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Profili di preti: mons. Silvio Cesare Bonicelli

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

MONS. SILVIO CESARE BONICELLI
31 marzo 1932  –  6 marzo 2009

 

MonsCesareBonicelliVescovo di Parma dal 1996 al 2008
Mite, saggio, forte nella sofferenza... scout e alpino. Troppo breve è stato il suo ministero episcopale a Parma. Ha fatto in tempo comunque a farsi conoscere, apprezzare e amare. Sì: amare, perchè lui ha amato tutti e non poteva non essere riamato. Fare sentire e fare toccare con mano al gregge l’amore, per un vescovo-pastore è la cosa più importante. E il vescovo Silvio Cesare c’è riuscito in pieno: ci siamo sentiti amati. Grazie!

- nato a Bergamo il 31 marzo 1932
- laureato in giurisprudenza all'Università Cattolica di Milano
- servizio militare come Tenente degli Alpini
- vocazione al sacerdozio con la relativa esperienza nel seminario a Bergamo
- ordinazione sacerdotale il 16 giugno 1962
- laureato in diritto canonico a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana
- intensa azione pastorale in Diocesi, in particolare con gli Scouts
- parroco della parrocchia cittadina di S. Lucia
- nominato Vescovo di San Severo Foggia nel 1991
- nominato Vescovo di Parma il 13 dicembre 1996
- ingresso in Diocesi il 25 gennaio 1997
- dimissioni da Vescovo di Parma il 31 marzo 2007 per raggiunti limiti di età
- amminisitratore apostolico di Parma fino al 30 marzo 2008
- Vescovo emerito di Parma dal 31 marzo 2008
- ritorno a Bergamo dove è deceduto il 6 marzo 2009
- funerali nella Cattedrale di Parma il 10 marzo 2009
- sepoltura nel cimitero cittadino della Villetta

Chi parte e chi arriva: da scrutare bene il volto del Vescovo Bonicelli
Il mio primo impatto con il nuovo vescovo di Parma è cominciato ovviamente in Cattedrale, alla Messa del suo ingresso il 25 gennaio 1997. Ma non mi faceva impressione particolare il nuovo vescovo mentre celebrava e parlava. Sono invece rimasto colpito da un giovane prete di S. Severo Foggia che era accanto a me e piangeva nel vedere il suo vescovo non più a S. Severo ma a Parma: il vescovo Cesare non era più il suo vescovo. Questo era il segno che il vescovo gli aveva voluto bene e lui si era sentito amato.
Mons. Grisenti è stato un prezioso collaboratoreanche per il vescovo Bonicelli Non mi sono per niente impietosito di questo giovane prete in lacrime, lo confesso, ma mi sono detto soddisfatto e perfino un po' cinico: "Se piange, vuol dire che noi di Parma abbiamo fatto un buon acquisto".

Non è mia intenzione scrivere un profilo completo di mons. Bonicelli e della sua opera come vescovo di Parma. Non ne sarei capace e poi io sono fatto così: presento i personaggi attraverso il filtro della mia esperienza e delle mie sensazioni personali.
Mons. Bonicelli mi ha sempre dato l'impressione di essere un tipo mite e per questo a prima vista quasi arrendevole e fragile davanti alle difficoltà personali che non gli sono mai mancate e davanti ai problemi gravi della Diocesi. In realtà ha dimostrato tanta tenacia e forza d'animo nella malattia e, nonostante la malattia, negli impegni diocesani che lui ha portato avanti sempre e comunque: certamente la sua fede di antica tradizione familiare e forgiata nella formazione spirituale lo hanno aiutato. E di fede ne aveva tanta! Non bisogna dimenticare che la sua tempra bergamasca ereditata dalla famiglia si sposava perfettamente con la sua esperienza di tenente degli alpini nel servizio militare prima della sua decisione di entrare in Seminario: si è sempre dimostrato giustamente orgoglioso di essere un alpino e gli alpini di Parma lo hanno sempe onorato, orgogliosi essi pure di avere un vescovo fatto quasi apposta per loro.

