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Profili di preti: don Antonio Bianchi

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON ANTONIO BIANCHI
11 agosto 1924 – 17 maggio 2005

Ho sempre avuto per don Antonio Bianchi grande affetto e stima. Era un prete esemplare. Nativo di Langhirano, veniva da una famiglia piena di fede. Ho avuto modo di seguire con ammirazione i suoi ultimi mesi di malattia, mentre era ricoverato a Villa S. Ilario.Don Antonio Bianchi

nato a Langhirano l’11 agosto 1924
ordinato prebitero il 27 giugno 1947
coadiutore a Noceto dal 1947 al 1952
parroco a Torrechiara dal 1952 al 1953
parroco a Riano dal 1955 al 1972
parroco a S. Michele Tiorre dal 1972. Amministratore  parr. di S. Michele Gatti e Barbiano
deceduto il 17 maggio 2005 in Casa di Cura Piccole Figlie

        
Don Antonio ha fatto della sua morte una celebrazione: l'ha celebrata come ha celebrato con fede l'Eucaristia che è sempre stata veramente il suo Pane quotidiano. In questi ultimi giorni era da vedere e da contemplare come preso dalla solennità di un rito non certo convenzionale, ma espressione parlante, di tutta la sua vita.
E come ogni celebrante che si rispetta, aveva la sua assemblea: non tutti insieme ovviamente hanno potuto partecipare in Villa S. Ilario alla "celebrazione" della sua ultima malattia  e della sua sofferenza finale, ma comunque in tanti, anche se pochi alla volta: i suoi parrocchiani arrivavano, magari a due a due, in punta di piedi, bussavano con discrezione, non entravano neppure per non disturbare, ma rimanevano sulla porta per qualche istante, lo salutavano con un cenno della mano, con un sorriso sempre ricambiato, e poi tornavano a S. Michele Tiorre, la comunità che lui ha amato come di più non si poteva.

Don Antonio ha pregato non solo con il cuore, ma anche con la voce e con le labbra, finché il male glielo ha consentito.
Nel periodo che è stato ospite di Villa S. Ilario, quando ancora era in grado di uscire dal letto pur nella sofferenza che aumentava ogni giorno, è stato per noi preti un esempio ammirevole di preghiera e di unione con il Signore: sostava a lungo in Cappella davanti all'Eucaristia. Che cosa avrà detto al Signore e che cosa gli avrà detto il Signore?
E poi ha chiesto e avuto tanta preghiera per lui: ogni confratello che lo visitava in Casa di Cura negli ultimi giorni della sua vita, non partiva senza offrirgli una benedizione confortatrice e nella sua Chiesa di San Michele Tiorre era frequente la supplica di gruppi che si riunivano a pregare per lui.

Commovente e plebiscitaria è stata la preghiera del Rosario in Chiesa attorno alla salma di don Antonio e prova di grande amore e fede è stata la veglia di preghiera per tutta la notte fino all'ora del funerale. Don Antonio ha dato la sensazione di presiedere solennemente la sua assemblea per l'ultima volta qui sulla terra. In fatto di preghiera per don Antonio i suoi famigliari non sono stati da meno: sono entrato nella sua stanza appena un'ora prima che morisse e mi sono unito al Rosario dei suoi Cari, che hanno sempre custodito don Antonio con amore come una perla preziosa di famiglia e in quel momento hanno scelto nella preghiera il modo migliore per accompagnarlo nel grande trapasso.

In realtà lui aveva ricevuto dalla famiglia a Langhirano dove era nato 80 anni fa, tanta fede: una fede dallo stampo antico e sicuro, ereditata da due genitori, che in quei  tempi non avevano mai avuto timore a mostrarla. Se la vita si misura da come si affronta e si vive la morte, noi abbiamo la ulteriore conferma che don Antonio ha vissuto una esistenza di fede cristallina e di amore totale e assoluto al Signore: un amore che è diventato amore intenso verso tutti e in particolare verso i fratelli che sono stati affidati al suo grande cuore di pastore.
Don Antonio era una persona fine, intelligente della intelligenza dello Spirito, capace di ascoltare e di colpire al cuore i suoi interlocutori con la dolcezza del suo tratto e con la saggia visione delle situazioni, che gli derivava dalla sua profonda spiritualità: sapeva volare alto, alto come la sua statura.


