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Profili di preti: don Ferruccio Sartori

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON FERRUCCIO SARTORI
6 ottobre 1915 – 12 aprile  2007

DonFerruccioSartori

Un prete colto e “giramondo” per obbedienza e per passione evangelica. E poi, sempre come operatore pastorale duttile, saggio e zelante ovunque il Vescovo lo chiamava.

- nato a Viarolo (Golese) il 6 ottobre 1915
- deceduto a Villa S. Ilario il 12 aprile 2007
- ordinato sacerdote il 23 marzo 1940
- laureato in Lettere all'Università di Bologna il 26 giugno 1956
- medaglia d'argento al valor partigiano
- coadiutore a Collecchio dal 1940 al 1941
- parroco a Bosco di Corniglio dal 1941 al 1949
- parroco a S. Polo dal 1949 al 1974
- direttore dell'Ufficio Missionario dal 1979 al 1986
- collaboratore a Collecchio dal 1974 al 1978
- collaboratore parr. Buon Pastore dal 1978 al 1984
- amministratore Parr. di Valera e Buon Pastore dal 1984 al 1985
- missionario in Messico dal 1986 al 1987
- collaboratore parr. S. Croce dal 1987 al 1988
- cappellano ospedaliero:Ugolino e Vighi dal 1987 al 1988
- missionario in Messico dal 1988 al 1990
- collaboratore Parr. Buon Pastore dal 1990 al 1991
- collaboratore a Varano Melegari dal 1991 al 1999
- cappellano a Misurina dal 1999 al 2002
- a Villa S. Ilario dal 2002 fino alla morte.

Quando alle 4,30 di giovedì mattina sono stato chiamato al capezzale di don Ferruccio morente (è spirato poi intorno alle ore 5 ) la brava operatrice che lo aveva seguito nelle ore precedenti nel suo progressivo miglioramento mi ha fatto questo commento: “Don Ferruccio ha detto Messa tutta la notte “. Voleva dire che aveva pregato tutta la notte. Con questa frase ha descritto in sintesi la vita di don Ferruccio: tutta la sua vita è stata come una unica Messa, celebrata e vissuta. E anche la sua morte.E' quasi impossibile elencare i luoghi dove ha celebrato e vissuto la sua Messa. Ecco un elenco, forse incompleto: a Collecchio come cappellano per un solo anno e subito dopo come parroco a Bosco di Corniglio e a S. Polo.E poi, sempre come operatore pastorale duttile, saggio e zelante ovunque il Vescovo lo chiamava: alla Crocetta come pioniere della nuova Parrocchia del Buon Pastore, nella Scuola Media “ Toscanini “ come insegnante di lettere e di vita, ancora a Collecchio, alcuni anni addirittura in Messico come missionario, a Varano, in curia come Direttore diocesano dell'Ufficio Missionario, a Misurina per la cura religiosa dell'Istituto Pio XII e infine a Villa S. Ilario che lui ha saputo rallegrare con la sua presenza gioiosa e piena di bontà verso tutti.

Mi pare giusto che almeno un momento drammatico della vita di don Ferruccio vada ricordato: a Bosco di Corniglio, parroco giovane (era stato ordinato prete nel 1940 ), durante gli anni terribili '43/'45, ha saputo affrontare l'emergenza, come tanti preti coraggiosi del tempo, con tutti i rischi che comportava. A Bosco, il 17 ottobre 1944, è stato testimone della tragedia del Comando Unico partigiano con l'eccidio perpetrato dai tedeschi (basta pensare al comandante Pablo, Giacomo di Crollalanza ) ed è stato protagonista nel proteggere e ospitare gli scampati all'eccidio (fra questi Giacomo Ferrari e Primo Savani). Forse, al posto delle solite commemorazioni più o meno retoriche, don Ferruccio sarebbe stato il più adatto a descrivere il grave fatto di sangue.

Legato a questo episodio c'è la sua incarcerazione che ne è seguita, con il pericolo di essere fucilato e con il Natale 1944 passato nel carcere di S. Francesco. Me lo ha ricordato nei giorni recenti di Pasqua, unendo il rammarico per quel Natale 1944 trascorso in carcere al rammarico per trascorrere in ospedale la Pasqua 2007.La sua permanenza in questi ultimi anni a Villa S. Ilario è stata una vera grazia per i confratelli e per tutti gli ospiti. Tra l'altro i suoi molti anni non gli impedivano di essere spesso il più allegro, capace di cantare in compagnia intonando vecchie canzoni e prestando la sua voce-guida nelle celebrazioni liturgiche. In una mia visita in Casa di Cura quando ormai mancavano pochi giorni alla sua morte, mi ha accolto “canticchiando “ sottovoce l'inizio di una nota melodia popolare: incredibile!


