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Profili di preti: don Onesto Costa

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON ONESTO COSTA
13 luglio 1924 - 28 dicembre 2008

DonOnestoCosta 1

Ma che prete è mai stato questo prete di nome Onesto! Come ha fatto ad essere quello che è stato e a fare quello che ha fatto? Mah!? Mistero del cuore umano e della grazia del Signore! Ha cominciato come parroco qui al modo solito secondo la pastorale del tempo e poi improvvisamemte, a 55 anni (!), è partito per il Brasile. La sua vita si è capovolta e così ha capovolto la vita di una vasta area umana attorno a sè. Avanti negli anni e stanco è tornato a Parma, riuscendo comunque a fare il parroco per alcuni anni a Corniglio e dintorni, fino a quando si è ammalato di una malattia degenerativa. Poi l’ultima “zampata”: si è fatto riportare in Brasile per morire ed essere sepolto fra la sua gente.
Da quello che è stato riferito il funerale è stata un’apoteosi. E gli hanno fatto subito un monumento. Dove lo troveremo un altro prete così? E perchè a Parma non gli abbiamo tributato una celebrazione esequiale come meritava?
NB. Nel novembre 2009 il nostro vescovo di Parma mons. Enrico Solmi si è recato in Brasile a visitare i sacerdoti parmensi impegnati in Brasile ed è andato a pregare sulla tomba di don Onesto, onorando la memoria di questo sacerdote straordinario.

- nato a Neviano Rossi il 13 luglio 1924,
- ordinato il 29 giugno 1949 nella Cattedrale di Parma.
- dal 1.7.1949 al 1.6.1952 Parroco a Valbona;
- dal 1.6.1952 al 31.12.1958 Parroco a Ghiare di Berceto;
- dal 1.1.1959 al 15.10.1977 Parroco a S. Pancrazio;
- dal 1.3.1969 al 14.7.1979 Direttore dell'Ufficio Missionario diocesano;
- dal 1979 al 1998 Missionario in Brasile a Primavera do Leste, Mato Grosso;
- dal 1.11.1998 al 15.11.2001 Parroco di Corniglio, Agna, Ballone, Graiana, Grammatica, Roccaferrara, Vestana, Villula;
- dal 1.12.2005 al 2007 Vicario Parrocchiale al Buon Pastore in Parma;
- nel 2007 é ritornato come missionario in Brasile a Primavera do Leste, dove è morto nelle prime ore di domenica 28 dicembre 2008.


Quando ho sentito la notizia della morte di don Onesto Costa, si sono rimescolati in me tanti ricordi e tanti particolari della vita di questo prete che ha vissuto una esistenza sopra le righe. Non nel senso che è andato fuori strada: è stato anzi un prete addirittura solido e tradizionale nella sua spiritualità. Ma nel senso che è andato avanti a tutti noi e ha fatto cose al di là di una pur fervida immaginazione.
È morto a Primavera do Leste in Brasile perché ha voluto morire in Brasile. E là, alla sua morte, è stato pianto e onorato come si piange e si onora un padre, un fratello, un amico carissimo.
Ma era un prete di Parma. Era uscito dal nostro seminario per andare subito parroco in montagna, a Valbona e poi a Ghiare di Berceto, quando la vita di montagna, allora soprattutto, era un esercizio quotidiano di sacrifici e di fatiche. Tra l'altro a Ghiare, per il paese in espansione, ha ristrutturato e ampliato la chiesa.
Infine è stato parroco a S. Pancrazio, dove ha maturato la decisione clamorosa di partire missionario per il Brasile, a un'età (55 anni!) non più considerata adatta per gli entusiasmi e le avventure. Missione intrapresa solo dopo aver curato amorevolmente i suoi genitori fino alla fine.

Io non sono in grado di raccontare tutto quello che don Onesto ha fatto in Brasile: e poi ci vorrebbe un libro intero! Ha cominciato dal nulla totale, dormendo per alcuni mesi all'interno di un dormitorio pubblico in un distributore di benzina.
Inizialmente ha costruito un capannone, che serviva sia per celebrare Messa sia per accogliere gente. In seguito, mentre la comunità aumentava intorno a lui, ha costruito scuola, asilo e chiesa, e molte altre cappelle nel territorio circostante, dove per territorio si intendono anche giorni interi in auto lungo strade irte di pericoli.
Infine ha realizzato il sogno della sua vita: un centro comunitario con campi di calcio e di bocce, piscine, un oratorio (dove più di 1000 bambini ricevono pasti, educazione e controlli sanitari) e da ultimo un palazzetto dello sport per 2000 persone. Tutto questo l'ha chiamato Parma Vita, un complesso, che ricorda e ricorderà la sua Parma, i suoi Fratelli e i suoi amici, di cui andava fiero.

