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Profili di preti: don Erminio Lambertini

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON ERMINIO LAMBERTINI
26 giugno 1911- 8 ottobre 1970

DonErminioLambertini

"al prét di capanòn"
Presento don Lambertini visto solo dalla parte di Ognissanti-S. Maria del Rosario, perchè non ho conoscenze adeguate sulla sua storia tutta particolare, con tanti risvolti umani e pastorali. D’altra parte l’essere stato parroco della comunità parrocchiale di Ognissanti-S.Maria del Rosario mi ha fatto capire qualcosa di importante e significativo su don Lambertini: Ognissanti-S.Maria del Rosario è stata la comunità che ha”ereditato” gli amici di don Lambertini i “Capanòn” venuti dalla Navetta e dal Cornocchio. Una bella storia da raccontare!
 

-Nato a Carignano il 26 giugno 1911
-Ordinazione sacerdotale il 29 giugno 1934
-Cappellano a Sala Baganza nel 1934
-Adetto ai "Capannoni" del Cornocchio e della Navetta nel 1940
-Parroco al S. Spirito in Santa Teresa nel 1940
-Cappellano dell'Ospedale Psichiatrico di Colorno nel 1959
-Deceduto a Colorno il giorno 8 ottobre 1970

 

Un interessante numero unico su don Erminio Lambertini, appena uscito in occasione del centesimo anniversario della sua nascita, mi suggerisce alcuni ricordi che lo legano, direttamente o indirettamente, alla Parrocchia di Ognissanti-Santa Maria del Rosario.

Don Lambertini era parroco di S. Teresa in Borgo Tanzi, dove poi è stato costruito l'edificio dell'Anagrafe comunale, e si era salvato per miracolo nel bombardamento che aveva distrutto la sua Chiesa il 25 aprile 1944.

Ebbene, la nuova Chiesa di S. Maria del Rosario in Via Isola è stata costruita (1959-1961) con i contributi avuti con la legge sui danni di guerra per la Chiesa di S. Teresa: così doveva chiamarsi la nuova Chiesa. Infatti, per l'approvazione e il finanziamento del Ministero competente, il progetto dell'architetto Luigi Sassi era intestato a S.Teresa. E' stato poi chiesto e ottenuto di chiamarla S. Maria del Rosario.

Poco dopo il mio arrivo come parroco di Ognissanti (1958) quando la Chiesa nuova non era ancora stata costruita, sono arrivate dalla Navetta e dal Cornocchio le famiglie che hanno riempito i due nuovi edifici popolari di Via Colla e Via Taro nel quartiere Baganza. Una parte di queste famiglie era stata letteralmente sradicata, durante il regime fascista, dal vecchio e "mitico" Borgo Carra (ora Via Gorizia e dintorni), classico "territorio" di Ognissanti, ed ora le stesse famiglie ritornavano ad abitare nella stessa Parrocchia, seppure più distanti dalla Chiesa. Una volta abbandonate forzatamente in Borgo Carra le vecchie case fatiscenti, ma a loro tanto care, queste famiglie lasciavano una preziosa eredità spirituale alla Parrocchia di Ognissanti: la piccola "Madonna di Borgo Carra" tolta dal muro di una casa in demolizione e ora custodita e onorata devotamente nella Chiesa.

Erano tante le famiglie che venivano dai capannoni della Navetta e del Cornocchio dove erano state sistemate a suo tempo. I capannoni erano abitazioni da considerare poco più che baracche, e così anche alle persone che vi abitavano era stato "appioppato" il titolo poco elegante e alquanto dispregiativo di "capannoni".

Si trattava di famiglie povere, arrivate in Via Taro e in Via Colla con tanti problemi connessi: si sono aggiunte alle famiglie con le stesse caratteristiche, che da sempre riempivano il cosidetto Palazzone in Via Baganza n.1.

