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Profili di preti: don Igino Marchi

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON IGINO MARCHI
22 maggio 1920 –  24 gennaio 2006

DonIginoMarchi

Don Gino: il nostro professore! Un prete che ha fatto onore alla Diocesi: è uno degli ultimi “grandi vecchi” che hanno illuminato il nostro Presbiterio. Intelligente, umanamente ricco e coltissimo: sapeva presentarsi sempre con sottile ed elegante ironia e arguzia. Tanti pensieri buoni di nostalgia ci suscita il nome di questo sacerdote che ha arricchito la vita del Presbiterio e della cultura parmense.

- nato a Collecchio il 22 maggio 1920
- deceduto a Villa S. Ilario il 24 gennaio 2006
- ordinato sacerdote a Parma il 19 marzo 1943 dal vescovo mons. Colli.
- collaboratore pastorale della Parrocchia di S. Uldarico
- laureato in Filosofia e Lettere
- Insegnante nel Seminario Minore dal 1943
- assistente Gioventù Studentesca Femminile dal 1947 al 1948
- insegnante di Religione nel Convitto Nazionale Maria Luigia dal 1952

Per me è ancora di più: è l’indimenticabile “decano” della “classe preparatoria” (V elementare), quando, nel 1941, bambino di 10 anni, sono entrato in Seminario assieme a 25 coetanei. Lui, giovane studente di teologia, ci ha accolto e trattato con una sensibilità quasi materna: ne avevamo bisogno!
Gino Marchi, il teologo del Maggiore, era il nostro decano.

È stato membro e anche presidente del “Consorzio dei Vivi e dei Morti” della Cattedrale, curandone una memoria storica accurata e preziosa. (Gino Marchi, Venerando Consorzio dei Vivi e dei Morti eretto nella Basilica Cattedrale di Parma, Battei, Parma, 1993, pp.138.)

È stato collaboratore pastorale per oltre 60 anni nella parrocchia di S. Uldarico, con discrezione e saggezza pastorale, prima con il compianto don Alberto Baroni e poi con don Sergio Aldigeri.
Pur essendo coltissimo, forse appunto per questo, sapeva parlare in maniera facile e amabile da buon conversatore, catturando in questo modo l’attenzione degli ascoltatori: basta pensare alle sue omelie, così incredibilmente semplici.

Ha dato al Seminario, dove è vissuto praticamente per quasi tutta la vita, le sue energie migliori. A Villa S. Ilario aveva sempre in mente il Seminario che chiamava “casa mia”. Chiedeva spesso di tornare a casa!
Don Igino merita una particolare riconoscenza da parte del Seminario e della Diocesi, senza che se ne perda troppo presto la memoria: è sperabile che non cada anche lui nell’oblio, come avviene talvolta fra noi umani.
Ha educato intere generazioni giovanili con la sua cultura straordinaria, trasmessa in modo efficace e professionale, ma sempre e comunque da prete.Da persona intelligente, umanamente ricca e colta quale era, sapeva esprimersi con sottile ed elegante ironia e arguzia. Spesso a scuola e nelle conversazioni con gli amici, lasciava di stucco gli interlocutori con le sue battute, anche in dialetto: era infatti uno studioso appassionato del dialetto e lo sapeva parlare da par suo.

Non ha mai “suonato la tromba” per attirare l’attenzione su di sé, ma questo non ha impedito a tanti di accorgersi della sua personalità e di rimanerne affascinati.
Don Marchi è stato un prete che ha fatto onore alla Diocesi: è uno degli ultimi “grandi vecchi” che hanno illuminato il nostro Presbiterio e anche l’ambiente intellettuale dei contemporanei con la loro cultura.

