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Profili di preti: don Giorgio Battilocchi

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON GIORGIO BATTILOCCHI
13 settembre 1914 – 1° luglio 1991

DonGiorgioBattilocchiDon Giorgio ha diffuso la gioia della fede con il suo esempio: un prete dal volto umano! È stato uno dei tanti preti coraggiosi durante la resistenza e un assiduo animatore dei pellegrinaggi a Lourdes.

- nato a Sala Baganza il 13 settembre 1914
- ordinato sacerdote il 19 giugno 1938
- Vicario cooperatore a Castelnuovo Golese nel 1939
- Parroco a Rigoso dal 1939 al 1941
- Parroco a Quinzano dal 1941 al 1952
- Parroco ad Albazzano dal 1952 al 1977
- Economo spirituale ad Antesica ed Orzale dal 1970 al 1977
- Parroco a S. Michele Gatti dal 1977
- Cavaliere della Repubblica nel 1979
- deceduto il 1° luglio 1991

Don Giorgio sapeva trasmettere una simpatia irresistibile, perché era un prete dal volto umano: appunto per questo era un prete vero! Era un tipo cordiale, aperto, pronto al dialogo, alla ricerca continua di amicizie da conservare e coltivare gelosamente. Aveva una predilezione per l'amicizia con i confratelli: quante volte nelle sere d'estate si partiva, lui, il compianto don Grassi e il sottoscritto, per andare a visitare i confratelli della vallata!
In particolare il territorio langhiranese è sempre stato per lui l'ambiente ideale per sentirsi a proprio agio, con tanti amici e simpatizzanti che si era conquistato.
Don Giorgio è stato un prete che ha dimostrato con i fatti la sua fede e la sua generosità nella obbedienza al Vescovo, ogni volta che gli è stato chiesto il sacrificio di cambiare parrocchia.

Ha fatto la sua gavetta a Rigoso, il paese più lontano e più alto della Diocesi e nel 1941 è arrivato a Quinzano per condividere le ansie e i rischi della guerra. Assieme a don Corchia ha contribuito, con suo grave pericolo personale, a salvare Langhirano dalla rappresaglia tedesca nel novembre 1944.
Comunque, anche senza maneggiare armi, don Giorgio va considerato a tutti gli effetti un prete partigiano per l'appoggio concreto che ha sempre dato alla Resistenza. Per questo si è meritato la medaglia d'argento al valore della Resistenza: ne era giustamente orgoglioso. Anche dopo la guerra, naturalmente da prete, ha seguito i partigiani tornati alla vita civile.
Il suo legame con la Resistenza è dimostrato anche dal suo impegno per fare arrivare la salma del mitico prete partigiano don Guido Anelli, emigrato dopo la guerra in Venezuela e chiamato "prete volante" per i suoi lanci con il paracadute. Le esequie sono state celebrate nella Chiesa di Langhirano dal Vescovo mons. Cocchi: la bara è stata sepolta nel cimitero di Orzale.

Ma c'è una cosa ancora più importante e commovente nella sua vita di prete, oltre alla sua testimonianza esemplare di parroco a Rigoso, a Quinzano, ad Albazzano, Orzale, Antesica e S. Michele Gatti dove è morto.
Si tratta di una esperienza durata anni, fino a quando le forze lo hanno sorretto: i pellegrinaggi a Lourdes. Quanti ne avrà fatti? Sarebbe interessante conoscere il numero: certamente anche più di una volta all'anno. Questa esperienza rivela la sua fede e il suo amore ai sofferenti. Il Vescovo di Lourdes gli aveva conferito il titolo di Cappellano onorario della Basilica di Lourdes. Quando veniva a qualche festa a Langhirano ero io ad insistere perché comparisse in Chiesa con la bella divisa di Cappellano onorario.

I suoi giovani amici langhiranesi di un tempo, ormai praticamente tutti scomparsi (basta citare il giornalista indimenticabile M.° Giovanni Cerdelli) hanno ricordato a lungo una impresa straordinaria nel luglio del 1948, trascinati da don Giorgio, giovane anche lui: la traversata a piedi, durata tre giorni, con partenza da Rigoso, lungo l'Appennino e le Alpi Apuane, fino a Marina di Carrara. Una roba da non credere, soprattutto oggi!