MonsCesareBonicelli5Maggio 2005: adunata nazionale degli alpini a Parma. Mai nessun vescovo come lui: alla testa della interminabile marcia degli apini!
Il suo massimo momento di gloria, come vescovo alpino, lo ha vissuto nella adunata nazionale degli alpini a Parma. Una grande Messa in Cattedrale gremita da una selva di penne nere; un abbraccio dopo la Messa nella piazza del Duomo con un'altra selva di penne nere che lo hanno acclamato a lungo; poi alla testa della sfilata con la sua penna nera lungo le strade di Parma nel maggio 2005, assieme ai comandanti alpini. Come era bello il nostro vescovo!
La sua passata esperienza di alpino non deve fare dimenticare la sua passione per il movimento scautistico negli anni della sua giovinezza e poi come ruolo pastorale negli anni del sacerdozio e anche da vescovo di Parma.
La sua malattia, con il tempo e le forze fisiche disponibili, non gli ha impedito di svolgere con ammirevole impegno la sua missione di Pastore della Diocesi, a cominciare dalla Visita pastorale, che nelle sue precarie condizioni di salute non poteva che essere particolarmente faticosa.

Il Vescovo alpino con i suoi alpini: si trasformava!
Ha amato i preti e dai preti è stato riamato. Non si potevano non apprezzare i biglietti di augurio che arrivavano puntuali ad ogni compleanno: anche questo era uno dei segni della sua finezza d'animo, che ha avuto il suo culmine nella foto vescovo presbitero con cui ha voluto "celebrare" l'ultimo commosso incontro personale in vescovado con ciascuno prima di lasciare la Diocesi.
Aveva una predilezione per i sacerdoti anziani di Villa S. Ilario: ogni mese veniva regolarmente a celebrare l'Eucaristia preceduta da un breve incontro comunitario di incoraggiamento e di informazione sulla vita della Diocesi. Dopo la Messa si fermava a cena in mezzo ai preti anziani, ricchi di anni e di meriti per una vita sacerdotale dedicata al Signore e alla Chiesa.
Era amato anche dai suoi cristiani e dalla gente di Parma: non si poteva non apprezzare un vescovo così dolce e fine nel tratto e così capace di vivere la sua fede e la sua missione episcopale. Ho il ricordo della sua prima celebrazione in Cattedrale, dopo la pesante operazione subita al polmone: quando è apparso all'altare è scoppiato un applauso fragoroso e commosso che non finiva più.

E gli scouts come possono dimenticarlo?MonsCesareBonicelli5 Ho pure il ricordo incancellabile della Messa in Cattedrale per il funerale del piccolo Tommy, barbaramente ucciso tra la esecrazione di tutta l'Italia: in quella omelia ha veramente superato se stesso nell'esprimere i sentimenti più delicati e nello stesso tempo più forti per quella circostanza.Non sono in grado e non voglio neppure tentare di dare un giudizio su mons. Bonicelli come guida della Diocesi.Certamente la progressiva scristianizzazione dell'ambiente anche qui da noi, la diminuzione numerica dei preti, i pochi preti giovani e i seminaristi ridotti al lumicino, non hanno giovato a rendere più efficaci le sue strategie pastorali.Ma ha avuto qualche buona intuizione e lungimiranza. È riuscito a fare alcuni interessanti spostamenti di sacerdoti. Con le Visite pastorali ha studiato a dovere sul posto il territorio diocesano e ha fatto in tempo ad abbozzare una diversa distribuzione e sistemazione dei confini della Zone pastorali, istituendo nuove Unità Pastorali e dando pure l'avvio alla nascita di alcune esperienze di Nuove Parrocchie. Basta rileggere a questo proposito la lettera pastorale del 2006-2007: "Parrocchia: Chiesa fra le case".

Prima di lasciare Parma ha voluto chiamare a uno a unoi suoi preti per il saluto e la foto-ricordo
Mons. Bonicelli ha cambiato la mia vita: da parroco di Langhirano e dintorni, mi ha chiesto di partire, di venire a vivere con i preti anziani di Villa S. Ilario e poco dopo di presiedere l'Opera diocesana S. Bernardo degli Uberti.
Mi è costato molto lasciare Langhirano, cui mi legano tanti ricordi belli e affettuosi di gente magnifica, ma ora sono contento di vivere qui, vecchio ormai anch'io fra i miei confratelli anziani: tutto è grazia!