A Villa S. Ilario, rifugio caldo di amore e di accoglienza per i sacerdoti anziani e ammalati, ha ricevuto tanto affetto dai confratelli e da tutto il personale. Era mite e affabile con tutti: faceva veramente tenerezza. Ci ha dato tanto!
Io l’ho sempre accostato quasi con venerazione, come discepolo suo nella scuola e nella vita. E l’ho seguito con la mia presenza affettuosa e con la preghiera al suo capezzale fino al saluto finale, nell’ultimo momento della sua vita terrena, con le parole del rituale, piene di speranza e di fiducia. Un saluto che dona conforto anche al sacerdote che lo pronuncia per il suo confratello morente:

Parti, anima cristiana, da questo mondo… perché tu possa tornare al tuo Creatore. Quando lascerai questa vita, ti venga incontro la Vergine Maria con gli angeli e i santi. Mite e festoso ti appaia il volto di Cristo e possa tu contemplarlo per tutti i secoli in eterno. Amen”.

Da: ”I miei preti.... i nostri preti”- Grafica Langhiranese 2008

(da ”I miei preti.... i nostri preti”  don Domenico Magri  Grafica Langhiranese 2008)


Profili di preti: don Ignazio Magni

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON IGNAZIO MAGNI
2 settembre1927 –  25 gennaio 2004

DonIgnazioMagni

Don Ignazio: un parroco santo e dolce. Che cosa si poteva pretendere di più?Un prete meraviglioso! Durante tutta la sua vita sacerdotale è stato "sballottato" continuamente da una parte all'altra della Diocesi. Come mai? Non perchè non andava bene da nessuna parte, ma perchè con la sua bontà e la sua docilità al vescovo di turno andava bene dappertutto come dono di Dio: ovunque portava il suo profumo di parroco esemplare.

- nato a S. Secondo il 2 settembre 1927
- deceduto a Parma il 25 gennaio 2004
- ordinato sacerdote il 29 giugno 1950 dal vescovo mons. Colli
- vicario cooperatore a Corniglio dal 1950 al 1951
- economo spirituale a Ravadese
- vicario adiutore del parroco di Basilicagoiano dal 1953 al 1954
- parroco di Basilicagoiano dal dal 1954 al 1970
- parroco di S. Leonardo dal 1970 al 1985
- vicario pastorale Zona Parma Periferia dal 1982 al 1985
- parroco di Pianadetto e Valditacca dal 1985 al 1991
- amministratore parr.le di Rigoso e Ceda dal 1985 al 1991
- amministratore parr.le di Rimagna dal 1989 al 1991
- parroco di Calestano e Canesano dal 1991
- amministratore parr. di Fragno dal 1991
- amministratore parr.le di Vigolone dal 1998

Anche se sono stato un grande estimatore e amico di don Ignazio, non sono in grado di fornire e descrivere particolari notizie della sua vita, anche perchè ha esercitato il suo ministero in parrocchie piuttosto distanti da me.

Ma quando è diventato parroco di Calestano, mio paese natale, ho avuto la possibilità di conoscerlo più da vicino, e di sperimentare l'assoluta ammirazione dei Calestanesi nei suoi confronti.
La sua bontà, la sua semplicità e mitezza, la sua delicatezza e finezza d'animo, la sua fede, gli hanno permesso di fare breccia nel cuore dei calestanesi.

Basta il suo curriculum per dare l'idea della sua disponibilità totale, cioè dell'obbedienza pronta nel dire di sì al Vescovo per ogni nuova richiesta, anche la più difficile: cappellano a Corniglio e a Pizzolese, Parroco a Basilicagoiano, a S. Leonardo, nel Monchiese, a Calestano e frazioni. Forse, facendo leva sulla sua fede e sulla sua docilità davanti alle richieste per il bene della Diocesi, gli sono stati chiesti tanti trasferimenti. Mi sia permesso di dire che durante tutta la sua vita sacerdotale è stato "sballottato" continuamente da una parte all'altra della Diocesi.

Ho seguito abbastanza da vicino la sua dolorosa malattia che lo ha portato alla morte: proprio nella malattia è apparso a tutti lo splendore e la forza della sua fede.