Don Giorgio se ne è andato da questa terra senza disturbare nessuno, voglio immaginare con il sorriso che gli era abituale sul suo volto. Il mattino del 2 luglio 1991 è stato trovato ben composto sulla poltrona accanto al letto: era morto la sera prima, mentre si accingeva a coricarsi.
Il suo funerale, all'aperto, di fianco alla Chiesa di S. Michele Gatti, è stato un attestato di commozione, stima e riconoscenza per questo prete che per tutta la vita ha dispensato serenità, fede, amicizia e sorrisi a tutti. E ha saputo rischiare per gli altri, quando è stato il momento.

(tratto da “I miei preti..... I nostri preti”, di don Domenico Magri - Grafica Langhiranese - 2008)


Profili di preti: don Erminio Grassi

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON ERMINIO GRASSI
9 maggio 1932 – 1° giugno 1993

DonErminioGrassiDon Erminio è stato impegnato per anni in Curia nell’Ufficio amministrativo: per questo motivo forse si dimentica di lui la passione pastorale, la  fede e la spiritualità di sacerdote esemplare nei suoi impegni. Nonostante la malattia, durata oltre dieci anni, ha continuato a fare tutto come parroco, fino al Consiglio pastorale riunito in casa sua, proprio nella sera precedente alla notte che ce lo ha portato via per consegnarlo al suo Signore.

- Nato a Langhirano il 9 maggio 1932
- Ordinazione presbiterale 11 ottobre 1959
- Parroco a Musiare Superiore e Inferiore 1959 – 1970
- Parroco a Mattaleto e Strognano dal 1970 alla morte.
- Amministratore parrocchiale di Tordenaso 1970 – 1987
- Segretario Ufficio Amministrativo Diocesano e Consiglio Affari Economici dal 1970
- Deceduto il 1 giugno 1993 a Langhirano

Erano le ore notturne del primo giugno 1993: dieci anni fa. Fui svegliato di soprassalto dalla telefonata del nipote di don Grassi: “È morto lo zio don Erminio”. Mi sono vestito alla svelta, a mia volta ho svegliato per telefono il compianto don Mario Poli (don mario si sarebbe ammalato pochi mesi dopo: due anni e mezzo di sofferenze fino alla morte nel febbraio 1996). Arrivammo trafelati da don Erminio: aveva avuto uno sbocco inarrestabile di sangue che gli era stato fatale. Lo vegliammo fino al mattino, parlando di lui al Signore e parlando di lui fra noi due, suoi confratelli e amici. Il suo calvario era iniziato ben dodici anni prima: in quei dodici anni aveva combattuto la malattia con determinazioe e coraggio e non si era mai arreso.

Don Erminio era nato a Langhirano nel 1932 e ancora bambino era diventato “calestanese” perchè era venuto per un lungo periodo presso gli zii di Calestano. Per questo motivo io e don Erminio ci siamo conosciuti prima di trovarci in Seminario.
Questa conoscenza fin dalla nostra infanzia ha segnato profondamente il nostro rapporto che è sempre stato di grande amicizia.

Appena ordinato sacerdote è stato mandato parroco a Musiara, dove la canonica era assolutamente inabitabile. Allora don Erminio ha trovato un rifugio provvisorio in un solaio con gli zii che l'avevano seguito a Musiara. Facendo da manovale allo zio Emilio, valente muratore, ha costruito così la canonica nuova.
Come parroco di Musiara ha avuto l'intuizione di valorizzare le terre alte alle falde del Monte Caio, anche per dare lavoro alle famiglie della montagna, che non erano ancora entrate nel circuito del benessere: è stato così uno dei protagonisti della nascita e dello sviluppo del centro turistico attrezzato di Schia, dove ha costruito una bella chiesetta per il servizio religioso festivo. Sulla facciata della chiesetta qualche anno fa è stata collocata una iscrizione per ricordare a tutti, anche agli immemori, quanto ha fatto don Erminio.

