Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.
DON FRANCESCO PIAZZA
6 ottobre 1922 - 19 novembre 2008
Sulla sua lapide nel cimitero di Ravarano c’è scritto: “Parroco e giornalista”. Proprio così: le due missioni si sono confuse insieme ma senza ostacolarsi. Anzi si sono arricchite a vicenda.Da Lozzola a Vicofertile ha speso il meglio di se stesso come pastore del suo gregge. Come giornalista di Vita Nuova ha saputo “incuriosire” per decine di anni i lettori con la sua rubrica dal titolo “rubato” a Bernanos: “Diario di un curato di campagna”: la si cercava subito aprendo il settimanale. Peccato che non ci sia più!
- nato a Ravarano di Calestano il 6 giugno 1922
- ordinato sacerdote il 22 giugno 1922
- cappellano a Berceto nel 1947
- parroco a Lozzola nel 1948
- parroco a Vicofertile nel 1953 e dal 1963 Economo spirituale e poi amministratore parrocchiale a Vigolante
- iscrizione all'albo dei giornalisti nel 1984
- deceduto il 19 novembre 2008
Don Francesco Piazza era nato nel 1922 a "Ravarano paese appennino". Così infatti iniziava una canzone diventata popolare nella Val Baganza e nella Val Parma, per rievocare una tragedia di tre ragazzi che da Graiana erano stati mandati dai genitori a fare i garzoni presso una famiglia di Ravarano, come purtroppo usava allora a causa della miseria. Questi tre ragazzi erano rimasti sepolti sotto la neve sui monti nella vigilia di Natale, nel tentativo di tornare a casa a fare festa in famiglia.
Io sono nato a Calestano, ma il mio sangue è ravaranese e a questo paese, dove ci sono le mie radici e ancora dei parenti, sono molto legato. La famiglia di don Francesco era una famiglia numerosa, come di solito erano le famiglie in quel tempo. Il papà si chiamava Ludovico e tirava avanti a fatica con un podere fatto di poche mucche e di terreni pendenti verso il sottostante torrente Baganza. Don Francesco ed io eravamo lontani parenti per via di Ludovico che era, mi pare, secondo o terzo cugino di mio nonno paterno Domenico.
La famiglia era senza alcun dubbio di solidi principi religiosi, altrimenti non sarebbe facilmente fiorita una vocazione così preziosa. Ma c'è di più: probabilmente don Francesco, andando in Seminario, ha fatto da traino per la medesima scelta di un altro ragazzo di Ravarano più giovane di qualche anno. Questo ragazzo sarebbe diventato l'indimenticabile don Celestino Abelli, il quale è vissuto non solo di fede, da buon sacerdote quale era, ma anche di musica. Ha rallegrato le valli del Baganza e della Parma con le sue composizioni musicali, eseguite dai cori e dalle bande che lui ha fatto sorgere e diretto e sono risuonate lungo le due valli nelle chiese, nelle strade e nelle piazze dei paesi.
Io di don Francesco ho alcuni ricordi molto belli, che ora si colorano di nostalgia e di rimpianto.
Alla sera della mia ordinazione sacerdotale (20 giugno 1954) mi ha chiamato a Vicofertile, da buon compaesano, per farmi un po' di festa e per incontrare i parrocchiani, soprattutto i giovani.
Domenica 27 dello scorso aprile mi ha invitato per la celebrazione della Cresima. E' stata una esperienza magnifica: sono tornato a casa entusiasta della comunità cristiana di Vicofertile.
Questo vecchio parroco, vero patriarca nella sua Parrocchia arricchita da un vero gioiello di chiesa romanica, da lui molto amata e da poco tempo restaurata, "regnava sovrano", con amore e discrezione, fra i suoi collaboratori e animatori, fra i ragazzi della Cresima e le loro famiglie.