Non possiamo che ringraziare commossi e fare tesoro della sua preziosa eredità di fede e imparare dal suo esemplare comportamento sacerdotale e dalla sua spiccata sensibilità di Chiesa che lo poneva al servizio del Regno di Dio sempre e dovunque (perfino in Messico! ).
Tutte le fatiche, le ansie, le gioie e le sofferenze della sua vita, trovano una sublimazione commovente nelle ultime frasi di un foglio di riflessioni, che lui ha allegato al testamento con la sua grafia incerta, a causa della vista sempre più debole che lo penalizzava nei movimenti, nelle letture e negli interessi culturali, perchè era “curioso “ di tutto. Don Ferruccio scrive così : “ Giunto ormai alla tarda vecchiaia, cerco di dare quel poco che mi rimane nella accoglienza delle anime afflitte da sofferenze e unirmi sempre di più alla Croce di Cristo. Prego perchè nel mio ultimo respiro io possa dire : bonum certamen certavi, cursum consummavi, fidem servavi e la conclusione sia : maranathà, vieni, Signore Gesù “ .

 (da “I miei preti....i nostri preti”  don Domenico Magri Grafica Langhiranese - 2008)


Profili di preti: don Arnaldo Vignali

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON ARNALDO VIGNALI
20 febbraio 1908 - 7 aprile 2006

DonArnaldoVignaliUn prete “curioso” e studioso appassionato dell’arte sacra medievale, “riparatore di brecce” (le nostre chiese romaniche), originale ma sempre prete.

- nato a S. Ilario Baganza (Felino) il 20 febbraio 1908
- deceduto a Villa S. Ilario il 7 aprile 2006
- ordinato sacerdote il 29 giugno 1931 dal Vescovo mons. Conforti
- parroco a Corniana dal 1933 al 1934
- parroco a Badia Cavana dal 1934 al 1942
- parroco a Cozzanello dal 1943 al 1945
- parroco ad Albazzano dal 1945 al 1951
- parroco a Sasso dal 1951 al 1974
- a Locorotondo in Puglia dal 1974 al 1994
- a Villa S. Ilario dal 1994 fino alla morte il 7 aprile 2006

Dire "don Vignali" significa dire un personaggio non certo consueto, per il suo temperamento spigoloso ed irruente fino ad essere talvolta intrattabile, per la sua passione incontenibile e professionale rivolta alla storia medioevale, con particolare riguardo alle antiche chiese romaniche del parmense e della Puglia, ma anche per la sua limpida fede e il suo amore al sacerdozio.
Bisogna averlo conosciuto per credere che don Vignali era veramente così. Ed io l'ho conosciuto, anche se non sono mai entrato in un vero e proprio rapporto dialogico, nonostante che siamo vissuti insieme alcuni anni a Villa S. Ilario, fino alla sua morte. A mio parziale attenuante posso aggiungere che il rapporto dialogico con don Vignali era piuttosto difficoltoso, perchè lui partiva sempre dalla certezza sulle proprie idee e faceva fatica ad accettare il contradditorio.

Ma era comunque un prete da ammirare per la sua spiccata personalità, per una concezione della vita senza fronzoli e per la fedeltà fino in fondo ai suoi ideali: la fede di sacerdote convinto e lo studio appassionato e serio della storia e dell'arte sacra antica.
Nei miei ricordi c'è il primo incontro con don Vignali, che risale agli anni '50, quando ero cappellano a Fornovo, incontro che mi ha subito permesso di inquadrare le sue caratteristiche di studioso. E' arrivato un giorno questo prete alto e magro, anzi magrissimo, ancora abbastanza giovane, e subito mi ha chiesto una scala. Per fare cosa? Per appoggiarla all'antico campanile della Chiesa romanica e decifrare una piccola lapide latina, vecchia di secoli. Era venuto a Fornovo apposta per questo. Compiuta la sua missione, è ripartito senza convenevoli, così come era venuto.

Don Vignali lascierà il segno nella storia dell'architettura romanica del parmense con la grande impresa che ha compiuto come parroco di Badia Cavana e di Sasso, riportando allo splendore primitivo queste due antichissime Chiese. Nel frattempo, tra Badia Cavana e Sasso era stato parroco di Albazzano.

