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Profili di preti: don Paolo Casoni

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON PAOLO CASONI
3 dicembre 1927 – 10 giugno 2002

DonPaoloCasoniC’è quasi da trattenere il respiro: come è possibile che nella Chiesa di Parma sia saltato fuori, come da un cilindro magico, un prete così unico di nome Paolo Casoni? Un prete, e che prete! Un personaggio, e che personaggio! Di preti simili si è persa la semente. Don Casoni è “indefinibile” perché è un prete troppo ricco di note personali e di colore. Insomma, non è omologabile! E appunto per questo la sua figura con la sua vicenda è ancora più affascinante. Ma sia ben chiaro: era un prete vero. È riuscito a fare il prete in maniera tutta particolare, oltre certi schemi soliti. Era un prete povero, ma povero davvero. Era un prete che non è mai entrato nella nomenclatura diocesana che conta, ma è certamente entrato in quella di Dio che conta molto di più. Si può dire che è un prete da applauso. Siamo certi che anche il Signore lo ha applaudito quando è comparso sulla soglia della sua Casa!

Nato a Rusino di Tizzano il 3 dicembre 1927
Ordinazione sacerdotale: 29 giugno 1952
Parroco a Casarola 1952 – 1973, a  Riana dal 1961, a Grammatica dal 1968
Parroco a Mulazzano, S. Michele Cavana e Faviano 1973  1990
Parroco a Petrignacola 1990 – 1998
Successimente Amministratore parr. di Pugnetolo, Sauna, Vestola, Signatico e Beduzzo fino al 1998
Parroco di Albazzano, Reno, Isola, Carobbio, Casola di Tizzano dal 1998 fino alla morte.
Deceduto in Ospedale il 10 giugno 2002
Funerale nella Chiesa di Albazzano il 12 giugno 2002

Don Paolo è stato un dono di Dio anche per i tanti amici che lui si è guadagnato con uno stile di vita semplice, dialogante, aperto all’ascolto e alla condivisione di ogni gioia e ogni pena. Per lui non era perdere tempo stare ore e ore a conversare, magari con una persona che vedeva per la prima volta, perchè aveva il gusto dell’incontro con ogni uomo. È stato un prete di frontiera: sempre in parrocchie scomode e disagiate, ma sempre felice e orgoglioso delle sue parrocchie e dei suoi parrocchiani.

È stato un prete povero e di un disinteresse assoluto. È stato un prete ospitale fino alla esagerazione: la persona che gli capitava in casa era letteralmente aggredita dalla sua esuberante accoglienza e della sua insistenza per gustare insieme i segni della sua ospitalità.

Era un prete aggiornato, anche se rimasto abbastanza estraneo ai circuiti culturali diocesani. E che fosse un prete aggiornato lo si capiva dalle sue omelie, sempre molto belle, sostanziose e concrete: sapeva farsi ascoltare da tutti, colti e incolti.

Era un prete fedele fino allo scrupolo ai suoi impegni pastorali: per lui, che nella sua vita ha avuto diversi ricoveri ospedalieri, c’era sempre il problema della sue parrocchie che non voleva trascurare.
Anni fa, un pomeriggio, era uscito di nascosto dal reparto ospedaliero dove era ricoverato, per salire a Mulazzano a fare catechismo e tornare subito indietro: più di così!

Domenica 2 giugno 2002 doveva già essere in ospedale, perché ormai era ridotto male, ma ha voluto rimanere a casa e si è trascinato faticosamente da una parrocchia all’altra per non fare mancare la Messa ai suoi parrocchiani nel giorno del Signore: ma che meraviglia i nostri preti!

Era un prete che non è mai entrato nella nomenclatura diocesana che conta, ma è certamente entrato in quella di Dio che conta davvero. Era un gran prete simpatico, che rallegrava quelli che incontrava e quelli che sedevano a mensa con lui: noi preti della Zona pastorale di Langhirano non possiamo certo dimenticare il modo brillante e spassoso con cui sapeva raccontare le sue avventure di prete sempre allo sbaraglio.
In lui non c’era esibizionismo: era diventato un prete popolare senza che lui lo volesse diventare, perché era semplice, spontaneo, istintivo e poco omologabile. La sua lunga capigliatura singolare, che si ergeva dritta sul suo capo e che non è mai riuscito a domare, lo caratterizzava subito al suo apparire e poteva dare un po’ l’idea del personaggio. Insomma, un prete così non è facilmente ripetibile!

