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Profili di preti: don Igino Cerati

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON IGINO CERATI
17 agosto 1924 –  13 marzo 2000

DonIginoCerati

E perchè dovremmo dimenticare il caro don Igino Cerati?
Ha dimostrato tanta fede e determinazione per diventare prete in età avanzata: basta pensare al coraggio e allo sforzo profuso nel passare dalla vita dei campi agli studi del Seminario. Non era un prete brillante, forse qualche volta lo abbiamo snobbato, ma ha fatto la sua parte per il regno di Dio nella Chiesa di Parma: anche lui va ricordato e ringraziato.

- nato a Casola di Tizzano il 17 agosto 1924
- ordinazione sacerdotale il 14 novembre 1982
- parroco di Agna, Ballone,Villula nel 1982
- rettore del santuario di Berceto nel 1989
- parroco di Carobbio e Musiara nel 1991
- parroco di Castrignano nel 1995
- deceduto il 13 marzo 2000

Carissimo don Gino,
abbiamo iniziato insieme il cammino di formazione in Seminario per rispondere alla chiamata del Signore e servire i nostri fratelli nella Chiesa (ottobre 1976). Insieme siamo stati stati ordinati Diaconi dal vescovo Amilcare Pasini nella Chiesa dello Spirito Santo (20.12.1981). Insieme siamo stati ordinati Presbiteri in Cattedrale dal vescovo Benito Cocchi (14.11.1982).
Insieme abbiamo condiviso momenti di ministero, di aggiornamento, di serena amicizia. Oggi il nostro essere insieme con il vescovo Cesare, con tanti confratelli, con i tuoi famigliari e con tanti amici è vissuto nel dolore e nella fede, ed è per dirti GRAZIE.
Avevi i capelli grigi, quando, dopo una vita di lavoro, di dedizione in famiglia, di impegno generoso nella società, sei entrato in Seminario. Sei diventato prete con tenacia, i capelli ormai bianchi, ma con un cuore sempre giovane.
Grazie don Gino per la tua testimonianza di fede e di coraggio, per l’esempio di umiltà nel ricominciare gli studi, per la gioia di servire nella Chiesa, per la tua disponibilità negli impegni pastorali (le diverse Comunità che hai servito ne sono una conferma). Grazie per l’esemplare accettazione della malattia di cui parlavi con semplicità in un fiducioso abbandono alla volontà del Signore: è stato il tuo ultimo, prezioso servizio.
Questa mattina nelle Lodi le parole del Salmo mi hanno fatto pensare a te, a quei monti che tante volte hai salito con semplicità e purezza di cuore, fino all’ultimo colle dove sta la croce, cammino quaresimale per te già sfociato nel giubilo della Pasqua.
Ho riletto la frase che tu avevi scelto e posta nel santino della tua Ordinazione Sacerdotale: “Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi, che annunzia la pace, messaggero di bene che annuncia la salvezza....” (Is. 52,7).
Grazie don Gino, perchè a questa “Parola” e a questo tuo desiderio, sei stato fedele fino all’ultimo.
Tutta la nostra Chiesa ti è riconoscente. 
don Giuseppe Mattioli – 15 marzo 2000

Le mie parole di ringraziamento al termine delle Esequie di Don Gino, Castrignano, 15 marzo 2000
Cerco di immaginare e rendere parola i sentimenti del nostro caro don Gino per ringraziare mons. Vescovo Cesare e il Vicario generale mons. Ranieri, non solo per la loro presenza, ma perchè hanno seguito con amore il doloroso cammino di don Gino.
Penso che don Gino non possa non sentire una particolare riconoscenza verso i nipoti, che in queste ultime settimane non lo hanno mai lasciato solo, assistendolo di giorno e di notte, e verso i suoi parrocchiani di Castrignano, che gli sono stati tanto vicini in questi mesi di malattia.
Don Gino ha affrontato con molta dignità e molta fede la sofferenza della sua malattia, ma è stato aiutato anche da tante persone sensibili, che gli hanno dimostrato molto affetto e molte attenzioni: don Franco Guiduzzi, che ormai, se mi si permette l'espressione, si è specializzato nella cura dei sacerdoti anziani e ammalati, l'amico fraterno don Giuseppe Canetti, tutto il personale di Villa San Ilario, dei reparti ospedalieri, delle Case di Cura Piccole Figlie e Val Parma di Langhirano e della Casa protetta Val Parma di Langhirano. E non vanno dimenticati tanti sacerdoti, che si sono avvicendati al suo capezzale per una visita, una preghiera e una parola di conforto. Consentitemi di dire che è soprattutto così che il Presbiterio diventa una realtà e non rimane una sterile teoria disegnata a tavolino.
Naturalmente meritate uno speciale ringraziamento voi tutti, qui presenti al funerale di don Gino: i sacerdoti, il sig. sindaco di Langhirano sen. Antonio Vicini, i parrocchiani di Castrignano, gli amici della sua terra natale e delle parrocchie dove lui ha svolto il suo generoso ministero sacerdotale: nel Cornigliese, nel tizzanese e a Berceto come rettore del santuario.
Grazie ancora a tutti!