Come comunità cristiana ci siamo attivati subito per aiutare queste nuove famiglie, che avevano ben presto imparato l'indirizzo della Parrocchia per chiedere assistenza. Naturalmente nello stesso tempo abbiamo pensato alla loro cura pastorale, oltre alla cura pastorale delle altre famiglie dello stesso quartiere. Abbiamo subito preso in affitto per il catechismo e la Messa festiva un garage, piccolo piccolo. Ma Gesù Eucaristia vi si trovava certamente a suo agio! Poi siamo traslocati in un seminterrato più spazioso. E' venuto a celebrare anche il vescovo mons. Colli: dopo la Messa, superando una certa apprensione per il tipo di ambiente umano da affrontare, aveva camminato sotto le finestre del palazzo di via Colla e si era visibilmente commosso per le voci esultanti e quasi gridate di accoglienza delle persone, stupite di vedere il vescovo tutto vestito di rosso venuto lì apposta per loro: un evento forse mai successo quando per anni abitavano alla Navetta e al Cornocchio!

Per il catechismo e soprattutto per la Messa della domenica c'era il prezioso servizio di accompagnamento dei ragazzi, garantito dagli studenti della FUCI. (Grazie, carissimi amici di quei giorni lieti: eravate così giovani e disponibili a "perdere" la vostra domenica mattina per i ragazzi, forse un po' troppo vivaci, ma inguaribilmente simpatici. Non vi dimentico e ho ancora qualche nome preciso dentro il mio cuore).

Nel frattempo era stata costruita la Chiesa di S. Maria del Rosario in Via Isola e accanto alla antica e gloriosa Conferenza di S. Vincenzo era nata la Caritas con l'entusiasmo delle cose nuove. Ci eravamo organizzati per aiutare queste famiglie del quartiere Baganza che, oltre ad essere visitate a domicilio quando occorreva, avevano un appuntamento fisso con noi ogni martedì in via Isola. C'era la fila, e a coordinare tutta l'assistenza c'era una signora meravigliosa, ora avanti negli anni, ma sempre in perfetta forma: Laila Ferretti Castagnoli. E' un nome da tenere presente: non sarà mai ricordata e ammirata abbastanza per quello che ha fatto con la sua fede e il suo amore ai bisognosi.

A proposito del quartiere Baganza, non posso non citare l'impegno profuso dai cappellani di Ognissanti del tempo: don Luigi Maggiali, don James Schianchi, don Giuseppe Montali e soprattutto don Sergio Sacchi, che è stato il pioniere pastorale e della carità evangelica fra la gente trasferita lì dal Cornocchio e dalla Navetta. Si può ben dire che don Sergio è stato il vero successore di don Lambertini nel quartiere Baganza!

E don Lambertini ha avuto almeno un contatto diretto con Ognissanti-S.Maria del Rosario? Sì, certo. Nel 1961 abbiamo pensato di tenere una Missione popolare nel quartiere Baganza: e a chi ci siamo rivolti? Naturalmente a don Lambertini, che aveva seguito per decenni con un amore indescrivibile la gente dei capannoni della Navetta e del Cornocchio. Per lui è stato come un ritorno a casa. La Missione è riuscita bene sul piano strettamente religioso, ma anche e soprattutto sul piano dei valori cristiani e umani, che lui ha saputo presentare con efficacia, con un linguaggio già collaudato per questi suoi amici di vecchia data. Questo prete povero, umile, schietto e dal cuore grande come il mare, che parlava in maniera accorata e ricca di sentimenti, ha saputo far vibrare e commuovere il cuore dei suoi amati "ex-capannoni". E per lui è stato un trionfo!

PS. Nel 1968 il vescovo mons. Pasini ha eretto canonicamente la nuova parrocchia di S. Pellegrino, comprendente il quartiere Baganza e a sud il confinante quartiere Farnese, affidandola al compianto don Giuseppe Tanzi, con il compito di costruire la Chiesa. Ma qui incomincia un'altra storia: anche questa una storia meravigliosa! 

(tratto da “Vescovipretisuoreamici”, di don Domenico Magri - Editrice Likecube - 2012)


Profili di preti: mons. Alberto Spagnoli

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

MONS. ALBERTO SPAGNOLIMonsAlbertoSpagnoli
19 marzo 1923 – 13 ottobre 1998

Ha fatto il prete (un grande prete!) in punta di piedi: lui era così! Senza fare rumore è stato importante per la Diocesi con la la sua fede, la sua cultura e la sua saggezza umana e pastorale. Nato in montagna, a Bergotto, ha cominciato a fare il parroco in montagna, a Grammatica, poi parroco in città a S. Quintino, insegnante di teologia morale in Seminario, vicario episcopale e infine parroco di Traversetolo. Sempre amato da Dio e da tutti: che cosa vogliamo di più da un sacerdote?
 