Come è stato il mio ultimo contatto con Mons. Bonicelli prima della sua partenza da Parma? È da raccontare, perchè rivela sì una occasione persa da me per essere più delicato, ma in compenso rivela la dolcezza e il cuore di questo vescovo.
Eravamo vicini alla festa di Natale, l'ultimo Natale a Parma del vescovo. Qualche giorno prima avevo avuto un motivo di dissenso con il vescovo sui problemi dell'Opera S. Bernardo. Alludendo a questo dissenso, e lui ha certamente capito, gli ho detto in modo maldestro e poco rispettoso nel fargligli auguri: "Sappia che le voglio bene, nonostante tutto". Non sono stato gentile verso il mio vescovo. A onore di un vescovo c'è anche il clima di amicizia e confidenza che permette ai suoi preti di essere sempre e comunque sinceri. Ho notato, ovviamente, che non aveva gradito questa espressione e me ne sono pentito, aspettando il momento giusto per rimediare.
Il momento giusto è ben presto arrivato nella solenne celebrazione della Messa di S. Ilario in Cattedrale. Io ero al suo fianco all'altare come assistente. Al segno della pace gli ho sussurrato nell'orecchio: "Adesso le dico che le voglio bene, senza il nonostante tutto". Mi ha sorriso e mi ha risposto con due parole insistite di una dolcezza infinita: "Lo so, lo so!" Pace fatta. Non potrò mai dimenticare: sono le ultime parole che ho ascoltato dalla sua viva voce, perchè poco tempo dopo è partito come vescovo emerito per la sua città natale di Bergamo. Forse è meglio così, perchè mi rimane nel cuore, quando ci penso, il loro tono dolcissimo e indescrivibile.
MonsBonicelli8
La celebrazione dell'addio e del distacco da Parma il 30 marzo 2008 è stata solenne e commossa. La settimana dopo era ancora presente in Cattedrale per accogliere il nuovo vescovo Enrico: lo ha accolto con una signorilità e fraternità da par suo. Il vescovo Enrico non è stato da meno nel salutare e ringraziare il vescovo Cesare in partenza.
Doveva arrivare per lui da Bergamo il 6 marzo 2009, con la recrudescenza del male, la notizia del suo pio transito da questa terra alla Casa del Padre. Ma ecco la sorpresa: ha voluto tornare a Parma per il funerale e la sepoltura, come dimostrazione del suo legame con noi. E poi, sorpresa nella sorpresa: la Messa esequiale è stata presieduta da mons. Benito Cocchi, suo predecessore a Parma, dove pure lui si è fatto tanto voler bene e apprezzare con la sua saggezza episcopale. Ma ci voleva anche la voce del nuovo vescovo Enrico. E la voce non è mancata, con parole belle e appropriate per il nostro caro e indimenticabile vescovo Cesare. In quel pomeriggio di marzo, a quel funerale, non ci è mancato proprio niente, se noi ragionamo con la luce della fede!
Ogni anno per l'anniversario si celebra in Duomo la Messa per il vescovo defunto. Quest'anno c'ero anch'io con altri sacerdoti e con numerosi fedeli che riempivano la Cripta. Ma chi c'era tra i fedeli? Si notava un bel gruppo di alpini con la penna nera e alcuni con la barba bianca. C'era da aspettarselo. Gli alpini di Parma non riescono a dimenticare il tenente vescovo alpino, così bello quando in quel giorno di maggio 2005 sfilava con passo sicuro per i viali di Parma alla testa degli alpini d'Italia!

(da “VESCOVIPRETISUOREAMICI” di  don Domenico Magri  – I edizione – 2012 – ed. Likecube)


Profili di preti: don Giuseppe Dall'Asta

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON GIUSEPPE DALL'ASTA
30 aprile 1938 – 26 febbraio 2018

DonGiuseppeDallAsta

Non si può certo dire che la famiglia Dall’Asta sia stata una famiglia qualunque!
Originari di Viarolo, gli sposi Dante e Maria si erano stabiliti a Roccabianca dove hanno impiantato una grossa coltivazione di frutta.
E sono nati Giovanni, Primo, Giuseppe e Delfina. Il papà è mancato in età non ancora abbastanza avanzata, ma la mamma ha tirato avanti la sua esistenza fino a 104 anni, vivendo gli ultimi anni nella Villa S.Ilario in compagnia del figlio don Primo e assistita con amore dalla presenza quotidiana di Delfina. Era un quadretto simpatico vedere insieme la mamma, don Primo e Delfina quasi attaccati fra di loro.