Non ha mai suonato la tromba per farsi notare. E come poteva ? Perfino la sua voce era soffice e vellutata! Come dice Isaia (cap.42) nel primo carme del Servo di Dio, anche don Antonio “non ha gridato e alzato il tono e non ha fatto udire in piazza la sua voce, non ha spezzato una canna incrinata e non ha spento uno stoppino dalla fiamma smorta".

Ma appunto per questo ha attirato su di sé amore, stima e ammirazione. Ci mancherà. Forse è banale dire così, perché si dice sempre così quando muore una persona. Ma non è mai banale dire così quando questa parola viene sentita e vissuta come vera. Questa volta sentiamo fino in fondo la verità di questa affermazione. Don Antonio mancherà al fratello, alla sorella e alle rispettive famiglie, mancherà ai confratelli, ai cristiani di Noceto, di Riano, di Torrechiara e di S. Michele Tiorre.

Ci mancherà la sua presenza sensibile, ma non la misteriosa presenza del suo spirito. Con la fede che abbiamo e della quale lui ci ha lasciato una grande testimonianza, noi sappiamo che è presso Dio. E allora rimane anche presso di noi, perché Dio è tutto in tutti. A noi spetta il compito di non disperdere la sua ricca eredità di prete straordinario: ci è stato dato come un dono che ha rallegrato la nostra vita e di cui dobbiamo essere riconoscenti al Signore.
E naturalmente diciamo grazie anche a te, caro, dolce e mite don Antonio!

(ricordo di don Domenico al funerale di don Antonio del 19 maggio 2005,
tratto da “I miei preti....i nostri preti” di don Domenico Magri - Grafica Langhiranese editrice - 2008)


Profili di preti: don Adelmo Monica

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON ADELMO MONICA
26 marzo 1924 -  22 maggio 2015

Come prete ha fatto “scintille” nella sua esperienza pastorale a San Secondo, a Torrile, alla Famiglia di Nazareth, di cui ha fondato la Chiesa e la comunità. Il coraggio non gli è mai mancato, aiutato dal suo entusiasmo e dalla vivacità del suo temperamento.Don Adelmo Monica

Nato a S. Pancrazio il 23 marzo 1924
Ordinato presbitero il 22 giugno 1947
Coadiutore a S. Secondo nel 1947
Parroco a Torrile nel 1959
Parroco a Famiglia di Nazareth dal 1973 al 2011
Deceduto il 22 maggio 2015


Don Adelmo Monica era nato il 26 marzo 1924 da una famiglia di agricoltori di Mattaleto. Una famiglia ricca di fede: don Adelmo è diventato sacerdote, la sorella Enza, venuta a mancare anni fa, era Maestra Luigina, mentre la sorella Maddalena, ospite attualmente in Villa S.Bernardo, ha seguito sempre in Parrocchia don Adelmo, dedicando 50 anni della sua vita per lui.
Quando era ancora studente di teologia, ed era a casa in famiglia a Mattaleto, è stato preso nel rastrellamento tedesco della Val Parma, il 1 luglio 1944, assieme all’altro studente, il compianto don Antonio Bianchi e ad altri seminaristi e giovani sacerdoti del tizzanese. La stessa cosa i tedeschi avevano fatto la sera prima in Val Baganza portando via anche i parroci di Calestano, don Umberto Miani, e di Fragno, don Innocenzo Boschi.
Trasportati brutalmente insieme con tutti gli altri a Bibbiano (RE), i sacerdoti e i seminaristi hanno evitato la deportazione in Germania per interessamento del vescovo Colli, che è riuscito a farli rilasciare. Sono tornati a Parma, ovviamente a piedi, da Bibbiano.