(da “ I miei preti...I nostri preti” di don Domenico Magri  Grafica Langhiranese - 2008)


Profili di preti: don Enore Azzali

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON ENORE AZZALI
26 ottobre 1922 - 19 febbraio 2013

donEnoreAzzali

Parroco, parroco, parroco, parroco; ecco la sua “carriera”! Don Enore ha fatto il pastore con la saggezza antica, quella ad effetto sicuro verso il gregge dei cristiani. Ha lavorato in Curia per 40 anni con il nome di notaio curiale, ma con la semplicità di un impiegato accogliente, sorridente e disponibile verso tutti, a cominciare dai confratelli che andavno da lui anche per gustare l’ultima battuta. Ha colto il momento giusto per ritirarsi in Villa S.Ilario, che già frequentava da tempo come parroco, senza il complesso, facile per alcuni, dell’ultima dimora della vita terrena, ma con la gioia di condividere Eucaristia, mensa e sereno clima di convivialità con i confratelli coetanei.

- nato a San Secondo il 26 ottobre 1922
- ordinazione sacerdotale il 29 giugno 1948
- parroco a Bergotto dal 1948 al 1950
- parroco a Roccaprebalza dal 1950 al 1960
- parroco a Pieve di Cusignano dal 1960 al 1967
- parroco di Porporano dal 1967 al 2008
- notaio di Curia dal 1968 al 2008
 amministratore parr. di Mariano dal 1984 al 1989
- ritirato a Villa S.Ilario nel 2008
- deceduto il 19 febbraio 2013

Don Enore Azzali: 90 anni suonati, che hanno avuto inizio a S. Secondo, terra di gente nota per la sua vivacità e terra fertile per le vocazioni al sacerdozio
don Enore non ha mai suonato la tromba per farsi notare. Anzi, lui ha sempre cercato di passare inosservato e di camminare in punta di piedi. Ma non c'è riuscito. In tutti i posti e i servizi cui è stato chiamato ha sempre lasciato un'eredità straordinaria di bene: e il bene fa sempre notizia.

E' stato ordinato sacerdote da mons. Colli il 29 giugno 1948, in una abbondante "covata" di 14 confratelli: allora erano ancora di moda le ordinazioni numerose.
E' stato subito mandato in montagna per due anni a Bergotto e per dieci anni a Roccaprebalza, quando allora funzionava prevalentemente solo il "cavallo di S. Francesco": per gli spostamenti a piedi don Enore doveva scavalcare la neve d'inverno e soffrire il sole e l'arsura d'estate. Poi sette anni a Pieve di Cusignano e infine 42 anni a Porporano.
Da Porporano ogni giorno, per oltre 40 anni, è andato in Curia come addetto alla Cancelleria: tutti i preti passavano da lui e si fermavano, non solo per i dovuti adempimenti, ma anche per scambiare con lui parole serene e argute, perchè la conversazione con don Enore era sempre piacevole e divertente.

Non va sottaciuta una abitudine che ha coltivato per anni: ogni giovedì, giorno di vacanza dalla Curia, partiva con don Brenno Tagliavini per andare a visitare i confratelli sparsi nelle parrocchie della diocesi, privilegiando quelli più anziani e soli: questa era la vera fraternità in atto.
A Porporano come parroco ha dato il meglio di se stesso nella cura della sua Chiesa plebana, nella fedeltà scrupolosa a tutti i suoi impegni pastorali e in un rapporto semplice e sempre disponibile verso i parrocchiani.
La parrocchia di Porporano ha la fortuna di avere tra i suoi confini il complesso Emmaus delle case di riposo dell'Opera San Bernardo. Don Enore ha seguito con amore la nascita e lo sviluppo di questa grande struttura, affiancandola con la sua presenza frequente e fondando un Gruppo di Volontari ("Un sorriso per gli Anziani"), che ancora oggi portano la loro presenza provvidenziale fra gli ospiti e in particolare tra i sacerdoti anziani di Villa S. Ilario.


Infine ha dimostrato tutta la sua saggezza di anziano quando ha capito da solo che era il momento di ritirarsi dalla Parrocchia e ha chiesto ospitalità nel 2008 a Villa S.Ilario: dove, se non in questo rifugio caldo e protettivo, don Enore poteva portare a conclusione la sua lunga e feconda esperienza sacerdotale? A Villa S. Ilario era fra i più amati e stimati per la sua semplicità e modestia di comportamento: era commovente in questi ultimi mesi, segnati da una sofferenza davanti alla quale lui si sentiva così indifeso, constatare come era oggetto di particolare premura da parte delle suore e del personale e di particolare affetto da parte di tutti gli ospiti. Non si poteva non volergli bene: faceva tanta tenerezza!