Da Musiara, dopo la morte di don Mario Cenci, è stato trasferito nel 1970 a Mattaleto e gli sono state affidate anche le parrocchie di Strognano e Tordenaso. Sono tre comunità parrocchiali che lui ha amato e curato con assoluta dedizione, coltivando con tutti i parrocchiani un rapporto paterno e fraterno, fatto di saggezza spirituale e pastorale.
Naturalmente con il mio arrivo come parroco a Langhirano nel 1978, don Erminio e io ci siamo trovati ancora particolarmente vicini, e non solo a motivo della contiguità fra le parrocchie di Langhirano e Mattaleto.
Ma nonostante tutto l'amore che riversava ormai sulle nuove parrocchie, bisogna ammettere che a Musiara e a Schia aveva lasciato una parte del suo cuore: ne parlava spesso anche a me con molta nostalgia e mi portava lassù ogni tanto per gustare e farmi gustare le meraviglie di quei luoghi.

Don Erminio non era un grande predicatore, ma era un amabile e interessante conversatore: era questa la sua arma migliore per il suo approccio alle persone. Stare in compagnia con lui era un vero piacere. La sua presenza alla mensa e agli incontri dei preti, che lui ha sempre aiutato e servito con amore e che andava a trovare a domicilio, era sempre particolarmente ambita e gradita a tutti.

Ha fatto tanti lavori per il decoro dei tre complessi parrocchiali di Tordenaso, Strognano e Mattaleto: mi viene alla mente il ripristino della fontanella con l'edicola religiosa della Madonna, davanti alla Chiesa di Tordenaso, la riparazione della Chiesa di Strognano, danneggiata dal terremoto e, in particolare, i lavori compiuti a Mattaleto: la riparazione del campanile (così bello!) e del tetto della Chiesa, la sistemazione dell'area verde per i ragazzi e i giovani con il campo da calcio e il nuovissimo locale dove si è insediato il Circolo Anspi. Vengono pure alla mente le Sagre della Madonna delle Grazie a Mattaleto, con la solenne Messa e processione al mattino e con la “mitica” Mattaletofest alla sera.
Fin dal 1970, una volta arrivato a Mattaleto, fu anche richiesto in Curia negli uffici amministrativi, dove si disimpegnò sempre con molta competenza e passione: era un settore per il quale si sentiva veramente tagliato. Anche in questa veste ha avuto modo di avvicinare e aiutare tanti preti nei loro problemi di carattere amministrativo.

E continuò a fare tutto quello che gli era possibile fare, nonostante la malattia, fino all'ultimo. Io, in particolare, sono testimone privilegiato della sua fede forte e cristallina: non dimenticherò mai la fede e l'umiltà con cui si è confessato da me appena una quindicina di giorni prima di morire.
I suoi parrocchiani a loro volta sono testimoni dello zelo pastorale di don Erminio: proprio la sera del 31 maggio, poche ore prima di morire, aveva tenuto la riunione del Consiglio pastorale, chiamando in casa sua i consiglieri.
È giusto mettere in rilievo la sua sensibilità verso gli immigrati, che ha aiutato e hai quali ha dato alloggio nei locali parrocchiali, quando si sono verificati i primi arrivi fra di noi. Confesso che su questi problemi e nell'atteggiamento da tenere verso gli immigrati don Erminio mi è servito come stimolo e come esempio.

Mi permetto di affermare che i parroci, nonostante i limiti che sono comuni ad ogni mortale, devono essere considerati grandi benefattori della comunità cristiana per il bene compiuto e le fatiche affrontate.
Purtroppo a volte mi immagino che con il passare degli anni, dopo la prima reazione emotiva di rimpianto, ci può essere la tendenza a dimenticare il parroco defunto. No! Non bisogna, non si può dimenticare, non si deve dimenticare!

Anche questo decimo anniversario della morte di don Erminio deve essere una opportunità per rinnovare il ricordo riconoscente di questo sacerdote e tramandarlo alle nuove generazioni. Ha gioito e ha pianto con i suoi parrocchiani, ha sofferto per loro con la sua lunga e interminabile malattia.