Don Adelmo è stato ordinato sacerdote il 22 giugno 1947 e inviato subito a San Secondo come cappellano dove è rimasto per 12 anni, fino al 1959.
Aveva la parola facile e non solo: certamente a San Secondo con il suo entusiasmo giovanile ha avuto modo di esprimere il meglio di se stesso. Quando in Seminario Maggiore veniva a trovarci e in cortile ci parlava delle sue esperienze pastorali di cappellano, si formava subito un crocchio di seminaristi attorno a lui. Il suo modo di raccontare mi affascinava sempre. Anche questo era un modo efficace per ricevere formazione al sacerdozio.

Da cappellano di San Secondo è stato mandato parroco a Torrile dove è rimasto fino al 1973.

E così nel 1973 per don Adelmo è arrivato il momento della grande avventura pastorale come parroco della parrocchia Famiglia di Nazareth, appena eretta per l’occasione.
Si fa presto a dire “parrocchia nuova e Chiesa nuova”, ma a quale prezzo in tutti i sensi?! È interessante conoscere le fatiche pionieristiche di questo prete, uno dei fondatori di Chiese nella nostra periferia cittadina. Chiese che sono diventate provvidenziali segni e centri irradiatori di fede, di carità e di aggregazione umana.
Quando è arrivato nel quartiere come nuovo parroco non c’era niente di costruito. Si è messo in affitto con la sorella Maddalena in un appartamento in Via Montanara, dove è rimasto per dodici anni fino a quando dopo la Chiesa è stata costruita finalmente anche la nuova Canonica.
Come parroco della Famiglia di Nazareth, a motivo della contiguità con la Casa di Cura e poi anche con Villa Chieppi, c’è stata una lunga e fruttuosa collaborazione fra lui e le Suore Piccole Figlie.
Ha fondato in Parrocchia un attivissimo gruppo Scouts, ai quali si è dedicato con tanta passione. E gli Scouts non dimenticano!
È stato pure assistente del gruppo “Amici Insieme”, formato da ragazzi disabili con le loro famiglie. Un gruppo che con le varie iniziative ha potuto vivere momenti sereni e gioiosi.
Nel 1997 ha festeggiato il 50° di Messa e mi ricordo la bella festa che gli è stata tributata a Mattaleto, dove era maturata la sua vocazione al sacerdozio sotto la guida e l’ispirazione dell’indimenticabile parroco mons.Giuseppe Corchia.

A un certo punto, nel 2011, l’età e le condizioni di salute non gli hanno più consentito di continuare a fare il parroco ed ultimamente è stato ospitato a Villa S.Ilario, rifugio caldo e protettivo per i sacerdoti anziani.
A Villa S.Ilario è stato accudito dagli Operatori e dalle Suore con un amore e con una delicata attenzione veramente straordinari: grazie di cuore a tutti.
Don Adelmo, a motivo della sua malattia, non si è accorto della recente alluvione del Baganza che ha danneggiato seriamente la sua Chiesa, che lui ha amato come si ama una propria creatura: gli è stata risparmiata almeno questa sofferenza.
Purtroppo a Villa S. Ilario non riusciva più a riconoscerci. Noi però sapevamo bene chi era lui e quante cose buone il suo volto ci poteva suggerire. È proprio il caso di dire che bastava “guardare il suo sguardo”: faceva tanta tenerezza!

Addio e grazie di tutto, carissimo don Adelmo! Che i tuoi occhi e la tua mente si riempiano finalmente di tanta luce: la luce del tuo Dio, che hai amato e servito per tutta la vita.
Don Domenico Magri
23 maggio 2015

Profili di preti: mons. Francesco Percudani

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

MONS. FRANCESCO PERCUDANI
Berceto 7 agosto 1910 – Parma 17 aprile 2004

Quando sono arrivato a Langhirano mi sono chiesto come don Percudani aveva fatto a costruire tanti locali con le difficoltà economiche del primo dopoguerra e l’ho ammirato per la promozione culturale che ha messo in opera con la Scuola Media in Parrocchia, quando allora la Scuola Media non c’era nei Comuni: è stato un precursore. E non bisogna dimenticare la sua azione pastorale a largo raggio, a cominciare dalla cura della istruzione religiosa. Ha avuto anche delle amarezze. Personalmente io lo devo solo ringraziare.