Nel 1998, ormai stanco e vecchio, è stato sostituito e allora con molta melanconia e rimpianto è ritornato in Italia, a Parma. E qui, non ancora abbastanza stanco e vecchio, ha accettato di fare il parroco a Corniglio e nelle frazioni. E così si è ritrovato in montagna, come negli anni della sua giovinezza sacerdotale. Ma aveva sempre nel cuore il Brasile e quando faceva l'omelia cadeva inevitabilmente nel discorso del Brasile e non la finiva più, ricordando spesso i "suoi" più di mille bambini adottati a distanza grazie a lui.
Questa era la felicità di don Onesto in Brasile!

Colpito dal morbo di Parkinson, ha dovuto venire via anche da Corniglio e si è ritirato a vita privata, si fa per dire, perchè ha trovato il modo di aiutare il Parroco del Buon Pastore, don Nando Bonati, con le forze residue che gli erano rimaste.
Ma per lui il richiamo del Brasile era rimasto intatto e irresistibile. Sentiva che la morte non poteva tardare troppo e allora nel 2007 ha deciso di ritornare fra i suoi amici brasiliani, perché aveva bisogno di cure, pur rimanendo in contatto con i suoi amici di Parma.
Al suo arrivo la comunità di Primavera, guidata dal suo Vescovo, l'ha accolto con gioia e le Suore Orsoline del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante lo hanno curato come un padre, amorevolmente, giorno e notte.

In questo modo si è compiuto quello che lui aveva sempre desiderato: andare ancora in Brasile per arrivare puntuale proprio là, all'appuntamento con sorella morte e là essere sepolto. E così è avvenuto. E' spirato nelle prime ore del 28 dicembre 2008, Giorno del Signore.
Ha ricevuto onoranze funebri degne della fede e dell'amore che lui ha saputo dimostrare e degne della gratitudine infinita del suo popolo. Per lui hanno decretato tre giorni di lutto cittadino ed è stato sepolto nella chiesa di San Cristoforo da lui fondata.
E qui? Per iniziativa lodevole del suo successore don Carlo Silva, una Messa è stata celebrata domenica mattina 25 gennaio 2009 a S. Pancrazio, la Parrocchia che lo ha sempre sostenuto con fedeltà e generosità nelle sue iniziative apostoliche in Brasile. Purtroppo la celebrazione, fissata al mattino della domenica, ha impedito a tanti sacerdoti di partecipare. Don Onesto meritava di più, anche se è morto in Brasile e il funerale è stato celebrato in Brasile.

Don Onesto era un amabilissimo conversatore e aveva una forte capacità di approccio con le persone. Io ricordo con nostalgia le lunghe conversazioni che facevamo quando anni fa camminavamo spesso insieme sui monti del lago Santo.
Ricordo pure il racconto drammatico che sapeva fare della rischiosa avventura al seguito di don Alessandro Cavalli, il parroco intrepido di Neviano de' Rossi che, con la bandiera bianca spiegata, dietro richiesta del comandante delle truppe alleate, era andato a intimare la resa ai tedeschi, asserragliati a Fornovo negli ultimi giorni della guerra.
Don Onesto Costa ha portato con onore il nome della Chiesa di Parma lontano lontano, in Brasile. E là il nome di Parma rimane ben scolpito accanto al nome di questo prete, nel monumento che gli è già stato eretto.
Non lo dimenticheranno certamente mai i suoi amici brasiliani. E perché dovremmo dimenticarlo noi di Parma?