- nato a Bergotto (Berceto) il 19 marzo 1923
- ordinato sacerdote il 20 aprile 1946
- parroco di Grammatica dal 1946 al 1948
- vicario adiutore di Sorbolo dal 1946 al 1951
- parroco di S. Quintino dal 1951 al 1978
- Parroco di Traversetelo dal 1978
- deceduto a Traversetolo il 13 ottobre 1998
- licenza in Teologia dalla Pontificia Università Lateranense nel 1977
- Prelato d'Onore di Sua Santità nel 1987
- insegnante di Teologia Morale in Seminario dal 1954 al 1970
- Vicario episcopale dal 1983 al 1986
- Vicario pastorale zonale dal 1978 al 1986

 

Il mio ricordo di Don Alberto Spagnoli: é passato in mezzo a noi quasi in punta di piedi e con la preoccupazione di non farsi notare. Non c'è riuscito, pur così discreto, perchè non poteva non fare risplendere la ricchezza della sua personalità.

Nato in quel di Berceto, nella frazione di Bergotto, ha vissuto il periodo del Seminario come tutti i bravi giovani in attesa di diventare preti, studiando e sognando una vita sacerdotale donata al Signore e ai fratelli. Al vescovo Colli, che scrutava i preti con occhio clinico e dava fiducia ai giovani, non è sfuggito don Alberto, per la sua serietà, la sua intelligenza e la sua applicazione negli studi di Teologia.

Appena ordinato sacerdote viene comunque mandato, come si dice, a fare la gavetta a Grammatica (Corniglio), una delle parrocchie più disagiate della montagna: c'era la convinzione nel vescovo che un po' di tirocinio in montagna faceva bene a tutti e in particolare anche ai sacerdoti più dotati e dal futuro promettente. Sceso da Grammatica, dopo alcuni anni come vicario adiutore a Sorbolo, il vescovo Colli, intuendo in questo giovane prete così silenzioso e schivo doti con comuni, lo "lancia" come parroco di S. Quintino in città e insegnante di Teologia morale in Seminario.

Io non l'ho avuto come insegnante, perchè ho fatto Teologia morale con mons. Francesco Oppici. Ricordo però la chiarezza e la profondità che sapeva dimostrare nella riunione mensile dei preti per la "soluzione dei casi". In quella riunione, presieduta dal vescovo che faceva sempre soggezione, veniva estratto a sorte un sacerdote che doveva dimostrare di essersi preparato sul caso proposto e alla fine l'insegnante del Seminario concludeva con la soluzione del caso, che era chiamata un po' ampollosamente "magistrale".

Don Alberto è arrivato così al 1978 senza immaginare che questo anno gli avrebbe cambiato la vita.
Era benvoluto e stimato nella tranquilla Parrocchia di S. Quintino e nell'ambiente diocesano e inoltre aveva già raggiunto non certo la stagione della vecchiaia, ma una discreta maturità degli anni. Nel mese di giugno 1978 era morto il parroco di Traversetolo mons. Mario Affolti e nel frattempo il vescovo Pasini era d'accordo con mons. Francesco Percudani che lasciasse Langhirano e quindi si è trovato a dover provvedere in contemporanea a due grosse parrocchie della Diocesi. Il vescovo, che ha poi scelto me per Langhirano, ha fatto la scelta di don Spagnoli per Traversetolo. Posso raccontare come è avvenuto il modo di questa scelta, perchè me lo ha confidato a suo tempo il vescovo stesso mons. Pasini.

Appena pochi giorni dopo la morte di mons. Affolti, gli ha proposto di andare a Traversetolo, con grande stupore e disappunto di don Alberto per questa richiesta imprevista. Davanti a questa reazione il vescovo non ha fatto marcia indietro, ma con molta delicatezza gli ha lasciato il tempo a sua discrezione per riflettere e dare la risposta. E ha atteso pazientemente (cosa abbastanza difficile per mons. Pasini!) nonostante il passare delle settimane e dei mesi. Infatti don Alberto si è presentato finalmente solo nel pomeriggio del 15 agosto per dire di sì, piangendo come un bambino davanti al vescovo. Magnifico don Alberto!