(da ”VESCOVIPRETISUOREAMICI” don Domenico Magri   Prima edizione – 2008 - Likecube)


Profili di preti: mons. Evasio Colli

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

MONS. EVASIO COLLI
9 maggio 1883 –  13 marzo 1971

MonsEvasioColli

Mons. Colli è stato un grande vescovo per Parma, quando per Parma era necessario avere un vescovo grande. La stagione drammatica coincisa con gli anni del suo episcopato a Parma esigeva proprio un vescovo così. E lo abbiamo avuto!
Mons. Evasio Colli era arrivato a Parma nel 1932, dopo cinque anni di episcopato ad Acireale, accolto con entusiasmo dalla popolazione, come dicono le cronache del tempo, ma con l'impegnativa missione di succedere al santo vescovo Guido Maria Conforti. Tra il serio e il faceto diceva spesso che per lui era un'impresa troppo ardua essere il successore di un vescovo santo come mons. Conforti.

- nato a Lu di Casale Monferrato il 9 maggio 1883
- laureato a Roma in diritto canonico e civile, in teologia e filosofia
- ordinato sacerdote il 5 novembre 1905
- insegnante nel seminario di Casale Monferrato
- parroco di Occimiano dal 1915 al 1927
- vescovo di Acireale dal 1927 al 1932
- vescovo di Parma dal 1932 al 1971
- nel 1939 direttore generale dell'Azione Cattolica Italiana
- deceduto a Parma il 13 marzo 1971

Intervento al Convegno su mons. Evasio Colli, palazzo del Vescovado 14 marzo 2011
Mons. Colli è stato un grande vescovo per Parma, quando per Parma era necessario avere un vescovo grande. La stagione drammatica coincisa con gli anni del suo episcopato a Parma esigeva proprio un vescovo così. E lo abbiamo avuto! mons. Evasio Colli era arrivato a Parma nel 1932, dopo cinque anni di episcopato ad Acireale, accolto con entusiasmo dalla popolazione, come dicono le cronache del tempo, ma con l'impegnativa missione di succedere al santo vescovo Guido Maria Conforti. Tra il serio e il faceto diceva spesso che per lui era un'impresa troppo ardua essere il successore di un vescovo santo come mons. Conforti.

Ho ricevuto la Cresima da lui a Calestano, mio paese natale: ma di questo evento sacramentale non conservo nessun ricordo, se non la mia foto di bambino di sei-sette anni, vestito da mia mamma alla marinara, come usava allora.
Invece ho cominciato a ricordare tutto di lui da quando sono entrato in Seminario nell'ottobre 1941.
Quando c'erano in Cattedrale le celebrazioni con il vescovo, le classi dei seminaristi del Minore partivano a piedi da via Solferino per riempire il transetto destro: che impressione e che suggestione per me, piccolo seminarista venuto da Calestano, l'ambiente sacro che a me sembrava immenso e la solennità dei riti, con un vescovo così maestoso e solenne!
L'ho visto da vicino per la prima volta in seminario Minore il giorno di Ognissanti 1941. Era arrivato scuro in volto a rendersi conto dell'incidente occorso ai seminaristi di V ginnasio, per fortuna e miracolosamente senza conseguenze gravi per le persone: il pavimento davanti al camerone, appena tornati dal Duomo, era crollato sotto i loro piedi e si erano ritrovati sul pavimento sottostante!

Io non sono in grado di raccontare tutte le ansie del vescovo Colli per i preti e per la popolazione della Diocesi durante la guerra. So che sono stati tanti i suoi interventi, almeno per limitare i danni: bombardamenti (seminario Maggiore colpito nel lato sud), rastrellamenti tedeschi e deportazioni in Germania di intere popolazioni maschili dei paesi, lotta partigiana con tante inevitabili vittime negli scontri armati e feroci rappresaglie dei tedeschi fra la popolazione civile. Il vescovo ovviamente è stato particolarmente vicino ai suoi preti e seminaristi adulti, ottenendone il rilascio quando venivano essi pure presi per essere deportati in Germania o in pericolo di essere fucilati perchè accusati di favorire la lotta partigiana.
Ricordo con precisione una celebrazione in Duomo a guerra avanzata. Il vescovo, parlando "con il cuore in mano", aveva confidato con tono drammatico di aver convinto il Papa Pio XII a lasciarlo a Parma.
Era direttore generale dell'Azione Cattolica Italiana e il Papa desiderava avvicinarlo a Roma (mi pare come vescovo di Perugia) in previsione degli sviluppi della guerra. Ancora oggi ricordo benissimo il tono commosso con il quale il vescovo mons. Colli ha detto che non se la sentiva di abbandonare la Diocesi, a lui tanto cara, in momenti così difficili e turbolenti. La sua commozione aveva contagiato tutti i fedeli presenti, stupiti per questa "confessione" pubblica del loro vescovo.