Era soprattutto un prete di grande fede: se un prete non ha fede, che prete è?
In particolare ha fatto impressione a tutti i presenti l’esempio che ci ha dato nella Messa esequiale di sua sorella Luisa, morta appena un mese fa. Si vedeva la sua fatica nel dire la Messa perché era già molto debilitato. Ha parlato con parole accorate e ricche di tanta speranza cristiana: è stato un po’ come il suo testamento spirituale.
Grazie, don Paolo. È arrivato anche per te il momento del premio: sei stato grande!


Ringraziamento al termine della Messa esequiale
È il momento dei ringraziamenti, che sono tanti, troppi per riuscire a ricordarli tutti. Ringrazio anche a nome del cognato e dei nipoti che sono già in lutto per la morte recente della sorella di don Paolo. Ringrazio il Vescovo; il vicario generale; i sacerdoti che lo hanno amato e seguito da vicino e sono qui oggi al suo funerale; tutte le 15 parrocchie che lui ha servito con una passione che non si riesce a descrivere; i medici che lo hanno curato e devono avere faticato non poco, perché era un paziente un po’ difficile da gestire; le autorità civili e in particolare il senatore Vicini, il sig. Sindaco di Tizzano, il vice Sindaco di Lesignano Bagni qui presenti. Un grazie a voi tutti qui convenuti anche da lontano, perché don Paolo aveva amici sparsi dappertutto.

(tratto da “Vita da prete a Langhirano e dintorni”, di don Domenico Magri - Grafica Langhiranese - 2002)


Profili di preti: don Licinio Del Monte

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON LICINIO DEL MONTE
25 marzo 1887 - 29 maggio 1971

DonLicinioDelMonteDon Licino Del Monte è perfino riuscito a farsi arrestare e a trascorrere una decina di giorni nel carcere di San Francesco. Il reato? Aveva suonato a festa le campane di Ognissanti.  Ma perché andare in prigione? È un reato per un parroco suonare le campane a festa? Si vede di sì. Ma eravamo nel 1943. Così si spiega tutto e si spiega il coraggio di questo prete indomito, difensore della fede e della dignità umana.

- Nato a Reno (Tizzano Val Parma) il 25 marzo 1887 e deceduto in Casa di Cura Piccole Figlie il 29 maggio 1971
- Ordinato sacerdote il 29 giugno 1910
- Cappellano a Soragna dal 1910 al 1911
- Delegato a Corniglio dal 1911 al 1913
- Delegato e poi Parroco a Ravarano dal 1913 al 1922
- al Collegio Pontificio d'Emigrazione a Roma nel 1922
- Cappellano a Bordo del Conte Rosso-Verde-Bianco dal 1923 al 1925
- Canonico a S. Secondo dal 1925 al 1928
- Parroco a Castelmozzano dal 1928 al 1934
- Parroco a Valera dal 1934 al 1942
- Parroco a Ognissanti dal 1942 al 1943
- Parroco a Marano dal 1943 al 1964
- alla Casa di Riposo Pigorini di Traversetolo dal 1964

Basta dare un'occhiata alle tappe della vita e della missione sacerdotale di don Licinio Del Monte (Soragna, Corniglio, Ravarano, Cappellano sulle navi per gli emigranti italiani, S. Secondo, Castelmozzano, Valera, Ognissanti, Marano, Casa di Riposo Pigorini) per rendersi conto che si è trattato di un personaggio non comune. Era un prete dalla fede solida, convinto del suo sacerdozio, che lui ha vissuto e interpretato con entusiasmo, con le caratteristiche pastorali del tempo e con il suo temperamento sanguigno, che non sempre riusciva a tenere a bada. Dovunque è passato, ha lasciato ricordi quasi mitici della sua presenza.
A Ravarano si è tramandato e ancora oggi si ricorda il suo stile di uomo, di prete e di parroco, a cominciare dal suo "viscerale" antifascismo, con episodi, che a prima vista sembrano discutibili, ma che a distanza di anni possono risultare perfino gustosi.
A me personalmente, quando lo andavo a visitare alla Casa di Riposo Pigorini di Traversetolo, ha raccontato di una sera estiva, quando sulla strada, ovviamente al buio (allora non esisteva illuminazione pubblica), parlava con gli uomini e i giovani. A un certo punto ha subito uno scherzo veramente di pessimo gusto da parte del fascista del paese. Don Licinio intravede nel buio il colpevole, lo insegue, lo raggiunge (era giovane, forte e imponente!) e dalla ringhiera della casa dei miei nonni paterni, lo scaraventa giù nel cortile, che è sottostante poco più di un metro. Ma la cosa più esilarante è stata la reazione della moglie del fascista, che si è affacciata alla porta di casa e, saputo dell'accaduto per colpa del marito, ha gridato in rigoroso dialetto ravaranese: "Dio lo benedica signor arciprete!"