La sua vita di parroco doveva ricominciare da capo a un'età non più giovanissima e in un paese impegnativo. Impegnativo sì, ma ancora ricco di fede e capace di ricolmarlo di tante soddisfazioni e affetto. Pochi anni dopo si è aggiunto anche l'impegno triennale di Vicario episcopale, dietro consultazione della base diocesana, secondo lo spirito della collegialità conciliare. Anche questa consultazione è stata la prova della stima grande che don Alberto godeva presso i sacerdoti.

Ci tengo a sottilineare che, a parte i buoni rapporti da sempre esistiti fra me e don Alberto, l'esserci trovati negli stessi anni parroci di due parrocchie "gemelle", ha reso ancora più intenso e proficuo il nostro dialogo amicale. A Travesetolo ha dato il meglio di se stesso come pastore buono e saggio, amato da tutti: non poteva essere altrimenti! Con il passare degli anni, non solo l'età ma in particolare la malattia consigliarono il vescovo Cocchi a mettergi vicino il carissimo don Aldino Arcari, che gli ha usato sempre tanta attenzione e riguardo e che ora ne è il degno successore.

Gli utimi tempi della sua vita, con il progredire della sua malattia, li ha trascorsi ospite di Villa Pigorini, di cui era stato presidente come parroco.
Sono andato a trovarlo poco prima della sua morte: quanta melanconia mi ha fatto il "magnifico don Alberto"! Penso che don Alberto meriti veramente l'accoglienza riservata ai servi fedeli: "Entra nel gaudio del tuo Signore". 

(tratto da “Vescovipretisuoreamici”, di don Domenico Magri - Editrice Likecube - 2012)


Profili di preti: don Cesare Bizzarri

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON CESARE BIZZARRI
7 ottobre 1881 – 5 ottobre 1966

DonCesareBizzarri

È stato un prete da colpo di scena! È stato mandato al confino nel 1935 in un paese sperduto della Calabria, perché aveva disapprovato nell'omelia domenicale la guerra d’Etiopia, caso forse più unico che raro allora in Italia! Questo serve a dare l’idea di chi era il prete Bizzarri.


- nato a Mezzano Rondani il 7 ottobre 1881
- ordinato sacerdote il 29 giugno 1906
- coadiutore a Sissa nel 1907
- parroco a Calestano nel 1917
- parroco a Vigheffio nel 1935
- parroco di Valera nel 1942
- deceduto il 5 ottobre 1966


Premessa: queste informazioni su don Bizzarri sono tratte da una mia risposta inviata all’amico don Corrado Vitali, allora missionario in Brasile, che me ne aveva chiesto notizie. Nella lettera a don Corrado sono andato a memoria in base a quello che avevo sentito crescendo in famiglia e in paese a Calestano. Sono quindi possibili imprecisioni storiche nei dettagli.

Per quanto riguarda don Cesare Bizzarri, io scrivo quello che avevo sempre sentito in casa e nel mio paese di Calestano. Don Bizzarri mi aveva battezzato nel 1931, ma nel 1935 non era più parroco di Calestano. L'ho avvicinato qualche volta più avanti con molto affetto (la mia famiglia gli era molto legata), quando sono diventato prete.
Per saperne di più e fartene parte, ho chiesto allora notizie a don James Schianchi, che è stato suo parrocchiano a Vigheffio e ha avuto modo di ascoltare spesso i racconti di don Cesare. E poi ho consultato il suo curriculum in Curia. Ecco:
Don Bizzarri era nato a Mezzano Rondani nel 1881 ed era stato ordinato sacerdote nel 1906 per essere mandato come coadiutore, fino al 1907, a Sissa. Dal 1907 è stato delegato vescovile a Neviano Arduini fino al 1915, quando è diventato parroco di Calestano, dove è rimasto fino al 1935, anno della guerra d'Etiopia, che ha dato una svolta drammatica alla sua vita.
Infatti quando è stata dichiarata la guerra d'Etiopia, don Bizzarri ha avuto il coraggio, alla Messa della domenica, di criticare non il fascismo direttamente, ma la guerra contro l'Etiopia: cosa inaudita in quel periodo di regime dittatoriale fascista, accettato con entusiasmo da quasi tutti gli italiani!
Alcuni esponenti del fascismo calestanese, già irritati perché la parrocchia fra i giovani del paese faceva più presa che il partito, lo hanno denunciato. Dopo pochi giorni i carabinieri lo hanno arrestato e portato in carcere a Parma, dove ha subito un processo con la condanna al confino in uno sperduto paese nelle montagne della Calabria. Don Bizzarri ricordava spesso la sua vita grama e le tante confessioni nella chiesa del paese, perché, da bravo prete, si era messo a disposizione del parroco.