- nasce a Roccabianca il 30 aprile 1938
- ordinato presbitero nel 1961
- cappellano a Santa Maria della Pace dal 1961 al 1970
- nel 1970 parte per il Brasile a Goiana
- morto in Brasile il 26 febbraio 

PadreGiovanniDallAstaA proposito dei tre figli maschi, sappiamo tutti che cosa è successo: l’uno ha tirato l’altro e ci sono saltati fuori tre preti. E non si tratta di preti basta che sia! Si vede che la famiglia è stata un vero terreno di cultura cristiana che ne ha favorito la vocazione.
Don Giovanni, nato nel 1930 e ordinato presbitero nel 1953, ha cominciato con una buona milizia pastorale prima come cappellano a Sala Baganza e S.Maria della Pace, poi come parroco a Casalbarbato e Valera. Ha lasciato il segno in particolare come fondatore della Parrocchia del Buon Pastore (1970-1984): chi non ricorda la sede provvisoria in un locale di via Mordacci? Da lì ha preso la decisione di entrare nei Camaldolesi, quelli di stretta osservanza, ed è partito per la Colombia dove è morto nel 2014 e là è sepolto.

Adesso anche il più giovane don Giuseppe viene sepolto in terra lontana, in Brasile. Siamo qui a ricordarlo con tanto rimpianto e nostalgia. Don Giuseppe, nato nel 1938 a Roccabianca, è stato ordinato presbitero nel 1961 e dopo un periodo di 9 anni come cappellano in S. Maria della Pace, nel 1970 ha preso la coraggiosa decisione di partire per il Brasile, a Goiana. Sono inimmaginabili le fatiche, le tribolazioni e le ansie di un prete lontano da casa, anche se sappiamo che è riuscito ben presto a farsi conoscere, apprezzare ed amare. Ogni tanto arrivavano le sue lettere agli amici, dove raccontava le sue fatiche apostoliche. Se si fossero conservate, queste lettere sarebbero oggi come una specie di autobiografia con lo specchio della situazione sociale ed ecclesiale della terra dove lui è vissuto per 47 anni e ha operato per il Vangelo. Là in Brasile si è addormentato nel bacio del Signore questo 26 febbraio 2018.

Una volta all’anno tornava in Italia per una breve vacanza, per rivedere la mamma, don Primo, la Delfina e tanti amici che sostenevano il suo impegno missionario. E quando arrivava era una festa. Il Presbiterio di Parma può andare fiero dei confratelli (basta pensare anche a don Onesto Costa) che hanno lasciato gli affetti più cari e la loro terra d’origine per testimoniare il Vangelo in una terra lontana.

Addio, caro don Giuseppe: la tua tomba è lontana da noi, ma noi sappiamo dalla nostra fede che nel Cristo Risorto vincitore della morte tutte le distanze vengono annullate.

(dai ricordi di  don Domenico Magri, 27 febbraio 2018)


Profili di preti: don Bruno Riva

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON BRUNO RIVA
31 agosto 1914 -  3 marzo 2013

DonBrunoRiva

Don Bruno Riva era nato il 31 agosto 1914 a S. Secondo, un paese che non cessa di stupire per aver dato tanti bravi sacerdoti alla Chiesa di Parma. Era il figlio più giovane di una famiglia numerosa che lavorava la terra a mezzadria. È facile immaginare, a quei tempi, la vita dura e non certo agiata di una famiglia così, ricca però di fede e tenuta unita dall'armonia tra i fratelli e poi fra i nipoti, che hanno sempre voluto molto bene allo Zio prete, il loro grande "patriarca".
Non fanno impressione i suoi 98 anni di vita, quanto i suoi 75 anni di sacerdozio. Era il prete più anziano come ordinazione sacerdotale: 1937!