Quando, ormai anziano ma sempre valido e forte fisicamente, decide di ritirarsi dalla Parrocchia di Sasso, fa una scelta clamorosa, in linea con la sua passione e sensibilità culturale. Con i suoi risparmi acquista un trullo a Locorotondo in Puglia e là si sistema per meditare, leggere, studiare e, in particolare, per fare puntate nel ricco patrimonio romanico delle cattedrali pugliesi.
In uno dei suoi ritorni a Parma, si era recato alla Biblioteca Palatina per consultare libri sulle materie a lui particolarmente care. È caduto, colpito da ictus, dalla scaletta su cui era salito.
E così è diventato ospite di Villa S. Ilario, il caldo e protettivo rifugio per i preti anziani e ammalati. Lì io l'ho trovato, quando sono diventato responsabile della struttura e l'ho seguito fino alla sua morte, avvenuta il 7 aprile 2006, alla ragguardevole età di 98 anni, dopo aver ricevuto sacramenti della fede, quella fede che lo aveva sempre animato e sostenuto nella sua vita sacerdotale. Si può ben dire, come dicevano i nostri antichi, che "pie obdormivit in Domino".

Abbiamo celebrato le esequie nella cappella di Villa S. Ilario. E dopo il funerale, c'era il medesimo santo, cui è intestata la casa di riposo, ad attendere le sue spoglie mortali. Proprio a S. Ilario Baganza, dove era nato nel lontano 1908, è tornato per essere sepolto nel cimitero del territorio.
Ha lasciato in eredità alla nostra struttura Emmaus (Villa S. Bernardo, Villa S. Ilario, Villa S. Clotilde, Villa Beata Eugenia Picco) il trullo di Locorotondo. E soprattutto ha lasciato un prezioso manoscritto da pubblicare, frutto dei suoi studi appassionati e delle sue acquisizioni di storia medioevale. Il titolo è: "Miscellanea di storia e arte medioevale". E per essere sicuro che non ci siano intoppi al suo desiderio, ha lasciato anche la somma necessaria per farlo stampare.
Cosa che stiamo facendo.

(dai ricordi di  don Domenico Magri aprile 2006 )


Profili di preti: mons. Enrico dall’Olio

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

MONS. ENRICO DALL'OLIO
14 ottobre 1929  –  5 aprile 2014

MonsEnricoDallOlio

Un bravo sacerdote con la passione della storia. Un carattere molto riservato. Ha parlato con la sua fede e con i suoi scritti che rimarranno come preziosi testimoni del suo impegno culturale e della sua sensibilità storica a vantaggio della Diocesi e del territorio parmense.

- nato a Sissa il 14 ottobre 1929
- ordinato presbitero il 21 giugno 1953
- parroco a Petrignacola nel 1953
- parroco a Lesignano Bagni dal 1965 al 2008
- incaricato per l’arte nell’Ufficio Liturgico nel 1971
- archivista di curia nel 1983
- amministratore parr. di S. Maria del Piano nel 1991
- amministratore parr. di Faviano, Mulazzano, S. Michele Cavana nel 2001
- canonico della Basilica Cattderale nel 2008
- deceduto il 5 aprile 2014 a Villa S.Ilario

Il nostro caro mons. Enrico Dall’Olio non è passato invano sulle strade delle comunità parrocchiali che ha curato nei 60 anni della sua vita sacerdotale e nelle sue ricerche appassionate sulla storia della Chiesa di Parma e del territorio parmense.
Era una persona schiva e poco espansiva, ma dentro aveva certamente una ricchezza straordinaria di fede e di amore per la Chiesa.
Non è stato un tipo inattivo, perché, oltre alle canoniche e diverse attività pastorali, sappiamo, ad es., che a Petrignacola, appena arrivato come prete novello, ha costruito una casa parrocchiale nuova che aveva chiamato Villa del Gesù.
A Lesignano Bagni, dove è stato parroco per 43 anni dal 1965 al 2008, oltre che per alcuni anni in altre parrocchie intorno, sapeva animare il paese con feste dalle caratteristiche inusuali ma simpatiche, che sapevano attirare e aggregare la gente.

Don Enrico va ricordato con ammirazione e ringraziato per la sua precisa e competente direzione dell’Archivio Storico Diocesano e per i libri di storia locale, assieme a tanti articoli sulle tradizioni di un tempo, pubblicati sulla Gazzetta di Parma. In particolare va segnalata la passione con cui ha illustrato l’arte delle nostre Chiese.
In quel periodo, non ricordo in quale anno, ha potuto gustare forse la gioia più profonda della sua esperienza di parroco a Lesignano: è riuscito a ospitare mons. Loris Capovilla per una solenne celebrazione che a tutti in quel giorno ha fatto rivivere la santità del grande papa Giovanni XXIII.