(tratto da “Preti e non solo” di  don Domenico Magri  Grafica Editrice Langhiranese 2010)

 


Profili di preti: don Gianni Pizzaferri

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON GIANNI PIZZAFERRI
24 novembre 1937 - 24 dicembre 1975

DonGianniPizzaferri

Don Gianni Pizzaferri: una perla preziosa del nostro Presbiterio! Per la chiesa di Parma è stato un frutto eccellente dell'immediato post-Concilio. È venuto a mancare troppo presto, questo presbitero dallo spirito profetico, tanto saggio, tanto umile e zelante, stroncato improvvisamente per strada alla vigilia di Natale del 1975, mentre portava la Comunione ai malati della parrocchia cittadina di S. Leonardo.
Ha lasciato un segno difficile da dimenticare. Prova ne sia questa testimonianza, tutta da gustare, dei Coniugi Anna e Marco Bertè, essi pure protagonisti in Diocesi in quegli anni "ruggenti", carichi di tensioni dialettiche, ma anche di tante promesse, per fortuna non tutte andate a vuoto.

- nato a Malandriano il 24 novembre 1937
- entra in Seminario nel 1954
- è ordinato sacerdote il 22 settembre 1963
- insegna Sacra Scrittura dal 1967 al 1973 nel Seminario maggiore
- insegna Sacra Scrittura dal 1968 nell'Istituto teologico saveriano               
- collaboratore parrocchiale di S.Leonardo dal 1973
- muore improvvisamente il 24 dicembre 1975, a trentotto anni, per strada, stroncato da una crisi cardiaca.

Don Gianni Pizzaferri nel ricordo di Anna e Marco Bertè
Nato a Malandriano il 24 novembre 1937, dopo aver iniziato gli studi al Liceo Classico Romagnosi don Gianni entra in Seminario nel 1954, ove porta a compimento il curriculum formativo con la maturità classica e il quadriennio teologico. È ordinato sacerdote il 22 settembre 1963, pochi giorni prima dell'apertura della seconda sessione del Concilio Vaticano II. Trasferitosi a Roma per completare gli studi, pone al centro dei suoi interessi e delle sue fatiche la Bibbia con una dedizione assoluta, poi mai più dismessa, e si immerge nell'atmosfera conciliare, traendo motivi di riflessione e d'impegno dai dibattiti in corso fuori e dentro l'aula conciliare. Licenziato in Teologia presso il Pontificio Ateneo "Angelicum" ed in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico (sotto la guida dell'allora Prof. Carlo Maria Martini), insegna Sacra Scrittura dal 1967 al 1973 nel Seminario Maggiore e dal 1968 nell'Istituto Teologico Saveriano. Nel contempo - biblista e soprattutto abitato e mosso dalla Parola - si fa compagno di strada ed animatore di diversi gruppi: biblici, scoutistici, familiari, universitari. Collaboratore parrocchiale di S.Leonardo dal 1973, intensifica ed allarga la sua attività pastorale senza risparmiarsi, incurante delle fragili condizioni di salute e costringendosi a studiare di notte. Fra l'altro, entra a far parte, collaborando attivamente, delle redazioni della rivista "Spiritualità missionaria" dei Saveriani e di "Vita nuova". Muore improvvisamente il 24 dicembre 1975, a trentotto anni, per strada, stroncato da una crisi cardiaca ed assistito da un amico di passaggio.

Che cosa ha rappresentato don Gianni per quelli che lo hanno incontrato? Chi lo ha conosciuto e ha fatto un pezzo di strada insieme a lui, chi è stato stimolato, orientato e provocato dalla sua disarmata, virile mitezza, a distanza di trentacinque anni ne ha ancora un ricordo fresco e vivace. Quanti lo hanno avuto vicino in quegli anni tesi, vibranti, intensi che vanno dal '67 al '75 e hanno condiviso con lui passioni e speranze, con lui hanno imparato a pensare in modo nuovo alla Chiesa e ad accostare la Bibbia in modo nuovo. Don Gianni ha seminato a piene mani. Il seme dell'amicizia, della gratuità, del dono che lui è stato vive ancora nella memoria.

Non sappiamo molto della sua permanenza di formazione a Roma. Ma dagli appunti e dai documenti trovati nei suoi libri e tra le sue carte, dalle minute della sua corrispondenza, tra cui quella col Vescovo, Mons. Pasini, dalle tracce dei contatti avuti coi docenti e con altri esponenti della ricerca biblica allora più avanzata, emerge con chiarezza la figura di un giovane prete che a Roma stava studiando con passione, che respirava il clima del Concilio, che incontrava ed ascoltava grandi maestri, che si interrogava sulla vita della Chiesa e sul suo futuro. Non a caso l'argomento della dissertazione di laurea, cui lavorava sotto la guida di Carlo Maria Martini, verteva sui sommari degli Atti, un tema coltivato lungo tutta la sua breve vita.