Don Francesco PercudaniNato a Fugazzolo di Berceto il 7 agosto 1910
Ordinazione presbiterale 29 giugno 1933
Cappellano a S. Secondo: 1933-34
Parroco a Casaselvatica 1934
Parroco a Corniglio 1934-1945
Parroco a Langhirano 1945-1978
Prelato d’onore di Sua Santità 21 giugno 1978
Canonico penitenziere 1978- 1980
Parroco di S. Apollinare in S.Vitale 1980 - 1992
Canonico onorario della Cattedrale dal 1980
Deceduto il 17 aprile 2004, sepolto a Casaselvatica

Dice il Signore agli Apostoli: "Uno semina e l'altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica" (Gv 4, 37-38)
Proprio così. Devo dire con grande sincerità e riconoscenza che a Langhirano Mons. Percudani ha seminato e faticato e io nel 1978 sono subentrato nella sua fatica a mietere ciò per cui non avevo faticato.

Mons. Percudani ha faticato e seminato per 33 anni nel campo del Regno di Dio a Langhirano. È vero, dal 1978 sono passati 26 anni, ma l'oblio sarebbe una colpa grave. E a Langhirano sono certo che questo tipo di colpa non ha cittadinanza. Come si fa a dimenticare, se si pensa a tutto quello che ha fatto? Io ovviamente non c'ero ancora, ma arrivando ho avuto la gioia di constatare tutto quello che era avvenuto fin dal 1945.
Provo dunque a ricordare per me, per i Langhiranesi e per quelli che lo hanno conosciuto.

Mons. Percudani ha fatto nascere e crescere una specie di cittadella parrocchiale: l'acquisizione del cortile nella sua ampiezza attuale, la Canonica, la Casa della Gioventù dove ora c'è il Bar e le aule per il catechismo, la ricostruzione del Cinema Aurora, l'edificio per l'Oratorio al piano terreno e per la Scuola Media nei piani superiori.
Ma il suo grande capolavoro è stato l'ampliamento della Chiesa parrocchiale con una operazione audace affidata all'impresa edile del mitico Licinio Manara. Nei giorni del passaggio delle consegne lo stesso don Francesco mi aveva voluto spiegare con evidente e legittima soddisfazione come aveva trasformato, ampliato e allungato la Chiesa, senza assolutamente che lo stile architettonico ne risentisse.
E che dire della felice intuizione di chiamare le Maestre Luigine a Langhirano per istituire e gestire la Scuola Media? È stato un vero precursore per il territorio langhiranese, quando ancora le istituzioni pubbliche non avevano provveduto e c'era allora un clima politico di contrapposizione fra le parti, che rendeva tutto più difficile.
Non bisogna infine sottacere che le costruzioni, pur con l'aiuto di un fedelissimo muratore, il fratello Giacomo, era sempre una avventura portarle a termine per via delle somme da pagare. Un modo per riuscire nell'intento era (lo ricordano i meno giovani?) il ricorso ai Cantieri-scuola, finanziati dal Ministero del Lavoro.