E infine c'è un particolare recentissimo che dimostra lo stile di confidenza che c'era fra noi due. Nei giorni scorsi, dal 9 al 14 novembre, sono stato al Monastero di Fonte Avellana per il mio Ritiro annuale. Ho spedito un certo numero di cartoline, ma quando mi è venuto in mente don Francesco (era il giorno 11) ho pensato di scrivergli una lettera, dove gli ho ribadito, tra l'altro, il mio apprezzamento per la celebrazione della Cresima a Vicofertile. In occasione del funerale, ho visto la mia lettera in evidenza sulla sua scrivania, ne ho chiesto la fotocopia e me la sono portata a casa: come ricordo è diventata molto preziosa per me.
A Vicofertile per 55 anni don Francesco ha dimostrato in pieno la sua esuberante paternità e sensibilità di sacerdote ricco di fede e il suo zelo pastorale intelligente, senza che possiamo dimenticare i suoi primi anni di sacerdozio, spesi con entusiasmo in montagna a Lozzola in quel di Berceto. Aveva il dono di una oratoria sacra sostanziosa, perchè sempre aggiornata, e anche piacevole, ma non per questo meno incisiva.
Nei tempi passati, quando erano ancora diffuse, accettava volentieri di predicare le Missioni popolari nelle Parrocchie. Nel 1971, assieme a don Armando Bizzi, è stato venti giorni a Manhattan (New York) in una parrocchia retta dai Salesiani, per predicare agli emigranti italiani e visitarli casa per casa. Ma bisogna ammettere che don Francesco passerà alla storia della Diocesi per la sua penna forbita ed elegante, come collaboratore di Vita Nuova, di cui è stato anche vice-direttore per un certo periodo.
Non esagero se affermo che, a detta di molti, nel "Diario di un curato di campagna" il suo era il primo articolo che si andava a cercare, perchè lui sapeva incuriosire i lettori con le sue cronache sapide, presentando le figure dei preti e le vicende della Diocesi, forse ritenute minori, ma non per questo meno interessanti e significative. In certe occasioni e celebrazioni compariva, discreto e quasi inosservato, con la sua piccola macchina fotografica e faceva il lavoro di foto-reporter per i suoi articoli su Vita Nuova. Gli dobbiamo molta riconoscenza anche per questo.
Il funerale a Vicofertile, venerdì 21 novembre, è stato proprio "un bel funerale": anche i funerali possono e debbono essere belli!
Tutti hanno fatto la loro parte perchè il funerale fosse bello, a cominciare dal vescovo. Con una omelia commovente, ha rievocato le ultime ore di vita di don Francesco, perchè era andato a fare visita alla Parrocchia martedì sera 18 novembre, proprio quando cominciava a stare male. Ha raccontato che don Francesco, già sofferente, ha celebrato il suo addio alla comunità facendo risuonare a uno a uno i nomi dei suoi collaboratori e amici. Ha elogiato i suoi parrocchiani che, soprattutto in questi ultimi anni, lo hanno "custodito" con amore e non gli hanno fatto mancare nulla in Canonica.
E poi i preti, tanti preti, con il rimpianto perchè le loro file si assotigliano sempre più. E poi i fedeli, tanti fedeli, parrocchiani e amici, che hanno gremito la Chiesa e hanno reso ancora più struggente il distacco di don Francesco dalla sua Sposa, amata appassionatamente per 55 anni. E poi i bambini schierati ai lati dell'altare, che piangevano senza ritegno contagiando anche l'assemblea. E poi il coro parrocchiale: cantavano e piangevano.
E poi... e poi... la partenza da Vicofertile per il ritorno a quel paese dove faceva il pastorello delle pecore di famiglia e dal quale era partito tanti anni fa per andare in Seminario e iniziare così la sua magnifica avventura.
Per raggiungere il cimitero, il carro funebre è passato vicino alla casa paterna e ai campi del vecchio Ludovico e dei suoi figli.
Ora le spoglie mortali di don Francesco riposano lì, nel cimitero di Ravarano, in attesa della Resurrezione.
Già..... a "Ravarano paese appennino"!
(tratto dai ricordi di don Domenico Magri 2008)