Nell'arco di tempo del suo episcopato a Parma, mons. Colli ha saputo mettere in opera tutta la sua forza propulsiva di guida pastorale della Diocesi.
Si può applicare a mons. Colli la frase ben nota che recita così: "un uomo solo al comando"? Penso di sì. Ma allora non era ancora maturato quello spirito di collegialità conciliare, che stenta perfino oggi ad affermarsi compiutamente. E poi la sua forte personalità, la sua superiore intelligenza e visione delle cose spiega un po' la sua tendenza a decidere da solo.

Mons. Colli ha saputo tenere sotto pressione tutta la Diocesi nelle scelte pastorali che gli stavano particolarmente a cuore. Basta citare l'Azione Cattolica in ogni Parrocchia; l'istruzione religiosa; il Seminario sostenuto da una rete di numerosi iscritti all'OVE (Opera Vocazioni Ecclesiastiche); le Visite pastorali fin dall'inizio e in tutto il tempo del suo episcopato finchè le forze lo hanno sorretto: assieme alle Missioni popolari, cui erano quasi sempre abbinate, le Visite pastorali sono state uno dei pilastri portanti della sua missione episcopale.
Da rimarcare inoltre ben 9 dei 10 Congressi Eucaristici Diocesani celebrati in tutto dalla Chiesa di Parma: dal 1935 a Traversetolo fino al 1962 in Città. Neglianni
Questa proliferazione di Congressi Eucaristici la dice lunga sulla centralità che il vescovo Colli ha suputo dare alla Eucaristia. Il decimo e ultimo Congresso Eucaristico Diocesano è stato celebrato da mons. Pasini a Langhirano nell'ormai lontano 1980. Poi più nulla!

Mons. Colli ha lasciato la documentazione preziosa della sua straordinaria intelligenza e capacità di interpretare i segni dei tempi nelle Lettere Pastorali che allora i parroci leggevano al posto dell'omelia durante le Messe della Quaresima, secondo una prassi che oggi farebbe a pugni con il più elementare spirito liturgico.
Penso invece che non ci siano molte tracce di tanti suoi discorsi, saggi ed elevati al pari degli scritti, per la mancanza allora di una adeguata tecnologia di registrazione. Ogni anno era atteso il suo discorso davanti al Duomo al termine della processione del Corpus Domini: sapeva fare vibrare la Piazza gremita di fedeli, con le sue parole forti e le denunce coraggiose contro le distorsioni morali del tempo.
Non può essere taciuto il rapporto di mons. Colli con il Concilio: un rapporto molto sofferto. La sua età anagrafica e la sua ormai datata formazione culturale e spirituale, difficilmente potevano trasformarlo in un vescovo entusiasta di partecipare alle sessioni conciliari, cui peraltro è sempre stato fedelmente presente. Nei suoi ritorni a Parma lasciava facilmente trasparire nelle conversazioni le sue difficoltà ad accettare il nuovo corso della Chiesa. Il testimone della missione per applicare il Concilio in Diocesi è stato trasmesso da mons. Colli al vescovo mons. Pasini, prima come Amministratore Apostolico "sede plena" e poi come successore: noi tutti sappiamo l'impegno che mons. Pasini ha profuso.
Come era il suo atteggiamento e il suo modo di trattare i sacerdoti? Non sono in grado di dare una risposta precisa, perchè so di atteggiamenti abbastanza severi, ma anche di attenzioni premurose. Secondo le norme giuridiche e la mentalità del tempo, bisogna riconoscere che mons. Colli era indubbiamente esigente verso i comportamenti personali e pastorali dei preti.