Don James non ricorda bene la durata del confino cui era stato condannato don Bizzarri nel processo a suo carico Ma dopo sei mesi, ben prima di scontare tutto il periodo di condanna, il confino gli era stato condonato, perché aveva scritto direttamente a Mussolini, chiedendo e ottenendo la grazia.
Questo invece non me l'ha detto don James: pare che i gerarchi calestanesi, turbati per una vicenda che era andata al di là delle loro intenzioni e impressionati per la reazione negativa dei compaesani contro di loro, abbiano scritto una lettera di scuse a don Bizzarri e pare che don Bizzarri, per fare colpo su Mussolini, abbia allegato questa lettera alla domanda di grazia.

Il ritorno anticipato di don Bizzari dal confino ha creato un imprevisto che lo ha fatto soffrire non poco. Lui pensava di rientrare a fare di nuovo il parroco a Calestano, nel paese dove era tanto amato e dove era stato visto partire in manette fra i carabinieri. Forse sognava una seconda festa di ingresso a Calestano!
Invece il Vescovo mons. Colli, pensando a un lungo periodo di assenza di don Bizzarri, aveva già provveduto nel frattempo a nominare il nuovo parroco di Calestano nella persona di don Umberto Miani.
A questo punto don Bizzarri non ha potuto fare altro che accettare la parrocchia di Vigheffio. Dopo il periodo di Vigheffio, dove è rimasto fino al 1942, è andato parroco a Valera, dove è morto il 5 ottobre 1966.

Ripeto che io non ho notizie dirette sulla sua vita di parroco a Calestano perché è andato via quando io avevo 4 anni.
Ho però fatto esperienza a posteriori della sua attività. Ad esempio era appassionato di musica e aveva insegnato le Messe del Perosi e la "mitica" (allora!) Messa del Mattioli. I cantori hanno continuato a eseguirle ancora per anni, fino a quando il coro si è estinto per mancanza di... ricambio generazionale.
Io ovviamente non ero presente, ma ricordo ancora una rima degli stornelli che i calestanesi componevano e cantavano ogni anno nel salone dell'antico palazzo chiamato la Corte, facendo umorismo e ironia benevola sui personaggi del paese.

Don Bizzarri era stato fra i primi sacerdoti a usare la moto ed ecco la rima scherzosa che veniva ripetuta su di lui, che ho appreso in famiglia da ragazzo e mi è rimasta sempre in mente: "Fra sprizzi, sprazzi e spruzzi, ecco arriva don Bizzarri sulla moto Guzzi!"

(tratto da “Preti e non solo”, di don Domenico Magri - Grafica Langhiranese - 2010)


Profili di preti: don Gianni Tommaso Mattioli

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON GIANNI TOMMASO MATTIOLI
21 dicembre 1929 - 6 ottobre 2011

DonGianniTommasoMattioli

Era un vero prete, ma con la capacità straordinaria dell'approccio rasserenante, dolce, gioioso e perfino giocoso con le persone: queste erano fra le sue doti pastorali più efficaci. A prima vista sembrava un tipo fragile come temperamento, ma quando è stato necessario si è comportato da prete forte e instancabile. Basta un nome: Torricella. E basta la sua testimonianza di fede e di coraggio nella sua malattia finale.