Mons. Percudani aveva tanta fede (un prete che non ha fede che prete è?), era dotato di una solida preparazione culturale e teologica e da tutti ho sempre sentito elogi sulla sua predicazione.
Non trascurava, da buon parroco, le varie iniziative pastorali e metteva una cura particolare nella formazione dei ragazzi e dei giovani, tra i quali stava volentieri: fino agli ultimi anni organizzava ogni estate i soggiorni marini, da lui sempre guidati e animati.
Ho capito, appena sono arrivato a Langhirano, che seguiva i malati e ne ho avuto la prova perchè mi aveva lasciato un elenco preciso di cui mi sono servito per un primo giro, ascoltando le puntuali testimonianze di affetto verso di lui da parte dei malati.
Come prete intelligente ed aggiornato, aveva cercato subito di mettersi al passo del Concilio Vaticano II. Tra l'altro aveva costituito ben presto l'organismo che è la più efficace espressione della partecipazione comunitaria alla vita della Chiesa: il Consiglio pastorale, che io ho trovato ben funzionante al mio arrivo a Langhirano

Amava la musica: ha saputo usare il suo amore alla musica e la sua esperienza di musicista a vantaggio del culto divino e anche per la promozione umana della comunità, facendo nascere e dirigendo una corale che per diversi anni si è fatta onore anche fuori Langhirano.
Purtroppo ha avuto una grossa delusione con l'organo a canne, al quale, senza successo, aveva deciso di cambiare posto e sistema di funzionamento: e pensare che ci teneva tanto, da buon musicista quale era. Chissà che, o prima o dopo, si riesca a realizzare il suo sogno!
Colgo l'occasione per raccontare un particolare interessante che riguarda la sua partenza da Langhirano e il mio arrivo a Langhirano.

Già all'inizio dell'estate 1978 io ero stato designato a sostituire don Percudani, ma per diverso tempo la cosa è rimasta segreta e fra noi due non c'era ancora stato nessun contatto.
Il Vescovo Mons. Pasini voleva premiare il ministero pastorale di don Percudani a Langhirano, facendo arrivare dalla Santa Sede l'onorificenza di Prelato d'onore di Sua Santità, con il titolo di Monsignore. Il Vescovo voleva che ne fosse investito prima della sua partenza da Langhirano, perchè potesse ricevere i meritati onori dai Langhiranesi. Il cambio fra noi doveva avvenire verso la fine dell'estate, ma il 1978 è stato l'anno dei tre Papi e nella vacanza della Sede Apostolica, ovviamente, il decreto non poteva essere firmato e durante il pontificato, troppo breve, di Giovanni Paolo I, non era stato firmato. Una volta eletto Giovanni Paolo II nel mese di ottobre, finalmente il decreto è stato firmato. Così è avvenuto il cambio e io sono arrivato a Langhirano solo il 2 dicembre.

Un'altra cosa da sottolineare è questa: Mons. Percudani è stato il primo parroco di Langhirano, perchè è arrivato nel 1945 subito dopo la erezione di Langhirano come parrocchia autonoma staccata da Mattaleto.

Fra me e mons. Percudani non si è mai interrotto un rapporto di amicizia e cordialità. L'ho invitato qualche volta a Langhirano e qualche volta è venuto, come nel suo 50° di Messa. Ma a un certo punto mi ha fatto capire chiaramente che non si sentiva più di venire: era ormai troppo avanti negli anni e mi confessava che per la sua età venire a Langhirano era una emozione troppo forte.
Insomma: 33 anni di ministero pastorale e 33 anni di un ampio ventaglio di bene e di grazia di Dio per Langhirano. Così crescono le comunità cristiane! Si è trattato, dunque, di un grande benefattore per Langhirano, e non solo sul piano religioso.

E allora, senza farla tanto lunga, basta una sola parola, purchè sincera e che esca dal profondo del cuore: "Grazie, don Francesco!"
E, almeno sottovoce, potremmo aggiungere: "Ti chiediamo scusa per non averti sempre capito e forse, qualche volta, anche per averti fatto soffrire".
E che il Signore lo ricompensi per tutto il bene che ha dispensato a Langhirano!