Aveva certo molta capacità di intuire anche a prima vista le caratteristiche dei suoi preti: tutti eravamo d'accordo nell'affermare che aveva molto occhio clinico in questo senso. Noi seminaristi avevamo perfino l'impressione che ci osservasse bene a uno a uno dal suo seggio episcopale durante le celebrazioni.
Ha dimostrato nelle sue scelte di avere molta fiducia verso i preti giovani, affidando loro incarichi delicati e parrocchie impegnative.
Mi ha nominato parroco di Ognissanti, la parrocchia allora più popolosa della Diocesi (11mila abitanti), quando avevo appena 26 anni, dopo che ero stato per poco più di tre anni cappellano a Fornovo Taro. Se ci penso, mi chiedo ancora come avrà fatto a compiere un gesto così temerario: mi sentivo ed ero in realtà ancora così immaturo!
Non per nulla quel mattino del 2 marzo 1958 il vescovo mi ha presentato alla Parrocchia di Ognissanti evidenziando con molta franchezza il mio limite dovuto alla mia giovane età, rassicurando però subito dopo con la sua solita arguzia che da questo difetto si guarisce giorno per giorno.

Mi è stato molto vicino nella costruzione della nuova Chiesa di S. Maria del Rosario in via Isola: come dimenticare la benedizione e la posa della prima pietra il 4 ottobre 1959 e la solenne consacrazione il 30 settembre 1962, pochi giorni prima di partire per il Concilio?
C'è un gesto di generosità che devo segnalare per dovere di riconoscenza e perchè esprime la sensibilià di mons. Colli nel provvedere, anche di persona, alle necessità della Diocesi. Per acquistare un terreno di fianco alla nuova Chiesa mi occorrevano sei milioni: lui me li ha dati suoi personali e quando andavo da lui per restituire i soldi a rate, mi faceva sempre una ricevuta ben superiore alla somma che gli portavo: alla fine gli ho restituito solo 4 milioni!
Non posso non rievocare un episodio simpatico e per me indimenticabile. Avevamo allora come parrocchia anche la cura pastorale del quartiere Baganza, dove in alcuni palazzi popolari erano appena state sistemate le famiglie, venute via dai cosidetti "capannoni" della Navetta e del Cornocchio, che erano poco più che baracche, poco dignitose per quella gente emarginata.
E così gli abitanti trasferiti in questi nuovi palazzi, a motivo della provenienza, si erano portati dietro l'appellativo per niente elegante di "capannoni". Gente non certo abituata a frequentare la Chiesa, molto schietta nel linguaggio, ma ricca di sentimenti e capace di affezionarsi anche al prete. Infatti erano stati precedentemente oggetto di frequentazione assidua e di assistenza piena di amore da parte del "mitico" don Erminio Lambertini, che era chiamato appunto "il prete dei capannoni".
Avevamo preso in affitto un seminterrato vicino al palazzo di sei scale, in Via Colla, abitato da queste famiglie. Alla domenica si celebrava la Messa per il quartiere e durante la settimana si faceva catechismo. Una domenica è venuto il vescovo a celebrare. Al termine l'ho invitato a fare due passi con me sotto le finestre del palazzo: non voleva venire, perchè aveva timore di non essere gradito, ma io ho insistito ed è venuto. Una donna alla finestra lo ha visto tutto vestito di rosso e si è messa a gridare in dialetto: "C'è il nostro vescovo, evviva il vescovo!" Allora tutti si sono affacciati alle finestre e ai balconi a salutare rumorosamente il vescovo con una esultanza incredibile: è stata una vera festa. Il vescovo si è commosso profondamente.

Era una bella esperienza andarlo a trovare negli ultimi anni della sua vita quando non aveva più le preoccupazioni del governo della Diocesi. Forse si sentiva solo, aveva bisogno di compagnia e rievocava volentieri la sua vita passata. Anche a me, nelle visite che gli facevo, ha raccontato alcuni episodi.
Questo vorrei riferire. Era parroco di Occimiano (diocesi di Casale Monferrato). Era andato in bicicletta a portare la Comunione a una persona ammalata distante dalla Chiesa. E' arrivato il Sagrestano tutto trafelato con un telegramma. C'era la sua nomina a vescovo. Ebbene, si è sentito improvvisamente e talmente compreso della sua dignità episcopale, che non ha avuto il coraggio di riprendere la bicicletta ed è tornato a piedi in Canonica. Ha incominciato così a fare il vescovo.
Quando mons. Colli nelle grandi feste entrava solennemente in Cattedrale preceduto da una lunga fila di seminaristi e dai Canonici, il coro diretto da mons. Mario Dellapina eseguiva il mottetto polifonico del Maestro don Furlotti, molto suggestivo, che cominciava così: "Ecce sacerdos magnus qui in diebus suis placuit Deo (Ecco il grande sacerdote che nei giorni della sua vita è paciuto a Dio)".
Penso veramente si possa dire che mons. Evasio Colli è stato un vero "SACERDOS MAGNUS": nei giorni del suo episcopato è piaciuto a Dio e alla gente di Parma.