Il "signor arciprete" di Ravarano era comunque un pastore attento e saggio. Usava ad es. la sua autorevolezza e la sua sensibilità pastorale nel seguire i suoi giovani che erano al fronte della prima guerra mondiale: le fidanzate, prima di spedire le lettere al fidanzato, passavano da don Licinio, che aggiungeva in calce i suoi saluti e le sue buone raccomandazioni. Che tempi irripetibili, quei tempi!
Il suo antifascismo, cui è rimasto sempre fedele, è esploso in un gesto clamoroso, che gli è poi costato caro: il 25 luglio 1943, quando era parroco di Ognissanti in città, aveva suonato le campane a festa alla notizia della caduta di Mussolini. Ma l'8 settembre, nel ricordo di questo scampanio festoso fuori ordinanza, il nuovo regime fascista lo ha rinchiuso nel carcere di S. Francesco, dove è rimasto una decina di giorni e scarcerato infine per interessamento del Vescovo mons. Colli.
(A questo punto vale la pena ricordare che don Licinio era stato preceduto dalla disavventura del coraggioso arciprete di Calestano, che nel 1935 era stato mandato al confino in Calabria dal regime fascista, perché aveva osato criticare dal pulpito la guerra d'Etiopia, mentre tutta l'Italia la osannava).

Don Licinio ha cambiato diversi impegni pastorali, anche perché veniva inviato in Parrocchie dove era necessario sanare situazioni difficili precedenti e perché, spinto dal suo inguaribile spirito pastorale di avventura, è arrivato perfino a fare il Cappellano sulle navi per gli emigranti che partivano per tentare la fortuna in America.

Io non posso dimenticare la visita che gli ho fatto nella Casa di Cura Piccole Figlie la sera prima della sua morte, quando ormai aveva perso conoscenza. Aveva accanto al suo letto due medici suoi amici e discepoli, che gli tenevano uno la mano destra e l'altro la mano sinistra, non certamente ormai per curarlo, ma semplicemente per commossa riconoscenza, espressa con queste parole: "Gli dobbiamo tanto: se non c'era don Licinio a convincere i nostri genitori a farci studiare, a seguirci con il suo incoraggiamento e con le sue lezioni private, noi avremmo fatto gli agricoltori come i nostri genitori".
Con lo stesso atteggiamento premuroso e intelligente, don Licinio sapeva accendere il desiderio del sacerdozio nei ragazzi che riteneva potenzialmente disponibili e li seguiva con l'incoraggiamento e con l'aiuto negli studi. Infatti era anche culturalmente ben ferrato. Tra l'altro, nelle Parrocchie dove è stato, organizzava corsi di lezioni per i ragazzi: come tanti preti dell'epoca, era una specie di "don Milani ante litteram". Che preti, i nostri preti di una volta!

I funerali di don Licinio sono stati celebrati nella mia Chiesa di S. Maria del Rosario in Via Isola (ci tenevo, per un suo antico legame con la mia famiglia e con me) ed è stato sepolto nel cimitero di Ravarano (accanto a sua sorella).
Già, proprio a Ravarano, "paese appennino", il paese della sua "ruggente" giovinezza sacerdotale!

(tratto da “I miei preti..... I nostri preti”, di don Domenico Magri - Grafica Langhiranese - 2008)


Profili di preti: mons. Ampelio Zoni

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

MONS. AMPELIO ZONI
17 agosto 1923 - 29 maggio 2008

MonsAmpelioZoniChe prete caro, simpatico, mite e dolce!
E buono a tutto, nel significato più vero e più bello del termine. Con la sua obbedienza, la sua fede, il suo zelo e il suo temperamento così gradevole, è stato amato da tutti.
E soprattutto dal Signore!

-  nato a San Martino Sinzano (Collecchio) il 17 agosto 1923
-  ordinato presbitero in Cattedrale il 22 giugno 1947
-  dal 1947 al 1949 cappellano a Roccabianca
-  dal 1949 al 1953 parroco a Bosco di Corniglio
-  dal 1953 al 1959 parroco a Casalbaroncolo
-  dal 1959 al 1970 parroco a S.Leonardo in Parma
-  dal 1970 al 1997 Rettore della Chiesa di S.Lucia in Parma
-  dal 1970 al 1974 Segretario Commissione diocesana vocazioni
-  dal 1970 al 1985 Consulente ecclesiastico CIF
-  dal 1975 Assistente AIMC
-  dal 1978 al 1980 Economo Spirituale di S.Vitale in Parma
-  dal 1970 Direttore-assistente dei Gruppi di Volontariato vincenziano e insegnante di religione presso le Orsoline
-  nel 1982 Delegato vescovile a Castrignano e Riano
-  dal 1984 al 2000 canonico della Cattedrale e poi onorario.
-  dal 1997 ospite di Villa S.Ilario
-  deceduto il 29 maggio 2008 a Villa S.Ilario