- nato a San Secondo il 31 agosto 1914
- ordinazione sacerdotale 19 marzo 1937
- parroco a san Sepolcro dal 1937 al 1940
- parroco a Alberi dal 1940 al 1944
- parroco a Monticelli dal 1944 al 1979
- parroco a Lemignano dal 1979 al 2001
- arrivo a Villa S. Ilario
- deceduto nel giorno del Signore 3 marzo 2013
- funerale nella Chiesa di Torrechiara

Don Bruno ha portato con sè il passato della Diocesi dalla prima metà del '900 al nostro anno 2013. Nel suo lungo ministero di presbitero c'era la nostra storia: quello che siamo diventati lo dobbiamo anche a lui.
Quando si pensa che don Bruno è stato ordinato il 19 marzo 1937, si deduce che di Messe ne ha celebrate diverse decine di migliaia e noi che abbiamo fede possiamo e dobbiamo ringraziarlo perchè con l'Eucaristia ha riversato tanta grazia di Dio sulla Chiesa e sulle comunità cristiane, che lui ha animato con il suo cuore sensibile di pastore saggio e fedele.
Nella classe dei preti ordinati nel 1937 c'erano in 13, ma don Bruno è stato ordinato prima degli altri, il 19 marzo, per essere messo accanto a quel grande e santo parroco di S. Sepolcro, mons. Ettore Savazzini, che era ormai avanti negli anni.

A S. Sepolcro don Bruno è rimasto per poco tempo, dal 1937 al 1940, ma deve essere stato segnato per tutta la vita dalla sua esperienza sacerdotale al fianco di mons. Savazzini.
Gli anni della guerra li ha vissuti in parte come parroco di Alberi, dal 1940 al 1944, e in parte come parroco di Monticelli. Anche a lui, ancora così giovane, questi anni hanno lasciato il ricordo di tante ansie per sè e per i suoi parrochiani. Appena qualche giorno fa, dopo molti anni dalla guerra, in un incubo tra il sonno e la veglia, gli sono sfuggite alcune parole drammatiche di paura dei tedeschi.
Nella lunga permanenza a Monticelli come parroco, dal 1944 al 1979, ha saputo governare con successo dal punto di vista pastorale lo sviluppo di questo centro termale, meritandosi tanta stima e riconoscenza, così come a Lemignano, l'ultima parrocchia del suo ministero sacerdotale.

Nel febbraio 2001 si è staccato fisicamente da Lemignano, dove era arrivato nel 1979, per venire a Villa S. Ilario, avendo capito da solo che era il momento di lasciare. Ma ha continuato a seguire la Parrocchia per alcuni anni, soprattutto con la presenza domenicale, per concelebrare con don Sergio Bellini, che aveva preso in consegna la Parrocchia e lo accoglieva ogni volta, assieme ai fedeli, con tutta la simpatia che meritava.
Se mi è lecita una nota personale, devo dire che a Villa S. Ilario don Bruno ha rallegrato la mia vita come memoria storica della Diocesi, come saggio consigliere, come amico fraterno, come brillante e arguto commensale allo stesso tavolo.

E ha rallegrato tutta la comunità di S. Ilario: i suoi confratelli, le Suore e gli Operatori che lo hanno assistito con delicata premura e rispetto, gli altri ospiti. È bello vedere come i sacerdoti di Villa S. Ilario sono oggetto di simpatia e di affetto da parte di tutti. Anche questa è testimonianza!
La sua stessa imponenza fisica poteva dare la misura della sua forte personalità, arricchita da diversi interessi culturali, a cominciare dalla musica. Era stato per breve tempo insegnante di musica in Seminario prima di mons. Dellapina. C'era a S. Ilario un prete un po’ più giovane di lui, il compianto don Renato Medici, che era stato suo alunno: quando gli passava davanti lo chiamava ancora professore con un leggero inchino!
È deceduto nel mattino del Giorno del Signore: non poteva scegliere un giorno più adatto per presentarsi davanti al suo Signore, dopo le infinite domeniche della sua lunghissima esperienza sacerdotale, segnate dalla gloria del Risorto che lui ha cantato con la liturgia, con la voce e con la vita.
Grazie di tutto, caro don Bruno: addio!