 (da “VESCOVIPRETISUOREAMICI”   don Domenico Magri  Ed. Likecube -2012)


Profili di preti: don Ettore Bonani

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON ETTORE BONANI
26 giugno 1937 - 19 febbraio 2017

DonEttoreBonani

Di don Ettore si possono e si devono ricordare tante cose significattive che esprimono la sua vitalità, la sua esuberanza di doni umani e certamente il desiderio sincero di impegno pastorale.

- nato a Corniglio 29.6.1937
– morto a Parma 19.2.2018

Don Ettore aveva un cognome ben noto nella Diocesi di Parma: era nipote di mons. Giovanni Bonani, Canonico Primicerio della Cattedrale. Mons. Bonani aveva il compito, lui solo e inalberando con solennità la ferula, di “sussurrare” le intonazioni gregoriane al vescovo Colli nelle solenni celebrazioni. Mons. Bonani è ricordato ancora con riconoscenza a Corniglio, di cui era nativo, per aver lasciato una eredità che porta il nome di “Fondazione Asilo Infantile mons.Bonani”.
Certamente don Ettore, lui pure di progenie cornigliese, da ragazzo ha respirato in famiglia i valori cristiani e la suggestione per il sacerdozio come lo zio Canonico. Mons. Bonani è ricordato ancora con rconoscenza a Corniglio, di cui era nativo, per avere lasciato una eredità che porta il nome di “Fondazione Asilo Infantile mons.Bonani.

Di don Ettore si possono e si devono ricordare tante cose significattive che esprimono la sua vitalità, la sua esuberanza di doni umani e certamente il desiderio sincero di impegno pastoraleE’ stato prima cappellano a Medesano e Soragna e poi parroco e amministratore parrocchiale in tante parrocchie in tutto l’arco geografico della Diocesi: Diolo, Prelerna, Oriano, Sacca , Sanguigna, Beduzzo, Signatico, Petrignacola, S.Andra Bagni e come ultimo incarico pastorale Vicario parrocchiale a Varano Melegari. Quando era parroco a Diolo aveva provato la gioia della Chiesa elevata a Santuario di Gesù Adolescente.

Da giovane cappellano a Soragna con la sua sensibilità e conoscenza della musica ha subito preso a cuore la “Corale San Pio X” appena fondata e in seguito, come cappellano a Noceto, ha fondato il Coro “I Cantori del Mattino”. Ancora oggi sono due complessi corali in piena efficienza.
Ha dedicato tanti anni della sua vita, con molte soddisfazioni ma anche preoccupazioni e qualche amarezza, per organizzare la villeggiatura al mare per le famiglie. Si può dire che è stata una operazione popolare con un occhio di benevolenza per chi non aveva la possibilità di alberghi a prezzi più elevati. Tutto questo gli ha procurato non pochi problemi e difficoltà che hanno segnato la sua vita, ma non lo hanno mai distolto da questa ”passione” che aveva dentro.

Ha vissuto gli ultimi anni della sua vita in solitudine, confortato dalla accoglienza ospitale e fraterna di don Evio Busani, parroco di Varano Melegari.
Se mi è lecito aggiungere un ricordo personale, posso dire che ho avuto con don Ettore un rapporto buono di amicizia, che veniva garantita anche da pagine che gli inviavo per posta con i miei saluti: mi rispondeva e mi ringraziava regolarmente ogni volta con una telefonata.
Dobbiamo pensare a don Ettore per ricordarlo con tanto amore e rimpianto e forse con qualche rimorso, ma ora soprattutto con la nostra preghiera perchè il Signore lo accolga nella sua Casa.
Anche don Ettore, come ogni sacerdote, per noi confratelli è un po’ come “carne della nostra carne”, da fasciare e curare nelle ferite e da custodire sempre nel cuore con amore.

(dai ricordi di  don Domenico Magri 21 febbraio 2018 )

 


Profili di preti: don Luigi Baioli

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON LUIGI BAIOLI
27 dicembre 1930 - 6 marzo 2009

DonLuigiBaioli

È stato un prete di una vitalità incontenibile e di una capacità straordinaria di fare pastorale non solo con le opere murarie e le tante attività, ma anche con la sua “arte” speciale di intessere rapporti positivi e gioiosi di amicizia con tutti.