Ho davanti a me il “santino”, l'immagine stampata in occasione della sua morte. Mi colpisce il versetto del salmo 71, di fianco alla fotografia di don Erminio: “Signore, sii per me una roccia di scampo, rifugio inaccessibile per la mia salvezza”. Mi pare una frase molto significativa della sua fede e del suo ricco, anche se doloroso, itinerario spirituale. Il Signore è sempre stato per don Erminio una “roccia di scampo”. Ebbene, noi gli auguriamo e continuiamo a pregare, perchè il Signore sia ora per lui un “rifugio inaccessibile”, cioè sicuro e un luogo di gioia e di festa senza fine.

(tratto da “I miei preti..... I nostri preti”, di don Domenico Magri - Grafica Langhiranese - 2008)

8 dicembre 1994: nella festa della Immacolata dell’anno dopo la sua morte, nella Chiesa di Schia da lui fondata, si è svolta una celebrazione-ricordo di don Erminio con la inaugrazione di una targa a lui dedicata.
Ecco le parole espresse da don Domenico in quella occasione:

Penso che neppure i suoi amici più intimi riusciranno mai a capire fino in fondo e a immaginare le fatiche, le tribolazioni, le ansie di questo prete che sembrava  fragile fisicamente, ma che era fortissimo, di una tempra d'acciaio, fortissimo nella sua fede, perchè si sentiva ed era un prete per davvero, e fortissimo per la sua determinazione nel perseguire le mete che si prefiggeva.
 
Don Erminio può e deve essere considerato un pioniere e un benefattore di queste montagne e dei suoi abitanti: i musiarotti gli erano cari e gli erano rimasti nel cuore anche quando da anni ormai era a Mattaleto.
 
È stato un benefattore prima di tutto perchè è stato un pastore esemplare e ha vegliato con amore sul gregge che gli era stato affidato. E poi è stato un benefattore, perchè ha avuto fra i primi l'intuizione di individuare nella località Schia un luogo destinato a un grande sviluppo turistico estivo e soprattutto invernale.
E ha lavorato attivamente per questo: ha lavorato per risollevare l'economia di questa zona in anni di progressivo abbandono della montagna e dell'agricoltura.
Don Erminio era molto devoto della Madonna: lo ha dimostrato in tanti modi e occasioni nella sua vita di prete. Basta pensare ai suoi pellegrinaggi annuali con il treno ammalati a Lourdes.
In particolare la costruzione di questa chiesa dedicata all'Immacolata è una grande prova del suo amore alla Madonna: ed è giusto e doveroso che il suo nome sia immortalato sulla facciata di questa chiesa che era il suo orgoglio, perchè è stata il frutto della sua fede, dei suoi sacrifici e delle sue fatiche.
Noi sappiamo che è stato lui, ma anche le generazioni future venendo qui dovranno sapere e ricordare il nome di questo prete, che è stato grande per questi luoghi meravigliosi che il Creatore ci ha donato e per gli uomini che vi abitano.


Profili di preti: padre Pietro Maschi

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

PADRE PIETRO MASCHI
9 maggio 1932 – 1° giugno 1993

PadrePietroMaschiVeniva da Ravarano “paese appennino”, così chiamato nella canzone sui quattro ragazzi morti nel 1921 sepolti nella neve mentre tentavano di tornare a Graiana per la vigilia di Natale.
Ma padre Pietro Maschi è vissuto e morto lontano lontano. Veramente aveva intenzione di diventare e fare il prete qui a Parma, ma è stato espulso dal Seminario di Berceto, dove venivano accolti i seminaristi della montagna. Allora è stato accolto negli Scalabriniani ed è diventato missionario degli emigranti italiani negli Stati Uniti fino alla morte.
Ma è tornato proprio nel Seminario di Parma....a suo modo, con una grossa somma raccolta fra gli emigranti.
Il nostro caro don Giorgio Laurenti si è avvalso in Seminario di questa somma, sotto forma di borsa di studio, per studiare e diventare prete.
E il suo nome è stato inciso sul marmo fra i benefattori insigni del Seminario di Parma.
In questo modo Padre Maschi è rientrato nel Seminario e nel Presbiterio di Parma: e con onore!

