita del Seminario.
La vita del Seminario a quei tempi era dura, con una disciplina che oggi appare incomprensibile, ma ci vuole intelligente benevolenza per i tempi e le persone. Una cosa però è certa: in questo modo noi seminaristi e futuri preti siamo stati temprati ed educati al sacrificio!
Anche come Vicario generale, forse seguendo le indicazioni del Vescovo Colli, ha avuto atteggiamenti severi e qualche volta punitivi verso i preti.
Un esempio per tutti. Il parroco di Pratopiano don Agostino Bongiorni era stato fra i primi in quella zona di montagna a usare l'auto. Un giorno si è prestato a portare con urgenza all'Ospedale una partoriente. Il Vicario gli ha proibito l'uso della macchina per un mese!
Ma anche don Bongiorni, ormai anziano, ha avuto la sua rivalsa: nell'anno della beatificazione del Card. Ferrari il vescovo mons. Cocchi ha fatto "monsignore" questo umile prete di montagna, come parroco della parrocchia di origine (Pratopiano/Lalatta) del Beato.
Mons. Barili aveva in sè alcuni tratti contradditori del temperamento, che alla fine lo rendevano simpatico, facendosi accettare per come era.
Sembrava (ed era anche) duro, nelle direttive sulla disciplina, ma poi spesso si commuoveva senza ritegno: quando entrava in certi argomenti, come nei brevi pensieri di ogni sera prima del riposo, sapeva essere dolce e tenero.
C'era allora la regola ferrea della proibizione del dialetto. Il Rettore minacciava addirittura di mandare via dal Seminario chi parlava in dialetto. A sentire questa minaccia è capitato anche me e a don Celestino Abelli, che siamo rimasti esterefatti quando siamo andati insieme a salutarlo prima di partire per le vacanze estive. Poi regolarmente lui si lasciava sfuggire battute in dialetto, che ancora oggi noi ricordiamo con gusto.
Ma la sua esperienza, lo sappiamo, non si è ristretta al Seminario.
I suoi quasi trent'anni (1933-1962) di servizio alla Diocesi come Vicario generale non sono stati facili e in particolare durante la guerra si sono intrecciati spesso i suoi problemi come Rettore e come Vicario.
Dal prezioso libro dello Schiavi "La Diocesi di Parma" edito nel 1940, risulta che nel 1939 c'erano 349 sacerdoti diocesani. Era certamente meglio che adesso, ma questo numero così alto procurava anche non poche difficoltà per organizzare la pastorale in Diocesi e per certi inevitabili casi personali delicati. E poi non c'era alcuna previdenza per il clero come ora: pensiamo ai preti ammalati e anziani del tempo.
Soprattutto il periodo bellico deve essere stato vissuto in modo drammatico non solo dal Vescovo ma anche da mons. Barili, Vicario generale e Rettore del Seminario. Basta pensare ai poveri parroci di montagna allo sbaraglio con le puntate dei tedeschi che arrivavano con la rappresaglia facile nei confronti della popolazione dopo le azioni dei partigiani.
Basta pensare ad alcuni giovani preti messi al muro (don Aldo Pettenati a Bergotto e don Antonio Savi a Ceda/Cozzanello), minacciati e pronti per essere fucilati e a preti braccati e in fuga, che i tedeschi riescono ad azzoppare, come nel caso di don Angelo Superchi di Vestola che si salva solo perchè si finge morto. E poi c'è l'avventura dolorosa di don Longhi, messo in carcere con relative sevizie, perchè scoperto in canonica con dei militari inglesi fuggiti l'8 settembre '43 dal campo di concentramento di Fontanellato.