- nato a Neviano Arduini il 27 dicembre 1930
- ordinato sacerdote il 20 giugno 1954
- parroco di Lugagnano nel 1954
- parroco di Corniglio nel 1958
- parroco di Basilicagoiano dal 1970 al 2006
- deceduto il 6 marzo 2009

Mentre incomincio a scrivere il ricordo di don Luigi Bajoli, ho davanti ai miei occhi e dentro il mio cuore una foto preziosa, appena trovata per caso. Nel retro avevo scritto: "Parma, maggio 1942 - Preparatoria".
Preparatoria! Ma chi era costei? Era una classe che corrispondeva alla odierna V elementare,"inventata" dal Seminario per accogliere i ragazzi (o meglio: i bambini!), e prepararli all'esame di ammissione alla prima Media, che allora si chiamava prima Ginnasio. Eravamo in 26 e abbiamo sostenuto l'esame di ammissione presso l'Istituto La Salle. Era il primo anno di questo esperimento ed era un modo per facilitare e cercare di garantire il proseguimento in Seminario del cammino scolastico e formativo.

Eravamo proprio dei bambini: io ero entrato nell'autunno precedente a 10 anni appena compiuti e così, più o meno, i miei compagni. Avevamo come decano il seminarista di III teologia Gino Marchi (il futuro mitico don Marchi!) e come vice-decano il seminarista di V ginnasio (oggi sarrebbe II liceo) Giuseppe Torri, che non è diventato prete, ma un ottimo farmacista e padre di famiglia. E poi avevamo una maestrina fantastica: Emma Baistrocchi. Non dico "maestrina" per fare capire che era giovane, ma per dire che era piccola di statura. Era ormai anziana, certamente in pensione e tanto brava. Ho un ricordo meraviglioso di lei, del decano e del vice-decano. Ci hanno trattato con delicatezza, come si devono trattare i bambini lontani da casa e con i primi rumori di guerra che cominciavano a farsi sentire.
Alcuni di questi 26 sono diventati preti e quindi non si è trattato di un esperimento inutile: don Severino Petazzini, don Giacomo Bocchi, don Sergio Bellini, don Learco Paini (deceduto), il sottoscritto e don Luigi Baioli, deceduto il 6 marzo 2009.

Era nato nel 1930 a Neviano Arduini ed era sceso giù a Parma in Seminario Minore agli inizi di ottobre del 1941, accompagnato certamente da quella santa donna di sua madre Maddalena, con la fede ingenua di un bambino che sognava di diventare prete, ma non poteva immaginare l'avventura bella e impegnativa che lo aspettava.
Don Luigi è stato veramente per noi confratelli quello che potremmo definire l'amico dei giorni lieti: fino a quando la salute lo ha sostenuto, ha saputo rallegrare con uno stile brillante la compagnia dei preti, che lui cercava per telefono e in tutti i modi per stare con loro a consumare insieme il pasto: lui per primo sentiva il bisogno di compagnia. E non si può certo dire che non avesse niente da fare.

È stato un infaticabile costruttore di muri, ma non solo. È stato anche un grande costruttore di comunità, un saggio operatore pastorale e un formatore di coscienze. Tutto partiva dalla sua fede e dal suo esempio. Riusciva spesso a "catturare" il cuore dei parrocchiani con la forza dell'amicizia e con la sua prodigiosa capacità di toccare le corde giuste delle persone: nessuno poteva resistere al fascino della sua simpatia. Bastava incontrarlo una sola volta.
Appena ordinato sacerdote nel 1954 è stato mandato parroco a Lugagnano e Vecciatica (1954-1958), in una zona di montagna in quei tempi molto disagiata. Ha subito costruito, accanto alla Canonica, una casa per le attività parrocchiali, pensando soprattutto ai giovani, che allora non avevano ancora abbandonato la montagna. Mi chiedo: come avrà fatto, ancora così giovane e in poco tempo, a riuscire in questa impresa?

Poi è passato a Corniglio (1958-1970), dove ha saputo animare non solo la parrocchia, ma anche le frazioni, attraverso una attenta sollecitudine verso i parroci vicini, con i quali concertava la pastorale d'insieme. Mi aveva subito chiamato, allora giovane anch'io, a predicare il Ritiro mensile ai preti, con un atto di fiducia nei miei confronti, di cui gli sono ancora riconoscente. A Corniglio ha continuato a costruire: un cinema-teatro e i locali per la parrocchia e per il paese. Allora era diffusa la pratica dei cineforum. Mi ricordo che una volta gli ho mandato l'amico Luciano Scalise, un esperto in materia.
Infine a Basilicagoiano (1970-2006) ha espresso il meglio della sua maturità umana e sacerdotale, diventando un personaggio fondamentale di riferimento per la parrocchia e per la comunità di paese e dove ha costruito il suo capolavoro, che ha lasciato per tutta la zona come monumento della sua genialità e apertura di mente e di cuore: un attrezzatissimo, moderno e imponente Centro sportivo.