Soprattutto in questi ultimi tempi a Villa S.Ilario, caldo rifugio protettivo dei preti anziani e ammalati, don Ampelio faceva tanta tenerezza: forse aveva perso la lucidità, secondo gli schemi abituali che noi abbiamo per giudicare, ma aveva qualcosa che ti prendeva con un linguaggio che più parlante non poteva essere. Quando ti avvicinavi, ti guardava con occhi supplichevoli, alle volte con le gote bagnate di lacrime e gemeva, gemeva.... Appariva così indifeso! E non resistevi alla tentazione di coccolarlo e accarezzarlo.
Attirava in questo modo l'attenzione affettuosa di tutti: del nipote Sergio che veniva tutti i giorni con una fedeltà commovente ad aiutarlo nel pasto di mezzogiorno, dei confratelli, delle suore, degli operatori e operatrici che l'hanno sempre accudito con una premurosa assistenza che rasentava la venerazione.
Se noi lo ricordiamo come era prima della lunga malattia, durata undici anni, don Ampelio era dolce, trasparente, ricco di fede, mite ed umile di cuore, operoso e zelante in tutte le missioni che gli sono state affidate: subito dopo l'ordinazione sacerdotale (nel 1947) a Roccabianca come cappellano e poi a Bosco di Corniglio, a Casalbaroncolo, alla popolosa Parrocchia di S. Leonardo, nella Chiesa di S. Lucia, in Cattedrale come canonico, in tanti impegni di carattere diocesano e infine a Villa S. Ilario, dove la sua vivacità di carattere si è spenta a poco a poco in questi anni assieme alle sue forze fisiche. Infatti don Ampelio era un tipo vivace e spiritoso, il chè non guasta! Sapeva condire il ministero della parola e l'approccio alle persone con uno stile sereno e rasserenante, tirando fuori dal suo repertorio le battute e le frasi originali che non ti aspettavi.

Aveva il dono della scrittura e se ne serviva con il giornalino parrocchiale e con piccole composizioni, come le lettere simpaticamente indirizzate a diverse categorie di persone.

A me faceva sempre impressione la frase scritta sotto la testata del giornalino parrocchiale di S. Leonardo: "Questo giornalino vive di offerte fatte volentieri". In questa frase possiamo anche vedere una specie di auto-elogio inconsapevole, perchè don Ampelio ha sempre fatto "volentieri" l'offerta della sua missione sacerdotale, dovunque gli sia stata richiesta.

Ma aveva anche il dono della parola, parallelo a quello della scrittura: sapeva spezzare il pane della Parola di Dio, rendendola facile da capire, da gustare e da praticare. Chi non ricorda le spiegazioni del Vangelo domenicale al sabato sera nella TV locale e le Omelie della Messa alle ore 21 in Santa Lucia, occasione attesa e desiderata da tanti fedeli della domenica sera?

Don Ampelio è stato un prete cui la Diocesi deve tanta riconoscenza, tutti coloro che lo hanno conosciuto e accostato gli devono tanta riconoscenza.
Spero di non mancare di correttezza teologica, se dico che anche il Signore gli deve tanta riconoscenza, perché ha avuto bisogno di lui e don Ampelio ha fatto quanto gli è stato richiesto: gli ha donato anche la sofferenza fisica, durata undici anni. E adesso il Signore lo ringrazia certamente: lo ringrazia da par suo, alla sua maniera! "Bene, servo buono e fedele, prendi parte alla gioia del tuo Signore".
Don Domenico Magri - Basilica Cattedrale, 31 maggio 2008

(tratto da “I miei preti..... I nostri preti”, di don Domenico Magri - Grafica Langhiranese - 2008)


Profili di preti: mons. Amilcare Pasini

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

MONS. AMILCARE PASINI, Ausiliare e Amministratore Apostolico di Parma dal 1966 al 1971, Vescovo di Parma dal 1971 al 1981
3 novembre 1917 - 24 maggio 1995

VescovoPasiniConsacrato vescovo subito dopo la conclusione del Concilio, quando è stato chiamato alla guida della Chiesa di Parma ha avuto il coraggio delle decisioni a prova di Concilio. Decisioni che in certi casi gli sono costate care. Inoltre ha provato l’angoscia per l’abbandono di molti sacerdoti. Come se questo non bastasse è stato colpito dalla cecità negli ultimi 14 anni della sua vita.