Non possiamo dimenticare, noi preti dell’età di don Enrico, che quando in seminario Minore eravamo ancora piccoli seminaristi durante la guerra, don Loris, allora giovane cappellano a Parma dell’aviazione militare, era stato per alcuni mesi nostro direttore spirituale e confessore. Alloggiava in seminario, partecipava alla vita del seminario ed era diventato amico del rettore mons. Triani, che certamente si è poi interessato per farlo venire a Lesignano.

Potrei raccontare qualcosa della vita di don Enrico in questi anni a Villa S. Ilario, assieme all’inseparabile fratello don Guido, che lo ha custodito con un amore straordinario e commovente.
Era una vita appartata, secondo il suo stile riservato, ma che si rendeva presente ed esemplare nelle concelebrazioni e nel silenzio della cappella, quando sostava in preghiera davanti all’Eucaristia.
Nel 2008 era stato nominato canonico della basilica Cattedrale dal vescovo Bonicelli. Non ha mai potuto frequentare, ma era attento ai problemi della Cattedrale attraverso i miei regolari aggiornamenti.
Ha vissuto con molta fede e preghiera la sofferenza della sua progressiva decadenza fisica, cui ha saputo dare un senso, lui ormai anziano, con una frase che ho colto nel suo ultimo piccolo e prezioso opuscolo appena stampato: “L’età anziana è una inesau¬ribile fabbrica di amore”.
È l’ultimo messaggio che ci lascia. Sì, perché ogni età, e soprattutto l’età anziana, è una imperdibile stagione per amare: come per don Enrico, anche per noi.

Un ricordo commovente al termine del funerale dei suoi ex parrocchiani di Petrignacola dopo 50 anni dal suo trasferimento a Lesignano Bagni
Al caro ricordo di don Enrico che anche nella parrocchia di Petrignacola ha svolto per tanti anni il suo importante servizio, lasciando una traccia indimenticabile.
Sono vive nella memoria le lunghe ore ricreative e di catechismo ai bambini, le costanti visite agli anziani, le sapienti omelie dal tono profondo e sublime.
Ricordiamo anche l’amorevole e importante presenza della signora Maria, del signor Marcello e della signora Anna. Uniti con un forte legame ci stringiamo e porgiamo le più sentite condoglianze a don Guido, ai nipoti e ai parenti con infinita riconoscenza.

 (dai ricordi di don Domenico Magri 6 aprile 2014)

https://www.diocesi.parma.it/diocesi_2015/index.php?option=com_content&view=article&id=1090&Itemid=1960

Profili di preti: don Dario Porta

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON DARIO PORTA
4 dicembre 1930 –  4 aprile 1996

DonDarioPortaÈ il nostro santo! Posso dire anche questo: è il mio santo, perchè ha vissuto gli ultimi dieci anni della sua vita accanto a me. Ci ha “provocato” con la sua bontà, la sua dolce mitezza, la sua preghiera che lo trasfigurava. Gli devono essere riconoscenti anche quelli che non lo hanno mai avvicinato. È stato santo per tutti noi. Grazie, caro don Dario!

- nato a Sivizzano Sporzana di Fornovo Taro il 4 dicembre 1930
- ordinazione sacerdotale 19 giugno 1955
- parroco a Rimagna 1955-1957
- parroco a Trevignano 1957-1966
- parroco a Beneceto 19661980
- collaboratore parr. a S, Maria della Pace 1971-1980
- parroco a Pianadetto e Vaditacca 1980- 1985
- dal 1985 fino alla morte Parroco a Cozzano, Amministratore parr. di Antesica e Orzale, di Riano dal 1990.

Riproduco qui quello che avevo scritto nel 2006, decimo anniversario del suo pio transito.
Come si fa a passare sotto silenzio il beato transito di don Dario Porta dalla terra al 
Cielo, in occasione del 10° anniversario che ricorre il prossimo 4 aprile?
Era stato detto al suo funerale: "Forse don Dario ci è stato tolto perchè non ne eravamo degni".
Certamente quelli che lo hanno avvicinato hanno dovuto inevitabilmente prendere atto con sincerità della loro distanza morale e spirituale da un prete così santo: così è capitato a me che lo ho osservato da vicino e ho tentato inutilmente di imitarlo negli anni in cui abbiamo abitato insieme a Langhirano.
Chi può dimenticare il suo spirito e il suo stile di preghiera che stupiva chi lo coglieva nei momenti del suo dialogo con il Signore? Chi può dimenticare il suo sorriso disarmante che incantava le persone? Chi può dimenticare le sue parole di fede e di amore, sempre e solo parole di fede e di amore e sempre così appropriate? Chi può dimenticare la sua azione di pastore intelligente e sempre aggiornato, la sua carità instancabile verso i malati, i poveri, gli immigrati? Chi può dimenticare il tenore dignitoso, ma povero e austero della sua vita?
Chi può dimenticare la sua Messa? Che Messa la sua! Ha avuto una tale fede nella centralità della Messa, da riuscire a celebrarla fino al mattino del giorno della sua morte.