A guardarlo sembrava fisicamente fortissimo, invece era fragile, soprattutto nell'apparato cardio circolatorio, con degli episodi seri fin da quando era a Corniglio. E poi non si è mai risparmiato! A un certo punto ha capito, anche dietro consiglio dei medici, che doveva ritirarsi. E si è ritirato a Traversetolo, nel rifugio caldo e affettuoso della nipote Giovanna Brignoli, che lo ha custodito e curato come di più non si può immaginare. Lì ha atteso l'incontro con il suo Signore, che lui ha servito con fedetà e amore, mostrando sempre a tutti la gioia di essere prete.

Don Luigi ha voluto il funerale a Basilicagoiano e la sepoltura nel cimitero di Basilicagoiano, vicino ai tanti parrocchiani, che lui vi aveva accompagnato pregando pace e riposo eterno per loro.
Alle esequie in Chiesa c'era stato il trionfo della riconoscenza e del rimpianto: la Chiesa gremita non riusciva a contenere tutti e i volti rigati di lagrime erano la migliore testimonianza di un popolo che si era sentito tanto amato. Ma è stato anche il trionfo della fede, espressa dalle parole del Vescovo, dalla presenza di molti confratelli concelebranti, dai canti e dal suono maestoso dell'antico e prezioso organo, che lui aveva voluto rimettere a nuovo nel suono magico delle vecchie canne. Perchè ha fatto anche questo a Basilicagoiano.
Ma quante cose buone ha fatto il prete don Luigi Baioli! Grazie!

(da “Preti e non solo”di  don Domenico Magri  Grafica Langhiranese Editrice - 2010)


Profili di preti: beato Andrea Carlo Ferrari

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

BEATO ANDREA CARLO FERRARI
13 agosto 1850 -  2 febbraio 1921

BeatoAndreaCarloFerrati

- nato a Lalatta nel comune di Palanzano (PR)
- accolto in seminario il 20 dicembre 1873
- dal 1874 è delegato apostololico nella diocesi di Parma; è inoltre arciprete di Fornovo
- dal 1875 è vice-curato della chiesa di san Leonardo e vice-rettore del seminario di Parma
- nel 1877 viene nominato rettore del medesimo istituto
- nel 1879 fu promosso canonico ordinario del Capitolo della Cattedrale di Parma
- il 29 maggio 1890 venne eletto vescovo di Guastalla
- il 29 maggio 1891, venne trasferito alla Diocesi di Como sempre come vescovo
- papa Leone XIII lo nomica cardinale nella sede arcivescovile di Milano
- nel 1912 viene insignito del cavalierato di gran croce dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme - colpito da un tumore alla gola, morì nel 1921.

Andrea Carlo Ferrari nacque a Lalatta, località nel comune di Palanzano (PR), nel 1850 da una famiglia di modeste condizioni economiche, figlio di Giuseppe Ferrari e di sua moglie, Maddalena Longarini.
Accolto presso il seminario di Parma, il 20 dicembre 1873 fu ordinato sacerdote dal vescovo Domenico Maria Villa, celebrando la prima messa il giorno successivo nel santuario della Madonna di Fontanellato, alla quale rimase sempre molto legato. Rimase a lungo nella diocesi di Parma come delegato apostolico a Mariano dal febbraio del 1874 e poi come coadiutore dell'arciprete di Fornovo di Taro dal 4 luglio 1874. Vice curato della chiesa parmense di San Leonardo dal 1875, in quello stesso anno divenne vicerettore del seminario di Parma nonché professore di fisica e matematica.
Nominato rettore del medesimo istituto nel 1877, occupò le cattedre di teologia dogmatica, storia ecclesiastica e teologia morale dal 1878. Nel 1885 Ferrari pubblicò l'opera dal titolo "Summula theologiae dogmaticae generalis", un libro ristampato in molte edizioni e che divenne uno dei testi di teologia dogmatica più diffusi alla fine dell'Ottocento. Nel 1879 fu promosso canonico ordinario del Capitolo della Cattedrale di Parma.

Il 29 maggio 1890 venne eletto vescovo di Guastalla venne consacrato il 29 giugno di quello stesso anno nella chiesa delle religiose del Sacro Cuore di Villa Lante a Roma, ad opera del cardinale Lucido Maria Parocchi, vescovo di Albano e vicario generale di Roma, assistito da Vincenzo Leone Sallua, arcivescovo titolare di Calcedonia, commissario generale del tribunale dell'inquisizione, e da Giovanni Maria Maioli, vescovo di Urbania e Sant'Angelo in Vado. Prese possesso ufficiale della diocesi di Guastalla il 3 ottobre 1890 facendo il suo ingresso nella cattedrale.
Appena un anno dopo, il 29 maggio 1891, venne trasferito alla Diocesi di Como sempre come vescovo, iniziando anche qui una campagna di visite pastorali sull'esempio delle molte che condurrà poi nella sua lunga carriera di pastore.