- nato a Ravarano (Calestano) il 15 agosto 1879
- deceduto a Framingham (USA) il 3 giugno 1948
- alcuni anni nel Seminario di Berceto
- accolto nella Congregazione Scalabriniana a Piacenza
   l'11 novembre 1900
- ordinato sacerdote il 19 dicembre 1903 a Piacenza dal Vescovo
  mons. Scalabrini
- partenza per gli Stati Uniti il 20 febbraio 1904
- Parroco di Framingham dal 4 agosto 1906 fino alla morte.


Ecco quello che ho saputo su padre Pietro Maschi, mio lontanto parente che io non ho mai conosciuto.

Padre Pietro Maschi meriterebbe un ricordo più adeguato, in considerazione di quello che è stato e ha fatto per i nostri emigranti in America.
Era nato il 15 agosto 1879 a Ravarano di Calestano: dal 1900, data del suo ingresso nella Congregazione Scalabriniana, fondata dal Vescovo di Piacenza mons. Scalabrini per l'assistenza agli emigranti italiani, le notizie precise su di lui le ho avute dalla Congregazione stessa.
Per quello che riguarda invece la sua vita fino al 1900, ho notizie un po' nebulose e affidate a quanto io ho saputo in famiglia e ancora riesco a ricordare.
Pietro Maschi era primo cugino di mia nonna paterna Maria Maschi,  moglie del nonno Domenico Magri.
Mia nonna paterna Maria era molto legata a questo suo cugino Pietro. Quando, giovinetto, decise di andare in Seminario a Berceto, c’era anche lei ad accompagnarlo con la sua roba personale, partendo da Ravarano con un piccolo carro agricolo trainato dalle mucche: tra Ravarano e Berceto c'è una distanza di una ventina di chilometri e anche se la roba personale era ben poca cosa, non si poteva certamente portarla a mano.
Si sa che è stato dimesso d'ufficio dal Seminario di Berceto (così si diceva in famiglia), ma non si sa il motivo. È anche difficile immaginare come sia poi riuscito, in quei tempi, a individuare la Congregazione Scalabriniana per farsi accettare. Certamente ha dimostrato tanta determinazione per seguire la sua vocazione.

A Piacenza fu ordinato sacerdote da mons. Scalabrini il 19 dicembre 1903. Partì per gli Stati Uniti il 20 febbraio 1904. Fu assistente in varie parrocchie. Divenne parroco di Frammingham, vicino a Boston, il 4 agosto 1906, dove incominciò con una stanza in affitto al terzo piano di un palazzo. Più tardi costruì la chiesa, che nel gennaio 1918 fu distrutta da un incendio. Ne costruì una nuova, quindi fu la volta dell'ospedale, della canonica, delle aule per la dottrina cristiana, del cimitero per gli italiani. Fu parroco di Frammingham per oltre 40 anni, cioè fino alla morte, avvenuta all'età di 69 anni, il 3 giugno 1948.

Era il consigliere di tutti e faceva tutto ciò che gli domandavano: faceva anche il postino e l'interprete per gli emigranti che ancora non conoscevano l'inglese. Fu pianto alla sua morte da tutti, anche dai protestanti. Il suo nome è legato alla storia della parrocchia e della comunità di Frammingham. In una sua lettera, datata 1907, a un certo punto scrive così: "Resto solo in campo aperto, senza un soldo, ma con molte speranze. Qui mi ci vuole coraggio, salute d'anima e di corpo e bisogna fare dei debiti. Ed ecco il mio binomio: salute e debiti!"

E tutta questa meravigliosa avventura ha avuto inizio a Ravarano, frazione piccola e sconosciuta, quel giorno quando un piccolo e modesto carro agricolo dell'epoca ha trasportato il giovinetto Pietro Maschi e la sua povera roba al Seminario di Berceto: come è andato lontano!