- nato a Gainago di Torrile il 3 novembre 1917
- ordinato sacerdote il 16 giugno 1940
- Laurea in Diritto Canonico nel 1945 alla Università Gregoriana di
Roma e  insegnante in Seminario della stessa materia dal 1943
- Direttore Spirituale del Seminario Minore dal 1943 al 1945
- Direttore Spirituale del Seminario Maggiore dal 1945 al 1962
- Vicario Generale della Diocesi nel 1962
- Consacrato Vescovo il 14 gennaio 1966 come Ausiliare del Vescovo
mons. Colli
- nominato Amministratore Apostolico di Parma il 10 novembe 1966
-  nominato Vescovo di Parma il 5 agosto 1971
- rinuncia per malferma salute il 30 novembre 1981
- deceduto improvvisamente a Roma il 24 maggio 1995

Il Vescovo mons. Pasini è un frutto prezioso della Chiesa di Parma, alla quale ha dedicato tutta la sua vita di sacerdote e di vescovo.
Non sta a me fare la "commemorazione" di mons. Pasini, anche se, come tutti i preti di Parma, avrei tante cose da dire e da raccontare.

L'ho avuto nell'anno di II ginnasio (1943-1944) in Seminario Minore come Direttore spirituale: era un giovane prete appena tornato da Roma, dove si era laureato in Diritto Canonico. L'ho ritrovato in Seminario Maggiore come Direttore Spirituale dalla I liceo e poi come insegnante di Diritto Canonico in teologia. Mi ha accompagnato fino al sacerdozio e non solo.

Mons. Pasini è entrato nella mia storia e nella storia di tanti di noi con la sua fede straordinaria e con il suo grande zelo pastorale, prima come direttore spirituale del Seminario, poi come Vicario generale e infine come Vescovo.
La sua nomina a vescovo ha suscitato consensi, ma anche qualche disappunto da parte di chi lo guardava e avrebbe continuato a guardarlo con una certa malcelata supponenza e con la convinzione che altri avrebbero fatto meglio di lui. Tutto questo non ha certo giovato all'unità della Chiesa diocesana e ha causato indubbiamente intima sofferenza in mons. Pasini, che ha sempre cercato di essere padre e pastore di tutti, anche di quelli che facevano fatica ad accettarlo come vescovo.

Ha cominciato a fare il vescovo nel 1966, prima come Ausiliare e poi come Amministratore Apostolico, mentre al primo piano del vescovado, fino alla morte avvenuta nel 1971, c'era l'anziano e grande vescovo mons. Colli, al quale mons. Pasini ha sempre tributato molta riconoscenza e anche molto riguardo nelle scelte della pastorale diocesana.

Mons. Pasini ha sofferto molto, a cominciare dalle sofferenze fisiche: basta ricordare l'infarto, la caduta rovinosa in vescovado che lo aveva ridotto in fin di vita e infne la cecità che è durata quattordici anni, fino alla sua morte.
La sofferenza della cecità possiamo solo tentare di immaginarla: lo ha indotto a dimettersi dal governo della Diocesi continuando a servire la Diocesi con docilità e devozione assoluta verso il successore mons. Cocchi. Vale la pena ricordare che, nonostante la cecità, ha sempre accettato gli inviti per le varie celebrazioni, Cresime comprese, con una disponibilità totale a ricevere tutti e a dialogare con tutti. Al mattino veniva accompagnato nella Cripta della Cattedrale per il ministero della Riconciliazione: era l'occasione in cui esprimeva il meglio di se stesso con la sua fede e la sua saggezza spirituale.

Pensando alla sua vicenda di vescovo, bisogna riconoscere che ha pure sofferto molto nello spirito per tante decisioni che ha avuto il coraggio di prendere e che gli sono costate care.
Mons. Pasini ha saputo assumersi fino in fondo le responsabilità di vescovo e non è stato mai condizionato da motivazioni puramente umane e di comodo nelle scelte che ha fatto.