Dieci anni fa, in occasione del venticinquesimo della sua morte, abbiamo promosso con alcuni amici una serie di incontri per farne memoria e rinnovarne la presenza. Tutto - i suoi scritti, raccolti in un fascicolo ("Ricordando don Gianni"), le testimonianze, le conversazioni, le riflessioni - proprio tutto ruotava, appunto, sui sommari degli Atti degli apostoli. Sono i luoghi biblici da lui più amati. Quante volte si è soffermato su quei brevi cenni di Luca! E quando qualcuno diceva: "Don Gianni, ma se è così, se così deve essere, allora la Chiesa di oggi non è …", lui taceva, abbassava lo sguardo e faceva un cenno del capo quasi impercettibile, come per assentire dolorosamente. Un giudizio appena accennato, in silenzio, quasi a sottolineare il primato dell'ascolto.

Tornato da Roma, subito ce lo siamo trovato sul cammino ed abbiamo visto in lui un prete, un cristiano dei tempi nuovi. Era tornato ricco di una esperienza unica e di quella preparazione teologica e biblica aperta e disincantata di cui si sentiva tanto bisogno in quella stagione postconciliare così carica di speranze, di sogni, di utopie. In tanti a Parma gli hanno chiesto aiuto e lui lo ha dato sempre a tutti nei modi più adatti a ciascuno.

Chi era don Gianni? Senza dubbio un povero di YHWH. Nessuno è più povero, nessuno è più ricco di un povero di YHWH. La parola era la sua ricchezza ed egli aveva la forza disarmante di lasciarsi spogliare dalla Parola di Dio e così lui spariva e la Parola cresceva. Don Gianni è stato un uomo della Parola. Aveva avuto grandi maestri a Roma, ma quando ci si metteva con lui in ascolto della Parola, non si sentiva venire incontro un uomo di studio che sapeva di greco e di ebraico, di teologia e di correnti teologiche: si sentiva venire incontro la Parola con le sue provocazioni.

Don Gianni era più di tutto, nelle profondità misteriose del cuore, un uomo di preghiera. La Parola in lui era prima di tutto Parola ascoltata e pregata. Ben raramente ci parlava della preghiera, ma quante volte abbiamo pregato con lui e con lui abbiamo celebrato l'Eucarestia in piccoli gruppi nelle nostre case! Di quei momenti è viva la memoria della fatica, non della dolcezza della preghiera. Lunghi silenzi intervallavano quei momenti, lunghi silenzi imbarazzanti per noi che eravamo abituati, e forse lo siamo ancora, a parlare e ad ascoltare parole. Ma non erano imbarazzanti per lui, per cui il silenzio era una dimensione naturale. Don Gianni sapeva mettersi in ascolto perché faceva silenzio. I suoi silenzi erano un segno che raramente si riusciva a decifrare, ma che non si è mai cancellato. Da questo punto di vista era un prete scomodo.

L'ascolto della Parola, nutrito di silenzio, di preghiera e di studio, era per don Gianni un criterio di lettura della realtà, ecclesiale prima di tutto, ma anche politica e sociale. Un suo intervento, pronunciato in una situazione conflittuale particolarmente tesa - "fate quello che dovete fare, ma fatelo con rincrescimento" - esprime più di ogni altra cosa quale era il suo atteggiamento. Con discrezione, con franchezza, stava dentro le realtà difficili e complesse del momento. Si faceva compagno anche dei più inquieti, ascoltava e parlava anche in mezzo a voci discordanti, senza venir meno alla sua libertà. Ed era comunque un uomo di pace, ad un tempo mite e coraggioso.