(tratto da “I miei preti....i nostri preti” di don Domenico Magri - Grafica Langhiranese editrice - 2008)


Profili di preti: don Giacomo Pedretti

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON GIACOMO PEDRETTI
19 settembre 1924 – 18 aprile 2010

Non era un prete di media levatura. Ha saputo mettere insieme in modo armonioso la sua azione pastorale e il suo impegno sociale. Si è fatto amare e ammirare. Certamente anche il Signore lo ha amato e ammirato.DonGiacomoPedretti1

- nato a Sissa il 19 settembre 1924
- ordinato sacerdote il 29 giugno 1949
- cappellano a S. Leonardo nel 1949
- parroco a Gainago dal 1950
- amministratore parrocchiale di Frassinara dal 1986
- deceduto il 18 aprile 2010

Pensando a don Giacomo Pedretti, che io ho conosciuto bene e con il quale ho avuto una intensa frequentazione amicale, mi viene in mente d'istinto una espressione che può sembrare strana, ma solo a prima vista: si è tanto "divertito" a fare il prete! Proprio così. Quando ci si diverte a fare una cosa, si lavora meglio e si crea fiducia attorno alla propria esistenza e al tipo di vita che è stata scelta. Da come don Giacomo ha svolto il suo ministero sacerdotale, c'è da credere alla sua gioia di essere prete, perchè a monte c'era una radice umana su cui si è innestata felicemente la sua fede e la sua maturazione cristiana e sacerdotale.

DonGiacomoPedretti2Aveva doti non comuni di intelligenza, di saggezza, una cultura sempre aggiornata, una buona facilità di parola e proprietà di linguaggio con una particolare attenzione ai probemi sociali.  
Della sua sensibilità sociale abbiamo la prova nel suo inserimento nel mondo del volontariato, fino a diventare presidente provinciale dell'AVIS. È interessante notare che prima di lui un altro sacerdote era stato presidente provinciale dell'AVIS: il compianto don Felice Cavalli. Questo impegno dei due sacerdoti non è altro che la punta emergente del ruolo di tanti parroci nel fondare e animare le sezioni AVIS e promuovere ogni tipo di volontariato all'interno della Chiesa e non solo.

Don Giacomo, che è stato ordinato sacerdote nel 1949, dopo una breve esperienza di cappellano a S. Leonardo, si è dedicato con passione al suo ministero di parroco: subito a Gainago nel 1950 con la sua Chiesa plebana, di cui era orgoglioso e che ha sempre tenuto in ordine e poi, dal 1986, anche a Frassinara, piccola comunità, che era un po' come la sua Betania. È rimasto fedele fino alla morte a queste due parrocchie: l'età avanzava, ma il suo impegno non diminuiva, anzi. Ha vissuto infatti una vecchiaia feconda, con la ragnatela di rapporti umani che diventavano sempre occasioni di annuncio evangelico e di testimonianza.

Dobbiamo convincerci che non bisogna misurare il valore di un prete in base alla posizione di rilievo e alla consistenza numerica della sua Parrocchia: il caso don Milani insegna!

Don Giacomo si è ritagliato un posto sicuro di rimpianto e di ammirazione nel cuore dei suoi parrocchiani che hanno sempre ricambiato il suo amore, nel cuore dei confratelli e di tante persone che ne hanno apprezzato la figura, lo stile e l' impegno.
Questo però non basterebbe, se non avessimo la speranza, anzi la certezza che il Signore ha preparato per don Giacomo una ricompensa speciale.
Ha celebrato tante Messe (quante Messe dal 1949!), ha perdonato nel nome del Signore, ha spezzato il Pane della Parola, ha vissuto in pienezza la paternità e la sponsalità verso le sue comunità, ha accompagnato fino alle soglie del Paradiso i suoi cristiani nel passaggio dal tempo all'eternità e ha pianto su di loro, ha asciugato lacrime, ha pregato per tutti, ha amato il suo Signore e la Chiesa nella fedeltà, non ha certo trascurato le nuove generazioni e la pastorale familiare, ha rallegrato con la sua gioia contagiosa di prete tutti quelli che lo hanno avvicinato.