Don Dario abitava da dieci anni, con la dolcissima sorella Irma, nella casa della parrocchia di Langhirano, addossata alla Chiesa e nella stessa casa abitava anche il compianto don Ernesto Zini, morto il 28 gennaio dell'anno scorso. Quando ormai don Dario non era più in grado di alzarsi da letto, don Ernesto provvedeva ogni giorno a celebrare l'Eucaristia nella camera di don Dario. E don Dario poteva così concelebrare dal suo letto di dolore: bastava la stola e soprattutto la sua grande fede!
La sua malattia è stata un predica vivente di fede e di amore con il suo quotidiano e dignitoso incontro con la sofferenza: il suo capezzale era diventato una meta di pellegrinaggio per i confratelli e per tanti fedeli.
Nel tardo pomeriggio del 4 aprile, giovedì santo, ero salito da lui, come facevo spesso negli ultimi tempi, per recitare a voce alta i Vespri, perchè non voleva mancare neppure a questo impegno di preghiera: era ancora lucido. Alle 21 ero già pronto per iniziare a Mattaleto la celebrazione della Messa nella Cena del Signore: era spirato appena un attimo primaIl funerale fu celebrato il mattino del sabato santo a Cozzano, nella Chiesa "primaziale" delle sue quattro parrocchie, senza poter celebrare la Messa esequiale, in ottemperanza alle norme liturgiche del Triduo Sacro. Le parole commosse del Vescovo mons. Cocchi e del compagno di Ordinazione don Nadotti hanno interpretato e suscitato la intensa commozione della assemblea, formata da fedeli e amici venuti da tutte la parti della Diocesi e anche da lontano, perchè con la sua appartenenza al Focolare don Dario si era fatto conoscere e amare anche fuori Diocesi.

Ed è subito nata spontaneamente in tutti la sensazione che era morto un prete santo, ma santo davvero. E difatti è di questi giorni la notizia che il nostro Vescovo ha avviato i primi passi, che sono preliminari alla possibilità di fare partire il processo canonico di beatificazione di don Dario.
Siccome don Dario era molto mite, a prima vista poteva sembrare fragile di temperamento. In realtà, con la forza indomabile della sua fede, del suo ardore apostolico e della sua bontà, sapeva essere tosto e determinato nel perseguire i suoi obiettivi.
Era anche molto umile, come capita a chi veramente vale davanti a Dio, ma non riusciva a nascondere le sue doti. Fra queste doti c'era anche una saggia arguzia con la quale sapeva "condire" la sua fede e rendeva ancora più gradevole quella confidenza e quella finezza d'animo che era solito mostrare nei suoi rapporti amicali.
Io ne ho avuto una prova quando dalla Parrocchia di Ognissanti-S. Maria del Rosario sono stato mandato parroco a Langhirano. Don Dario allora era parroco di Beneceto, ma svolgeva il ministero anche in S. Maria della Pace. Sono entrato a Langhirano il 2 dicembre 1978. Mi è arrivata subito una lettera di saluto e di augurio, che conservo gelosamente come una reliquia e recita così:
4 dicembre 1978
Mio caro Domenico, desidero farti sentire la mia amicizia in questo momento in cui sicuramente hai sofferto per un distacco da un ambiente che ti era divenuto caro. Mi ricordo che avevo sofferto anch'io in occasioni simili ed avevo l'impressione di essere come un mobile che, lasciato stare, avrebbe fatto il suo servizio ed invece, spostato, aveva perso un piede ed aveva una porta che non chiudeva più. Ma poi il Falegname di Nazareth ha rimesso tutto a posto. Voglio anche dirti grazie per tutto il bene che hai fatto ai sacerdoti soprattutto: proprio perchè hai portato frutto il Padre ti ha potato. Preghiamo perchè su di me e su di te si compia tutto il suo programma che è sempre il migliore! Unisco anche gli auguri per il Natale: il 1° Natale a Langhirano.Un abbraccio fraterno tuo don Dario Viene spontaneo esclamare: “Che prete! Grande, grande, magnifico don Dario!”