Come darne un'immagine conclusiva semplice ed eloquente? Ci vengono in aiuto, qui, le parole di un altro amico, un grande amico dei tempi della speranza, don Celso Pelosi, anche lui prematuramente scomparso, il quale, all'indomani della morte di don Gianni, così scrisse di lui su "Vita Nuova": Mi è difficile trovare un paragone con cui descriverlo, don Gianni…Mi servo di quello che mi viene spontaneo e di cui, penso, che Lui stesso sorriderebbe. Il suo ritratto era la sua macchina. Era una cinquecento, vecchio modello; l'aveva acquistata di seconda mano senza farla passare da un meccanico o da un carrozziere. Era sua, ma la usavano tutti; aveva sempre qualcosa che non funzionava, ma andava sempre. Era anche lui come la sua macchina. Non era robusto, ma andava sempre; le sue giornate gliele riempivano gli altri con le loro richieste… e Lui … per servirli … si preparava e studiava durante la notte. Portava in un vaso fragile una fede grande.

Solo quando ci ha lasciato repentinamente e ci siamo trovati privi di un amico così speciale, solo allora abbiamo saputo che don Gianni, vero povero di YHWH, che dava a ciascuno tutto ciò che aveva e che era, non rinunciava però mai a studiare e a pregare e passava ore nella notte, in piedi, per non cadere addormentato, davanti ad un alto leggio, su cui era spalancato il Libro.
Anna e Marco Berté

(tratto da “VESCOVIPRETISUOREAMICI”  di  don Domenico Magri  II edizione - 2014)


Profili di preti: mons. Raffaello Volpini

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

MONS. RAFFAELLO VOLPINI
29 gennaio 1928 –  16 gennaio 2014

MonsRaffaelloVolpini

Un presbitero ricco di fede e di cultura, dispensate a Parma e a Roma.
Era nato a Firenze, si è formato a Parma dove in Seminario ha espresso la sua cultura innovando in teologia, ancora prima del Concilio, il metodo di insegnamento. Una volta arrivato a Roma, ha dimostrato quanto valeva!

- nato a Firenze il 29 gennaio 1928
- ordinazione sacerdotale nella chiesa di Medesano il 6 agosto 1950
- vice rettore del Seminario Maggiore dal 1950 al 1963
- insegnante nel Seminario Maggiore di Liturgia e Storia dal 1951 al 1963
- scrittore dell’Archivio Segreto Vaticano dal 1963 al 1980
- canonico onorario della basilica Cattedrale di Parma nel 1980
- ordinario di paleografia e diplomatica nella facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università 3 di Roma e nella Libera Università di Maria Assunta di Roma.
- membro della Commission Internationale Diplomatique del Pontificio Comitato di Scienze Storiche
- membro del comitato scientifico di “Studi Gregoriani”
- membro del consiglio direttivo della “Rivista di Storia della Chiesa in Italia”
- deceduto a Roma il 16 gennaio 2014

È stato un prete eccezionale. Quando è partito per Roma nel lontano 1963 ci sono rimasto male, non solo perché gli ero affezionato e ne ero un entusiasta ammiratore, ma perché ho pensato a quanto perdeva la chiesa di Parma.
Don Raffaello Volpini aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale nel 1950 ed è stato subito incaricato in Seminario come vice rettore e come insegnante.

Sono ancora stupito, assieme ai miei confratelli coetanei, per l’audacia, la vastità e la profondità culturale che lui ha messo in opera con una metodologia e una visione della liturgia e della storia che negli anni ‘50, quindi dieci anni prima del Concilio, ne anticipava lo spirito e le novità.
Don Raffaello non era frutto della nostra terra parmense come noi, che a quel tempo riempivamo il Seminario maggiore: 60-70 seminaristi fra Liceo e Teologia!

Era nato a Firenze: un toscano puro sangue e con il caratteristico accento toscano cui è rimasto sempre fedele. E anche il temperamento era toscano, addirittura fiorentino!
Quando ha deciso di entrare in Seminario la sua famiglia abitava a Medesano, perché il papà era il Capo Stazione del luogo.

Per la sua sensibilità di fede ha saputo farsi voler bene anche come vice rettore del Seminario Maggiore, con mons. Barili come Rettore. Chi di noi non ricorda, ad es. la sua quotidiana e simpatica presenza ai nostri pasti serali nel grande refettorio del Seminario, dove magari non si mangiava sempre secondo il nostro appetito e i nostri gusti, ma si rideva assai? Lo chiamavamo “signor VICE”: bei tempi!