Posso garantire che nella dolorosa vicenda personale che lo ha condotto alla morte, abbiamo potuto ammirare la sua fede, il suo coraggio. il suo equilibrio, il suo dominio di sè. Aveva da tempo dentro il suo fisico il male che stava lavorando e lui lo sapeva, ma gli altri non se ne accorgevano: infatti rimaneva naturale come sempre il suo comportamento. Giovedì 11 marzo aveva partecipato al Ritiro mensile dei preti a Colorno con molta serenità, come le altre volte: ed era alla vigilia dell'intervento chirurgico, con quello che poi ne è seguito.

È morto alla sera del 18 aprile, III domenica di Pasqua, Giorno del Risorto. Don Giacomo ha celebrato l'assemblea eucaristica dei suoi cristiani per decine di anni nel Giorno del Signore. Lui, che aspettava felice questo Giorno ogni settimana, è passato così a fare la celebrazione perenne del Grande Giorno del Signore senza tramonto, quando il Signore elimina la morte per sempre e asciuga le lacrime su ogni volto, anche le lacrime di fatica e di sofferenza scese sul volto di don Giacomo nella sua lunga vita terrena.


È stato un grande prete: proprio di questi preti abbiamo tanto bisogno. Speriamo non se ne perda il marchio di qualità!



Il commosso saluto letto alla fine della Messa da una Parrocchiana

Don Giacomo, permettici ancora una volta di parlarTi...come sempre.
Tu ci hai insegnato che Cristo ha sconfitto la morte e con questa certezza riusciamo in questo giorno a non piangerTi.

Grazie, Don Giacomo, per averci insegnato la Parola;
grazie, Don Giacomo, per averci insegnato l'Amore, attraverso i tuoi gesti e le tue opere;
ancora grazie per aver condiviso le nostre gioie e le nostre sofferenze e per averci insegnato a portare con dignità e coraggio la Croce;
grazie per aver lasciato ad ognuno di noi grandi Doni.

 Ti chiediamo, ora che sei nella Luce, di continuare a sostenere la tua comunità:
proteggi i nostri bambini, i nostri malati, le nostre famiglie, i nostri campi.

A Te l'ultimo affettuoso abbraccio dalla comunità di Gainago e di Frassinara.

"Possa il cammino venirti incontro,
possa il vento soffiare alle tue spalle,
possa il sole brillare caldo sul tuo volto,
cada dolcemente la pioggia sui tuoi campi e,
fino al nostro prossimo incontro,
Dio ti conservi sulle palme delle sue mani" (preghiera irlandese).

ARRIVEDERCI DON GIACOMO!

(tratto da “Preti e non solo”, di don Domenico Magri - Grafica Langhiranese Editrice - 2010)


Profili di preti: don Gino Rocca

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.

DON GINO ROCCADon Gino Rocca
15 gennaio 1921 – 24 aprile 2012

La sapienza dello Spirito di un nostro Presbitero “in esportazione” al servizio di tutti: ha fatto onore alla nostra Chiesa parmense!

Martedì 24 aprile, nella cittadella di Loppiano, all’età di 91 anni, si è spento don Gino Rocca, sacerdote della diocesi di Parma che dal 1965 risiedeva nella cittadella dei Focolari sulle colline del Val d’Arno. Don Gino, che negli anni era giunto ad una completa cecità - e sempre col sorriso sulle labbra - è stato punto di riferimento per centinaia di persone che desideravano avere un colloquio, certe di trovare risposte di sapienza.

Don Gino Rocca a ParmaDon Gino Rocca, nato nel 1921 a Bacedasco di Castell’Arquato (Piacenza), dopo il trasferimento a Parma della famiglia, entra a 11 anni nel seminario della città; terminati gli studi superiori, per le sue evidenti doti, inizia gli studi alla Gregoriana di Roma.
Ordinato sacerdote nel giugno del 1944, gli vengono affidati l’insegnamento della Sacra Scrittura nel seminario di cui è stato vice-rettore, la parrocchia di S. Tommaso e l’assistenza dei giovani della FUCI, gli universitari cattolici.