Don Enore fino all'ultimo non ha cessato di fare il prete con tutta la ricchezza della sua fede: oltre ovviamente alla sua presenza alla Concelebrazione e al Rosario comunitario, era facile trovarlo da solo in Cappella per la sua preghiera personale davanti all'Eucaristia. Non solo: i fedeli di Porporano accorrevano spesso da lui aVilla S. Ilario per il sacramento della Riconciliazione.
Oltretutto i fedeli di Porporano non possono certo dimenticare un parroco che li ha amati e serviti per tanti anni. Li ha amati ed è stato riamato. E' qui che emerge la grandezza di un prete e di una comunità parrocchiale!
Grazie, caro don Enore, per quello che sei stato per il Signore e per noi, grazie per quello che hai fatto, grazie per la sofferenza che hai portato con dignità.
Addio! Come dice la preghiera che è stata recitata su di te nelle tue ultime ore, "la tua dimora sia oggi nella pace della santa Gerusalemme"......."Mite e festoso ti appaia il volto di Cristo e possa tu contemplarlo per tutti i secoli in eterno. Amen".
don Domenico Magri

(da “VESCOVIPRETISUOREAMICI” di don Domenico Magri  II edizione - Ed. Likecube - 2014)


Profili di preti: don Ermenegildo Pesci

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON ERMENEGILDO PESCI
17 dicembre 1923 – 22 gennaio 2017

DonErmenegildoPesci

Il suo nome era Ermenegildo, ma non tutti lo sapevano.
Voleva essere chiamato per cognome: don Pesci. Già questo riesce a dare subito l’idea del tipo che era questo sacerdote: non era facilmente catalogabile. Ma di una cosa possiamo essere certi: aveva una forte personalità, era intelligente, determinato nella sua fedeltà al sacerdozio e alle comunità parrocchiali che gli sono state affidate, in particolare a Sorbolo dove è stato il “dominus” incontrastato fino a pochi anni fa (2013), quando ha deciso autonomamente di rinunciare alla Parrocchia: e così è venuto ad arricchire con la sua presenza e il suo esempio la comunità presbiterale di Villa S.Ilario. Qui a Villa S.Ilario era seguito con attenzione premurosa dalle Suore e da tutti gli Operatori. Ed era seguito con un amore, che si può definire filiale, dai nipoti che gli portavano i saluti della sorella Maria che lui era preoccupato di ricambiare: era l’ultima raccomandazione che faceva ai nipoti al momento dei saluti.

- nato a Manzano il 17 dicembre 1923
- ordinato sacerdote il il 29 giugno 1946
- cappellano a Traversetolo dal 1946 al 1948
- parroco a Orzale dal 1949 al 1954
- parroco a Fontanelle dal 1954 al 1972
- parroco a Sorbolo dal 1972 al 2013
- deceduto il 22 gennaio 2013 a Villa sant'Ilario

Ecco la “grinta” di don Pesci!
Nel rifugio caldo e protettivo di Villa S.Ilario ha ritrovato il nostro ospite prezioso don Giuseppe Montali, che per una decina d’anni era stato suo fedele e prezioso collaboratore a Sorbolo. Era bello e commovente vedere i saluti e i sorrisi che si scambiavano durante la giornata.

Era nato il 17 dicembre 1923 a Manzano, frazione di Langhirano, da una famiglia contadina che coltivava il podere Cascinella di proprietà della famiglia langhiranese del compianto don Antonio Bianchi. E’ stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1946: tra gli altri confratelli in quella ordinazione c’era anche don Franco Grisenti: si tramanda tra l’altro che a scuola in Seminario risultavano i due più brillanti come intelligenza. E la sua intelligenza, coniugata con la sua fede e il suo temperamento forte, è stata messa a frutto nella sua lunga missione sacerdotale, prima come cappellano a Traversetolo (1946-1948), poi come parroco a Orzale (1949-1954), a Fontanelle (1954-1972) e infine a Sorbolo (1972-2013).