È spiegabile che un personaggio come don Raffaello abbia preso il volo per Roma, dove ha trovato il modo di esprimere al massimo le sue doti, partendo dall’impegno delicato e professionalmente importantissimo dell’Archivio Segreto Vaticano.
Poi, facendosi conoscere sempre di più, ha avuto altri incarichi prestigiosi, come risulta dall’elenco che ne ho fatto all’inizio di questo profilo. Non si possono contare inoltre le sue numerose pubblicazioni che hanno arricchito le materie a lui care e che insegnava all’Università.

Possiamo essere orgogliosi di mons. Raffaello Volpini, canonico onorario della nostra Cattedrale: ha tenuto alto il nome della chiesa di Parma. Tutto è partito dal nostro Seminario che negli anni ‘50 e ’60 ha “sfornato” altri sacerdoti di alto valore culturale e pastorale. Bastano due nomi: i compianti don Gianni Pizzaferri e don Celso Pelosi, venuti purtroppo a mancare ancora giovani.
Mons. Volpini non ha mai interrotto il rapporto con Parma attraverso i contatti con alcuni sacerdoti, con i quali c’erano regolari telefonate e anche ricevendoli a Roma. Quando arrivava un amico da Parma per lui era sempre una festa, che aveva il suo compimento a mensa.

Poi gli anni sono passati anche per lui, portandosi dietro tutti i relativi acciacchi: da un po’ di tempo era costretto a rimanere chiuso in casa. Possiamo ben immaginare il senso di solitudine di cui può avere sofferto soprattutto in una città come Roma, dove è facile sentirsi dimenticati e tante relazioni possono svanire quando non si è più efficienti a causa dell’età.

Penso sia giusto chiederci (e me lo chiedo io per primo) se, soprattutto ultimamente negli anni del suo malinconico tramonto, noi di Parma gli abbiamo fatto sentire il nostro calore pieno di riconoscenza per quello che ha fatto per la Diocesi, e se alla sua morte abbiamo reagito con la doverosa partecipazione.
Altrimenti mi viene il timore che si applichi anche a mons. Volpini una affermazione che ho letto giorni fa e che mi è rimasta impressa: “Prima che per vecchiaia si può morire per oblio e solitudine”.

Addio, caro e indimenticabile “signor Vice” dei nostri giorni più belli e pieni di sogni! Sei rimasto lontano per tanti anni dai nostri occhi, ma non dal nostro cuore. La fede, la testimonianza e la cultura che ci hai trasmesso nella nostra gioventù, forse ha fruttato qualcosa di buono, se noi tuoi discepoli ne abbiamo saputo fare tesoro.
Che il Signore ti ricompensi, mentre a noi non resta che dirti grazie con tutto il cuore.

( tratto da “PRETI E NON SOLO” di  don Domenico Magri Grafica Langhiranese Editrice - 2010)


Profili di preti: don Mario Siri

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON MARIO SIRI
18 giugno 1922 – 14 gennaio 1997

DonMarioSiri

Era un “pretino” che ti passava accanto senza farsi notare. Ma se ti accorgevi di lui, ti rendevi conto del suo valore: ricco di fede e di saggezza pastorale che lui ha saputo esprimere nelle scomode frazioni di montagna e alla fine nel capoluogo Solignano dove ha anche fondato la nuova Chiesa. Era di famiglia contadina che coltivava un podere della mia famiglia. Questo precedente, un giorno che ci siamo trovati per caso in Curia con il vescovo Cocchi, ha provocato un simpatico “siparietto”, molto importante e perfino commovente per me: chiedo scusa perchè mi permetto di raccontarlo qui sotto in questo profilo di don Mario.

- nato a Marzolara di Calestano il 18 giugno 1922
- ordinato sacerdote il 20 giugno 1946
- cappellano a Fornovo dal 1946 al 1948
- parroco a Fosio dal 1948 al 1956
- parroco a Oriano dal 1956 al 1968
- parroco a Solignano dal 1968
- amministratore a Pietramogolana dal 1968
- amministratore a Prelerna e Oriano dal 1996
- deceduto il 14 gennaio 1997

Era un prete non certo alto di statura, ma don Mario aveva una grandezza, che ovviamente non dipende dalla statura fisica.
Non si era mai fatto notare nella nomenclatura diocesana, ma ha portato avanti con estrema dignità e fedeltà la sua missione sacerdotale: un prete che ci credeva veramente. Così è vissuto davanti a Dio e così è vissuto davanti ai suoi parrocchiani, che lo hanno sempre amato e stimato: e questo basta e avanza.
Don Mario è stato prima cappellano a Fornovo, poi parroco a Fosio, a Oriano e infine a Solignano: è morto nel 1997.