E don Marino Bertoni, parroco di Lesignano Palmia, frazione di Terenzo? Era stato arrestato dai soldati repubblichini della divisione Monte Rosa, accampati a Terenzo, perchè con il Podestà Ferretti, appena fucilato, era ritenuto complice dei partigiani nella uccisione di due militari. Chiuso in una stanza del Comune, ha ascoltato la sua condanna a morte decisa dagli ufficiali riuniti nel locale accanto, ma ha schivato la fucilazione per l'intervento di don Pietro Rossolini, allora giovane parroco di Terenzo: ha potuto avvisare tempestivamente il Vescovo Colli che è intervenuto e ha salvato don Bertoni.
Nell'alta Val Taro è stato ucciso dai tedeschi il seminarista Subacchi del nostro Seminario: non è più tornato dopo la guerra come gli altri seminaristi!
C'è pure da ricordare la uccisione di don Giuseppe Violi, parroco di S, Lucia di Medesano, subito dopo la guerra: un delitto rimasto oscuro, almeno ufficialmente, nelle motivazioni e negli autori.
Bisogna inoltre tenere presente il numero consistente di parroci e di seminaristi che sono stati "rastrellati" dai tedeschi assieme alla popolazione:
don Umberto Miani, parroco di Calestano, don Innocenzo Boschi, parroco di Fragno, don Achille Monti, parroco di Berceto, i seminaristi Adelmo Monica e Antonio Bianchi di Langhirano, Dante Paglia di Tizzano, Romeo Mori di Traversetolo, Giovanni Patanè che era presso lo zio don Salvatore Buda parroco di Campora.
Il caso più singolare è stato quello di don Ernesto Zini, appena ordinato sacerdote il 3 giugno 1944: era ancora in famiglia ed è stato portato via anche lui dopo neppure un mese, quando ancora doveva fare l'ingresso come parroco a Madurera.
Sono stati ammassati come le bestie sui camions assieme agli altri "rastrellati" e portati a Bibbiano (RE). Sono stati poi rilasciati per l'interessamento di mons. Colli, tornando a casa ovviamente a piedi.
Non è difficile immaginare l'angoscia del Vescovo e del suo Vicario per tutti questi episodi e per le popolazioni della Diocesi continuamente in pericolo con l'incubo dei tedeschi.
Alla fine della guerra il vescovo Colli è stato perfino accusato di connivenza con i tedeschi, ma invece, con la forza e il prestigio della sua personalità, non solo ha salvato i suoi preti e seminaristi, ma ha pure evitato tanti guai alle popolazioni.
E poi i bombardamenti aerei: è stata colpita più di una volta la città con molte vittime (es. al Cornocchio). E anche i paesi non sono stati risparmiati, come il mio paese di Calestano con quattro bombardamenti, una ventina di vittime e la Chiesa squarciata.
I seminaristi del Maggiore e del Minore sono stati spediti in tutta fretta in famiglia subito dopo il terribile bombardamento del 25 aprile '44, con il Seminario Maggiore leggermente colpito. I seminaristi sono stati richiamati in Seminario solo nel giugno/luglio 1945. Gli esami dell'anno scolastico '43/'44 sono stati organizzati in trasferta presso le Suore Orsoline di S. Michelino e le Ordinazioni sacerdotali sono state celebrate il 3 giugno '44 a Mezzano Rondani, ospiti del parroco don Giuseppe Schianchi.
Come poteva essere sereno e tranquillo in questo periodo il nostro caro mons. Barili dalla lagrima facile, in sintonia con le ansie del suo Vescovo? Hanno sofferto insieme e hanno agito insieme per affrontare tutti questi casi drammatici.
Bisogna proprio dire che il vescovo Colli non si è sbagliato nel scegliere mons. Barili come Vicario e come Rettore. Grande conoscitore delle persone, si è accorto che mons. Barili era il collaboratore ideale per averlo al fianco e così per tanti anni è stato il suo uomo di fiducia.
Mai nessuna ombra ha oscurato il lungo servizio di mons. Barili alla Diocesi. È stato di una rettitudine morale assoluta e di una fedeltà totale al suo dovere.