Tra le due guerre, negli anni ’30, P. Maschi era tornato in Italia a Ravarano, anzitutto per trovare i parenti, rigorosamente senza talare come usava da sempre negli Stati Uniti, provocando in quei tempi grande stupore e meraviglia. Mia nonna paterna Maria, già ultra novantenne e ormai poco lucida, quando mi sono presentato per la prima volta senza talare negli dopo il Concilio, non si è confusa immaginando magari il mio abbandono del sacerdozio, ma mi ha subito paragonato a P. Maschi: “Don Domenico non si è spretato, ma si è vestito come P.Maschi!”


Comunque P. Maschi è stato molto buono verso il Seminario di Parma, mandando una somma consistente, raccolta fra gli emigranti. Nella grande iscrizione marmorea all'ingresso del Seminario Maggiore davanti alla Cappella, il suo nome è inserito fra i benefattori insigni (spero che i seminaristi se ne accorgano!).

P. Maschi ha trovato così il modo di rientrare nel Seminario di Parma: e con onore!

(tratto da “I miei preti..... I nostri preti”, di don Domenico Magri - Grafica Langhiranese - 2008)


Profili di preti: don Renzo Rizzi

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON RENZO RIZZI
6 maggio 1920 – 6 giugno 2001

DonRenzoRizziDon Renzo aveva un suo modo di essere prete. Non era un prete da attività frenetica, e neppure don Dagnino, di cui era stato cappellano, era riuscito a “domarlo”. Ma come parroco ha espresso un suo modo efficace di fare pastorale, rimanendo nello stesso tempo fedele al proprio personaggio.

- Nato a Strognano di Langhirano il 6 maggio 1920
- Ordinazione presbiterale 29 giugno 1945
- Cappellano a S. Giuseppe 1945 – 1952
- Parroco a Quinzano dal 1952 fino alla morte
- Economo spir. a Manzano dal 1970
- Economo spir. e poi parroco a Cattabiano dal 1964
- Deceduto a Langhirano il 6 giugno 2001

Era nato 81 anni fa qui, nel nostro territorio langhiranese, a Strognano, dove fra poco sarà portato a sepoltura. 56 anni di Messa, 7 anni cappellano a S. Giuseppe con il mitico don Dagnino, nel cuore dell'Oltretorrente, negli anni difficili del primo dopo-guerra, contrassegnati da povertà e da acuti contrasti sociali.
Infine da 49 lunghi anni a Quinzano, cui successivamente sono state aggiunte le parrocchie di Manzano e Cattabiano.

Don Renzo aveva un suo modo di essere prete, perché non era un tipo facilmente omologabile: ma non è sempre un male essere fatti, come si suol dire, alla propria maniera.
Non era un prete da attività frenetica, e neppure don Dagnino, un prete forte e dalla personalità straripante, era riuscito a cambiargli il carattere: don Renzo lo diceva spesso, tradendo perfino una punta di compiacimento.
Ma aveva un suo modo efficace di fare pastorale, rimanendo nello stesso tempo fedele al proprio personaggio. Ad esempio, aveva inventato quella che potremmo chiamare la pastorale del pergolato: seduto all'ombra accogliente davanti alla canonica di Quinzano, con un tavolo e alcune sedie, ospitava nel suo salotto a cielo aperto tutti quelli che passavano e li intratteneva amabilmente, come sapeva fare lui, perché era un conversatore piacevole e simpatico. E intanto badava ai ragazzi che giocavano nella piccola sala di fianco.

Un altro merito che bisogna attribuirgli è stata la cura dell'istruzione religiosa, come insegnante di religione nelle scuole pubbliche di Langhirano e nel catechismo ai ragazzi, che si distinguevano sempre, perché preparatissimi e precisi nelle risposte.

Era dotato di acuta intelligenza, amava la musica ed era un buon organista, sapeva anche dipingere ed aveva il dono di una scrittura elegante e raffinata.
Noi preti della Zona pastorale siamo stati rallegrati dalla sua presenza fedele alle riunioni e attività zonali, fino a quando la salute lo ha consentito: il pranzo in comune era una festa per tutti noi, per la carica di simpatia che sprigionava dalla sua persona.