IrmaPortaIRMA PORTA
21 giugno 1925 - 19 gennaio 2014

Come era dolce l’Irma
La chiamavano così in tanti: la dolce IRMA. Come era dolce l’Irma!
Io ero amico e quasi compaesano di suo fratello don Dario (1930 – 1996) che veniva a piedi ogni mattina dal mulino di Bardone per frequentare a Calestano la V elementare ed entrare poi in Seminario l’anno dopo, dove abbiamo ini¬ziato il cammino della nostra esistenza. Infatti don Dario e io non ci siamo mai persi di vista, con un sodalizio di amicizia che stimolava in me l’emulazione (purtroppo non riuscita!) per imitare la sua santità.
Nei dieci anni che don Dario è vissuto nei locali della parrocchia a Langhirano, ma come parroco di Cozzano, Riano, Antesica e Orzale, chi mi sono trovato davanti? Naturalmente sua sorella Irma, questa sorella speciale, fatta su misura per don Dario. C’erano alcuni anni di differenza fra don Dario e Irma sua sorella maggiore, ma erano gemelli nella fede, nella mitezza, nella bontà, ma anche nella determinazione a compiere il bene a tutti i costi: attività pastorale senza sosta, assistenza premurosa e piena di tenerezza verso i malati e impegno a tutto campo per l’accoglienza degli immigrati. Erano i primi tempi che a Langhirano e dintorni arrivavano immigrati e cercavano casa e lavoro. Irma non era da meno di don Dario in questa impresa che ha provocato nei primi tempi resistenze e critiche: ma non si sono mai arresi! Hanno veramente messo in pratica la frase del Vangelo che dice: “Ero straniero e mi avete accolto”. Poi c’è stato il dramma della malattia di don Dario: è facile immaginare il “calvario” non solo di don Dario ma anche di Irma, che ha seguito, giorno per giorno, il doloroso sviluppo del male del fratello, fino al suo pio transito la sera di quel Giovedì Santo, 4 aprile 1996.
Dopo la morte di don Dario, Irma si è stabilita nel suo appartamento nella Parrocchia di S. Maria della Pace: è inutile dire che è stata una parrocchiana esemplare.
Poi l’età che avanzava aveva appesantito le sue condizioni di salute ed è venuta a Villa S. Ilario. Ci siamo ritrovati qui, dopo i dieci anni di Langhirano: sempre dolce, sem¬pre sorridente, sempre orante, sempre piena di delicatezze che alle volte sembravano perfino esagerate.
Ormai le forze la stavano abbandonando, per cui è stata ricoverata all’Ospedale. L’ho visitata proprio il giorno prima della sua morte. Era ancora in grado di parlare per sussurrarmi, più o meno così, le ultime dolci parole piene di tenerezza: “Felice di vedermi per salutarmi prima di partire per il paradiso”.
Una curiosità: come sarà stato l’incontro in paradiso fra Irma e il santo fratello don Dario?
Che dolcezza questa sorella donata a don Dario e anche a noi!

 

 (da “I miei preti....i nostri preti”  don Domenico Magri Grafica Langhiranese - 2008)


Profili di preti: don Umberto Miani

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON UMBERTO MIANI
1 luglio 1897 –  23 marzo 1971

DonUmbertoMianiQuanti sentimenti commossi dovrei essere capace di esprimere per questo sacerdote, che è stato il mio arciprete di Calestano! Mi ha “allevato” e mi ha portato fino alla ordinazione sacerdotale. Era orgoglioso di me, come di don Nadotti e don Bellini, anch’essi suoi discepoli calestanesi, ma noi eravamo orgogliosi di lui: e a buon diritto! A Calestano ha avuto gioie, ma anche sofferenze a motivo della guerra: salvo per miracolo nella Chiesa e canonica bombardate e poi portato via brutalmente fino a Bibbiano nel rastrellamento dei tedeschi.
Infine un tramonto melanconico, non più a Calestano. Meritava di più. Grazie, mio caro e per me indimenticabile arciprete!