Sorbolo! In Parrocchia e in paese tutto parla ancora di lui. Da quando è arrivato qui a Villa S.Ilario un folto gruppo di Sorbolesi, guidato dal successore don Aldino Arcari, che non mancava di visitarlo spesso, veniva a fargli festa nel giorno del suo compleanno con la celebrazione della Messa e un rinfresco d’occasione: tutta la mattinata dedicata al vecchio e glorioso parroco! La festa è riuscita a meraviglia anche l’ultima volta, lo scorso 17 dicembre: è stata la festa dell’addio e della riconoscenza.

Come passava la giornata don Pesci? Ovviamente in primis con la Messa concelebrata e il Rosario comunitario con i confratelli: qui noi preti siamo e viviamo come una famiglia, a cominciare dalla preghiera e dai pasti in comune. Don Pesci inoltre sulla tavoletta della sua carrozzina aveva il Breviario e un bel volume sulla vita dei santi: erano il suo “pane quotidiano” durante le ore libere dagli impegni comuni. Sì, è vero, era un temperamento forte e lo ha fatto valere sempre nella sua vita. Ma con la sua dirittura d’animo, con la sua fede e con la sua ansia pastorale si è fatto capire, apprezzare e anche amare da tutti: che cosa vogliamo di più da un prete? Don Pesci ci lascia una eredità preziosa che non va dispersa. Dipende anche dalla nostra capacità di custodirne la memoria, come la memoria di tanti sacerdoti che sono passati prima di noi e che forse dimentichiamo troppo alla svelta.

Se mi è permesso un ricordo personale, devo dire che il mio impatto con lui, assieme ai miei compagni di classe in Seminario, è avvenuto durante l’anno scolastico 1943-1944 nella classe di II ginnasio (ora II media). Era il nostro “decano” cioè il seminarista di teologia del Seminario Maggiore, mandato anche lui come responsabile di una classe del Minore. Era il periodo dei bombardamenti, fino al punto che nell’aprile del 1944 siamo stati mandati tutti a casa. Quando nel cuore della notte suonava la sirena dell’allarme, il nostro decano Pesci, senza tanti complimenti (che non sono mai stati il suo forte, ma in questi casi bisognava proprio fare così!) tirava giù dal letto noi poveri ragazzi storditi da questo brusco risveglio. Assieme a tutti gli altri seminaristi scendevamo nei sotterranei ad attendere anche per ore la fine dell’allarme.

Ora il nostro caro don Pesci è finalmente arrivato nella Casa del Padre. Mi faccio una domanda semiseria: chiederà subito un volume del Breviario per pregare? In fin dei conti il Paradiso è il posto ideale per pregare sempre e senza interruzione davanti a Dio, da contemplare così come Egli è! E poi potrà trovare e riconoscere i Santi che lui leggeva con ammirazione nel libro che teneva sempre nella sua carrozzina. Insomma: una bella compagnia!

(di  don Domenico Magri  23 gennaio 2017)

Funerale di don Ermenegildo Pesci, 25 Gennaio 2017 – Saluto da parte della comunità
Non è facile parlare di don Pesci: 93 anni compiuti da poco, sacerdote da più di 70 anni, nostro pastore per 42 anni. Questi numeri, già da soli, fanno impressione e raccontano di una lunga ed intensa vita dedicata a Dio e al gregge di Dio.

Naturalmente si dovrebbe iniziare dal giorno in cui, nel 1972, fu chiamato a Sorbolo per ricostruire una parrocchia distrutta dal terremoto; un’operazione che non prevedeva solo il recupero del passato, ma soprattutto un progetto per il futuro.
Il paese stava vivendo un periodo di transizione, dove la rinnovata comunità dimostrava poco interesse per la Chiesa. Tuttavia, per suo desiderio e grande impegno, oltre alla ricostruzione della canonica e della chiesa, nascono il Consiglio Pastorale, il gruppo catechisti, animatori, giovani, il gruppo sposi e famiglia, la Caritas parrocchiale, il gruppo Scout, le gite culturali e ricreative, il soggiorno di Berceto per i ragazzi, le feste dell’accoglienza, Estatinsieme, le castagnate, il circolo ANSPI, Voce Amica, la mostra missionaria, la sistemazione del Virtus come sala della comunità, e tanto, tanto altro.