- nato a Neviano Arduini il 21 dicembre 1929
- ordinazione sacerdotale il 20 giugno 1954
- parroco a Torricella nel 1954
- parroco a Felegara dal 1968 al 1994
- parroco della Natività di Maria SS. a Sanremo
- collaboratore alla Steccata nel 2003
- deceduto a Villa S. Ilario il 6 ottobre 2011

Eravamo compagni di classe in Seminario. In prima ginnasio, nell'autunno 1942, eravamo entrati in 46. Nel 1954 siamo diventati preti in 12. Uno in più di una formazione di calcio. E difatti si "snocciolava" il nostro elenco alla stessa maniera come per una squadra sportiva: Agnetti, Baioli, Bocchi, Calza, Chezzi, Ferrari Roberto, Ferrari Silvio, Magri, Mattioli, Pasquali, Petazzini, Viola. Adesso siamo rimasti in sette.

Durante il Seminario e in Cattedrale nelle diverse tappe di avvicinamento al sacerdozio (ordini minori, suddiaconato, diaconato e infine presbiterato), ci mettevamo sempre in rigoroso ordine alfabetico. E così io avevo il posto sempre vicino a don Gianni: Magri-Mattioli. E il mio posto è stato ancora vicino a lui a Villa S. Ilario in questi ultimi anni e in particolare in questi ultimi mesi segnati dalla malattia.

Già in seminario don Gianni ci rallegrava con il suo stile spigliato e spiritoso: questa qualità l'ha conservata sempre anche da prete.
A prima vista sembrava un tipo fragile come temperamento, ma si è comportato da leone quando, appena prete e parroco a Torricella sulle rive del Po, ha fatto la sua parte con coraggio e abnegazione per organizzare i soccorsi per i danni alle cose e alle persone, causati dal devastante fortunale che si era abbattuto sul paese e dintorni. Perfino l'on. Nenni, allora vice presidente del Consiglio, venuto per l'occasione a Torricella, ne era rimasto ammirato e gli aveva fatto pervenire l'onorificenza di Cavaliere della Repubblica, titolo di cui peraltro lui non si è mai vantato: chi lo sapeva?

Da Torricella nel 1968 è passato a Felegara, dove tra l'altro ha avuto una intuizione anticipatrice sull'utilizzo dei media a scopo pastorale. Seppure con mezzi un po' artigianali, aveva messo in piedi la radio e la TV parrocchiale, che hanno avuto certamente una buona eco nella Comunità.

Dopo Felegara, nel 1996 per motivi di salute e per rinfrancare le sue energie spirituali, ha avuto una esperienza extra diocesana a Sanremo in una Casa di ospitalità delle suore per i sacerdoti. Si doveva trattare di un periodo breve e invece la sua permanenza si è prolungata per sette anni, fino al 2003.
Ma non è stato inerte. Il Vescovo di Sanremo gli aveva affidato una parrocchia dell'entroterra dove si è fatto amare ed apprezzare: appena ritornato a Parma nel 2003, è giunto da Sanremo un pullman pieno di parrocchiani per rivederlo e ringraziarlo.

A Parma ha vissuto una nuova giovinezza sacerdotale e pastorale: si è sistemato a Villa S. Ilario nella Casa di riposo per i sacerdoti, ma lui non ha riposato per nulla. La Basilica magistrale della Steccata lo vedeva ogni giorno arrivare, sedersi in confessionale e amministrare per ore e ore il sacramento della Riconciliazione: era la sua passione e ci teneva a ricordare il lungo tempo che trascorreva a confessare. Inoltre celebrava anche la Messa in Steccata e sapeva parlare nell'omelia con buona sapienza dottrinale. È giusto che le esequie si svolgano in questa Chiesa: ormai era diventata la sua Chiesa e per tanti fedeli don Gianni era un prete familiare e amato.
Come si faceva a non amare un prete così cordiale, così capace di sorridere, di fare sorridere e di trasmettere una visione bella e attraente della vita cristiana? Arrivava a Villa S. Ilario dalla Steccata ed entrando in sala da pranzo si rinnovava regolarmente una scena che faceva tanta tenerezza: distribuiva a destra e a manca sorrisi e cioccolatini agli ospiti e agli operatori. Qui c'era tutto don Gianni, con la gioia che provava nel riuscire a rendere felici gli altri, anche con piccole cose.