Era nato nel 1922 all'interno di una famiglia patriarcale, anzi di due gruppi familiari (Siri e Gennari) parenti fra loro, che coltivavano a mezzadria due poderi contigui, in località Fabiola appena sotto Vallerano, frazione di Calestano. I poderi erano proprietà di mio nonno paterno, di cui io mi onoro di portare il nome.
Quando don Mario era già in Seminario, io che ero più giovane, avevo sentito parlare di lui in casa dai miei genitori e questo aveva suscitato in me, ancora bambino, un certo interesse con qualche interrogativo. E mi aveva fatto impressione il particolare della mamma del piccolo seminarista Mario, che andava in giro da parenti e amici per chiedere un qualche aiuto, allo scopo di poter mantenere il figlio in Seminario. Una cosa oggi inimmaginabile!

Una volta diventato prete anch'io, siamo sempre stati in ottimi rapporti di amicizia e da parte mia c'era tanto affetto e ammirazione nei suoi confronti. Qualche tempo prima della sua morte, mentre in Curia stavamo parlando, è passato accanto a noi il Vescovo mons. Cocchi. Non ho perso l'occasione di stupire il Vescovo con questa frase ad effetto: "Lo sa che don Mario è stato il mio mezzadro?" Reazione incredula e come al solito spiritosa da parte del Vescovo. Allora interviene don Mario: "Sì, è vero, la mia famiglia lavorava a mezzadria nel podere della famiglia di don Domenico". E ha aggiunto: "Quando sono andato in Seminario il suo nonno Domenico ha dato una somma alla mia mamma per le spese del Seminario dicendo: "Così spero che il Signore faccia sorgere un prete anche alla mia famiglia." Se non ci fosse stata questa occasione fortuita, io non avrei mai saputo una cosa così bella per me.

Devo ringraziare il mio nonno, di cui tutti noi discendenti conserviamo un ricordo eccezionale, e devo ringraziare don Mario per questa rivelazione così significativa. Oltretutto ritengo che don Mario abbia fatto un po' da apripista per me nella vocazione e nella vita sacerdotale.

( tratto da ”I miei Preti...I nostri Preti” di don Domenico Magri  Tipo-Lito Grafica Langhiranese - 2008)


Profili di preti: mons. Paolo Ghezzi

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

MONS. PAOLO GHEZZI
30 marzo 1920 - 9 dicembre 2010

MonsPaoloGhezzi

Qui di seguito c'è la rievocazione commossa di don Paolo Ghezzi da parte del "discepolo" don Lugi Valentini, che a don Paolo deve tanto. E lo sa scrivere molto bene! Io desidero solo premettere che don Paolo anche per me è stato un grande amico e un esempio straordinario di fede e di sapienza pastorale. Intanto faceva parte del gruppo dei parroci fondatori di Chiese: ha fatto sorgere la Chiesa di Maria Immacolata. Vorrei inoltre ricordare che subito dopo il Concilio ha avuto dal Consiglio Presbiterale il compito di "disegnare" per la prima volta la Diocesi con le nuove Zone pastorali. Una sistemazione che è rimasta tale praticamente fino ad ora con il Nuovo Assetto Diocesano in via di attuazione. Per Villa S. Ilario, dove è rimasto per alcuni anni è stato un vero dono di Dio.
Alla fine è stato necessario il suo ricovero all'Ospedale e alla Casa di Cura: la sua sofferenza è stata grande. Io non posso dimenticare il sorriso che mi regalava dal suo letto di dolore ogni volta che lo andavo a visitare. E non posso dimenticare il bel sorriso con il quale, quando era a S. Ilario, mi annunciava ogni volta che stavano per venirlo a prendere per trascorrere una giornata nella sua Betania, della quale era considerato il padre nobile, accanto a don Luigi e in mezzo ai ragazzi che lo aspettavano per fargli festa.

