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Profili di preti: don Giuseppe Canetti

Profili di preti è una sezione dedicata alla memoria grata di presbiteri defunti, sezione costruita sui testi scritti da don Domenico Magri in alcuni libri e fino al settembre 2018, poi, come in questa pagina, da don Stefano Rosati.

Mercoledì della Settimana Santa
«Andate in città da un tale e ditegli: Il Maestro dice:
Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli»
(Mt 26, 14)


Questa notte, all’alba del Mercoledì della Settimana Santa, il Maestro ha chiamato a far la Pasqua con Lui


DON GIUSEPPE CANETTI
(17 agosto 1930 - 8 aprile 2020)
già vicario parrocchiale di Colorno e canonico della Collegiata di S. Margherita

DonGiuseppeCanettiNato il 17.08.1930 ad Orìo (era un uomo semplice e di poche parole, ma in questo caso ha sempre aggiunto che l’accento andava messo sulla “i”) di Castione de’ Baratti (allora comune di Neviano, ora di Traversetolo) da una umile famiglia contadina. Avviato al lavoro dei campi, ricordava ma assai raramente, perché ne soffriva ancora, il terribile giorno del 1943, quando con tutti i suoi familiari fu “sequestrato” in casa dai tedeschi in ritirata ed ebbe salva la vita.
Ho sempre pensato che quella fosse la “esperienza-picco”, sorgente della sua vocazione sacerdotale. Infatti, da quel momento, con la tenacia che l’ha sempre contraddistinto, cercò di recuperare gli studi interrotti (“titolo di studio statale: 5ª elementare” – recita la scheda del suo stato personale), accolto da un grande prete educatore, don Mario Percudani, che aveva aperto una “scuola” nella sua parrocchia di Viazzano. Col suo aiuto potè sostenere e superare l’esame da privatista per essere ammesso in Seminario come “vocazione adulta” (allora si chiamavano così, ma era un adolescente…), fino a ricevere l’ordinazione presbiterale nel giorno del Corpus Domini il 26.06.1957.
Da allora i suoi sono stati sessanta anni di ministero attivo, prima di trasferirsi a Villa S. Ilario, dove si era “garantito” un posto fin dalla sua apertura, aderendo alla sottoscrizione del fondatore mons. Pietro Boraschi, invero tra i pochi preti “finanziatori della casa dei preti” – come talvolta si definiva.

Il suo ministero è stato caratterizzato dalla pronta disponibilità alla volontà del vescovo ed alle necessità della diocesi: tanti sono stati i suoi trasferimenti, che anzi talvolta ha addirittura sollecitato, secondo quella che per lui era diventata come una “filosofia” di vita e di ministero. Così, è rimasto dieci anni nel monchiese (prima Rimagna e poi il capoluogo, quando i parroci del vicariato erano ancora undici), altri dieci anni a Mozzano ed Antreola (1967-77), sette anni a San Pancrazio (1977-84), sei anni a Corniglio (1984-90), undici anni a Mulazzano, Badia Cavana e Faviano (1990-2001), tre anni prima a Marzolara e poi a Calestano (2001-04).
Al compimento del 75esimo (precisamente con un anno di anticipo, nel 2004, a causa di una rovinosa caduta in quel di Ravarano, che lo aveva fatto temere per la sua salute) inizia una nuova stagione della sua vita, diventando vicario parrocchiale di Colorno e di quella che allora era già Nuova Parrocchia ad experimentum.

Con i tratti caratteristici di tutto il suo ministero, quello di mettersi a disposizione dei bisogni della diocesi e di una pastorale soprattutto itinerante, ma in un contesto che non aveva mai vissuto prima: intanto la vita comune insieme ad altri presbiteri (allora erano ben sei i canonici della Collegiata) e poi in una parrocchia popolosa ed in ambiti pastorali che non aveva mai o comunque poco frequentato prima. Ricordo il suo sbigottimento quando è entrato per la prima volta in duomo, dove lo intimoriva anche solo il dover parlare a tanta gente… ma, avendolo accolto ed accompagnato per nove anni, ricordo bene come via via sia andato rinfrancandosi, spendendosi con la fedeltà che lo ha sempre contraddistinto, per tutto quello di cui c’era bisogno, naturalmente… lasciando al prevosto tutti i “profili” istituzionali, ma sempre disponibile ad ogni incombenza anche domestica (lui, che aveva sempre provveduto anche alla mensa, soffriva sempre nel farsi servire…) e soprattutto ad ogni necessità pastorale, in particolare il sacramento della penitenza come canonico penitenziere, la visita alle famiglie e l’accompagnamento dei malati e delle persone in lutto.
Ricordo episodi di vero e proprio “eroismo” con i malati (non solo a Colorno, dove il loro numero ed anche la sua età glielo hanno reso più difficile), quando raccontava di aver fatto anche centinaia di chilometri per “visitare” un infermo ed era andato a Firenze o a Milano o a Palagano o… oppure andava ogni settimana negli ospedali in città, questo anche mentre era a Colorno. È stata per lui una grandissima sofferenza dovervi rinunciare, quando non si sentiva più sicuro alla guida dell’auto.

In ogni caso ed in ogni situazione e relazione era sempre grato e riconoscente a tutti (in primis ai confratelli) per la pazienza che gli avevano usato. Solo chi lo conosceva davvero era in grado di cogliere, sotto un’apparenza riservata e a tratti persino burbera, questa sua disposizione interiore. Deve essersi trovato bene, se Colorno è la parrocchia dove è rimasto di più nel corso dei suoi quasi 63 di sacerdozio, ben 14 anni, fino al suo ritiro a Porporano nell’ottobre del 2018, disponibile a differirlo di due anni, per rispondere alle necessità della provvista neo-parrocchiale. Vero “canonico” nel cuore e non nelle vesti (sono sicuro che queste mie parole ti fanno sorridere, don Giuseppe, ma sapevi essere anche sornione quando eri a tuo agio, anche se non so quanti ti hanno conosciuto così…). Disponibile, come sempre!

Don Giuseppe, stamattina, all’una del Mercoledì della Settimana Santa, il Maestro ha voluto anticipare per te la Pasqua, chiamandoti a partecipare alla Sua. A suggellare la disponibilità che ti ha contraddistinto in tutta la tua vita.
La tua memoria sia in benedizione, servo fedele!

don Stefano Maria

Parma, 8 aprile 2020


(Il pdf di questo profilo è scaricabile da qui - ndr)