- nato il 1 luglio 1897 a Corniglio
- deceduto a Parma il 23 marzo 1971
- ordinato sacerdote il 29 giugno 1924
- onorificenza di Cavaliere di Vittorio Veneto per aver partecipato alla prima Guerra mondiale
- Economo spirituale e poi parroco di Casaselvatica dal 1924 al 1929
- Economo spirituale di Casarola, Riana e Grammatica nel 1929
- parroco di Vigheffio dal 1930 al 1935
- parroco di Calestano dal 1935 al 1963
- parroco di Stadirano dal 1963 al 1965. Dopo tale data ne ha mantenuto solo il titolo
- domiciliato nella Casa del Clero in Via Duca Alessandro dal 1965 fino alla morte, avvenuta nel 1971

Non posso certo dimenticare il "mio arciprete di Calestano", il sacerdote della mia fanciullezza e della mia prima giovinezza. È stato il "terreno di cultura" (si può dire così?) della mia scelta vocazionale alla vita sacerdotale.
Non posso non inserire qui il suo ricordo, anche perchè si sta correndo forse il rischio di fare accomodare pure lui nel "dimenticatoio", come sta capitando a tanti preti. E non sarebbe giusto.
Don Miani, nato nel 1897 a Corniglio, è diventato parroco di Calestano nel 1935, quando io avevo 4 anni. Veniva da Vigheffio, mentre prima era stato parroco a Casaselvatica, dove aveva sofferto per contrasti con i parrocchiani, a motivo di restauri in Chiesa.

È arrivato in un momento delicato per il paese di Calestano. La Parrocchia era vacante perchè il parroco precedente, don Cesare Bizzarri, era appena stato mandato al confino dal regime fascista. Il motivo? Aveva osato, proprio in un periodo in cui Mussolini aveva fatto il pieno del consenso degli italiani, di criticare nella predica domenicale la guerra e l'invasione dell'Etiopia. Un atto eroico per quei tempi!
Don Miani aveva un buona cultura, una grande dignità di comportamento, una fede fuori discussione e una ottima capacità oratoria. Io ricordo con piacere le sue omelie domenicali, i suoi interventi al Cimitero al termine dei funerali e altri discorsi di circostanza. In particolare si è impresso per sempre nella mia memoria di ragazzo il commosso discorso di saluto per le salme in partenza da Calestano di due giovani sfortunati autisti bergamaschi, precipitati con il loro camion carico di legnami nel burrone sul Baganza delle "Rive dei Preti"
Don Miani aveva un temperamento ben diverso da don Bizzarri. Non era certo un tipo sanguigno e temerario, ma piuttosto timido e riservato. Il suo temperamento è stato comunque messo duramente alla prova sia nella prima guerra mondiale come soldato addetto ai reparti della sanità (era stato leggermente ferito a un piede, ma senza conseguenze), sia nella seconda guerra mondiale.

È qui che don Miani ha sofferto molto per gli eventi bellici drammatici che lui ha condiviso con i calestanesi: il rastrellamento, il bombardamento della Chiesa e della Canonica e infine la vita con gli sfollati a Iano.
Il 30 giugno 1944 anche don Miani è stato trascinato brutalmente fuori casa dai soldati tedeschi assieme a tanti suoi parrocchiani e il giorno dopo portato al campo di raccolta di Bibbiano nel reggiano, da dove il Vescovo mons. Colli è riuscito a farlo liberare (la stessa avventura, per restare nel Calestanese è, capitata al parroco di Fragno don Innocenzo Boschi)
Il 21 luglio 1944 Calestano ha subito il primo dei quattro bombardamenti anglo-americani: è stata colpita la facciata della Chiesa con un grande squarcio del tetto e della volta, ed è stata colpita la Canonica: don Miani e la mamma Tersilla si sono salvati per miracolo. Il giorno dopo ha avuto il conforto e la sorpresa della visita del vescovo mons. Colli che gli ha portato la somma di 500 mila lire (somma rilevante per quei tempi).
A seguito del bombardamento don Miani ha trovato alloggio, assieme a tanti calestanesi, nel vicino paesino di Iano dove c'è una Chiesa del '600 (molto interessante e che dovrebbe essere salvata dal degrado in corso).

Don Miani, vista la inagibilità della Chiesa parrocchiale, fino alla fine della guerra nell'aprile 1945, celebrava la Messa a Iano per andare incontro ai calestanesi sfollati con lui e nell'Oratorio del Cimitero di Calestano, abbastanza capiente, per quelli rimasti in paese.
Finita la guerra e riparata nel frattempo la chiesa parrocchiale e la canonica, don Miani è rientrato in paese, ma segnato negativamente da queste vicende.* Era pure di gracile costituzione fisica e anche questo spiega forse le sue difficoltà di fronte alle nuove esigenze pastorali.
Intanto l'età avanzava e a un certo punto il vescovo mons. Colli nel 1963 gli ha chiesto di lasciare Calestano: don Miani ha accettato, seppure con grande sofferenza, questo strappo. Al suo posto a Calestano è venuto il compianto don Ugo Corradi.
La partenza da Calestano forse sarebbe stata meno dolorosa se non fosse stato mandato parroco a Stadirano, frazione di Lesignano Bagni, scomoda per lui che era senza mezzi di trasporto e con una Canonica non adatta per la sua età. Per colmo di sfortuna a Stadirano ha avuto un'altra vicenda drammatica con un fulmine che è penetrato in casa, mettendo ancora una volta a rischio la sua vita, come ai tempi dei bombardamenti e rovinando ulteriormente l'abitazione.