 È vissuto tanti anni, troppi anni, nella solitudine della sua canonica. Qualche anno fa, in seguito a una caduta mentre andava, a benedire le famiglie, le forze hanno cominciato a venirgli meno, e lui forse non ha saputo reagire, chiudendosi sempre di più in casa.
E cosi viveva isolato anche nei confronti dei confratelli: non si può dire che lui li abbia cercati. E forse noi preti non abbiamo fatto abbastanza per seguirlo, andarlo a trovare, telefonargli. E questo è successo anche nel suo ultimo periodo di degenza in Casa di cura. Un po' di esame di coscienza a questo punto non guasta, pensando anche ad altri sacerdoti ormai anziani, che vivono piuttosto soli il loro tramonto terreno, dopo una vita di servizio generoso alla Chiesa.

Due mesi fa, non aveva risposto alla mia telefonata. Allora sono corso a Quinzano e l'ho trovato steso sul pavimento: era caduto da diverse ore e non era stato capace di rialzarsi. Era la terza volta che capitava negli ultimi tempi. A questo punto l'abbiamo ricoverato nella Casa di cura di Langhirano, dove è stato accolto e assistito con premura, fino al suo ultimo respiro. Mi piace ricordare a tutti noi, preti e cristiani, il modo esemplare con cui ha ricevuto il Sacramento dei malati in piena lucidità, con lo sforzo commovente di farsi il segno della croce, ma senza avere più la forza sufficiente per muovere il braccio: un esempio che ha intenerito fino alle lagrime i suoi compagni di camera.

Non ha avuto paura di morire: lo ha detto lui stesso alla dottoressa con un fil di voce negli ultimi giorni: "Non ho paura". Ha mantenuto una coscienza vigile fino in fondo: così ha saputo accogliere sorella morte. La sua morte è stata l'ultima delle tante celebrazioni che ha compiuto nella sua vita sacerdotale. Sì, perché noi preti dobbiamo saper celebrare anche la morte.

Quando il Vescovo mons. Cocchi venne a Parma, gli propose di trasferirsi in una parrocchia più a valle e quindi più comoda e meno faticosa: don Renzo declinò gentilmente l'invito con una risposta spiritosa, da par suo, che piacque molto al Vescovo, che la citava ogni tanto con i preti. Disse: "A Quinzano sono prato stabile, preferisco rimanere".

Ebbene, caro don Renzo, amico fedele dei nostri anni belli vissuti insieme, ti auguriamo con tutto il cuore che tu possa gustare l'incanto del prato stabile e definitivo del Paradiso, un prato verde verde, per trovarvi ristoro e pace dopo il lungo cammino della tua vita terrena.


Ringraziamenti:
Anche a nome dei nipoti, devo ringraziare mons. Vescovo Cesare, che ha presieduto la concelebrazione e ha parlato con molto amore di don Renzo. Per averlo qui con noi, abbiamo atteso il suo ritorno da Roma, dove si è recato per la beatificazione di Suor Eugenia Picco.
Ringrazio i sacerdoti, che sono venuti a concelebrare e a testimoniare il loro affetto per don Renzo.
Ringrazio il sig. Boschi Adolfo vice-sindaco, che rappresenta anche il sig. sindaco Antonio Vicini, assente perché impegnato a Roma. Il sindaco mi ha telefonato per pregarmi di fare le sue condoglianze ai nipoti e ai parrocchiani di don Renzo, del quale è sempre stato amico ed estimatore.
Ringrazio tutti i fedeli presenti, in particolare i suoi parrocchiani di Quinzano, Manzano e Cattabiano. In queste tre sere abbiamo fatto un pellegrinaggio di preghiera in ciascuna delle tre Chiese, con tanta commossa partecipazione.
I fedeli di Strognano, suoi compaesani, lo stanno attendendo davanti alla Chiesa del suo battesimo e della sua infanzia, per accompagnarlo a sepoltura nel piccolo cimitero del paese.
Al termine della nostra celebrazione
(funerale dell'9 giugno 2001 - ndr), faremo il corteo a piedi fino alla Madonnina della Rocchetta e poi proseguiremo in auto fino a Strognano.

(tratto da “I miei preti..... I nostri preti”, di don Domenico Magri - Grafica Langhiranese - 2008)