Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.
DON UMBERTO MIANI
1 luglio 1897 – 23 marzo 1971
Quanti sentimenti commossi dovrei essere capace di esprimere per questo sacerdote, che è stato il mio arciprete di Calestano! Mi ha “allevato” e mi ha portato fino alla ordinazione sacerdotale. Era orgoglioso di me, come di don Nadotti e don Bellini, anch’essi suoi discepoli calestanesi, ma noi eravamo orgogliosi di lui: e a buon diritto! A Calestano ha avuto gioie, ma anche sofferenze a motivo della guerra: salvo per miracolo nella Chiesa e canonica bombardate e poi portato via brutalmente fino a Bibbiano nel rastrellamento dei tedeschi.
Infine un tramonto melanconico, non più a Calestano. Meritava di più. Grazie, mio caro e per me indimenticabile arciprete!
- nato il 1 luglio 1897 a Corniglio
- deceduto a Parma il 23 marzo 1971
- ordinato sacerdote il 29 giugno 1924
- onorificenza di Cavaliere di Vittorio Veneto per aver partecipato alla prima Guerra mondiale
- Economo spirituale e poi parroco di Casaselvatica dal 1924 al 1929
- Economo spirituale di Casarola, Riana e Grammatica nel 1929
- parroco di Vigheffio dal 1930 al 1935
- parroco di Calestano dal 1935 al 1963
- parroco di Stadirano dal 1963 al 1965. Dopo tale data ne ha mantenuto solo il titolo
- domiciliato nella Casa del Clero in Via Duca Alessandro dal 1965 fino alla morte, avvenuta nel 1971
Non posso certo dimenticare il "mio arciprete di Calestano", il sacerdote della mia fanciullezza e della mia prima giovinezza. È stato il "terreno di cultura" (si può dire così?) della mia scelta vocazionale alla vita sacerdotale.
Non posso non inserire qui il suo ricordo, anche perchè si sta correndo forse il rischio di fare accomodare pure lui nel "dimenticatoio", come sta capitando a tanti preti. E non sarebbe giusto.
Don Miani, nato nel 1897 a Corniglio, è diventato parroco di Calestano nel 1935, quando io avevo 4 anni. Veniva da Vigheffio, mentre prima era stato parroco a Casaselvatica, dove aveva sofferto per contrasti con i parrocchiani, a motivo di restauri in Chiesa.
È arrivato in un momento delicato per il paese di Calestano. La Parrocchia era vacante perchè il parroco precedente, don Cesare Bizzarri, era appena stato mandato al confino dal regime fascista. Il motivo? Aveva osato, proprio in un periodo in cui Mussolini aveva fatto il pieno del consenso degli italiani, di criticare nella predica domenicale la guerra e l'invasione dell'Etiopia. Un atto eroico per quei tempi!
Don Miani aveva un buona cultura, una grande dignità di comportamento, una fede fuori discussione e una ottima capacità oratoria. Io ricordo con piacere le sue omelie domenicali, i suoi interventi al Cimitero al termine dei funerali e altri discorsi di circostanza. In particolare si è impresso per sempre nella mia memoria di ragazzo il commosso discorso di saluto per le salme in partenza da Calestano di due giovani sfortunati autisti bergamaschi, precipitati con il loro camion carico di legnami nel burrone sul Baganza delle "Rive dei Preti"
Don Miani aveva un temperamento ben diverso da don Bizzarri. Non era certo un tipo sanguigno e temerario, ma piuttosto timido e riservato. Il suo temperamento è stato comunque messo duramente alla prova sia nella prima guerra mondiale come soldato addetto ai reparti della sanità (era stato leggermente ferito a un piede, ma senza conseguenze), sia nella seconda guerra mondiale.
È qui che don Miani ha sofferto molto per gli eventi bellici drammatici che lui ha condiviso con i calestanesi: il rastrellamento, il bombardamento della Chiesa e della Canonica e infine la vita con gli sfollati a Iano.
Il 30 giugno 1944 anche don Miani è stato trascinato brutalmente fuori casa dai soldati tedeschi assieme a tanti suoi parrocchiani e il giorno dopo portato al campo di raccolta di Bibbiano nel reggiano, da dove il Vescovo mons. Colli è riuscito a farlo liberare (la stessa avventura, per restare nel Calestanese è, capitata al parroco di Fragno don Innocenzo Boschi)
Il 21 luglio 1944 Calestano ha subito il primo dei quattro bombardamenti anglo-americani: è stata colpita la facciata della Chiesa con un grande squarcio del tetto e della volta, ed è stata colpita la Canonica: don Miani e la mamma Tersilla si sono salvati per miracolo. Il giorno dopo ha avuto il conforto e la sorpresa della visita del vescovo mons. Colli che gli ha portato la somma di 500 mila lire (somma rilevante per quei tempi).
A seguito del bombardamento don Miani ha trovato alloggio, assieme a tanti calestanesi, nel vicino paesino di Iano dove c'è una Chiesa del '600 (molto interessante e che dovrebbe essere salvata dal degrado in corso).
Don Miani, vista la inagibilità della Chiesa parrocchiale, fino alla fine della guerra nell'aprile 1945, celebrava la Messa a Iano per andare incontro ai calestanesi sfollati con lui e nell'Oratorio del Cimitero di Calestano, abbastanza capiente, per quelli rimasti in paese.