(da  “VESCOVIPRETISUOREAMICI” di  don Domenico Magri  II edizione)


Profili di preti: don Mario Poli

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON MARIO POLI
31 gennaio 1925 - 23 febbraio 1996

DonMarioPoli

Don Mario era tante cose per tutti: amico, artigiano di qualità per ogni situazione che richiedeva il suo intervento, volontario e animatore della Pubblica Assistenza di Langhirano.... Ma era soprattutto un prete innamorato delle sue parrocchie. Era una forte personalità e molto popolare, amato e stimato dai tanti che lo hanno accostato e hanno avuto bisogno di lui. È stato chiamato in curia per dare l’avvio, a livello diocesano, dell’istituto per il sostentamento del clero, nato dal dal concordato con il governo Craxi. Ha sofferto molto nella malattia, durata alcuni anni, che lo ha portato alla morte. Eravamo tanto amici e come amico e e sacerdote l’ho seguito nella sua malattia fino all’ultimo giorno. Il suo è stato un funerale commosso e molto partecipato.

- nato a Soragna il 31 gennaio 1925
- ordinazione sacerdotale 29 giugno 1948
- cappellano a S.Leonardo1948-1949
- parroco a Torricella 1949 – 1953
- parroco a Torrechiara dal 1953 fino alla morte
- ammnistratore parr. ad Arola e Casatico fino alla morte
- insegnante di religione
- impegnato in Curia per dare l’avvio a livello diocesano all’Istituto per il sostentamento del Clero
- deceduto il 23 febbraio 1996 all’Ospedale Maggiore
- funerale nella Chiesa di Torrechiara

Alla Messa nel primo anniversario dalla morte 23 febbraio 1997
Don Mario era un pellegrino dell'assoluto e nella sua vita ha sempre faticato a scalare l'altissima montagna dell'assoluto. Quanti sogni e quante ansie durante la sua vita, e quanti interrogativi inquietanti si poneva durante la sua malattia lunga e dolorosa!
Facendo riferimento alla prima lettura della Messa, possiamo dire che si sentiva proprio vittima designata come Isacco: ed in lui era subito terrore ed angoscia. Poi, improvvisamente, la sua fede gli offriva squarci meravigliosi di luce (Vangelo), perchè sentiva di avere Dio dalla sua parte (II lettura).

La sua malattia è stata un'altalenante susseguirsi di questi atteggiamenti, ma con l'accento sempre più insistito sugli interrogativi che gli erano posti dalla realtà della sofferenza sua e di quelli che soffrivano accanto a lui: anche la sofferenza degli altri accresceva, nel suo animo sensibile, il peso della sua angoscia e rendeva più acuti gli interrogativi.
“Signore, sia fatta la tua vo E questo non è stato segno di debolezza di fede, ma segno di una fede matura, appunto perchè fede difficile. Basta risentire le sue frasi trovate in fogli sparsi e stampate nella sua immagine-ricordo dopo la sua morte:
lontà, ma la sofferenza, troppa e lunga, fa paura! Signore, pietà!”.
“Signore, il mistero della vita è tuo, come tuo è tutto”.
“Ho visto tanti altri ammalati, Signore, pietà!”.
Non sempre la fede facile e sicura di sé è la fede migliore, perchè corre il rischio di essere una fede facilona e la faciloneria non piace a nessuno, nemmeno a Dio.

Ho detto prima che don Mario era un pellegrino dell'assoluto: mi sento di poter aggiungere che era un pellegrino solitario dell'assoluto: proprio lui, che ha consacrato la sua vita per gli altri ed era diventato una specie di pronto soccorso per tutti, è stato sostanzialmente un solitario.
Ho l'impressione che non ci siamo accorti di questa sua solitudine, fino a quando è stato bene di salute: abbiamo appena fatto in tempo a fare breccia nella sua solitudine durante la sua malattia.
La visita dei suoi amici e dei suoi parrocchiani durante la sua malattia lo riempiva di una grande gioia e gli permetteva di dimenticare per un attimo la sua sofferenza.
C'era in lui perfino una reazione infantile di stupore gioioso, per tanta attenzione nei suoi confronti. Lui dava sempre se stesso a tutti ed era il primo a meravigliarsi che altri si interessassero con affetto di lui: e ne era tanto felice.