Non potendo soffermarmi sugli infiniti aspetti che lo hanno reso il “prete della nostra vita”, ho messo insieme alcuni “fermo immagine” che lo ritraggono e ne descrivono la personalità, la fede, la lungimiranza. Queste immagini sono state raccolte attraverso la voce di tanti che hanno conosciuto don Pesci e hanno collaborato con lui, e credo che ben descrivano il sentimento di tutti.

La prima immagine è quella di Don Pesci nel silenzio della chiesa, in varie ore della giornata, con il breviario tra le mani. Spesso lo si trovava qui, in preghiera, sostando dinanzi alla verità di Dio. Questo ci ha trasmesso: l’importanza della preghiera, non solo quella comunitaria ma anche quella personale: incrociare il nostro sguardo con quello di Dio, lasciandoci amorevolmente guardare dalla Verità.

Un’altra immagine, scolpita indelebilmente nelle nostre menti, è quel suo salire i gradini che portano all’altare e al Tabernacolo, durante ogni celebrazione, e poi ridiscenderli con la pisside in mano per portare Gesù a noi. E poi quel suo sistemare, quasi “accarezzando”, i paramenti che ornano il Tabernacolo al centro dell’Abside, con tanta tenerezza. Tutti gesti fatti con calma, perché non c’è fretta per le cose importanti. Ci ha fatto sentire Gesù vivo e presente sull’altare, ogni volta, per più di 40 anni.

A questa immagine si associa quella dell’amore per la sua chiesa, questa chiesa, che aveva ricostruito e che custodiva gelosamente. Non certo come un bene personale, ma come una casa che doveva essere accogliente per tutti, quindi anche bella e ordinata. Chi non ricorda il suo sistemare le panche prima e dopo ogni celebrazione? Tutto doveva essere in ordine, ben in fila, come quando si invita un ospite importante. Ognuno di noi era un ospite di primo piano nella chiesa, per il suo incontro con Dio.

Non posso non citare poi una sua caratteristica molto peculiare: quel suo interrompere la celebrazione, a volte sbattendo la mano sul leggio, quando qualcuno entrava in ritardo in chiesa. Don Pesci non ha mai accettato che l’incontro con Gesù venisse al secondo posto, che la parola di Dio fosse soffocata dalle nostre, che la fede vera e profonda fosse mascherata da gesti superflui.

A riprova del fatto che quel suo gesto così plateale non dimostrava una scarsa accoglienza, voglio ricordare le tante persone e famiglie in difficoltà che don Pesci ha sempre accolto, nel corso degli anni, nei locali parrocchiali, anche e soprattutto quando straniere e di religione diversa dalla nostra. Accogliendo tutte queste persone, ogni volta ha portato Cristo, vivente, nella comunità.

E mi viene in mente l’affetto speciale che ha sempre avuto per i bambini, ai quali tutto concedeva, addirittura chiacchierare durante la Messa… Mi ha sempre impressionato il fatto che li conoscesse uno ad uno, anche se erano diverse centinaia. Sapeva i loro nomi, i nomi dei loro genitori, le loro storie, dove abitavano… proprio come un genitore sa tutto dei suoi figli. Mi sono chiesta tante volte come facesse e ho concluso che non è solo questione di memoria, ma soprattutto di amore: se ami una persona non ti dimentichi il suo nome. E lui ha amato ognuna delle pecore del suo gregge.