Finita la guerra e riparata nel frattempo la chiesa parrocchiale e la canonica, don Miani è rientrato in paese, ma segnato negativamente da queste vicende.* Era pure di gracile costituzione fisica e anche questo spiega forse le sue difficoltà di fronte alle nuove esigenze pastorali.
Intanto l'età avanzava e a un certo punto il vescovo mons. Colli nel 1963 gli ha chiesto di lasciare Calestano: don Miani ha accettato, seppure con grande sofferenza, questo strappo. Al suo posto a Calestano è venuto il compianto don Ugo Corradi.
La partenza da Calestano forse sarebbe stata meno dolorosa se non fosse stato mandato parroco a Stadirano, frazione di Lesignano Bagni, scomoda per lui che era senza mezzi di trasporto e con una Canonica non adatta per la sua età. Per colmo di sfortuna a Stadirano ha avuto un'altra vicenda drammatica con un fulmine che è penetrato in casa, mettendo ancora una volta a rischio la sua vita, come ai tempi dei bombardamenti e rovinando ulteriormente l'abitazione.
Nel 1965 ha rinunciato alla parrocchia di Stadirano e si è sistemato nella casa del collegio dei parroci urbani in via Duca Alessandro sotto i bastioni della Cittadella, dove ha vissuto nel silenzio e serenamente gli ultimi anni della sua vita terrena, che si è spenta il 23 marzo 1971.
Andavo a visitarlo, così come andavano gli altri due sacerdoti calestanesi don Sergio Nadotti e don Sergio Bellini che lui aveva seguito come me. E certamente andavano a trovarlo i calestanesi che non potevano dimenticare questo prete discreto e schivo ma saggio, che non ha mai "suonato la tromba" per farsi notare, ma ha lasciato comunque un'impronta molto positiva nella storia di Calestano.
Io gli devo molto. Mi ha insegnato a fare il chierichetto, facendomi imparare a memoria con pazienza le antiche risposte latine della Messa senza avere ancora studiato il latino ("Introibo ad altare Dei - Ad Deum qui laetificat iuventutem meam") e facendomi gustare il fascino delle celebrazioni liturgiche. Mi ha preparato e messo alla prima Comunione, mi ha preparato e messo alla Cresima celebrata da mons. Colli (quando allora c'era la moda di vestire i fanciulli della Cresima "alla marinara"!), mi ha messo in Seminario seguendomi e incoraggiandomi sempre.
Mi ha riservato una grande festa per la mia prima Messa solenne a Calestano il 27 giugno 1954. Era orgoglioso di questo traguardo raggiunto da un ragazzo che lui aveva "allevato" e lo ha voluto esprimere con il discorso tenuto con grande enfasi oratoria dal pulpito, che era già in disuso da tempo anche a Calestano e non serviva più per le prediche dei preti. Ma quella volta don Miani doveva salire in alto per fare scendere da quella posizione sopra elevata e carica di secolare tradizione, le sue parole di fede e di gioia su di me e sui parrocchiani che riempivano la Chiesa.
È l'ultimo ricordo veramente felice che ho del "mio arciprete di Calestano" don Umberto Miani.
La singolare e fortunosa avventura post bellica in Chiesa di due ragazzi seminaristi quattordicenni di Calestano: Nadotti e Magri.
La Chiesa parrocchiale di Calestano, nel bombardamento del 21 luglio 1944, è stata colpita sulla destra della facciata, con relativo squarcio di una parte del tetto e della volta. Solamente all'inizio dell'estate del 1945, a guerra finita, fu possibile utilizzare di nuovo la Chiesa, nel frattempo riparata. Qui si inserisce un fatto singolare e per fortuna senza conseguenze, scoperto per caso da me e dall'amico seminarista Sergio Nadotti. Nell'estate ormai avanzata del 1945, mentre eravamo ancora in vacanza, un pomeriggio, presi dalla curiosità, siamo saliti sulla cantoria del vecchio organo e con stupore e molta paura abbiamo scoperto che tra le canne tutte devastate vi era una grossa bomba inclinata in avanti, che ovviamente era lì dal giorno del bombardamento. Era entrata in Chiesa facendo un foro nel tetto e nella volta senza scoppiare, si era adagiata "dolcemente" (si fa per dire!) fra le canne, rimanendovi buona buona, con il pericolo di esplodere. E nessuno era riuscito a sospettare qualcosa, anche se tutti avevano notato il foro nel centro del tetto e della volta della Chiesa. Per fare esplodere la bomba forse sarebbe bastato un piccolo movimento o vibrazione, mentre da qualche mese la Chiesa si riempiva regolarmente di fedeli per le celebrazioni.
Noi due seminaristi a questo punto abbiamo fatto marcia indietro con molta circospezione e trepidazione senza girarci e abbiamo dato l'allarme. Sono venuti gli artificieri, è stato evacuato il centro del paese e la domenica dopo, la bomba scoperta per caso e resa ormai inoffensiva, ha fatto bella mostra di sè davanti alla balaustra della Chiesa. Fine dell'avventura!
(da “I miei preti....i nostri preti” don Domenico Magri Grafica Langhiranese - 2008)