Non nascondiamoci dietro un dito: forse invece nel lungo periodo che è stato in mezzo a noi ed era pieno di vitalità e correva sempre e correva per tutti, non sempre lo abbiamo capito, non sempre lo abbiamo confortato con le nostre premure affettuose, non sempre lo abbiamo apprezzato come meritava, anche perchè lui per primo si chiudeva in se stesso, felice di essere utile a tutti nei modi più impensati, ma quasi pauroso di pretendere riconoscenza e affetto, appunto perchè ne sentiva tanto bisogno.
Mi sovviene il bellissimo passo dell'omelia del vescovo mons. Cocchi al suo funerale. Ha detto pressapoco così: “Don Mario è stato un grande aggiustatore. Sapeva fare di tutto, riparava da solo le sue chiese, aggiustava motori e impianti di ogni tipo, ma soprattutto sapeva riparare le famiglie e le coppie quando si creavano dei guasti al loro interno”.
Don Mario è stato dunque aggiustatore di chiese, di oggetti, di impianti, di motori: mi chiedevo sempre com'era riuscito a imparare tante cose.
Ma don Mario, come ha detto il vescovo, è stato soprattutto un grande aggiustatore di anime, di coscienze, di famiglie, e in particolare dei ragazzi e dei giovani. Ha sempre dimostrato una cura premurosa verso le ragazze bisognose di speciale attenzione e protezione, che erano accolte con amore dalle Suore Orsoline di Verona nella loro casa qui a Torrechiara. Avevano difficoltà di famiglia o addirittura erano senza famiglia: le chiamava figlie con una tenerezza infinita!

Quanto dobbiamo essere riconoscenti a don Mario! Quanto dobbiamo temere di dimenticarlo! Sarebbe un oblio non solo colpevole, perchè segno di mancanza di civiltà umana e cristiana, ma anche disastroso per noi perchè provocherebbe l'inevitabile sperpero della sua preziosa eredità.
Ho ancora nel cuore e negli occhi le immagini del suo funerale: è stato un vero trionfo! Quando, dopo la Messa esequiale alla testa del corteo funebre, sono arrivato in fondo alla strada che viene giù dal castello e mi sono girato, ho visto una fiumana di gente che scendeva dietro alla sua bara e piangeva!
In quel momento, finalmente tutti avevamo capito tutto di don Mario: non era troppo tardi e non è ora troppo tardi, a condizione che ci impegniamo a percorrere le traiettorie di cammino che lui ha tracciato per noi con il suo insegnamento e il suo esempio di uomo, di cristiano e soprattutto di prete, di grande prete.

Io personalmente, che ho avuto la fortuna di stargli vicino nella salute e nella malattia fino all'ultimo giorno e di averlo avuto come amico carissimo e saggio consigliere, devo ringraziarlo perchè mi ha insegnato e trasmesso tante cose importanti che conservo gelosamente nel mio cuore.
Ma tutti dobbiamo ringraziarlo e sentirlo sempre con noi: questa è una delle meraviglie della nostra fede. Lui è presso Dio e in Dio noi lo possiamo raggiungere sempre con la preghiera e il pensiero affettuoso e sappiamo che lui può fare altrettanto per noi. Grazie, don Mario!

(da  “I miei preti....I nostri preti” di  don Domenico Magri  Tipo Lito Grafica Langhiranese - 2008)


Profili di preti: don Ennio Bonati

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON ENNIO BONATI
1 febbraio 1915 - 26 febbraio 1950

DonEnnioBonati

Nei pochi anni di vita sacerdotale che gli sono stati concessi, don Ennio aveva acceso molte speranze per il bene della Diocesi. Erano tante e belle le sue doti! Non è riuscito a vedere neppure l’alba del Concilio. Ne sarebbe stato certamente protagonista in Diocesi. Don Ennio viene ancora e giustamente ricordato come protagonista nella promozione e assistenza spirituale dello scoutismo a Parma e per tante altre cose ancora. Un grande prete!