Dopo tre anni a Como, improvvise gli giunsero nel maggio 1894, da parte di papa Leone XIII, la nomina a cardinale e la promozione alla sede arcivescovile di Milano, succedendo allo scomparso Luigi Nazari di Calabiana al quale era legato da profonda amicizia.
A Milano la sua missione fu, sulla scia di Carlo Borromeo (di cui decise di assumere anche il nome), di "conservare la fede" attraverso la predicazione ma soprattutto attraverso la catechesi. Sotto la sua guida si arrivò, nel 1896, alla preparazione del testo unico di catechismo dell'Episcopato Lombardo-Piemontese che, in sostanza, rappresenta l'ultima tappa del percorso che portò alla pubblicazione del Catechismo di Pio X. Per quanto riguarda l'educazione cristiana dei giovani, volle l'istituzione presso ogni parrocchia di un oratorio sia maschile sia femminile, e affrontò il problema dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole elementari.
L'impegno del cardinal Ferrari si distinse nelle visite pastorali in tutte le oltre 800 parrocchie dell'arcidiocesi, in cui si mostrò particolarmente attento a cogliere le istanze sociali di quel periodo particolarmente difficile per i ceti "umili" della popolazione lombarda.
Prestò, poi, sul piano pastorale una particolare attenzione ai problemi del laicato e del suo ruolo all'interno della Chiesa. In un'epoca in cui ciò era estremamente innovativo suscitò molte diffidenze negli ambienti curiali, che formularono un'esplicita accusa di modernismo. Per cinque anni non fu ricevuto da papa Pio X (ma i due ebbero un parziale riavvicinamento alla fine del pontificato). Solo la nomina del nuovo papa, Benedetto XV, e il clima di emergenza fatto sorgere dallo scoppio del conflitto mondiale tolse il cardinal Ferrari dall'isolamento all'interno della Chiesa, in cui il gruppo di cardinali a lui avverso l'avevano confinato.

Sempre a Milano, celebrò dei sinodi diocesani che nel capoluogo non si tenevano dal 1867, rispettivamente nel 1902, 1910 e 1914, mentre nel 1906 organizzò il Concilio Provinciale. Predispose inoltre l'istituzione di diversi congressi come quello eucaristico (1-5 settembre 1895), il XV Congresso della Musica Sacra (che fece conoscere il talento del giovane Lorenzo Perosi). Celebrò le feste per il XV centenario della morte di Sant'Ambrogio nel 1897 e celebrò solennemente il cinquantesimo anniversario del Dogma dell'Immacolata nel 1904, e delle apparizioni di Lourdes nel 1908. Nel 1910 organizzò le festività per il terzo centenario della canonizzazione di Carlo Borromeo, celebrando per l'occasione un nuovo sinodo ed un congresso eucaristico sull'opera del santo milanese.

Nel 1912 promosse la fondazione di un nuovo quotidiano che sostituisse L'Unione. Il nuovo organo d'informazione si chiamò L'Italia. Il 14 gennaio 1912, nel santuario della Madonna delle Lacrime di Treviglio, conferisce la consacrazione episcopale a mons. Pompeo Ghezzi, eletto vescovo di Sansepolcro. Nel 1913 promosse le "settimane costantiniane", a ricordo del XVI centenario dell'editto di Costantino che venne pubblicato proprio a Milano nel 313 e che concesse la libertà di culto ai cristiani nell'Impero romano.
Fondò inoltre l'«Opera cardinal Ferrari», che si distinse per attività a favore di tutti i ceti della popolazione.
Il cardinal Ferrari fu insignito del cavalierato di gran croce dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Colpito da un tumore alla gola, morì nel 1921.
Il clima di ostilità degli ambienti curiali romani, parzialmente perdurato anche in seguito, trovava contrapposto il tributo di ammirazione della Chiesa ambrosiana, in una dicotomia di giudizi che si venne a sciogliere solo con il nuovo clima del Concilio, quando emerse quanto il cardinal Ferrari avesse anticipato i temi della riforma della Chiesa.
Il pieno riconoscimento lo si ebbe quando fu proclamato beato da papa Giovanni Paolo II il 10 maggio 1987. Gli è stata dedicata una chiesa di Legnano, in provincia di Milano, e nella città di Parma una parrocchia nella cui chiesa, anche questa a lui dedicata, in occasione del venticinquesimo anniversario della sua costituzione sono state poste, nell'ottobre 2014, le sue reliquie.