Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri.
MONS. GIUSEPPE MALPELI
10 ottobre 1918 - 18 settembre 2011
Un prete così forte e così tenero! Basterebbero poche parole per raccontare quello che non è riuscito a realizzare dei suoi sogni. Ci vorrebbe invece un libro intero per raccontare tutto quello che è riuscito a realizzare per il Regno di Dio, a cominciare dalla sua testimonianza di fede e di pastore che si è consumato per il suo gregge. Basterebbe la fondazione di Villa S. Maria, frutto della sua determinazione instancabile, per essere ricordato a lungo come promotore del grande valore della spiritualità.
Io gli devo tanto! Mi ha insegnato a fare il parroco negli anni che sono stato con lui: celebrazioni, ragazzi e giovani, catechesi, confessioni.... Fra le cose più importanti mi ha insegnato l’amore e la cura dei malati, dei morenti e dei defunti. Mi ha dato l’esempio nelle visite frequenti ai malati, nelle ore notturne presso i morenti e con il suo pianto (proprio così!) ai funerali sul feretro dei parrocchiani. Questo sì che è “odore delle pecore”!
E se noi preti, alla vana ricerca di nuove soluzioni magiche di pastorale, ci ricordassimo di più dei cosidetti “fondamentali” della pastorale di ogni tempo?
Grande, grande don Giuseppe Malpeli, arciprete di Fornovo!
- Nato a Berceto il 10 ottobre 1918
- Ordinazione sacerdotale il 15 febbraio 1942
- Cappellano a S. Giuseppe nel 1942
- Parroco a Corniglio nel 1945
- Parroco a Fornovo nel 1954
- Presidente Gruppo promotore Esercizi spir. nel 1975
- Prelato d'Onore di SS. nel 1980
- Deceduto il 18 settembre 2011.
Sono stato suo cappellano dal 1954 al 1958. Mi ha insegnato a fare il prete e mi ha preparato a fare il parroco: non gli sarò mai abbastanza riconoscente.
Ho ricordi incancellabili che mettono in risalto la grandezza della sua personalità umana e sacerdotale.
Appena ordinato prete e arrivato a Fornovo nell'estate del 1954, in una delle prime sere mi ha chiesto di seguirlo per una camminata sulla Strada Nazionale verso Riccò. Giunti in località Casetta, mi ha invitato a guardare in su, mi ha indicato una villa disabitata e mi ha dato l'annuncio del suo progetto per una avventura che sarebbe diventata la sua grande sfida per tutti gli anni della sua vita di parroco: "È la villa di un emigrante in Argentina, adesso la prendiamo in affitto e poi la acquisteremo e ne faremo una casa per Esercizi spirituali e per convegni pastorali". Detto fatto!
Don Giuseppe era arrivato parroco a Fornovo nel gennaio 1954. Era stato ordinato nel 1942 e fino al 1945 è stato cappellano a S. Giuseppe in città, presso quel prete tutto d'un pezzo che era don Dagnino, che lo aveva forgiato a dovere.
Aveva fatto una prima esperienza di parroco a Corniglio (1945-1954) dove, tra l'altro, in tempi difficili per le condizioni di povertà del dopo guerra, era riuscito nel 1951 a costruire la "Piccola Casa Maria Assunta", ancora oggi prezioso punto di appoggio per la pastorale parrocchiale e zonale.
Io sono arrivato a Fornovo pochi mesi dopo di lui, quando ancora nei Fornovesi c'era un atteggiamento di perplessità nei suoi confronti, perchè faticavano ad accettare il suo temperamento: appariva riservato, burbero, severo nelle direttive, poco socievole con le persone. Ma i Fornovesi hanno fatto ben presto a cambiare opinione su di lui. Si sono accorti che ad ogni funerale durante l'omelia si commuoveva e piangeva sulla bara dei suoi parrocchiani. Hanno compreso che don Giuseppe teneva un cuore tenero dentro una scorza dura. E così i Fornovesi e il loro arciprete hanno cominciato a capirsi a meraviglia.
La prova più singolare ed eloquente del suo cuore indifeso davanti alle persone care io personalmente l'ho avuta quando l'ho cercato per salutarlo quel mattino di marzo 1958, partendo dalla Canonica per scendere a Parma come parroco a Ognissanti. Era scomparso! Dopo pochi giorni mi è arrivato un biglietto con queste parole: "Ti chiedo scusa perché sono fuggito al momento della tua partenza: il cuore non mi reggeva!"
E il suo cuore così attaccato a Fornovo non gli ha mai permesso di staccarsi dalla chiesa e dalla comunità di Fornovo, cui ha donato tutto se stesso con una abnegazione e una generosità che non si riesce a descrivere: tra l'altro ha sempre dimostrato sobrietà e povertà nel suo stile di vita. Dio solo sa e conosce appieno le fatiche, le ansie e i sacrifici della sua esperienza di parroco a Fornovo.
Questi ultimi anni sono stati per lui un vero "calvario", in particolare per la rinuncia progressiva a svolgere la sua missione pastorale. Don Mario Mazza ha saputo fare la sua parte accanto a lui con tanto amore e delicatezza, sostenuto dalla comunità parrocchiale.