Il 23 settembre 1965, accolto dai Focolari, arriva a Loppiano dove, grazie alla sua determinazione e all’aiuto di chi gli stava accanto, ha iniziato un’intensa attività pastorale e didattica. Ha tenuto corsi di Sacra Scrittura, Teologia dogmatica, spirituale e morale.

La cecità progressiva è stata vissuta da don Gino come occasione per ridire più volte il suo sì alla volontà di Dio e nel dicembre del 1978 scrive così “…ho l’impressione che Egli mi voglia condurre a poco a poco allo spogliamento totale.

Non ti nascondo che in certi momenti la prova è un po’ dura (…) Però nel fondo dell’anima sono contento. Credo che tutto è opera dell’amore particolare di Gesù per me, e Gli ripeto il mio sì, ed accetto questo progressivo mio sentirmi isolato dal mondo, questo mio lento morire giorno per giorno”.

Don Gino, che ha mantenuto la sua lucidità ed il sorriso fino alla fine, si è spento nel primo pomeriggio di martedì 24 aprile. I funerali si sono svolti giovedì 26 aprile nel santuario Maria Theotokos gremito di persone di tante nazioni. La celebrazione è stata presieduta dal nostro vescovo di Parma mons. Enrico Solmi e concelebrata da decine di sacerdoti di diverse nazionalità.
Nella omelia del funerale mons. Solmi è tornato più volte sull’espressione della Scrittura che ha guidato la vita di don Gino: “È risorto, non è qui!” e che ne ha fatto un autentico testimone del Risorto anche per il suo speciale amore per i sacerdoti e per il suo spirito di comunione.


La testimonianza di don Gino Rocca su mons.Colli in una sua lettera
La recente scomparsa di don Gino Rocca mi suggerisce l’idea di offrire una sua testimonianza con questa lettera da Loppiano, datata 8 marzo 2011. Ogni tanto gli scrivevo per affetto e riconoscenza (è stato vice-rettore e insegnante di Sacra Scrittura in Seminario) e per tenerlo al corrente sulle condizioni di sua sorella Anna che era ospite qui ad Emmaus.
Ho trascritto solo la parte che riguarda il vescovo Colli e non quella che riguarda me e sua sorella Anna. Le lettere che don Gino mi mandava, dopo che gli avevano letto la mia corrispondenza, sono scritte sotto sua dettatura, perché da tempo aveva completamente perso la vista.
Questo stralcio di lettera può aiutarci a risentire quasi dal vivo la voce di don Gino Rocca, un prete frutto prezioso della nostra Chiesa di Parma, un prete straordinario vissuto per anni geograficamente lontano da noi, ma tanto vicino a noi con il suo cuore e la sua sensibilità.

La lettera
“Io ricordo molto bene mons. Colli. La mia classe è stata la prima a inaugurare il nuovo Seminario Minore nel novembre del 1932.

Ricordo vivamente anche tutta l’attività apostolica susseguente. È stata una esperienza splendida. Ricordo ancora molto bene il bellissimo discorso che nel 1944 ha tenuto a noi sacerdoti appena ordinati nella vigilia di Pentecoste nella Parrocchia di Mezzani, dove eravamo rifugiati a motivo della guerra.
Poi ci sono stati gli anni di preparazione al Concilio e dopo il Concilio. In seguito io ho dovuto lasciare la Parrocchia di S. Tomaso e gli altri incarichi a motivo del pericolo della mia vista e a motivo della mia vocazione a lavorare nell’Istituto “Mystici Corporis” di Loppiano, per il quale il vescovo da principio non era tanto d’accordo, ma poi ha accettato con amore!
Io comunque conservo sempre un bellissimo ricordo della sua persona e prego sempre per lui. È lui che mi ha ordinato!”
Loppiano, 8 marzo 2011

(tratto da “Vescovi, preti, suore, amici”, di don Domenico Magri - Likecube - 2012)