Aveva come "lampada per i suoi passi" non solo la sua fede e la sua profonda spiritualità, ma tutta la grande, impegnativa e fresca eredità culturale e pastorale del Concilio, che si era appena concluso quando lui è diventato vescovo.
Non ha fatto in tempo a partecipare come vescovo al Concilio, ma ha preso su di sè l'impegno per realizzarlo in Diocesi, seguendo lo stile collegiale auspicato dal Concilio.
Ha istituito ben presto il Consiglio pastorale Diocesano, facendo opera di promozione per i Consigli parrocchiali e contemporaneamete ha istituito il Consiglio presbiterale, senza dimenticare la Caritas, presto diffusa e radicata nelle singole parrocchie, così come è avvenuto per i Circoli ANSPI.
Si è scelto il nuovo vicario generale nella persona di mons. Franco Grisenti e, dopo adeguata consultazione del Presbiterio, ha scelto mons. Giacomo Antolini come vicario episcopale, cui si aggiungerà il giovane don James Schianchi come pro-vicario episcopale.

Non è il caso di dire che alla fine decideva sempre lui come vescovo, ma si era circondato di un sistema ecclesiale di consulenza e di supporto alla sue decisioni. Ad es. ho ancora nella memoria la istituzione della "Commissione per le nomine", formata da un gruppo di preti, che lui riuniva regolarmente per avere consigli e pareri sui trasferimenti e le nomine dei sacerdoti: nel suo genere è stata una cosa veramente unica nella santa Chiesa di Dio!
Io stesso devo essere stato "vittima" di questa Commissione, quando ho ricevuto dal vescovo la richiesta di lasciare Ognissanti-Santa Maria del Rosario per andare parroco a Langhirano.
Anche in questa occasione ha dimostrato la sua disponibilità, seppure con un po' di fatica, a spiegare e a motivare nella mia comunità questa decisione nei miei confronti, Ha infatti accettato il mio invito a venire a questo scopo nel Consiglio Pastorale della Comunità Interparrocchiale di Ognissanti. Si è trattato di una riunione abbastanza tempestosa, come era prevedibile, e anche il vescovo a un certo punto ha perso la calma. Ma quando penso a quella sua presenza così sofferta, ho un motivo in più per ricordarlo con ammirazione.
C'è di più: aveva provveduto in precedenza a mandare il vicario mons. Grisenti a Langhirano per chiedere ai sacerdoti della Zona pastorale di esprimere una rosa di nomi per il nuovo parroco al posto di mons. Francesco Percudani. Nessuno dei preti presenti ha pensato di suggerire il mio nome, ma anche questa iniziativa non è stata certo inutile, come prova della buona volontà collegiale del vescovo.

Per quanto riguarda la sua apertura al ruolo dei laici, è da ricordare il momento più alto, cioè il Convegno Evangelizzazione e Promozione Umana (EPU), da lui voluto nel 1978.
Bisogna tenere conto inoltre del fermento generale che ha coinvolto molto tempo prima del Convegno EPU, cioè subito dopo il Concilio, la base diocesana soprattutto giovanile, e che ha avuto le manifestazioni più interessanti nella componente laicale che ha vivacizzato il Consiglio pastorale diocesano, guidato in quel periodo dal prof. Marco Bertè e dal prof. Pietro Bonardi.
Bisogna riconoscere che mons. Pasini ha avuto in sorte, come vescovo, il periodo particolarmente difficile del dopo Concilio, con la contestazione che è arrivata anche all'interno della Chiesa di Parma: basta pensare all'episodio drammatico della occupazione della Cattedrale, alla forte e improvvisa riduzione numerica dei seminaristi e alla crisi dell'Azione Cattolica, che era stata il punto di forza delle comunità parrocchiali e il fiore all'occhiello della Diocesi al tempo di mons. Colli.
Il suo cuore è stato dolorosamente colpito soprattutto dall'abbandono del sacerdozio da parte di un numero consistente di preti giovani, che lui stesso aveva cercato di formare come direttore spirituale del Seminario. Li ha comunque seguiti con paterna benevolenza anche dopo il loro abbandono. C'è stato un momento in cui non ha resistito: davanti a un prete fidato è scoppiato in un pianto dirotto e alludendo al quindicesimo confratello che aveva appena lasciato il sacerdozio, è uscito con questa esclamazione: "Pensavo che le stazioni della Via Crucis fossero 14 e invece adesso mi sono accorto che sono 15!"

Il vescovo mons. Pasini ha avuto certo anche delle soddisfazioni durante il suo ministero episcopale. Basta pensare alla gioiosa fatica delle Visite pastorali, compiute tra l'altro in modo innovativo nei confronti del passato. Le Visite pastorali gli hanno permesso di conoscere il territorio attraverso l'incontro e il dialogo con le realtà sociali e civili presenti in loco. E naturalmente gli hanno  permesso di approfondire il legame con i parroci e con le popolazioni, che del vescovo mons. Pasini hanno potuto così apprezzare la fede, la sapienza pastorale, la carità e la delicata sensibilità verso ogni tipo di sofferenza, che aveva come segno concreto la visita ai malati della Parrocchia, accompagnato dal parroco.