- nato a Colorno il 30 marzo 1920
- ordinazione sacerdotale il 3 giugno 1944 a Mezzano Rondani
- cappellano a Noceto nel 1944
- adiutore a Coltaro nel 1947 e poi parroco nel 1953
- parroco a Maria Immacolata dal 1969 al 1987
- residente e collaboratore presso Comunità Betania di Marore
- addetto presso Cancelleria Vescovile
- canonico onorario della Cattedrale nel 2004
- ospite di Villa S. Ilario
- deceduto il 9 dicembre 2010

Rievocazione di don Luigi Valentini. Da Coltaro alla fondazione della chiesa di Maria Immacolata fino agli anni a Marore.
don Paolo, testimone della fede
Ricordo di don Ghezzi, morto il 9 dicembre 2010 a 90 anni
Il 14 ottobre 1987 don Paolo ha celebrato per la prima volta la Messa nella chiesa di Marore. La domenica precedente aveva salutato la parrocchia di Maria Immacolata, nella quale gli succedeva il nuovo parroco don Francesco Riccardi. Don Paolo proveniva dalla parrocchia di Coltaro quando, nell'ormai lontano 1969, il Vescovo mons. Pasini lo aveva chiamato ad iniziare una nuova parrocchia nel quartiere Lubiana, che stava crescendo con la stessa rapidità dei funghi.
Il ministero sacerdotale di don Paolo era iniziato a Noceto, subito dopo l'ordinazione avvenuta il 3 giugno 1944, come cappellano di mons. Copello. Quegli anni difficili delle vicende belliche, come quelli successivi della ripresa, hanno segnato don Paolo in modo decisivo con tante nuove iniziative pastorali che trovavano terreno favorevole nella
profonda tradizione cristiana di Noceto.
Poi l'esperienza di Coltaro: lì ha messo in pratica tutte le sue potenziali risorse e progettualità pastorali, tessendo con la sua gente una relazione diretta e significativa.
Conosceva le persone una per una e una grande attenzione ha sempre riservato alla cura dei giovani. Coltaro è stata la palestra che gli ha permesso di mettere a punto una modalità pastorale mirata, diretta alla trasmissione dei grandi contenuti della fede cristiana, desideroso anche di rinnovare le modalità e gli stili pastorali in una concezione moderna della comunicazione e dell'appartenenza.

L'evento del concilio ecumenico ha ridato alla chiesa nuovo vigore e rinnovati linguaggi, ha trovato don Paolo pronto e attento ad attivare con passione le nuove linee conciliari. La liturgia, la catechesi, la carità operosa e discreta , la corresponsabilità con i laici sono state le scelte che hanno caratterizzato tutto l'arco lungo e fecondo del suo ministero.
Nel 1987, a 67 anni, don Paolo chiese a mons. Cocchi di essere esonerato dalla impegnativa parrocchia di Maria Immacolata per lasciare a forze più giovani la prosecuzione del servizio parrocchiale. È così che don Paolo ha raggiunto Betania per continuare la fraternità sacerdotale con don Luigi, quasi segno di continuità ad una collaborazione precedentemente consolidata per sette anni all'Immacolata. Don Paolo si occupa delle celebrazioni nella cappella del cimitero, nella chiesa di Coloreto ed anche a Marore in uno spirito fraterno e di collaborazione. Segue la catechesi degli adulti e i corsi zonali di preparazione al matrimonio. Amico saggio e discreto, rimane per oltre vent'anni un punto saldo e indiscusso di riferimento per consigli, per la confessione, per la direzione spirituale.

Negli ultimi anni, quando sono giunti gli acciacchi dovuti all'avanzare dell'età ed anche ad alcune disavventure sanitarie, ha scelto serenamente di ritirarsi a Villa Sant'Ilario, a condividere ad altri confratelli anziani l'ultima stagione. Anche in quel contesto, pieno di attenzione e di premure, ha saputo donare la testimonianza serena e la grande fede che lo ha sempre caratterizzato.
E' stato sempre puntuale nei passaggi che le circostanze della vita gli chiedevano: anche alla morte ha sempre guardato con serena disponibilità e prontezza.
Nell'ultimo periodo, provato dalla precaria salute in modo irreversibile, ripeteva spesso: “ Aspetto che il Signore venga a prendermi “. Così lo scorso giovedì 9 ha concluso la sua stagione terrena lasciando in eredità la serena testimonianza della sua fede.         

(tratto da “VescoviPretiSuoreAmici” di  don Domenico Magri  I edizione - 2012)