- nasce a Fraore di S. Pancrazio, 1 febbraio 1915
- ordinato prete il 10 aprile 1939 nella chiesa di S.Pietro
- muore a Parma il 26 febbraio 1950 all'età di 35 anni

A suo tempo, quando era giovane e in buona salute, don Ennio Bonati era una punta di diamante del clero parmense. Poi si è ammalato ed è iniziato il suo calvario: la sua morte ha privato la Diocesi di un protagonista nella pastorale e nella cultura.
Io ho solo due ricordi di don Ennio.
Nel periodo della Resistenza gli ho servito la Messa. Era venuto a Calestano per prendere contatto con i partigiani: così mi avevano detto in gran segreto. Quando ero in Seminario, a una celebrazione diocesana, l'ho visto ammalato in carrozzina: mi ha fatto tanta melanconia!
Il ricordo di don Ennio si è risvegliato in me con l'amicizia, quando ero parroco di Ognissanti-S.Maria del Rosario, con la famiglia Mora e in particolare con Ennio e Lucia, nipoti di don Ennio (la Mamma ne era la Sorella), che sono i gelosi custodi della memoria dello zio prete.
Io ho pochissimi ricordi personali, ma posso rimediare con questo scritto di don Andrea Maggiali, prelevato nell'archivio della Curia. Subito dopo il funerale di don Ennio, don Maggiali fa la storia della sua vita e racconta gli onori che si è meritato alle esequie in Cattedrale, con il grande concorso di popolo e tanta commozione.
È una preziosa pagina che presenta la figura di un prete, che è stato la gloria del nostro Presbiterio e della Chiesa di Parma.

Don Ennio Bonati rievocato da don Andrea Maggiali subito dopo la morte
Dopo tre anni di straziante malattia, il 26 febbraio 1950 moriva il prof. don Ennio Bonati, all'età di 35 anni.
Mons. Giovanni Barili che nel 1927 l'aveva accolto in Seminario lo ha definito "buono, lieto, cordiale, di una grande lealtà ed apertura d'animo".
Mons. Vescovo, conoscendo le sue singolari doti di intelligenza e di volontà, lo mandò a Roma per conseguire il dottorato in teologia presso l'Università Gregoriana. Riscosse stima ed affetto presso tutti i docenti e i compagni del Seminario Lombardo. Durante le parentesi domenicali, si dedicava al ministero catechistico fra i monelli della periferia di Roma. Qui maturò il suo sogno di diventare il sacerdote dei ragazzi. Fu ordinato prete il 10 aprile 1939 nella chiesa di S.Pietro. Terminati gli studi a Roma ritornò al servizio della diocesi.

Per qualche tempo fu il coadiutore nella parrocchia del santo Sepolcro, ove era parroco il "santo" mons. Ettore Savazzini. Lo nominarono quindi Vice Cancelliere, Vice Assistente della Giac e della Fuci nonchè Consorziale della Cattedrale.
Durante il periodo bellico si dedicò con generosità ed audacia in favore dei perseguitati politici.
Nominato Assistente degli Esploratori cattolici, dedicherà la parte migliore delle sue energie a questi, finché il sopraggiungere e poi l'accentuarsi della malattia non lo costrinse ad abbandonare ogni attività. Tre anni di sofferenza con la progressiva incapacità di muovere le braccia, le gambe, il tronco. E mai una parola di lamento. Sempre sereno, contento, pronto a consolare piuttosto che ad essere consolato. Raggiante di gioia quando qualche amico prete andava a celebrare vicino al suo letto di dolore.
Don Ennio si era dedicato all'apostolato più difficile con generosità incantevole. Si seppe poi che egli si era immolato per la santificazione dei sacerdoti.
La sua morte fu un lutto di tutta la Chiesa di Parma, la quale gli riservò solenni onoranze funebri. Al prete "santo”, al prete della bontà e della sofferenza portarono il loro saluto molti sacerdoti, tutti i seminaristi, le Associazioni, molti partigiani, sopratutto i "suoi" Scouts e una folla straordinaria.

Quando il corteo, al seguito della bara, entrò nella Cattedrale, questa apparve così gremita da presentare allo sguardo uno di quegli spettacoli che solo si hanno nelle grandi occasioni. La "Schola Cantorum" del Seminario eseguì, sotto l'abile direzione del M° Dellapina, la "Messa da Requiem" del M° Lorenzo Perosi. Mons. Colli disse con parole profondamente commosse l'elogio del caro Estinto che nella sua breve carriera aveva dato mirabile esempio di zelo, di generosità, di multiforme apostolato, di abnegazione indomita, di fervidissimo spirito di sacrificio. "Vorrei, disse mons. Vescovo terminando, che tutti i preti fossero spiritualmente così".

(da "Preti e non solo" di  don Domenico Magri  Grafica Langhiranese Editrice – 2010)