Infine una frase, che ha pronunciato nel corso di una delle sue ultime riunioni del Consiglio Pastorale: “Non mi sono mai pentito, in tanti anni di sacerdozio, di fare il prete”. È stato bello sentirglielo dire, anche se in realtà non lo avevamo mai messo in dubbio: si era sempre visto chiaro come il sole quanto fosse forte e rinnovato il suo “sì” a Cristo, anche dopo 70 anni. E vale la pena quindi di ricordare la sua immensa gioia quando un giovane di Sorbolo, Umberto Cocconi, entrò in seminario e fu poi ordinato sacerdote. E il suo orgoglio, che ha sempre cercato di celare ma è sempre stato ben evidente, nel vedere don Umberto crescere, germogliare e diventare il sacerdote che tutti conosciamo. E, analogamente, la gioia nel vedere un’altra vocazione, più di recente, sbocciare nella comunità: quella di Manfredo a diventare diacono.
Don Pesci non ha mai smesso di pregare per le vocazioni. Anche durante la sua ultima omelia in mezzo a noi ha invitato i giovani ad avere il coraggio di dire il proprio “sì” quando Dio li chiami a mettere la propria vita al suo servizio.

Tante altre immagini e ricordi si affollano nella mente, dai momenti più divertenti e spensierati come le gite e le scampagnate, a quelli più meditativi come gli incontri o le celebrazioni. Le tante discussioni, quasi litigi a volte, perché quando si tiene a qualcosa o qualcuno, immancabilmente ci si scontra su come fare le cose al meglio. I confronti, sempre arricchenti, in cui don Pesci riusciva sempre a suggerire uno sguardo fuori dal comune, proprio perché il suo unico riferimento erano la Parola e l’Eucaristia.
Ognuno conserva nella sua mente e nel suo cuore il legame personale e comunitario col nostro don Pesci, e ci impegniamo a continuare a camminare lungo la via che ci ha indicato, puntando verso Cristo, sotto la guida del nostro pastore don Aldino.
Concludo prendendo in prestito, e rivolgendo a lui, due delle parole che lui stesso ci ha consegnato, non tanto tempo fa, a mo’ di testamento spirituale: ad-Dio, e grazie.

(Francesca Terenziani, a nome della comunità parrocchiale di Sorbolo)


Profili di preti: mons. Pietro Colli

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

MONS. PIETRO COLLI
15 giugno 1920 – 10 gennaio 2014

MonsPietroColli

Cresciuto all’ombra del grande zio, il vescovo Colli, per assimilarne e viverne l’insegnamento

- nato a Lu Monferrato (Alessandria): 15 giugno 1920
- ordinazione sacerdotale a Mezzano Rondani: 3 giugno 1944
- laureato in teologia e diritto canonico
- vicario cooperatore a Costamezzana dal 1944 al 1945
- dal 1950 al 1969 insegnante in Seminario Maggiore
- dal 1944 al 1953: Consorziale della Basilica Cattedrale
- dal 1953 al 1985: Cappellano della Steccata
- insegnante alla Scuola Assistenti Sociali dal 1956 al 1969
- insegnante alle Magistrali dal 1965 al 1970
- promotore di Giustizia e difensore del Vincolo dal 1951 al 1965
- giudice Tribunale Eccl. Regionale dal 1956 al 1987
- consulente Eccl. C.S.I. dal 1958 al 1963
- cappellano Forze Armate dal 1961 al 1984
- canonico onorario della Cattedrale nel 1972
- prelato d’Onore di Sua Santità nel 1987
- deceduto nella Casa di Cura Piccole Figlie il 10 gennaio 2014

Bisogna riconoscere che mons. Pietro Colli ha dedicato tutta la sua vita alla Diocesi con grande impegno. Non si è mai sottratto alle sue responsabilità di ministro di Dio e di insegnante molto professionale.

Con il suo temperamento aperto e il suo stile brillante era riuscito a farsi voler bene da tutti. Infatti sapeva familiarizzare anche in Seminario con i suoi alunni con i quali, tra l’altro, quando era ancora giovane giocava insieme a calcio. E con lui a giocare a calcio con noi c’era anche l’indimenticabile don Marchi!

Possiamo dire quindi che il Vescovo Colli ha fatto un dono prezioso alla Diocesi con il suo nipote don Pierino. Dobbiamo ricordarlo con molta gratitudine, rispetto e stima per quello che è stato e ha fatto per il Regno di Dio nella nostra Diocesi.

(di  don Domenico Magri  30 dicembre 2001)