Fra gli eventi lieti e "gloriosi" del suo episcopato, penso sia soprattutto da ricordare il Congresso Eucaristico Diocesano (l'ultimo, purtroppo, nella storia della Diocesi!), celebrato a Langhirano dal 3 all'11 maggio 1980. Mons. Pasini mi aveva trasferito da Ognissanti-S.Maria del Rosario a Langhirano chiedendo la mia disponibilità ad organizzarlo.
Mi è impossibile rendere l'idea dell'impegno del vescovo, con una presenza frequente a Langhirano nei mesi di preparazione e con una presenza veramente totale nei giorni della celebrazione. Mons. Pasini è riuscito a mobilitare letteralmente tutta la Diocesi, che si è riversata in quei giorni benedetti a Langhirano. Particolarmente significative sono state la camminata della fede di oltre un migliaio di giovani; la giornata dedicata al tema della carità con il Vescovo di Udine mons. Battisti; la giornata dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose con il card. Ballestrero; il trionfo finale dell'Eucaristia con la Messa del card. Baggio con tanti concelebranti e con una processione interminabile. Chi non ricorda il saluto finale di mons. Pasini, che ha parlato a braccio, ma con un tono vibrante e pieno di fede, di gioia e di riconoscenza al Signore?

Tra gli avvenimenti significativi che hanno avuto nel vescovo mons. Pasini un illuminato ispiratore, va citato ancora il Convegno EPU (Evangelizzazione e Promozione Umana). Si è trattato di un vivace laboratorio di riflessioni di alto profilo, che ha coinvolto le forze migliori della Chiesa di Parma.
Questo Convegno, dimostra la lungimirante visione culturale e pastorale di mons. Pasini, anche se, bisogna riconoscerlo, da una parte del clero e dei laici la sua figura e la sua opera non è stata tenuta in adeguata considerazione. Penso sia tempo ormai di rivalutare la sua figura e la sua personalità: se lo merita davanti alla storia della Diocesi.

È doveroso tra l'altro mettere in rilievo quanto ha fatto per i sacerdoti. Molti li aveva "allevati spiritualmente" lui stesso in Seminario, li seguiva con amore, si preoccupava delle loro difficoltà e delle condizioni di salute dei famigliari: nella copiosa corrispondenza epistolare (quante lettere affettuose ha scritto!) e nei colloqui con i preti non mancavano mai espressioni delicate di interessamento in questo senso.
Soprattutto verso i sacerdoti ammalati e anziani ha speso le sue migliori energie. Non si è limitato a visitarli con assiduità, a domicilio, all'ospedale, in Case di Riposo e anche fuori Diocesi, per confortarli con la sua presenza, ma ha messo in movimento la Diocesi, avvalendosi della tenacia e del grande cuore del compianto mons. Pietro Boraschi, che avrà poi come continuatore don Franco Guiduzzi. È doveroso ricordare pure gli interventi, come sempre decisivi, di mons. Grisenti: è difficile trovare operazioni in Diocesi che non abbiano avuto lui come protagonista.
E così è stato costruito per i sacerdoti anziani un caldo rifugio protettivo, prima con Villa S Bernardo e poi con Villa S. Ilario. Certamente è stato determinante l'appoggio concreto e operativo del successore, il caro vescovo mons. Cocchi, che ha portato a termine il progetto e il sogno di mons. Pasini. Ora i sacerdoti anziani sono accolti in Villa S. Ilario, una struttura ad hoc che altre Diocesi ci invidiano perchè non ce l'hanno.

La sua profonda sensibilità ecclesiale lo ha sempre visto presente e attento agli eventi della Chiesa italiana, fino alla morte improvvisa a Roma, dove era andato, pur in stato di cecità, per partecipare all'assemblea nazionale della CEI.

Nutriva un amore straordinario per la Cattedrale: ha incoraggiato mons. Grisenti, che lui ha avuto la felice intuizione di scegliere come vicario generale, a riportare con i restauri allo splendore nativo la Cattedrale e il Battistero. In Cattedrale ha voluto essere sepolto, nella Cappella di S. Agata. Le sue spoglie mortali sono lì, accanto al vescovo mons. Francesco Magani, deceduto nel 1907: due vescovi così vicini nella tomba, ma così lontani per epoca di vita e così diversi come temperamento e sensibilità!