Qualche mese fa è iniziato il suo "calvario" con la malattia che lui ha saputo affrontare con dignità e fede, trasformando il suo letto in altare, per celebrare ogni giorno la sua "liturgia dell'attesa" per l'incontro con il suo Signore. È stato confortato in questa attesa dal suo amore alla Madonna: è spirato con il rosario anulare della Vergine santa, che ha portato sempre al dito giorno e notte, da quando la malattia lo aveva costretto al letto. Negli ultimi giorni, quando il rosario anulare si sfilava (anche le dita si erano assottigliate!) e lui non aveva più nemmeno il movimento sufficiente delle mani, allora il sottoscritto, le suore e gli operatori glielo rimettevano subito al dito.

Addio, Gianni mio caro, amico prezioso fin dai giorni lieti della nostra giovinezza sacerdotale ardente e operosa. Che al tuo approdo all'altra riva tu possa entrare nel gaudio del tuo Signore, di cui sei stato servo fedele.
Possano diventare realtà per te le belle parole di questa preghiera che si recita sui morenti e che ho recitato su di te al tuo spirare nel bacio del Signore:

"La tua dimora sia oggi nella pace della santa Gerusalemme, con la Vergine Maria Madre di Dio, con san Giuseppe, con tutti gli angeli e i santi...
Mite e festoso ti appaia il volto di Cristo e possa tu contemplarlo per tutti i secoli in eterno. Amen."

Basilica della Steccata, 8 ottobre 2011

(tratto da “VESCOVIPRETISUOREAMICI”, I edizione, di don Domenico Magri - Likecubde - 2012)


Profili di preti: mons. Achille Azzolini

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

MONS. ACHILLE AZZOLINIMonsAchilleAzzolini
12 settembre 1936 – 17 settembre 2017

Dire “don Achille” significa dire tante cose ed esprimere tante emozioni. Con la sua vita di sacerdote e di pastore ha attraversato e segnato oltre mezzo secolo di storia della Diocesi. Ha saputo praticare nella sua azione pastorale una diversità di esperienze, tutte ricche di grazia per chi ha avuto la fortuna di usufruirne.

Ha cominciato come cappellano a San Leonardo, quindi assistente diocesano dell’Azione Cattolica assieme a un gruppo affiatato di amici confratelli, poi parroco per 33 anni al Sacro Cuore, dove ha dato tutto se stesso, amando intensamente la sua Comunità e facendosi amare e apprezzare da tutti. Nella parrocchia del Sacro Cuore è stato non solo un costruttore di muri, ma anche e soprattutto un costruttore e tessitore di una Comunità vivace e attiva.
Ma non è tutto: dal 1986 al 1992 è stato vicario episcopale con il Vescovo Cocchi, poi ancora con il Vescovo Bonicelli, infine vicario generale con il nostro Vescovo, fino a quando ben presto la malattia degenerativa lo ha aggredito ed è così stato accolto con molto amore nella piccola comunità presbiterale di Villa Sant'Ilario, dove è stato circondato di premurosa attenzione dai singoli operatori sanitari e da sr Anna, sr Liliana e sr Elena, cui va tutta la nostra riconoscenza e ammirazione.
È deceduto all’ospedale dopo alcune settimane di ricovero alle 9,30 circa di domenica 17 settembre, giorno del Signore, amorevolmente assistito dai famigliari e visitato dal Vescovo e dai confratelli.

Don Achille ha saputo coltivare una serie infinita e varia di conoscenze e di amicizie in città con la freschezza e la singolarità del suo approccio alle persone di cui era esperto conoscitore.
Ed è stato un prete vero, un prete dalla fede limpida e cristallina e con la capacità straordinaria di trasmettere la visione positiva e gioiosa della vita cristiana. Ed è stato un testimone e un maestro di spiritualità come formatore di coscienze.

In questi ultimi anni a Villa Sant’Ilario il suo sorriso si è spento gradatamente sulle sue labbra, ma non è venuta meno la suggestione di un volto caro e amico di un sacerdote che è stato fedele al suo Signore e ha servito con dedizione totale la Chiesa di Parma, nella quale è stato protagonista per la sua parte.

Noi preghiamo per lui, ma siamo certi che il nostro caro don Achille è stato accolto dove non c’è più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, ma pace e gioia senza fine.   

Don Domenico Magri, 17 settembre 2017