Nel 1965 ha rinunciato alla parrocchia di Stadirano e si è sistemato nella casa del collegio dei parroci urbani in via Duca Alessandro sotto i bastioni della Cittadella, dove ha vissuto nel silenzio e serenamente gli ultimi anni della sua vita terrena, che si è spenta il 23 marzo 1971.
Andavo a visitarlo, così come andavano gli altri due sacerdoti calestanesi don Sergio Nadotti e don Sergio Bellini che lui aveva seguito come me. E certamente andavano a trovarlo i calestanesi che non potevano dimenticare questo prete discreto e schivo ma saggio, che non ha mai "suonato la tromba" per farsi notare, ma ha lasciato comunque un'impronta molto positiva nella storia di Calestano.

Io gli devo molto. Mi ha insegnato a fare il chierichetto, facendomi imparare a memoria con pazienza le antiche risposte latine della Messa senza avere ancora studiato il latino ("Introibo ad altare Dei - Ad Deum qui laetificat iuventutem meam") e facendomi gustare il fascino delle celebrazioni liturgiche. Mi ha preparato e messo alla prima Comunione, mi ha preparato e messo alla Cresima celebrata da mons. Colli (quando allora c'era la moda di vestire i fanciulli della Cresima "alla marinara"!), mi ha messo in Seminario seguendomi e incoraggiandomi sempre.
Mi ha riservato una grande festa per la mia prima Messa solenne a Calestano il 27 giugno 1954. Era orgoglioso di questo traguardo raggiunto da un ragazzo che lui aveva "allevato" e lo ha voluto esprimere con il discorso tenuto con grande enfasi oratoria dal pulpito, che era già in disuso da tempo anche a Calestano e non serviva più per le prediche dei preti. Ma quella volta don Miani doveva salire in alto per fare scendere da quella posizione sopra elevata e carica di secolare tradizione, le sue parole di fede e di gioia su di me e sui parrocchiani che riempivano la Chiesa.
È l'ultimo ricordo veramente felice che ho del "mio arciprete di Calestano" don Umberto Miani.

La singolare e fortunosa avventura post bellica in Chiesa di due ragazzi seminaristi quattordicenni di Calestano: Nadotti e Magri.
La Chiesa parrocchiale di Calestano, nel bombardamento del 21 luglio 1944, è stata colpita sulla destra della facciata, con relativo squarcio di una parte del tetto e della volta. Solamente all'inizio dell'estate del 1945, a guerra finita, fu possibile utilizzare di nuovo la Chiesa, nel frattempo riparata. Qui si inserisce un fatto singolare e per fortuna senza conseguenze, scoperto per caso da me e dall'amico seminarista Sergio Nadotti. Nell'estate ormai avanzata del 1945, mentre eravamo ancora in vacanza, un pomeriggio, presi dalla curiosità, siamo saliti sulla cantoria del vecchio organo e con stupore e molta paura abbiamo scoperto che tra le canne tutte devastate vi era una grossa bomba inclinata in avanti, che ovviamente era lì dal giorno del bombardamento. Era entrata in Chiesa facendo un foro nel tetto e nella volta senza scoppiare, si era adagiata "dolcemente" (si fa per dire!) fra le canne, rimanendovi buona buona, con il pericolo di esplodere. E nessuno era riuscito a sospettare qualcosa, anche se tutti avevano notato il foro nel centro del tetto e della volta della Chiesa. Per fare esplodere la bomba forse sarebbe bastato un piccolo movimento o vibrazione, mentre da qualche mese la Chiesa si riempiva regolarmente di fedeli per le celebrazioni.
Noi due seminaristi a questo punto abbiamo fatto marcia indietro con molta circospezione e trepidazione senza girarci e abbiamo dato l'allarme. Sono venuti gli artificieri, è stato evacuato il centro del paese e la domenica dopo, la bomba scoperta per caso e resa ormai inoffensiva, ha fatto bella mostra di sè davanti alla balaustra della Chiesa. Fine dell'avventura!

 (da “I miei preti....i nostri preti”  don Domenico Magri Grafica Langhiranese - 2008)