Al caro vescovo Pasini, assieme al ricordo fatto di preghiera, vogliamo dire una sola parola: grazie!

(tratto da “Vescovi, preti, suore, amici”, di don Domenico Magri - Likecube - 2012)


Profili di preti: mons. Andrea Maggiali

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

MONS. ANDREA MAGGIALI
2 luglio 1920  -  25 maggio 2006

Mons. Andrea MaggialiMons. Maggiali ha lasciato il segno! Un prete dalla fede straripante e con tanta gioia di essere prete. Un prete servo fedele della Chiesa come direttore spirituale in Seminario, come parroco e in tutto quello che gli veniva chiesto. Ed è stato un grande protagonista dell’ultimo Congresso Eucaristico Diocesano (1980).
Colgo appunto l’occasione del ricordo di mons. Maggiali nell’anniversario della sua morte, per rievocare, con relative foto, lo straordinario evento di Grazia del Congresso Eucaristico, celebrato a Langhirano, ma celebrato da tutta la Diocesi.
Questa rievocazione è una opportunità per i “vecchi” che lo hanno vissuto e lo possono rivivere e una opportunità per i giovani che allora non c’erano. Per tutti può servire come confronto e stimolo. Che Diocesi la Diocesi di Parma nel maggio di 37 anni fa!

- nato a Pratopiano (Palanzano) il 2 luglio 1920
- deceduto alla Casa di Cura Piccole Figlie il 25 maggio 2006
- ordinato sacerdote dal Vescovo mons. Colli il 3 gennaio 1943
- Licenzato in Filosofia, Pedagogia, Psicologia e laureato in Scienze dell'Educazione presso la Pontificia Università Salesiana.
- vice rettore del Seminario Maggiore dal 1942 al 1945
- Propagandista dell'Opera Vocazioni Ecclesiastiche dal 1942 al 1945
- Cappellano delle Suore Cappuccine dal 1944 al 1945
- Insegnante di Religione al Liceo-Ginnasio Romagnosi dal 1945 al 1977
- Canonico Onorario della Basilica Cattedrale nel 1966
- Direttore Spirituale del Seminario Minore dal 1945 al 1966
- Parroco di S. Sepolcro dal 1966
- Vice direttore dell'Ufficio Catechistico Diocesano dal 1966 al 1981
- Assistente dei Lauretati Cattolici dal 1946 al 1976
- Consulente Regionale U.C.I.I.M. dal 1946 al 1976
- Incaricato per il Quotidiano Cattolico dal 1978
- Presidente del Comitato Diocesano del Congresso Eucaristico nel 1980
- Rappresentante dell'Ordinario Diocesano nel Consiglio Aiuto Sociale presso il Tribunale Civile e Penale dal 1960 al 1984
- Vicario Pastorale Zonale di Parma-Centro dal 1978 al 1981
- Delegato Diocesano per la Pastorale Mariana dal 1991
- Assistente Spirituale Comitato Diocesano Anziani dal 1980
- Assistente Ecclesiastico Società di S. Vincenzo de' Paoli dal 1986

La Chiesa di Parma deve molto alla testimonianza sacerdotale e umana di mons. Andrea Maggiali: basta scorrere il curriculum degli incarichi ricoperti durante la sua vita sacerdotale e soprattutto basta averlo accostato e avere sperimentato il suo ardore apostolico e il suo alto profilo spirituale.
Va segnalata in particolare la sua attenzione alla vita e ai problemi dei sacerdoti, delle cui vicende era attento e amorevole osservatore. Questo gli permetteva di pubblicare tempestivamente ogni volta sulla Gazzetta di Parma la biografia e le caratteristiche del prete appena defunto. Possiamo dire che in una certo senso era il "cantore" entusiasta dei preti, entusiasta lui stesso del suo essere prete.
Io personalmente gli devo molta riconoscenza per quello che ho ricevuto da lui quando era Direttore spirituale del Seminario Minore e come amico e mio consigliere fino alla sua morte.
Ho pure molta riconoscenza da esprimere per quanto mons. Maggiali ha fatto di supporto alla Parrocchia di Langhirano come Presidente diocesano per il Congresso Eucaristico celebrato nel 1980: in quella occasione oltretutto ha dimostrato anche molta efficienza organizzativa.

(tratto da “I miei preti..... I nostri preti”, di don Domenico Magri - Grafica Langhiranese - 2008)

Mons. Maggiali è stato protagonista, come Presidente diocesano, del Congresso Eucaristico del 1980, la cui storia, con relative immagini fotografiche, è disponibile cliccando qui.