C'è un caso tipico che merita di essere raccontato: una forma di nepotismo.... alla rovescio. Suo nipote sacerdote, don Francesco Barili, dopo l'Ordinazione è stato mandato parroco a Prelerna di Solignano, un paese allora senza neppure una strada camionabile, raggiungibile solo con una carreggiata. Ebbene, lo zio Vicario lo ha lasciato sempre là! Solamente mons. Pasini, suo successore, ha provveduto poi a farlo scendere e a dargli la parrocchia di Bazzano.
Forse mons. Barili era il primo ad avere soggezione del vescovo Colli: in realtà dava a tutti noi questa impressione. Ma il Vescovo Colli aveva proprio bisogno di collaboratori così, che avessero soggezione di lui, perchè era un Vescovo cui si poteva applicare benissimo la famosa frase che un cronista sportivo aveva applicato a Coppi in fuga: "Un uomo solo al comando". Ad es. da quello che mi risulta nel mio caso personale, il vescovo nel 1958 ha detto prima a me che al Vicario e al Cancelliere mons. Marocchi, che dovevo andare parroco a Ognissanti.
Con il Concilio mons. Colli era rimasto letteralmente spiazzato. Con la sua mentalità e la sua formazione spirituale e pastorale di fine '800 e inizio '900, non si trovava più nel nuovo tipo di Chiesa che stava uscendo dal Concilio: tornava da Roma sconcertato dopo le sessioni conciliari e non ne faveva mistero quando parlava con i seminaristi.
L'età avanzata lo ha aiutato nel 1966, con molta saggezza e dignità, a farsi da parte conservando il titolo di vescovo di Parma, ma già all'inizio del 1962 aveva nominato come nuovo Vicario generale mons. Pasini al posto di mons. Barili che dal 1956 non era più Rettore e che ormai era stanco e anziano per fare ancora il Vicario: infatti morirà lo stesso anno, il 7 settembre 1962.
Mons. Pasini, che nel frattempo era diventato vescovo ausiliare (13 gennaio 1966), al momento della rinuncia di mons. Colli (1966) è diventato Ammnistratore Apostolico e alla morte di mons. Colli (1971), è diventato vescovo di Parma a titolo pieno.
Mons. Barili era rimasto ad abitare in Seminario anche dopo che non era più Rettore, trattato con estrema delicatezza, carità e signorilità dal nuovo Rettore mons. Pietro Triani.
E così il Seminario ha raccolto i suoi ultimi respiri e "sospiri", dopo che era stato protagonista per decenni del Seminario stesso e della Diocesi.
È stato rimpianto con sinceri sentimenti di stima e di affetto da tutta la Diocesi e in particolare dai tanti preti che lui ha accompagnato negli anni del Seminario e del sacerdozio e che gli hanno voluto bene.
La Chiesa di Parma gli deve molto: Dio solo sa quanto ha sofferto e faticato nella sua vita per la Diocesi. Senza fare baccano e senza suonare la tromba, ha segnato un'epoca con la sua personalità non appariscente, ma concreta e sostanziosa, sostenuto da una fede straordinaria e da una vita sacerdotale esemplare. Che cosa vogliamo di più?
Mons. Barili ha veramente meritato l'accoglienza evangelica al servo fedele: "Bene, servo fedele. Entra nel gaudio del tuo Signore!"
Dopo 50 anni dalla morte e forse 50 anni di silenzio inspiegabile sulla sua figura così importante per la Diocesi, bene ha fatto il parroco don Giovanni Orzi a organizzare questo memoriale per salvare mons. Giovannni Barili dal rischio dell'oblio definitivo.
Oltretutto è una grande gloria di Tizzano!
Pieve di Tizzano, 11 novembre 2012, nel 50° anniversario di morte di mons. Barili
(tratto da “Vescovi, preti, suore e amici”, di don Domenico Magri - Likecube - 2014)