Bisogna pure mettere in rilievo le opere murarie che è riuscito a costruire, a cominciare dalla Villa S. Maria, poi la nuova Chiesa di Ramiola, fino alla Casa estiva della Madonna della Guardia alla Cisa per i ragazzi.
Don Giuseppe riusciva sempre a realizzare tutto quello che si metteva in testa: non si fermava davanti alle difficoltà e le dominava sempre. I Fornovesi lo hanno certamente aiutato anche in questo e va dato loro merito di questa collaborazione.
Don Giuseppe era il primo a sapere che i muri non bastano per costruire una comunità cristiana: sarebbe lungo l'elenco di tutto quello che ha fatto per la formazione cristiana dei suoi parrocchiani, aggiornando via via l'azione pastorale con le nuove sfide del Concilio.
Bisogna ammettere che nella attività pastorale aveva la tendenza ad essere accentratore, ma forse questa fatica a delegare i cappellani e i collaboratori era la conseguenza della passione e della gioia che animavano la sua missione di sacerdote e di parroco, che non era mai pago di quello che riusciva a fare.
La sua costituzione robusta, in senso spirituale e anche fisico, la si può comprendere anche per la radice familiare di grande fede (ah, la sua Mamma Maria!) e anche per la sua tempra di montanaro bercetese "rotolato giù dalla montagna" come soleva dire.
A questo punto penso sia lecita una domanda: come Chiesa di Parma saremo ancora in grado di generare dei preti di questa taglia? Dio lo voglia, ci dia l'aiuto della sua grazia e non manchi la nostra buona volontà!
Per concludere voglio raccontare una delle ultime visite che gli ho fatto recentemente alla Casa di cura Piccole Figlie: quel giorno era ancora lucido, anche se non riusciva a parlare. Ho parlato io: gli ho detto di non avere mai visto una persona forte come lui nella determinazione e nel modo di fare il prete e poi gli ho ricordato la sua Mamma Maria, della quale pure io conservo un ricordo straordinario: allora i suoi occhi si sono inumiditi!
Mi pare di poter dire che nella sintesi di questa visita c'è tutto mons. Giuseppe Malpeli, arciprete di Fornovo Taro per 57 anni, dal 1954 al 2011.
TRE PREZIOSE LETTERE di vecchia data di don Giuseppe
Sono stato incerto se trascrivere e aggiungere anche queste tre lettere di don Giuseppe dirette a me, nel timore di essere inopportuno mettendomi in evidenza.
Ma le lettere sono preziose, perchè antiche (le ho trovate per caso in un cassetto) e soprattutto perchè sono rivelatrici della sua concretezza al servizio della pastorale (prima lettera) e rivelatrici (seconda e terza lettera) dei suoi sentimenti più intimi che solo raramente riusciva ad esprimere.
Lettera ricevuta alla Cisa, quando la colonia era sistemata nella vecchia casa contadina sotto il Passo della Cisa (12/8/54):
Carissimo,
potrei tornare dai ragazzi sabato nel pomeriggio verso sera.
Fai portare (nei paraggi del sig. Laurenti) i materassi (tranne il mio e quello della donna), che saranno poi prelevati lunedì prossimo.
Se hai i soldi dai 10.000 lire alla donna e fatti dare il conto del latte ecc.
Metti la roba da mangiare rimasta nel baule di ferro e fai la nota di quanto è rimasto. Partendo prendi su la chiave delle stanze in basso.
Occorrerà del gas per il fornello per il prossimo turno?
Stamattina mi sono dimenticato di mandare la carne.
Avete rimediato?
Auguri e arrivederci. Saluti ai ragazzi.
don Giuseppe
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Lettera ricevuta dopo il funerale della Mamma, che io avevo celebrato (16/02/76). Aveva tanto insistito perchè lo celebrassi io. Mi ha richiamato “in servizio” perchè ero parroco ad Ognissanti da diversi anni:
Carissimo,
non so come fare ad esprimere la riconoscenza mia e dei mei fratelli per quello che hai fatto in questa circostanza.
La tua partecipazione al nostro lutto è stata generosa e cordiale, come del resto è il tuo stile.
Le parole che hai detto per la mamma ti nascevano dentro.
Grazie, don Domenico, per questa rinnovata dimostrazione di amiciza e di affetto.
So che la mamma ti voleva molto bene e penserà Lei a ringraziarti più di quello che possiamo fare noi.
Spero anche che mi vorrai conservare per l'avvenire lantua amicizia, perchè, nel vuoto che si crea, l'amicizia si rinforza.
Grazie di tutto cuore, mentre ti auguro ogni bene per la tua missione.
tuo aff.mo don Giuseppe
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Lettera ricevuta dopo il funerale del fratello Luigi (Gigio) cui avevo partecipato (19-10-1988):
Carissimo,
ancora una volta hai dimostrato (come sempre) la tua attenzione fraterna per gli avvenimenti che ci toccano da vicino e in questo caso per la morte di mio fratello Gigio.Te ne sono profondamente grato.
Questo distacco pensavo fosse meno duro; forse con l'età aumentano le sensibilità.
Ti ringrazio anche a nome di Linda e delle mie sorelle. Un po' tutti ti pensano della nostra famiglia.
Il Signore ti ricompensi e ti sia largo del suo aiuto nel tuo lavoro.
Ricordami nella preghiera!
don Giuseppe.